Capitolo |20|
Avevo riempito il vassoio fino a quando non mi ritenni soddisfatta del risultato finale. Eric mi prese continuamente in giro ma non me ne preoccupai. Tutti mangiavano dopotutto.
Mi sedetti al solito posto, era inutile controllare perchè sapevo già di avere gli occhi puntati su di noi... soprattutto quelli di Courtney... ma feci finta di nulla e mi concentrai sui maccheroni che sembravano essere stati in acqua più del dovuto.
Luke si era seduto in un altro tavolo, evidentemente non voleva ricreare il clima di stamattina e nonostante il casino che aveva combinato non riuscii a non dispiacermene. Sam e Liam si erano aggregati a lui per fargli compagnia.
Non mi piaceva quella situazione, soprattutto quando a quel tavolo si aggiunse Clare... ma cosa potevo farci? Avevo paura di fare un passo falso e peggiorare la situazione.
Speravo solo che quei due non facessero combriccola e si alleassero contro di me. E se si fosse schierato con Daisy? Insomma... lei riuscivo benissimo ad ignorarla ma se Luke avesse iniziato a tormentarmi allora sarebbe stato davvero doloroso.
No, Luke non lo farebbe mai.
Mi sentii il respiro mancare. Mi aveva deluso una volta, perché non farlo di nuovo?
Sentii una gomitata alla mia destra e vidi Eric divertito che mi indicava qualcosa davanti a me, voltai la testa e vidi Nathan con un'aria incuriosita.
<<Che c'è?>>, chiesi disorientata.
<<L'ha fatto di nuovo?>>, Courtney mi fissò preoccupata, <<Tamara non pensi di avere qualche problema di attenzione?>>, appoggió il suo piccolo mento sulla mano inclinando la testa pieni di riccioli dorati.
<<Non credo abbia un problema>>, disse Tiffany con un tono di voce che preannunciava già la sua modalità "So tutto io", << Penso invece che riesca cosi tanto a concentrarsi su una determinata cosa da non percepire tutto il resto. Si chiama attenzione selettiva, credo che nel tua caso sia un'attenzione selettiva sviluppata!>>, continuò a mangiare la sua insalata soddisfatta e convinta della sua teoria.
Io rimasi in silenzio, perplessa da quei sguardi e dalle parole della saputella.
<<Stavamo parlando del compleanno di Nathan, pensavamo di fare una festa a casa nostra. Una delle solite>>, mi spiegò Eric dando cosi fine al mio stato confusionario.
<<Ah si, mmhh ok. Ci sarò!>>, risposi addentando un altro maccherone gommoso.
Improvvisamente si misero tutti a ridere tranne Courtney che mostrava ancora il suo sguardo preoccupato- rassegnato, quello che mi faceva di solito quando indossavo qualcosa non di suo gusto.
La risata di Eric mi riscaldava il cuore, era cosi profonda e piena che l'avrei voluta registrare ed ascoltare più volte ma non osai guardarlo per paura di saltargli addosso.
<<Non ti stavo chiedendo di venire, lo avevo dato per scontato>>, Nathan strizzò gli occhi divertito, <<Ti chiedevo se potessi venire prima ad aiutarci a sistemare le cose. Verranno pure loro>>, indicò Courtney e Tiffany.
<<Ah ok, va bene!>>, dissi un po' imbarazzata.
<<Ragazzi!>>, Robert si fiondò sul nostro tavolo,<<Ragazzi non potete mai sapere chi ho visto oggi nella nuova gelateria!>>, prese un po' di tempo per respirare, << Eric amico, preparati!>>.
Alcune ragazze che stavano appoggiate ai distributori automatici, incuriosite dal trambusto, si girarono verso di noi.
Era un bel ragazzo, moro e palestrato... uno di quelli che appena li vedi ti sembrano adatti come guardie del corpo. Se non fosse stato cosi sempliciotto credo che mi sarei sentita in soggezione di fronte a lui.
Tiffany d'improvviso si alzò e diede una pacca sulla schiena di Robert, non era solito toccare altri ragazzi in quel modo. Eccetto Liam, ovviamente, ma era il suo ragazzo quindi non faceva testo.
Sembrava nervosa e non faceva altro che spostare lo sguardo tra me ed Eric.
<< Robert!>>, urlò con un sorriso fin troppo esteso per essere sincero, <<Ti stavo cercando, ho bisogno di te!>>.
<<Eh?!>>, Robert si voltò verso Tiffany sconvolto dimenticando ciò che stava dicendo, <<Tu? Di me?>>.
Era stato colto alla sprovvista ma d'altronde non era l'unico. Tiffany non aveva mai bisogno di nessuno, figuriamoci di Robert.
<<Si, è per tuo padre! È un poliziotto, vero? Mi servivano dei consigli! Vieni andiamo a parlarne!>>, cercò di trascinarlo ma Robert oppose resistenza.
<<Ah! Ma io non ne capisco, se vuoi ti do il suo num...>>
<<Chi hai visto?>>, chiese Eric spostando il vassoio, ormai vuoto, alla sua destra.
Anche lui sembrava non essere tranquillo.
Tiffany diede un'altra pacca a Robert, <<Dai ragazzi, poi ne parlat...>>
<<Sarah!>>, urlò Robert ricordandosi del motivo per cui era corso qua, <<Ho visto Sarah! Pensavo che non sarebbe più ritornata. Mi ha chiesto di te e sembrava stare alla grande! Sta frequentando un master in qualcosa e... l'ho già detto che sembrava stare alla grande?>>.
<<Chi è Sarah?>>, chiese Courtney interrompendo Robert.
Erano tutti sconvolti e le uniche ad essere ignare di questa Sarah sembravamo essere io e Courtney. E perché la notizia doveva particolarmente interessare ad Eric?
<<Ah giusto, voi non la conoscete, siete più piccole>>, Robert fece una smorfia, <<E' due anni più grande di noi ed era una delle ragazze...>>, sembrò pensarci un po',<<Insomma, era molto popolare. Eravamo amici poi insieme a sua sorell... Oh! Scusate! Forse sto parlando troppo!>>.
<<Dici Robert?>>, disse Tiffany infastidita. Sembrava essere più nervosa di prima e il suo sguardo preoccupato mi rese ansiosa.
