Capitolo |13|


<<Sei stupenda!>>, mi disse Courtney mentre mi guardavo allo specchio.

Lei esagerava come sempre però mi piaceva ciò che indossavo, appena l'avevo vista al negozio me ne ero innamorata subito.

Era una gonna ampia a vita alta che scendeva morbidamente fino alle caviglie.
Il blu acceso della gonna si intonava perfettamente con il body bianco di pizzo che avevo voluto comprare nonostante Courtney me lo avesse proibito.

<<Avevi detto che sembrava una tenda...>>, le ricordai indicando i bellissimi ricami del body.

Lei fece finta di nulla e mi porse un paio di Pump, abbastanza alte da farmi venire i brividi. Che bello, stasera sarei stata comodissima...

Courtney indossava uno dei suoi abiti perfetti, il viola intenso del vestito le risaltava gli occhi.
Era il suo colore.

Verso le 19:00 partimmo e la convinsi a farmi guidare.

<<Te la stai cavando piuttosto bene, brava! Ora ti manca solo una macchina>>.

<<Direi una cosa da niente, vero?>>, ironizzai.

<<Potresti prenderne una di seconda mano e pagarla a rate, sai mio papà conosce molte persone che ...>>

<<Courtney ho altri progetti. Quei soldi mi servono per cercare casa>>.

La vidi incrociare le braccia. <<Puoi venire a casa mia. Lo sai che mamma e papà sarebbero felice di vivere con te>>.

Sospirai, avevamo affrontato quel discorso almeno una decina di volte.
<<Dobbiamo parlarne proprio ora?>>.

<<No, hai ragione...e che sono nervosa... ma sono felice che ci sia anche tu>>, disse provando miseramente a sorridermi.

Si, era vero... molto nervosa, un evento raro per Courtney ma soprattutto per me dato che non ero abituata a vederla cosi.

<<Stai tranquilla, ti adoreranno... E rimarranno estasiati dalla tua bellezza>>, scherzai ma sapevo che l'avrebbero adorata. Tutti adorano Courtney.

<<Per forza! Ho speso un capitale per questo vestito>>.

Beh anche questo era vero.

Parcheggiai davanti la casa e dopo aver fatto fare dei respiri a Courtney per calmarla scendemmo dalla macchina e ci incamminammo verso la grande porta in marmo bianco. L'aria fresca mi accarezzava la pelle e il cielo sereno mi trasmetteva una pace che in quel periodo non mi era più estranea.

Pochi secondi dopo aver suonato il campanello la porta venne aperta, mostrando l'ingresso luminoso e addolcito da una leggera musica strumentale. Ma ciò che mi mozzò il fiato non fu la bellezza di quella casa ma di Eric, che con il solito sorriso mi trasportò lontano facendomi dimenticare di tutto il resto.

Sentii Courtney tossire e cercai di controllare le mie emozioni, ma ormai era troppo tardi... si prendevano sempre la sfacciata libertà di mostrarsi attraverso le mie guance.

Indossava un completo nero semplice ma non troppo elegante, gli cadeva perfettamente e non mi sarei stupita se avessi scoperto che era stato fatto a su misura per lui. La camicia aderiva perfettamente al suo torace. Aveva una mano poggiata sulla porta mentre l'altra stava dentro la tasca del pantalone.
Guardai il suo viso e mi accorsi che in tutto quel tempo lui si era fermato ad osservarmi, l'imbarazzo riprese a serpeggiare sul mio viso e i miei occhi sviarono i suoi.

<<Si Eric, ciao anche a te. Ci fai entrare o no?>>, disse Courtney infastidita e interrompendo qualsiasi cosa stesse accadendo tra me e lui.

<<C...certo>>, lo sentii in difficoltà ma non osavo controllare la sua espressione dato che volevo evitare di perdermi di nuovo nei suoi occhi.

<< Ciao ragazze. Prego, entrare>>, si voltò verso le scale, <<Nathan!!! È arrivata Cory!!>>.

Courtney lo sorpassò, <<Sei deficiente?!? Vorrei presentarmi ai tuoi genitori in modo normale e non tramite un urlo da gorilla>>, iniziò a guardarsi attorno per cercare di rimediare.

Eric le rivolse uno sguardo divertito.

<<Eric, che hai da urlare?>>, Nathan uscì dal salone con aria seccata ma appena vide Courtney gli si illuminarono gli occhi, <<Oh, ma sei arrivata!>>, corse ad abbracciarla susurrándole qualcosa all'orecchio e distrattamente mi salutò con la mano.

