Capitolo |11|
L'indomani mi svegliai in assoluto silenzio. Rachel e Finn non c'erano neanche stamattina.
C'era qualcosa che non andava, di solito ogni giorno trovavo le loro due tazze sporche di caffè che poi dovevo lavare, ma da due giorni le vedevo inutilizzate nella credenza.
Rachel aveva detto che Finn se ne era andato per colpa mia ma d'altronde me la dava sempre quindi non sapevo realmente cosa fosse successo.
Cercai di non pensarci più e andai incontro a Courtney che mi aspettava fuori casa.
Il livido non era migliorato ma il dolore alla schiena era diventato quasi inesistente, dovevo fare solo attenzione a come sedermi. Potevo ritenermi fortunata?
Non sapevo cosa fosse la fortuna ma credo che il "Poteva andare peggio" con me non funzionava.
Mi preparai alla reazione di Courtney e salii in macchina tentando di coprire il livido con i capelli. Li avevo raccolti in una treccia laterale cercando di ridurre il danno e non era andata poi così tanto male, al meno per me.
Appena mi vide afferrò il mio viso tra le sue mani e mi fece girare per guardare meglio lo zigomo. Dopo alcuni secondi si mise le mani sulla bocca osservandomi con quei suoi occhioni lucidi.
<<Lo sapevo...io lo sapevo>>, sussurrò tra sé e sé, <<Credi che sia una scema? Tamara guardami negli occhi e dimmi se sei davvero caduta dalle scale!>>, urlò.
<<Courtney...>>, ignorai la voce che mi diceva di mentire e la guardai negli occhi, <<Che senso ha chiedermi una cosa di cui sai già la risposta?>>.
Non dovevo risponderle in quel modo, sapevo che al mondo era l'unica persona che mi voleva davvero bene ma non ero pronta a trovare delle scuse su qualcosa che ancora non avevo metabolizzato.
Spense il motore, si girò e appoggiò la sua mano sulla mia. Sapevo che sarebbe finita così ma non potevo saltare un altro giorno di scuola, non potevo permettermelo.
<<Dimmi cosa posso fare. Dimmelo! Non ce la faccio più a stare così, non riesco a far finta di nulla. Se mi fosse capitata la stessa cosa tu che avresti fatto?>>.
Il problema è che dal lato dello schifo c'ero io e non lei, solo io avevo il diritto di decidere cosa fare e non lei.
Cercai di ingoiare il veleno che avevo in corpo concentrandomi sul fatto che di fronte non avevo Rachel ma Courtney.
Feci un lungo e lento respiro per non ampliare troppo il diaframma e provai a risolvere la situazione.
<<Ti capisco e non ho mai preteso che tu diventassi mia amica perché sapevo dove ci avrebbe portato: a questo! Tu che mi spingi a parlarne e io che ti dico che non è niente. Courtney ormai sono abituata a fare i conti con queste cose. So che non capisci, so che ti dispiace e so che mi vuoi bene ma devi darmi la certezza che non ne parlerai con nessuno, devi fidarti di me. Sono abbastanza forte>>.
Non ci credevo abbastanza neanche io ma lei doveva credermi.
<<Io non capisco... Mamma e papà ti adotterebbero, se loro saprebbero cosa ti...>>
<<Courtney lo so, so quanto i tuoi genitori siano delle brave persone e so pure che mi offrirebbero il loro aiuto anche ad occhi chiusi ma...>>, mi strinsi nelle spalle ignorando il fastidio alle ossa, <<Ho paura. Non voglio che tutti sappiano cosa ho passato, è già difficile conviverci da sola. Non voglio dover parlarne con della gente che non conosce, che si limita ad ascoltare e a giudicare. Non voglio dover avere paura che loro non mi credano. Devi credere in me! Inoltre so che è una cosa contorta e malsana ma si tratta della famiglia di Drew. Era sua sorella. Infine non è neanche detto che i tuoi genitori vengano considerati idonei, sono sempre in viaggio e so quanto incida questo fattore sul sistema. Magari gli darebbero il consenso ma solo dopo vari controlli e questo significa che verrei affidata ad un'altra famiglia chissà dove e per quanto tempo. Non voglio stare lontana da te solo perché non sono riuscita ad aspettare solo quattro stupidi mesi>>.
Abbassai gli occhi per prendere fiato, non avevo mai fatto un discorso cosi lungo e mi sentii immediatamente prive di forze.