Che stava succedendo? Mi girai verso Eric e mi spaventai seriamente, evidentemente questa Sarah era qualcuno che lui non voleva vedere perchè non lo avevo mai visto cosi agitato.
<<Per caso è la ragazza che hai salutato l'altro giorno quando siamo andate a mangiare un gelato?>>, continuò Courtney che stava già arrivando ad una conclusione.
Ricordai quel giorno e la ragazza con i lunghi capelli neri. Era bellissima.
Tiffany non voleva che noi lo venissimo a sapere ed evidentemente aveva capito le intenzioni di Robert. Aveva cercato di non fargli aprire bocca. Ma perché?
Lo guardai di nuovo e capii, si trattava di una persona sicuramente importante. Robert aveva detto che era una loro amica ma no... era qualcosa di più perché sembrava esserne turbato.
Ad un tratto mi passò per la mente il motivo per cui era partito.
Era lei?
Era stata lei a farlo partire?
Cosa era successo?
Lo aveva lasciato e lui non sopportava più di stare in un posto che gli ricordasse lei?
<<Si...>>, rispose Tiffany a Courtney facendosi cadere sulla grande panca, <<Scusami Eric se non te l'ho detto ma...>>
<<Ma cosa Tiffany?>>, ringhiò a bassa voce, <<Sarebbe stato meglio saperlo da te!>>, le mani appoggiate sul tavolo si strinsero in un pugno tremante.
Fui tentata di prendergliele e rassicurarlo ma qualcosa mi diceva che lui non me lo avrebbe permesso.
<<Da quanto tempo è in città?>>, chiese Eric serio.
Tiffany mi guardò e abbassò lo sguardo, <<I miei zii mi hanno detto che è tornata a casa da alcuni mesi>>, confessò mortificata.
<<I tuoi zii?>>, dissi ad alta voce richiamando cosi l'attenzione di Eric.
Sembrava si fosse dimenticato della mia presenza dato che mi guardò come se non si aspettasse un mio intervento.
Si irrigidì e girò subito lo sguardo verso il fratello, <<Vado via! Ho delle cose da fare!>> si alzò allontanandosi dal tavolo.
Non ebbi il tempo di proferire parola che scappò a passo svelto dalla sala lasciandomi sola con le mie domande.
Non mi aveva neanche salutata, sembrava scosso e questo mi turbava parecchio perchè significava che la ferita era ancora aperta.
Delle cose da fare? Si Eric, fai finta di nulla... ci stai riuscendo alla grande.
Mi girai verso i miei amici, verso Tiffany. Non sapevo se essere arrabbiata o chiederle spiegazioni.
<<Che sta succedendo?>>, scelsi la seconda opzione dato che non sapevo neanche per cosa essere arrabbiata.
<<E' meglio che io vada con lui>>, Nathan si alzò,<< Ci sentiamo dopo>>, diede un bacio a Courtney e seguì il fratello.
Courtney aveva sicuramente scelto il Grant più premuroso.
Tiffany, sotto lo sguardo inquisitorio mio e di Courtney, si voltò alla sua destra.
<<Robert! Sparisci dalla mia vista se vuoi ancora respirare!>>.
Non l'avevo mai vista cosi arrabbiata ma nonostante questo non perdeva mai la sua compostezza.
Il ragazzo sembrava essere deluso, evidentemente si aspettava tutto fuorché quelle reazioni.
<<Non capisco perché stiate reagendo cosi, insomma... capisco che ci siamo lasciati un po' male ma si tratta di Sarah. E' tua...>>
<<Robert! Sparisci! Ora!>>, urlò così forte da richiamare l'attenzione dei tavoli vicini.
Ok, forse a volte la perdeva ma era ugualmente strano da parte sua.
Robert si ammutolì e prendendo il suo zaino si avvicinò ad un altro tavolo.
Gli occhi nocciola di Tiffany mi guardarono dispiaciuti, << Scusami per non avertelo detto solo che... non sono fatti miei, capisci? Sai che non mi piace intromettermi nei problemi degli altri>>, si morse il labbro inferiore, <<E' l'ex di Eric!>>, buttò la bomba aspettando una mia reazione ma il mio corpo e la mia testa rimasero in attesa di altre spiegazioni, a parte il mio cuore. Quello ormai sembrava essere stritolato da mani invisibili.
Tiffany proseguii, << Non so quanto tu sappia ma non posso parlartene. Non sta a me, sono cose troppo delicate e se io so tutto è solo perché all'epoca passavo molto tempo con Sarah e...>>, si bloccò spalancando gli occhi ma riprese subito a parlare, <<E la sua famiglia>>, sostenne tristemente il mio sguardo, <<È mia cugina quindi non posso parlartene >>.
Capii adesso cosa c'entravano i suoi zii ma quel giorno, quando aveva incontrato Sarah, non mi sembrava che avesse accennato a qualche parentela. Perché nascondercelo?
Ero la prima a non avere un rapporto con ciò che rimanevano dei miei parenti ma perché di mezzo c'era l'odio. Non mi sembrava il suo caso.
<<Lo sai vero che se fai cosi la situazione potrebbe sembrarci più grave di quello che è in realtà?>>, riuscivo a capire quando Courtney era infastidita. La sua voce prendeva una inclinazione acuta quasi insopportabile.
<<Ragazze mi dispiace ma è una situazione delicata, non posso dirvi altro. Mi dispiace davvero, spero che non ce l'abbiate con me>>, si mosse lentamente e titubante prese il vassoio, <<Tamara parlane con lui, sono sicura che ti dirà tutto. Lo so che la tua storia con Luke è appena terminata ma so anche che tra te ed Eric c'è... qualcosa. Lui si fida di te!>>, si voltò lasciandoci anche lei.
<<Che diavolo è preso a tutti? Si sono rimbecilliti?>>, alcuni studenti di prima si voltarono di nuovo a guardarla ma lei sembrò non farci caso. Era abituata agli occhi indiscreti.
Sapevo che era successo una cosa grave ma non immaginavo che di mezzo ci fosse una ragazza. Non so cosa mi aspettassi ma di certo non una stupida relazione adolescenziale... insomma, quanti anni aveva? 15? 16?