Distolsi lo sguardo, il loro legame mi faceva sentire a disagio. Ero felice per Courtney ma sottolineava la differenza che c'era tra me e lei facendomi sentire inadatta. Io non sarei mai stata abbastanza per lui mentre Courtney era la ragazza perfetta.

<<Che fai, entri anche tu o preferisci mangiare fuori?>>, la sua voce mi strappò via da quei pensieri.

Guardai i suoi occhi limpidi e intensi cercando però di non sciogliermi come una candela.
<<Sempre simpatico>>, dissi ancora stordita.

Penso di essere l'unica al mondo a reagire in modo così patetico quando se lo ritrovava davanti.

<<Tamara cara, ciao!>>, Margot si precipitò ad abbracciarmi e io non potei far altro che ricambiare.

La sua spiccata eleganza era capace di far sentire qualsiasi persona in soggezione, ma allo stesso tempo la sua personalità generosa riusciva a metterti immediatamente a tuo agio. Da quando Eric mi aveva detto della malattia cercavo di notare ogni più piccolo dettaglio per capire se stesse bene ma era sempre perfetta.

<<Buonasera signora Grant>>, le feci un sorriso sincero.

Si imbronciò, <<Ti ho detto di non darmi del Lei, ho sempre odiato queste formalità>>, lo sguardo le cadde sulla mia destra causando un altro dei suoi calorosi sorrisi, <<Tu devi essere Courtney! Mi avevano parlato della tua bellezza ma credo che non ti rendesse giustizia!>>, le si avvicinò porgendole la mano, <<Piacere, sono la madre di questo essere>>, disse indicando Nathan.

Vidi Courtney un po' impacciata nel ricambiare la presentazione ma una volta che ebbe la possibilità di farlo pure con John, si calmò.

Nathan non assomigliava molto a suo padre come Amelie, i suoi capelli biondi spiccavano in quella famiglia ma la stessa cosa non si poteva dire per il carattere o la semplice postura. Mi affiorò un sorriso appena notai la loro posizione identica del piede destro: leggermente inclinato che sorreggeva buona parte del corpo.

Chissà quale impressione avrei dato vicina a mia madre. Quando ero piccola dicevano che le assomigliavo molto ma ero solo una bambina. Sapevo già che avevo ereditato da lei la pelle chiara, le lentiggini e i capelli ma avrei voluto sapere le piccole e sottili somiglianze come quelle tra Nathan e suo padre.

Ci accompagnarono nel salone dove avevano allestito un buffet straordinario, un lungo tavolo correva per tutto l'ampio muro ospitando svariate pietanze colorate. Come minimo mi sarei aspettata 200 invitati.

Il campanello suonò un'altra volta quindi ci lasciarono la, ad ammirare tutta quella bontà.
Ok, era immenso. Forse avrei potuto convincere Eric ad invitarmi sempre in queste feste.

<<Dobbiamo aspettare che vengano gli altri ospiti prima di mangiare. Pensi di farcela?>>.

<<Eric smettila! Non mangio così tant...>>

<<Ma se l'altra sera ti sei mangiata pure la mia pizza>>, si mise a ridere.

<<Ero affamata!>>.
Quel giorno avevo sgobbato per tutto il pub con solo un sandwich nello stomaco.

<<Oh, quello non lo metto in dubbio>>.

Feci per rispondergli ma un turbine di capelli tinti mi costrinse ad indietreggiare.

<<Eric!!>>, disse la falsa rossa con cui si era baciato pochi giorni fa.

Che ci faceva qua?

Cercai subito Courtney con lo sguardo ma era concentrata a parlare con il suo ragazzo.

<<Ciao Rosalie>>, Eric cercò di sfuggire da quella presa ma la rossa non mollava, all'ingresso si presentarono due signori che presumo fossero i suoi genitori.

<<Rosalie cara, lascia stare il povero Eric!>>, disse una donna con così tanti gioielli da fare concorrenza al Papa, << Margot hai fatto proprio un bel lavoro>>, commentò poi con stupore e sarcasmo. Come se non si aspettasse una cosa del genere da lei.
Era palesemente invidiosa ma Margot non le diede tanta importanza, le rispose con un garbato ed elegante sorriso.

<<Mamma lo sai che Eric oggi ha battuto papà a golf?>>, la rossa mi lancio un'occhiata.

A golf? Da quando Eric giocava a golf? E perché giocava con suo padre? ma soprattutto perchè mi aveva invitata dato che aveva già chi poteva distrarlo?

Iniziai a sentirmi a disagio ed evidentemente Eric accorgendosene si scostò da quel polipo rosso per presentarmela.
<<Tamara, ti presento Rosalie. Un'amica di famiglia>>.