<<Courtney io sto bene. Non fisicamente e magari sono un po' stanca perché è difficile trovare una via di uscita quando ti sentì perennemente oppresso ma io ci riesco, e sai perché? Perché ho te, ho Lauren e Josh, ho avuto mia madre e Drew e siete voi la mia forza>>, continuai a dire senza guardarla negli occhi.
Non rispose.
Sentii solo il ringhio del motore e l'aria fresca che entrava dai finestrini.
Quel silenzio mi tormentava, volevo dirle qualcosa ma senza peggiorare la situazione.
La lasciai nei suoi pensieri e mi estraniai anche io da tutto.
Quando spense il motore mi accorsi che eravamo nel parcheggio della scuola.
<<Io...io non so se ce la faccio. I..io..>>, pianse.
Non l'avevo mai vista piangere per me.
Piangeva per la fine del Titanic, per l'inizio di Tarzan, quando in un talent show c'erano delle eliminazioni ma per la mia situazione non aveva mai versato una lacrima davanti a me.
L'abbracciai cercando di non fare movimenti bruschi e mi sentii infinitamente in colpa. Era il mio dolore, non il suo! Non potevo condividerlo con lei perché era troppo grande. Io ci ero abituata e lo avevo accolto gradualmente, lei invece non era pronta e non avrebbe mai dovuto esserlo.
<<Un giorno ti racconterò tutto ma solo quando finirà questa storia e forse capirai il perché io mi sia comportata cosi. Ho bisogno di te ma solo se riesci a stare alle mie condizioni perché solo io so come gestire la situazione. Non pensare neanche un attimo di credere cosa sia meglio per me perché solo io lo so. Mi hai capita?>>, cercai di essere più dolce possibile nonostante le mie parole potessero sembrare dure.
<<Non è giusto! Non è giusto che tu debba vivere così... Ho paura di perderti... più i giorni passano più vedo annullarti sotto i miei occhi. Che diavolo di amica sono? Non riesco neanche a starti vicino o ad aiutarti in questi momenti>>, disse singhiozzando.
Mi guardai velocemente attorno sperando che nessuno ci desse attenzioni e mi concentrai nuovamente su di lei.
<<Hey adesso basta, sono qui e lo sarò sempre. Non mi capiterà nulla. Non sai cosa capita dentro quelle mura ma fidati quando ti dico che non è importante e sai perché? Perché so che a differenza loro io ho una vita da vivere, insieme a te e lontano da qui. Andremo al college insieme e prenderemo un appartamento tutto nostro. Usciremo ogni sera e vivremo una vita che loro non potranno mai immaginare perché saranno sempre rinchiusi nel loro mondo marcio. Non permettergli di farci questo e di avere paura, è quello il loro obiettivo>>.
Credevo in quello che avevo detto ma non potevo dire la stessa cosa riguardo la paura. Ero terrorizzata eppure il fatto di essermi rialzata di nuovo mi dava abbastanza sicurezza da riporre fiducia nel futuro.
<<Non ci provare Tamara, se vedrò ancora lividi o qualsiasi altro segno che minacci la tua incolumità non mi limiterò a stare zitta>>.
In quel momento fu chiaro che non avrei più potuto contare su di lei, avrei dovuto mentirle per non destare sospetti.
<<Va bene>>, dissi con un groppo in gola fingendo un sorriso.
Ero cosi stanca di dover preoccuparmi anche di cosa potessero pensare gli altri ma si trattava di Courtney, senza di lei forse oggi non sarei qui o non mi sentirei cosi fiduciosa.
Lei cercò di ricambiare il sorriso ma le uscì solo una brutta smorfia.
Prese un fazzoletto e cercò di rimediare al mix di lacrime e mascara.
<<Si vede che ho pianto? Soffiami sugli occhi>>.
Iniziai a soffiarle e ci mettemmo a ridere per come si era evoluta la situazione
Una volta dopo essersi resa presentabile, scendemmo dalla macchina. Mi concessi alcuni secondi per dissociarmi da tutto e ritrovare il buonumore indispensabile per affrontare la giornata.
Vidi Nathan all'entrata e appena notò Courtney ci venne incontro.
<<Buon giorno principessa>>, la baciò.
Rimasi a fissarli per non so quanto tempo mentre Nathan esprimeva il suo più cordiale e sincero affetto, decisi però di distogliere lo sguardo quando mi accorsi della lingua.
Non. Potevo. Crederci.
Non mi aveva detto nulla. Sentii una morsa allo stomaco.