Immaginai un Eric di 16 anni che frequentava una 18enne e che poi era stato lasciato da solo a straziarsi per la sua cotta ma c'era qualcosa che non quadrava, non avrebbe avuto alcun senso andarsene, e quella notte...la prima volta che lo incontrai... i suoi occhi erano pieni di angoscia e rimorso. Occhi gelidi e tormentati non potevano essere causati da una semplice rottura.
Non era stato quello il motivo della partenza, sicuramente le cose non erano correlate eppure i tempi coincidevano.
Appoggiai la fronte sulle mani sudaticce, avevo un forte senso di nausea. Forse avevo mangiato troppo o forse il mio stomaco si rifiutava di digerire un altro problema.
<<Che devo fare?>>, le chiesi sperando in una soluzione facile, breve ed indolore. Una soluzione inesistente.
<<Ci devi parlare ovviamente, so che non state insieme ma...>>
Mi scappò un lamento, <<In realtà non è proprio cosi... abbiamo deciso di provarci a modo nostro...>>.
Le raccontai tutto cercando di tralasciare i dettagli più piccanti dello spogliatoio.
<<Quindi siete scopa amici? Ma sei scema?>>, chiese incredula e allarmata.
<<No!>>, alzai la testa seccata per il fatto che lei mi reputasse così volubile, <<Lui dice che non vuole questo da me! Lo sta facendo per me perchè sa che non voglio parlare dei miei problemi, di Miami e di Luke... Capisci?>>, mi spostai i capelli nervosamente ,<< Come posso obbligarlo o chiedergli di raccontarmi tutto se io sono la prima ad allontanarlo?>>.
Sentii delle lacrime di frustrazione farsi strada tra i miei occhi, <<Perchè ci sono sempre problemi tra di noi? Sembra come se il destino ci remasse contro>>.
Asciugai il viso, facendo attenzione a non far vedere al tavolo dei guardoni che stessi pingendo.
<<Non allontanarlo più>>.
<<Courtney...>>
<<No Tamara, non puoi pretendere di poter vincere senza giocare. Non puoi sperare in un fine rosa e fiori se tu non sei la prima a provarci>>.
<<Non è semplice, ci sono cose che non ho detto neanche a te>>.
<<Lo so ma ti sto aspettando, io ti aspetterò per sempre ma non tutti potrebbero avere la mia stessa pazienza>>, mi diede un bacio sulla guancia e la campanella segnò la fine della ricreazione.
<<Su andiamo, Algebra ci attende>>.
La seguii svogliata mentre la mia testa continuava ad elaborare quelle informazioni.
Provai a scrivere diversi messaggi ma alla fine nessuno andava bene. Non volevo assillarlo con degli sms a cui non avrebbe neanche risposto. Lo conoscevo fin troppo bene, in quelle situazioni reagiva come me e si isolava dal mondo.
A fine lezione ci avevo cosi tanto pensato che l'angoscia aveva lasciato posto al coraggio. <<Andrò a casa sua, prima o poi dovrà tornarci>>.
<<Vuoi compagnia?>>, mi chiese Courtney con un sorriso di incoraggiamento mentre uscivamo dalla scuola.
<<No, preferisco andare da sola>>, la salutai con la mano e mi rifugiai dentro la mia macchina. Ancora dovevo fare il trasferimento ma potevo già considerarla mia, no?
Accesi la radio e dopo un paio di canzoni arrivai a destinazione. Non sapevo come iniziare il discorso, non sapevo neanche cosa avrei dovuto dire... avrei improvvisato.
Suonai il campanello e appena la porta si aprì, Amelie mi saltó addosso.
Era assurdo quanto fosse piccola di età ma grande di altezza.
Avrebbe sicuramente avuto un fisico da modella, la bellezza non le sarebbe mancata.
I suoi lunghi capelli neri le incorniciavano quel viso così perfetto da fare invidia a qualsiasi donna... e lei aveva solo 10 anni...
<<Mamma! C'è Tamara, è venuta a trovarci!>>, disse Amelie correndo in cucina dove sicuramente si trovava Margot.
<<Amelie quante volte ti ho detto di non urlare in questo modo? Non è educato!>>.
Vidi Margot venirmi incontro per poi abbracciarmi regalandomi uno dei suoi magnifici sorrisi, <<È un piacere rivederti>>, mi sussurrò.
<<Salve>>,dissi imbarazzata.
<<Ti ho già detto di darmi del tu!>>, guardò dietro di me, << Oh... ma sei sola?>>.
<<Scusi...>>, notai il suo sguardo di disapprovazione e ancora imbarazzata mi corressi, <<Scusa il disturbo, in realtà stavo cercando Eric>>.
<<Oh ma non c'è, oggi è tornato prima ma pensavo che fosse per qualche chiusura anticipata della scuola. Ho sentito che in corso doveva esserci una disinfestazione>>, disse preoccupata.
<<Si si, certo, è che... devo parlargli e....>>
<<Va bene non c'è bisogno che mi spieghi nulla ma come ho già detto non c'è, è tornato circa un'oretta fa e se ne è andato subito insieme a suo fratello. Sembravano un po' strani in effetti...>>, mi guardò per cercare di capire se io sapessi qualcosa ma abbassai subito lo sguardo.
Come immaginavo non era la... ma almeno era in compagnia di Nathan e il pensiero che non stesse da solo mi alleggerì il cuore.
<<Cara se vuoi posso provare a chiamargli oppure vedo se Nathan...>>
<<No no non si.... non preoccuparti. Posso aspettarlo in macchina>>.
<<Assolutamente no!>>, disse con disapprovazione, <<Se devi aspettarlo lo fai qua dentro!>>, mi tiró per un braccio chiudendo la porta di ingresso alle mie spalle.
<<Amelie ed io stavamo per fare una buonissima ciambella, ti va di aiutarci?>>, mi chiese.
<<Si!>>, urlò Amelie, <<Ti prego, ci divertiremo. Sono bravissima a decorarla e la mamma ha comprato tantissime decorazioni>>.
Ci pensai su mentre osservavo Margot, si era truccata e la pelle sembrava aver preso un po' più di colorito dall'ultima volta ma sicuramente aveva perso qualche altro chilo. Mi si strinse il cuore e non riuscii a dirle di no.
<<Grazie per l'invito però vi avverto che non sarò molto di aiuto>>.