Rosalie... seriamente?
Una rossa che si chiamava Rosalie?

La ragazza mi squadrò dalla testa ai piedi e con il sorriso più falso che potesse mostrarmi mi disse: <<È un piacere conoscerti. Le amiche di Eric sono pure le mie>>, e così dicendo gli diede un bacio sulla guancia.

Ecco, un'altra Daisy.

Lui sembrava essere divertito dalla situazione, come se quel contatto fosse ormai una cosa normale perché lui non dava importanza a quei gesti.

Non ero stupida, con me non si comportava come un amico.
Sapevo che l'attrazione fisica e mentale era troppo forte da essere percepita solo da me.
Magari lui poteva facilmente passare sopra a quelle sensazioni ma per me era diverso.
Eravamo amici? No.
Per me lui era qualcosa di più e quando mi accarezzava, mi sussurrava o mi guardava provavo dei sentimenti così intensi da togliermi il respiro. E lui lo sapeva.
Ne avevo abbastanza.

Senza che se ne accorgesse mi allontanai e mi sedetti sul divano mentre cercavo di non ascoltare le loro voci mescolarsi come se fossero una cosa sola.
Mi dava fastidio, mi dava enormemente fastidio. Ero cosi stupida a permettergli di farmi questo effetto.

Aspettai che tutti gli ospiti arrivassero e iniziassero a mangiare.
Vidi tutto quel bel cibo diminuire di volta in volta ma non avevo fame. Quell'idiota mi aveva rovinato pure l'appetito. Ogni tanto mi guardava ma veniva subito distratto da qualcuno e quindi ritornavo nel dimenticatoio.

Tentò pure di darmi un bicchiere con qualcosa dentro da bere ma il Polipo Tinto mi anticipò e con una falsa faccia imbarazzata mi chiese scusa. Io neanche risposi, mi limitai solo a girarle le spalle e ad allontanarmi.

Quante ore erano passate? tre? La gente continuava a parlare tra di loro, come se non si vedessero da tanto tempo. Non riuscivo più a stare là dentro e Courtney stava parlando assiduamente con John e Nathan. Evidentemente la serata per lei si stava svolgendo in modo diverso.

Avevo bisogno necessariamente di allontanarmi e appena intravidi la porta finestra mi precipitai ad attraversarla.
Uscii in giardino e andai a sedermi sulla vasca della cascata. Il rumore dell'acqua mi aiutò a tranquillizzarmi anche se alimentava i ricordi di Eric ma d'altronde ero a casa sua, qualsiasi cosa mi avrebbe fatto pensare a lui.

Accarezzai la superficie dell'acqua con il palmo della mano e liberai tutte le emozioni per Eric che da tempo avevo soppresso.

Una lacrima mi scivolò sul viso, non l'asciugai subito ma aspettai che percorresse la sua strada, sapevo di non dover piangere ma sapevo anche che quei sentimenti non facevano per me.

Avevo superato ben cose peggiori di queste, era solo un ragazzo.
Il problema era che per gli altri era solo un ragazzo ma per me era l'unico ragazzo. Dovevo farmene una ragione ma era cosi triste che il mio cuore ogni volta si rifiutava di accettarlo.

Sentii dei passi provenire di fronte a me, sapevo chi fosse perciò prima di alzare lo sguardo tentai di asciugare dalle guance i solchi bagnati.

<<Cosa ci fai qui? Ti cerco da almeno dieci minuti...>>, sembrava infastidito.

Sorrisi leggermente.
Io invece lo cercavo con lo sguardo da tutta la sera ma lui era troppo impegnato a fare il gallo con "Rosalie".

<<Volevo prendere un po' d'aria>>, dissi senza la forza di fingere che andasse tutto bene o di fare quelle solite e stupide battute sarcastiche ricche di ambiguità.

<<È successo qualcosa?>>, chiese con preoccupazione.

Qualcosa? tutto e niente... ecco cosa era successo.

<<No, niente di nuovo almeno>>.

<<No...eppure sembra proprio che tu sia arrabbiata per qualche cosa?>>, fece un altro passo mentre i suoi occhi glaciali iniziavano già a fare effetto sul mio corpo.

Gli sembravo arrabbiata? Io pensavo di essere più ferita che arrabbiata ma in realtà forse aveva ragione.
Voleva parlare? Perfetto, lo avrei accontentato.

<<Perché mi hai invitata visto che c'era Rosalie?>>, sembrava confuso quindi continuai a parlare, <<L'altro giorno vi ho visto mentre vi baciavate>>.

<<È per questo che è una serata che non mi dai retta? Perché sei...>>, rise come un pazzo, <<Gelosa?>>.