Amelie mi prese per mano e mi portò in cucina continuando a parlare di quanto sua mamma fosse brava a cucinare anche se spesso la obbligava a mangiare cose che non le piacevano, come la frutta.
Non ero mai stata molto brava ai fornelli ma in realtà con i dolci me la cavavo meglio.
Diciamo che avevo preso da mia madre e che il mio piatto migliore erano i toast al formaggio.
<<Cara, puoi passarmi il coltello?>>, Mi chiese Margot per poi darmi le spalle, <<Amelie tesoro, posa il latte nel frigo>>.
Mi avvicinai e le porsi ciò che mi aveva chiesto guadagnandomi un suo meraviglioso sorriso.
<<Allora Tamara, come va?>>.
<<Benissimo>>, "A parte la relazione con suo figlio", pensai.
<< A te?>>, chiesi pentendomene subito.
Avrebbe capito che sapevo della malattia?
Era una cosa personale e nessuno meglio di me capiva quanto fosse irritante che gli altri sapessero le tue cose.
Immediatamente mi sentii in colpa.
<<Sai che sono malata, vero?>>, la dolcezza con cui lo disse non riuscii a mascherare la sua espressione addolorata.
Ecco...una cretina, sono una cretina.
<<Mi dispiace>>, mi affrettai a dire per rimediare,<<Io so che é una cosa personale...>>
<<Oh no cara, io sono felice che Eric si sia confidato con te> >, si guardò in giro per vedere dove fosse Amelie. Era sul tavolo intenta a disegnare.
<<Tranquilla , è bello vedere che Eric abbia trovato te>>.
Il mio cuore si riempii di gioia ma allo stesso tempo riportarono a galla i pensieri che mi tormentavano dall'ora di pranzo.
Mi ricomposi subito, non volevo capisse che fossi turbata e sorridendole la aiutai ad infornare la torta.
<<Mio figlio ha avuto un passato piuttosto difficile. Sono davvero contenta che abbia trovato una ragazza come te. Spero solo che avrai la giusta pazienza per stargli dietro...>>, posò il coltello che aveva in mano e dopo aver ricontrollato Amelie continuò il suo discorso, <<È un ragazzo impegnativo e quando un giorno me ne andrò avrà bisogno di qualcuno che lo sproni a dare il meglio di se. Spero che vicino abbia una persona come te. Il modo in cui ti guarda...>>, si mise a ridere imbarazzata,<<Intenso direi>>.
Quelle parole, nonostante fossero bellissime, non riuscii a sopportarle. Desideravo che Eric non dovesse mai patire la sofferenza di una perdita del genere. Prima o poi queste cose accadono ma quel momento doveva accadere il più tardi possibile.
<<Mi creda...penso che Eric sia l'unica persona che riesca a comprendermi totalmente. Lei dice che è lui ad avere bisogno di me ma è il contrario>>.
Vidi spuntarle sul viso un meraviglioso sorriso. Nonostante tutto...nonostante la malattia era una donna bellissima.
<<Inoltre sono sicura che Eric potrà contare su di lei ancora per molto tempo e diventare così l'uomo che vuole essere davanti a sua madre>>.
La voce di Amelie ci interruppe, <<Mamma puoi venire qui? Guarda cosa ho fatto, è bellissimo!>>.
<<Sto arrivando, aspetta>>, disse esasperata.
Si girò nuovamente verso di me.
<<Ti ho detto di darmi del tu e... Qualsiasi cosa succederà tra voi due sappi che questa casa rimarrà sempre aperta per te...>>, mi poggiò una mano sul viso, <<...Sei davvero una brava ragazza>>.
Accarezzò la mia guancia dolcemente e si recò verso Amelie, che si vantava del disegno di una qualche casa appena disegnata.
Rimasi per un po' incantata da quella scena che faceva riaffiorare in me alcuni ricordi passati di me e mia madre...ma stavolta non c'era alcun dolore, solo malinconia e serenità.
Mi concentrai su quella ciotola sporca che dovevo lavare.
Era la prima volta che una persona mi faceva un complimento del genere.
Avevo sempre ricevuto insulti e disprezzi da Rachel e Finn e quando qualcuno faceva degli apprezzamenti sulla mia persona...era strano.
Speravo con tutto il cuore che fosse abbastanza forte da sopravvivere a quella grossa roccia che le era piombata sulla sua vita.
Non si meritava tutto questo, né lei né la sua famiglia... ma d'altronde la merda non fa distinzioni e se ti piomba addosso puoi solo rassegnarti.
Da quando ero arrivata in quella casa erano passate circa 4 ore e di Eric ancora nulla. Me ne stavo sul divano a guardare la televisione con Amelie, dopo aver mangiato ben due fette di quella ciambella spettacolare. Avevo perfino cenato la, il padre di Eric era fuori per lavoro e immaginare Margot e la piccola cenare da soli non mi faceva piacere quindi non rifiutai l'invito. Più di una volta la madre parlò al telefono con Eric e mi fece il favore di non dirgli che lo stavo aspettando. Preferivo che lo scoprisse sul posto in modo tale da poter capire se gli avrebbe fatto piacere o no.
Il problema era che più il tempo passava e più sentivo il coraggio del pomeriggio abbandonarmi. Che diavolo ci facevo la?
<<Si è addormentata?>>, chiese Margot entrando nel salone.
Solo in quel momento mi accorsi di Amelie e della sua testa abbandonata sulle mie gambe.
<<Potresti portarla di sopra? Conosci già la sua stanza, no? Scusami se te lo chiedo ma a me viene un po' faticoso>>, il suo imbarazzo mi mise a disagio.
<<Non c'è bisogno che ti giustifichi, lo faccio volentieri>>, feci attenzione a non svegliarla e prendendola in braccio salì le grandi scale.
Fortunatamente la porta era già aperta e non fu difficile metterla sotto le coperte. Il pigiama che indossava era pieno di fiorellini rosa e verdi, si intonava perfettamente con i colori della sua stanza. Stavo iniziando davvero a volerle bene, lei e Margot. Eppure ancora non riuscivo a realizzare il perché mi trovassi in quella casa.
Uscii dalla camera e mi ritrovai di fronte a quella di Eric, ancora prima di pensare a cosa stessi facendo, girai la maniglia ed entrai. Un forte profumo di menta e pino mi avvolse, era come se stessi tra le sue braccia.
Mi stesi sull'enorme letto e chiusi gli occhi, ero cosi stanca ed esausta che non feci resistenza al sonno e cedetti lentamente.
Mi ritrovai in mezzo ad un bosco, gli alberi erano cosi alti da non vederne la fine ed il cielo sembrava volersi nascondere dietro la fitta criniera verde dei rami. La natura si esibiva in magnifiche melodie e il cinguettio sembrava esserne il protagonista. Sentii qualcosa di bagnato ai miei piedi e quando li abbassai vidi un magnifico ruscello, limpido e innocuo, nel quale ero immersa. Era tutto bellissimo. Stavo immobile ad analizzare ogni singolo angolo perché scoprivo sempre cose nuove. Degli scoiattoli correvano da tutti i lati, come se stessero giocando ad acchiapparsi, e le farfalle danzavano sopra la mia testa descrivendo linee armoniose.
<<Ciao piccola peste>>.
Mi girai verso quel suono,
<<Papà!>>,
gli corsi incontro e lo abbracciai mentre le lacrime mi impedivano di parlare.
<<Anche tu mi sei mancata>>, mi accarezzò lentamente .
<<Dove siamo?>>, chiesi tra le lacrime che ormai sembravano essersi attenuate.
<<In paradiso>>, il suo sorriso era sereno e pieno di amore.
<<Sono morta?>>, non ero spaventata solo che non capivo come fosse successo.
Provai a pensarci ma non riuscivo a ricordare.
<<Dov'è la mamma?>>, mi guardai attorno per cercarla ma sembravamo esserci solo noi due.
Alzai lo sguardo aspettando una risposta ma mi scansai subito con un urlo agghiacciante. Drew era sparito e al suo posto c'era una figura indistinta e scura. Riuscivo a intravedere solo quel sorriso che si era tramutato in qualcosa di inquietante. La perfetta dentatura bianca contrastava il manto nero che lo avvolgeva.
Feci un altro passo indietro, <<Chi sei?... >>, la mia voce tremava di paura, <<DREW!>>, passai in rassegna gli alberi senza trovarlo.
La figura sembrò diventare dieci volte più grande e il paradiso si trasformò in una stanza infuocata. Non riuscivo più a respirare.
Volevo chiedere aiuto ma il fumo nero si espandeva dentro i miei polmoni, rendendoli pesanti e incandescenti.
Mi accasciai a terra mentre il mostro si avvicinava pericolosamente.
<<Che cosa vuoi?>>, riuscii a dire in preda al panico.
<<La tua vita>>.
Aprii gli occhi e mi ritrovai avvolta nel buio. Perché facevo questi stupidi sogni? Feci calmare i battiti del mio cuore e scacciai l'incubo tra i miei pensieri. Ormai ero abituata a farlo. Ci volle un po' per capire dove mi trovassi e l'enorme finestra lasciava che la luna illuminasse lievemente la stanza di Eric.
Mi alzai lentamente e sussultai quando vidi una sagoma nera seduta sul divano, <<Eric?>>.
Se non fosse stato per quei due occhi limpidi lo avrei scambiato per il mostro dei miei incubi.
<<Lo dici come se potesse essere qualcun altro, ti ricordo che la stanza è mia>>.
Analizzai il suo tono di voce per capire di che umore fosse, sembrava solo stanco.
<<Quando sei tornato?>>, cercai di ricompormi e stropicciai gli occhi assonnati.
<<Qualche ora fa>>, il modo in cui lo disse mi fece cambiare immediatamente idea Era troppo freddo e distaccato per essere solo stanco.
Guardai l'orologio digitale sul comodino, erano le 3:25 del mattino.
Come mi ero potuta addormentare?
<<Perchè non mi hai svegliata?>>, domandai imbarazzata.
<<Con le domande dovrei iniziare io, non credi? Perché sei qui?>>.
<<Volevo parlarti...>>, sospirai perché capivo che da lui non avrei ottenuto nulla. Il suo atteggiamento era tutt'altro che amichevole. Era arrabbiato perché stavo dormendo sul suo letto?
Ok si, avrei potuto evitare ma dopo quella mattina non penso che mi considerasse una sconosciuta.
<<Di cosa volevi parlarmi?>>, chiese infastidito.
<<Lo sai!>>, risposi secca.
Stavo iniziando ad indispettirmi. Non ero arrabbiata perché anche se mi sentivo messa da parte non mi sembrava strano il fatto che lui volesse stare da solo. Anche io a volte avevo la necessità di stare per conto mio. Ma il suo atteggiamento mi feriva, mi trattava come se fossi una delle ragazze rompiballe che gli andava dietro... ecco quello mi dava fastidio!
<<No Tamara, non lo so. Inizia ad essere chiara!>>.
<<Dove sei stato?>>, dissi la prima cosa che mi venne in mente, non per importanza ma perché mi sembrava quella più semplice.
<<Vuoi sapere questo? Sei venuta per sapere dove ero andato?>>, mi schernì con una risata, << Beh ho fatto un giro>>.
<<Perché?>>, ero delusa dal suo atteggiamento, pensavo che dopo stamattina le cose tra di noi sarebbero solo migliorate. Avevo la forza di giocare con i suoi sbalzi d'umore?
<<Mi andava, non penso di doverti informare di ogni mio spostamento. Ti ricordo che fino a prova contraria sei tu quella che vuole un rapporto senza pressioni>>, abbassò la voce in un sussurro rabbioso, <<Deciditi una buona volta>>.
Strinsi i pugni per trattenermi dal lanciargli un cuscino in faccia o dal scappare via piangendo e feci un respiro profondo, <<Non farlo! Ti prego... non chiuderti in questo modo perché significherebbe ritornare al punto di partenza!>>.
<<Non sto facendo un bel niente!>>, ribatté senza vacillare.
Sospirai ancora e pensai a cosa fare.
Una parte di me, la solita Tamara, se ne sarebbe andata via ferita perché avrebbe pensato di non essere abbastanza per lui e di essersi per l'ennesima volta illusa di poter contare qualcosa... ma l'altra parte si ricordò di quella mattina, delle parole di Courtney e del fatto che non voleva perderlo.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lui, ad ogni mio passo l'atmosfera si caricava di tensione e lo vidi irrigidirsi appena sfiorai il suo viso con la mia mano.