Io non gli davo retta? Cosa pretendeva che facessi? Stare con loro mentre quella continuava a flirtare con lui?

Quel suo modo di fare mi dava così fastidio da ricredermi pure sui sentimenti che provavo per lui.
Come potevo essere così attratta da una persona che sminuiva certe cose.

<<Non fai altro che parlare di gelosia>>, la mia voce seria tolse tutto il divertimento che arieggiava attorno a lui, <<Forse hai ragione, sono arrabbiata o magari si, anche gelosa! Ma solo perché sono stanca di aspettarmi qualcosa da te o di sperare in qualche tuo gesto...>>, mi fermai subito.
Dove volevo andare a parare con quel discorso?

<<Io ti ho sempre detto che tra noi ci sarebbe stata solo un'amicizia>>, iniziò ad agitarsi distruggendo così  la maschera imperturbabile e mostrandomi la sua vera emozione: la paura.

Oh povero Eric, aveva di fronte l'amica del cuore da mettere in panchina.

<<E' vero! Mi hai detto che il nostro rapporto doveva limitarsi alla semplice amicizia e io ero d'accordo>>, mi strinsi nelle spalle e sostenni il suo sguardo, <<Ma tu con me non ti comporti come un semplice amico! Mi guardi troppo intensamente, mi sfiori troppo spesso e ogni tua parola viene detta in un modo che mi fa pensare a tutto ma non all'amicizia. Dimmi come faccio a credere di esserti amica quando ti comporti così!>>, urlai frustrata.

Si passò la mano sui capelli, <<Adesso la colpa sarebbe mia? É assurdo...>>

Sospirai pesantemente, << Mi confondi e ciò non dipende solo dai miei sentimenti>>.

<<Ma di che sentimenti stai parlando? Ci conosciamo da quanto? Meno di un mese?>>, la sua voce sprezzante mi ferì ma venni improvvisamente travolta da una rabbia feroce. Ormai avevo capito il suo modo di fare.

<<Non ci provare! Non provare a farmi credere che per te non sia lo stesso! Non so in che modo ma per te valgo qualcosa!>>, urlai.

Rimase in silenzio a guardarmi.

<<Io... non sono come le altre, lo so>>, confessai a malincuore mentre la mia mente iniziava a paragonarsi a Courtney, Tiffany o Rosalie, <<So anche che per te un bacio o una carezza non significano nulla ma per me, é diverso. Dó troppa importanza a queste cose perché mai avrei pensato di sentirne il desiderio>>.

Odiavo mostrarmi così debole di fronte a lui ma lo ero, inoltre sembrava che le parole scorressero come acqua da un rubinetto aperto.

<<Forse per te saranno passate solo poche settimane ma io percepisco il tempo diversamente. Ho sempre sentito il peso di ogni secondo, Courtney ha saputo alleggerire la mia coscienza ma dal momento in cui ti ho conosciuto il mio cuore ha iniziato a provare gratitudine...>>, ingoiai con forza quel nodo di lacrime, <<Sono grata di essere ancora in vita e avere l'opportunità di vederti>>.

<<Tamara...>>, la sua voce si ridusse in un sussurro.
Capivo il suo terrore, mi stavo quasi dichiarando.

<<Lo so, fa paura anche a me>>.

<<Non mi fa paura. Tu...>>, fece un passo verso di me per poi fermarsi immediatamente, <<Lo sento pure io. Non mi sono mai sentito così legato ad una persona e mi dispiace di aver detto quelle cose prima ma Tamara... non posso darti quello che tu vuoi>>.

<<Lo so e non te ne farò mai una colpa. Non sono quella che cerchi, non sono né Rosalie né tutte...>>

<<Tutte chi? Rosalie è solo una delle tante che ho baciato, non significa nulla per me.>>.

<<Una delle tante che hai baciato>>, ripetei ed abbassai lo sguardo, <<Come me?>>, chiesi con una smorfia sul viso.

<<Non c'entri nulla con loro, con Daisy, con Rosalie o qualsiasi altro essere vivente! Io non cerco proprio nessuno! Ti ho detto chiaramente che non cerco una relazione stabile. Credi davvero che se non riesco ad averla con te riuscirei ad averla con loro?>>, mi chiese sconvolto aspettando una mia risposta che non ottenne.
<<Cazzo! Mi fai imbestialire!>>, urlò furioso, <<È possibile che non capisci?>>.

Non ero come le altre ma non ero abbastanza per essere qualcosa di più! Per lui ero un'amica ma non una normale amica con cui avere un normale rapporto. C'era qualcosa che non andava.