Sotto il mio tocco la sua pelle liscia sembrò riscaldarsi. Da quella vicinanza potevo osservarlo con maggiore chiarezza. La flebile luce bianca accarezzava i suoi lineamenti perfetti e creava un riflesso nei suoi occhi chiari, rendendo il colore più vibrante e luminoso. Aveva passato un pomeriggio orribile, si vedeva dall'espressione che portava sul viso.
Mi sedetti accanto a lui e appoggiai le mie labbra sulle sue, ne avevo bisogno.
Avevo bisogno di sapere che lui fosse ancora li con me e non da qualsiasi altra parte. Volevo fargli capire che io avrei sfondato qualsiasi muro lui avesse voluto mettere tra di noi.
Feci pressione sulla sua bocca che non tardò a ricambiare, mi misi a cavalcioni su di lui e continuammo ciò che avevamo interrotto quella mattina a scuola.
Sentivo la sua disperazione nel tocco delle sue mani e sembrava sul punto di farsi scivolare tutto quello che gli era capitato durante quella giornata. Provò a sussurrarmi delle scuse ma non era quello che volevo, sapevo che le parole di prima erano dettate solo dal dolore.
Mi staccai dalle sue labbra per lasciargli una scia di baci sul collo, sentivo la sua erezione premermi sul punto più sensibile mentre si lasciava andare a versi silenziosi.
Di colpo mi prese di peso facendomi coricare sul divano, <<Aiutami a non pensare>>, mi supplicò mentre con le mani iniziava a levarmi la maglietta.
Mi stava chiedendo di fare sesso per non pensare a qualcuna che non fossi io?
La paura di non essere abbastanza si ripresentò. Era un'altra certezza che mi dava riguardo a quanto ancora fosse preso da quella maledetta ragazza.
Sentii le sue dita slacciarmi il reggiseno esponendo gran parte del mio corpo al suo sguardo.
D'istinto portai le mani al petto ma lui le riprese e le spostò in alto.
Rimase in silenzio a guardarmi, <<Sei troppo per me, cosi bella e innocente>>, si abbassò di nuovo baciandomi più intensamente di prima e divorandomi con la sua lingua ruvida e calda che si sposava perfettamente con le sue labbra soffici.
Spingeva sempre di più il suo corpo sul mio, permettendomi di non lasciare spazio all'immaginazione dato che l'unico ostacolo erano i nostri jeans. La sua mano si era impossessata di uno dei miei seni e quando iniziò a leccarmi un capezzolo impazzì dalla vergogna ma anche dal piacere.
<<Non puoi capire da quanto desideravo farlo>>, mise una mano dentro gli slip. Dentro di me scappò un allarme. Con gli occhi sbarrati presi il suo polso con entrambe le mani.
Alzò la testa e la avvicinò alla mia, <<Ti prego! Permettimelo>>.
Appena incrociai i suoi occhi sentii le spalle rilassarsi e la stretta farsi sempre meno solida. Gli lasciai il polso, acconsentendo cosi a far entrare le dita più in profondità. Mi aggrappai a lui cercando di capire se quella sensazione mi procurava piacere ma sentivo soltanto lo stomaco attorcigliarsi per una presenza estranea.
Lentamente iniziò a muovere le dita in modo circolare stuzzicando il clitoride. Con l'altra mano mi abbassò i jeans che non ricordavo di aver sbottonato e senza smettere di muovere le dita della mano destra, abbassò pure le mutandine.
Continuava a guardarmi mentre io iniziavo a non contenere più quello strano groviglio di tensione e piacere, era come se stessi aspettando qualcosa e pur non sapendo cosa ero impaziente di ottenerla.
Lo vidi abbassare la testa e senza preavviso introdusse la lingua dentro di me, dovetti tenermi stretta al divano per scaricare quella sensazione. Ero invasa dal suo tocco umido e dalle sue dita che sembravano muoversi come se stessero suonando uno strumento.
Percepivo il nodo allo stomaco scendere e diventare sempre più intenso.
La sua lingua si fermò, <<Vieni, vieni per me>>, il suo fiato caldo contrastava l'aria fresca che ci avvolgeva e fu cosi erotico da portarmi al limite. Una scossa di piacere mi percosse interamente fino all'alluce dei piedi.
Sentivo il mio cuore battere forte mentre il suo viso stava ancora tra le mie gambe e dovetti aspettare alcuni secondi per godermi quella sensazione di rilassamento.
<<Sei fantastica!>>, risalì con dei lunghi baci lasciati sul mio ventre per poi fermarsi sulla mia bocca e baciarmi.
Quel bacio aveva un sapore diverso, e solo dopo mi resi conto che stavo assaggiando i miei stessi umori ma la cosa non mi disgustò perché stavo baciando lui. Anzi quella situazione mi eccitava a tal punto da volerne ancora di più.
Di improvviso pensai al sapore che potesse avere e non riuscii a contenere l'eccitazione cosi senza guardarlo mi presi di coraggio e abbassai la mano sull'erezione coperta dai jenas. La sua testa scattò immediatamente all'indietro e sentii il suo respiro farsi sempre più pesante. Non sapevo cosa mi stesse accadendo ma in quel momento mi sentivo padrona del piacere che stava provando e questo mi incoraggiò ad essere più decisa nei movimenti.
Abbassai la zip dei suoi jeans e vidi l'erezione sofferente uscire da quello spazio cosi ristretto.
Presi un altro po' di coraggio e, senza pensare agli orribili ricordi, lo presi tra la mano iniziando a muovere il polso sempre più velocemente.
Sentivo la carne pulsare sotto le mie dita mentre il calore del suo sesso mi invogliava sempre di più a scoprire cosa si potesse provare a baciarlo.
Mi inginocchiai lentamente scendendo dalle sue gambe e me lo ritrovai di fronte, era enorme e non fui cosi sicura che ci sarei riuscita.
Appoggiai le mie labbra sulla punta, schiudendole leggermente.
<<Tamar...cazzo!>>, quelle parole fecero scattare in me qualcosa e velocemente avvolsi il pene con le mie labbra e inizia a spingerlo sempre più dentro.
Quando sentii la sua mano premere dietro la mia testa impazzii dal piacere e provai a seguire i suoi movimenti, in alcuni momenti sembrava come se non riuscissi a respirare e trattenni più volte dei coniati ma sentire i suoi gemiti di piacere era mille volte meglio. Il calore si propagava dentro la mia bocca e la lingua guidava l'erezione ad ogni entrata.
<<Sto... sto per venire>>, provò a spingermi via ma lo trattenni appoggiando le mie mani sui suoi fianchi, <<Cazzo!...>>, la sua voce si interruppe lasciando posto ad un lungo lamento di piacere e ad un liquido caldo che travolse la mia gola.
Dovetti allontanarmi un po' per cercare di prendere familiarità con quella strana consistenza. Era salata ma allo stesso tempo mi lasciava un retrogusto dolce, diverso dal mio... da quello che avevo assaggiato prima. Mi asciugai le labbra con il braccio e alzai lo sguardo.
Aveva gli occhi chiusi, come se stesse degustando ogni goccia di piacere che gli avevo mostrato. Ero stata io a ridurlo cosi e questo mi rendeva soddisfatta, come se vederlo beato fosse uno dei miei grandi obiettivi della vita.
Avevo male alle gambe cosi mi sedetti sul divano aspettando un suo gesto ma lui non sembrava volersi muovere e la cosa iniziava a imbarazzarmi.
A cosa stava pensando? Perché se ne stava immobile cosi? Forse si aspettava altro? Pensai al fatto che si era limitato a toccarmi e a farsi toccare e ne fui felice perché non credevo di essere del tutto pronta a riprovare certe esperienze. Sapevo che con lui sarei riuscita a scacciare quelle sensazioni disgustose che ricoprivano i ricordi di Andrew ma nel profondo provavo ancora troppa paura e disgusto verso me stessa.
In quella posizione, nuda e ignorata da lui, mi sentivo estremamente esposta e piano piano realizzavo cosa avevo appena fatto. Sicuramente sarò stata impacciata e lui avrà capito che non avevo alcuna esperienza. Era abituato a certe cose mentre per me era un campo inesplorato.
Presi il reggiseno ed iniziai ad abbottonarmelo per poi riprendere gli slip buttati a terra e ricoprire la mia nudità. Mentre mi alzavo per cercare la maglietta sentii una forte stretta al polso e mi ritrovai di nuovo nella stessa posizione seduta di prima.
<<Dove credi di andare?>>, la sua voce roca mi fece rabbrividire, era cosi piacevole e sensuale.
<<La maglietta...>>, non mi aspettavo quell'intervento quindi ritornai la solita Tamara, quella che bastava averlo vicino per diventare una perfetta imbecille.
<<Non ne hai bisogno!>>, aprì gli occhi e abbassò lo sguardo sui miei seni per poi corrucciarsi, <<Neanche di questo hai bisogno!>>, disse sganciandomelo con maestria.
<<Eric!>>, lo rimproverai nonostante stessi di nuovo provando quel desiderio di prima al pensiero del suo tocco.
Si alzò e prendendomi in braccio mi poggiò sul suo letto. Mi guardò a lungo, <<Dove sei stata per tutto questo tempo?>>, si stese vicino a me e mi avvolse tra le sue braccia.
I miei seni si appiattirono sul suo addome muscoloso mentre le sue gambe attorniarono le mie imprigionandomi in un posto sicuro.
Non volevo perdere tutto questo, era troppo importante per me. Era l'unica cosa che mi faceva credere di meritare un amore. Mi raggomitolai su di lui poggiando la testa sulla sua spalla.
<<Mi dispiace per oggi e per poco fa... sono un idiota>>, mi disse mentre le sue dita facevano su e giù sulla mia schiena scoperta.
<<Ne vuoi parlare?>>, ero incerta e attenta a non scatenare il suo umore scorbutico.
<<Con te tutto il resto perde importanza, ti basta sapere questo>>, sussurrò.
Anche per me era lo stesso, mi bastava stare con lui per dimenticare o sopportare il resto. Prima di incontrarlo sopravvivevo alla giornata ma adesso la mattina mi sembrava più ricca di opportunità per essere felice.
Pensai a Courtney e al fatto che dovevo lasciarmi andare, che Luke era stato solo un sassolino sul mio percorso e che i miei sentimenti erano dei validi mezzi per fidarmi delle persone. Mi fidavo di Eric e come volevo far parte della sua vita e sapere tutto lui provava il mio stesso desiderio. Feci un lungo sospiro e provai a non frenare le mie parole.
<<Ho visto i miei genitori morire davanti ai miei occhi>>, sentii i suoi muscoli irrigidirsi sotto la mia pelle, <<Odiavo quelle gite e pensavo "Perchè devo essere l'unica tra i miei amici ad avere dei genitori ossessionati con le escursioni?", proprio non riuscivo a tollerare il fatto di dover passare parte delle vacanze dispersa nel nulla quando invece i miei amici stavano insieme a divertirsi. Eppure adesso farei qualsiasi cosa per ritornare a quei momenti, con mia madre che disegnava paesaggi e Drew che mi elencava tutte le specie di animali presenti sul luogo>>, ricordai l'incubo e dovetti aspettare un po' di tempo prima di riprendere il racconto, <<Drew era mio padre, ma non quello biologico. A volte riusciva per fino a capirmi meglio di mia madre. Quella mattina lui...per cercare di interrompere i miei stupidi capricci...non vide un camion in un incrocio e venimmo travolti...Di quel momento ricordo solo alcune scene e dopo che la macchina si fermò dovetti rimanere immobile per non so quanto aspettando che qualcuno arrivasse a salvarci. Rimasi immobile a guardare mia madre lamentarsi e dissanguarsi senza poter fare nulla mentre Drew non dava alcun segno di vita>>, cercai di regolare il respiro e mi portai la collana alle labbra, <<Non è stato facile vivere con Rachel, suo marito e....suo figlio>>.
Trattenni un altro respiro per buttare via tutto il rancore che provavo nei confronti di quella gente, << Non facevano altro che rimarcare quello che già, in parte, pensavo. Era stata anche colpa mia, se io non avessi fatto la stupida ragazzina viziata, se avessi apprezzato di più quei momenti e avessi ascoltato mia madr...>>
<<Non potevi fare nulla, non eri tu a guidare!>>, disse con voce rassicurante, quella che di solito mi dava fastidio perché mi faceva sentire compatita ma con lui funzionava.