<<Io oggi ho capito realmente come stanno le cose. Vuoi che siamo amici? Va bene...ma da oggi in poi non dovrai più oltrepassare quel confine...>>.

<<Che vorresti dire?>>.

<<Te l'ho detto. Non ti faccio una colpa per quello che non provi ma per come ti comporti. Non devi più sussurrarmi cose dolci o sfiorarmi ogni qualvolta ne hai voglia... se continuassi a farlo sarebbe molto difficile per me smettere di sperare in qualche cosa di più e non è giusto Eric. Mi sento come se fossi in bilico tra ciò che vorrei e ciò che tu vuoi che io sia>>.

Si inginocchiò per guardarmi negli occhi mettendomi una mano sul viso, poi si rese conto di quel gesto e la ritirò.... solo in quel momento capì a cosa mi stessi riferendo. Poteva sembrare un normale gesto d'affetto ma solo io vedevo l'intensità nei suoi occhi quando lo faceva e non aveva niente a che vedere con una semplice carezza.

<<Non ne combino una giusta, vero? Ma non pensare che per me sia semplice... con te mi lascio andare facilmente e dimentico tutto ciò che dovrei tenere sempre a mente. Io non sono tagliato per queste cose, mi dispiace>>.

Mi allontanai da lui sorridendogli, faceva male ma sapevo che, nonostante lui adottasse un atteggiamento ambiguo, la colpa fosse mia.

Ero io a provare qualcosa che non dovevo provare. Anche se mi ripetevo "siamo amici" continuavo a sperare che le cose sarebbero prima o poi cambiate, ero stata una stupida a tentare di ingannare pure me stessa.
io non ero sua amica, lo stavo semplicemente aspettando.

Sentii le spalle irrigidirsi e appesantirsi, volevo andarmene via.
<<Credo che per me sia giunta l'ora di andare>>.

<<Va bene, ti accompagno!>>, disse rassegnato e a disagio, passandosi una mano tra i capelli.

<<No!>>, ne avevamo appena parlato, perché non capiva?

<<Tamara smettila!>>.

<<No, Eric! Smettila tu!  Ricordati del confine!>>.

<<Questo sarebbe un confine? Adesso non posso più accompagnarti a casa?>>, rise amaramente.

<<Ho bisogno di stare da sola>>.

<<E come farai? Hai intenzione di farti una bellissima passeggiata notturna di 50km? Si dai, magari sei fortunata e incontri qualche maniaco!>>.

<<Prenderò la macchina di Courtney>>.

<<Tam..>>

<<Eric non voglio ripetertelo più!>>.

Mi guardò male ma cedette.

<<Quando arrivi a casa mandami un messaggio>>, quelle parole per un attimo riuscirono ad ammortizzare la caduta.

<<Va bene. grazie... per la bella serata>>, dissi un po' in difficoltà.

<<Si, bellissima...da ripetere!>>.

Lui continuò a guardarmi ma io stavolta mi voltai e me ne andai, sapevo di aver fatto un enorme passo avanti ma allora perché era come se in me si fosse spezzato qualcosa?
Mi stavo allontanando dall'unica cosa che mi aveva fatto sentire per la prima volta in vita... e avevo perso la possibilità di ritrovare quell'elettricità che nessun altro mi avrebbe mai fatto provare.

Entrai dentro e salutai "tutti".
Amelie, l'adorabile sorellina di Eric e Nathan, voleva che io rimanessi ma alla fine riuscii a convincerla che presto le avrei fatto visita, anche se non ne ero così sicura.
Non sapevo come si sarebbero evolute le cose tra me e Eric, se avessimo continuato a passare tanto tempo insieme o ci saremmo allontanati. Quel pensiero mi strinse il cuore e lo stomaco.

Sarebbe finito tutto?

Cercai Courtney e dopo averle spiegato brevemente la situazione mi diede le chiavi della macchina.

<<Va bene, è meglio così>>, mi disse.

Che cosa voleva dire?
Sapevo che Eric non le andasse tanto a genio ma non capivo davvero cosa si celasse dietro a quel "è meglio così".

Cercai di ignorare quelle parole e mi misi in macchina. Sarei andata a casa, mi sarei fatta una doccia rigenerante e dopo... mi sarei concessa di piangere.

Ma poi basta.

Stavo per mettere in moto quando squillò il telefono.

Dove lo avevo messo? Impiegai almeno sei squilli prima di riuscire a rispondere e per la fretta non guardai neanche chi fosse.

-Pronto?- risposi distratta dalle ombre che intravedevo nella grande finestra del salone.

-T..Tamara- una voce roca e spenta, che conoscevo bene..

-Rachel!-

-Ho b...bisogno di te...-

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