<<Lo so, ho pensato anche questo solo che... quella in vita sono io e non loro, non potrò mai perdonarmelo!>>, misi in chiaro i pensieri che appesantivano il mio cuore.
Girò il suo corpo verso di me e fissò i miei occhi, <<Se avessero potuto scegliere avrebbero salvato ugualmente te!>>, mi baciò dolcemente tenendomi stretta tra le sue braccia.
Sapevo anche questo ma... loro non avevano avuto neanche la possibilità di scegliere, proprio come me. Era crudele pensare che la vita potesse basarsi sulla fortuna. Io ero stata fortunata e loro no? Qual era la fortuna nel vivere con la morte nel cuore?
<<Neanche io ho conosciuto il mio padre biologico, è morto ancora prima che riuscissi a chiamarlo "papà". Era un drogato. Ha fatto soffrire mia madre per anni, lasciandogli debiti e contatti con gente poco raccomandabile... Nathan, John e Amelie sono la mia fortuna e quella di mia madre>>.
Sorrisi amaramente al suono di quella parola, <<La fortuna... chissà come funziona>>, mi accoccolai sul suo petto rassicurante.
La sua mano continuava ad accarezzarmi la schiena, era un gesto così intimo e semplice.
<<Il tuo padre naturale... non lo hai mai incontrato?>>, mi chiese cauto. Evidentemente anche lui aveva paura di una mia reazione. Eravamo entrambi imprevedibili quando si parlava del nostro passato.
Pensai a quanto potessi dirgli, gli avrei potuto raccontare di Rachel ma ero stanca ed inoltre non sapevo se quel tizio avesse detto la verità... in fondo neanche mi importava.
Drew era il mio unico padre e lo avevo perso, quello si che era stato un enorme dolore. Ma lui non era nulla per me. Se avesse davvero fatto del male a Rachel per proteggermi cosa si aspettava? Che lo ringraziassi per una cosa cosi meschina? No, era inutile raccontargli una cosa simile perché per me non aveva alcuna importanza.
<<No e non provo alcun desiderio nel farlo. E' uno sconosciuto e voglio che rimanga tale!>>, le mie parole suonarono più dure rispetto alla mia voce.
<<Mi dispiace che tu abbia dovuto passare certe cose>>.
<<Neanche tu te la sei passata bene, non deve essere stato facile vedere tua madre da sola contro il mondo... anche se aveva te al suo fianco>>, alzai gli occhi e la bocca stretta in una linea tesa si ammorbidì, abbozzando un tenero sorriso.
<<Sai quando ero piccolo mi sentivo l'uomo di casa e molte volte dovevo fare i conti con gli scagnozzi mandati dai creditori. L'ho sempre difesa da qualsiasi cosa, pensavo di poter sconfiggere qualunque male che avrebbe tentato di strapparmela via...>>, l'espressione ritornò ad incupirsi rivelando tristezza e dolore , << Non ho mai pensato all'eventualità di una malattia e la cosa mi fa rabbia!>>, le dita che prima mi accarezzarono si strinsero in un pugno tremante e furioso.
Una parte del mio dolore per la perdita dei miei genitori riaffiorò insieme a tutti quei ricordi portati in superficie, non volevo che arrivasse a provare certe cose.
Portai la mano sulle sue labbra e le accarezzai, volevo eliminare l'amarezza dal suo viso, <<Non c'è niente che tua madre possa desiderare più di rimanere al vostro fianco, è una donna forte e ce la metterà tutta. Abbi fiducia in lei>>, gli baciai il petto e cercai in tutti i modi di stringermi a lui. Non mi bastava mai.
<<Le piaci molto, non fa altro che parlarmi di te. Perfino Amelie non smette di chiedermi quando ti riporterò a casa>>.
<<Anche loro mi piacciono, mi fanno sentire... una brava persona>>.
Si girò confuso, come se avessi svelato un segreto che già tutti conoscevano, <<Lo sei!>>, i suoi occhi si addolcirono, << Più di quanto tu possa immaginare!>>, capii che era sincero.
Ci credeva davvero, eppure non mi sentivo cosi buona e... innocente... mi aveva definita cosi.
Cosa avrebbe pensato di me se gli avessi raccontato certe cose? Avrebbe capito che il rancore che covavo dentro mi avrebbe un giorno divorata e che in fondo non ero quella che si immaginava. Ma pensare che al mondo esistesse qualcuno che mi reputasse cosi, mi faceva sperare in una Tamara migliore.
Lo guardai e gli sorrisi, <<Forse è meglio che io torni a casa, non voglio che tua madre cambi idea su di me>>.
<<Se domani mattina dovesse vederti spuntare si arrabbierebbe, ma con me per non averla avvisata e non aver sistemato la camera degli ospiti. E poi sa già che sei qui, non credi che si sia accorta che dormivi sul mio letto?>>.
Sentii le guance infuocarsi appena mi resi conto che aveva ragione, ero stata cosi inopportuna. E se aveva sentito tutto ciò che avevamo fatto pochi minuti fa?
<<Tamara non preoccuparti, le fa piacere che tu stia con me!>>, rise dolcemente accorgendosi del mio imbarazzo.
<<Si certo... a quale madre non fa piacere ritrovarsi la ragazza, con cui suo figlio se la spassa, scendere le scale in piena mattina?>>, la mia voce isterica riecheggiò nella grande stanza.
Feci per alzarmi ma le sue braccia mi trattennero al suo fianco, <<Non andartene, ti prego! Se non ci sei penserò a cose a cui non voglio pensare. Rimani!>>, ad un tratto l'atmosfera cambiò, si fece più cupa e pesante.
<<Sarah... è un problema cosi grande per te?>>, chiesi sperando in una sua risposta rassicurante.
Non sembrò stupito che io sapessi di Sarah ma quando pronunciai il suo nome, i suoi occhi si tramutarono in un mare in tempesta di tormento e tristezza. Non mi rassicurò per niente.
<<Se sarai con me non lo sarà!>>.
Chiusi gli occhi cercando di prendere quelle parole nel migliore dei modi possibili.
Adesso c'ero io nella sua vita, lei era solo un ricordo da dimenticare come l'incubo che avevo fatto.
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