Ovvio , pensava che i miei problemi fossero più importante di certe cose e magari erano cosi ma per lei...
Stava baciando la sua prima cotta segreta, quanti potevano ritenersi cosi tanto fortunati? Sentii il mio cuore riempirsi di gioia e quel buonumore che tanto cercavo arrivò senza tante difficoltà.
<<Tamara che hai fatto alla faccia?>>, mi chiese Nathan ma io ero troppo scioccata per rispondergli.
<<È caduta dalle scale>>, disse Courtney palesemente a disagio e osservandomi con sguardo triste.
Cercai di ricompormi e dire qualcosa.
<<Uhm... voi due... congratulazioni>>.
Sapevo che non me l'aveva detto solo perché le sembrava male "spiattellarmi" la sua felicità in faccia ma le avrei dovuto parlare.
Doveva capire che qualsiasi cosa mi sarebbe accaduta ci sarei sempre stata per lei.
Se lei è felice lo sono anche io.
<<Nathan ancora non gliel'avevo detto...>>, disse Courtney al suo nuovo ragazzo.
Oh mio dio, non potevo crederci.
Ero così felice per lei, non vedevo l'ora di sapere tutto!
Vidi Nathan imbarazzato e mimare con la bocca un "Scusa".
Mi misi a ridere e questo aiutò il mio umore.
<<Hey ragazzi tranquilli!>>, feci un sorriso sincero guardandolo negli occhi, <<Courtney si, mi dispiace saperlo così... se tu sei felice vorrei essere la prima a saperlo ma va tutto bene>>.
Ottenni in risposta lo stesso sorriso.
Stavano proprio bene insieme, non conoscevo assolutamente Nathan, se non tramite gli elogi di Courtney, ma sembrava essere un ragazzo sincero e con la testa sulle spalle.
Volevo solo che lei fosse felice.
<<Ci sono i ragazzi...>>, Nathan cercò di farsi notare alzando un braccio, <<Hey siamo qua!>>.
Mi ricordai di Eric e questo ne conseguì pure il ricordo di lui e Daisy mentre si baciavano nello stesso giorno in cui lui aveva baciato me. Lottai contro la nausea e non mi girai, tenni lo sguardo basso.
Avevo paura di cosa avrei potuto trovare nei suoi occhi.
<<Ciao ragazzi! Oddio Tamara>>, Tiffany si avvicinò per sfiorarmi il braccio con una mano, <<Che cosa ti è successo?>>.
Ok era giunto il momento di alzare lo sguardo e non mi sorpresi di trovare Eric di fronte.
Mi guardava come se stesse cercando qualcosa dentro di me.
<<È caduta dalle scale>>, Luke spostò i miei capelli per guardare meglio, <<È peggiorato...>>.
Quel contatto non mi diede fastidio, anzi mi imbarazzò e mi fece addirittura piacere. Significava che avevamo fatto pace.
Eric rivolse uno sguardo a Luke per poi riconcentrarsi su di me.
<<E lui come fa a saperlo?>>, mi chiese senza preoccuparsi degli altri che assistevano a quel suo strano comportamento.
Continuai a non rispondere.
Da quanto non lo vedevo? Un giorno?
Cosa voleva dire quello sguardo?
<<Lavoriamo nello stess...>>
<<Luke se tu non lo avessi ancora capito sto parlando con lei. Non me ne frega un cazzo di ciò che dici>>, ringhiò.
Rimasi scioccata dalla sua reazione e mi resi conto che l'unico a non esserlo era suo fratello che sembrava solo preoccupato.
<<Cerca di calmarti Eric, fino a prova contraria posso parlare anche senza il tuo permesso>>.
La situazione stava degenerando.
Vidi Luke cercare di tenere a freno la rabbia mentre Eric gli si parò davanti.
Guardai Nathan per cercare aiuto ma mi precedette e posò una mano sul petto di suo fratello.
Che cosa gli stava prendendo?
Forse era arrabbiato perché non gli avevo risposto ma non aveva nessun diritto di fare così.
Lo guardai negli occhi ma non ebbi neanche il tempo di capirci qualcosa che suonò la campanella.
<<Evans dopo tieniti libera, dobbiamo parlare... ti avverto>>, e dopo aver detto ciò fece un'uscita da Oscar.
Stava iniziando a starmi sulle palle.
<<Non lo sopporto quando fa così! Coglione! E tu Nathan più coglione di lui che lo difendi>>, sbuffò rumorosamente, <<Ci vediamo dopo>>, disse Luke andandosene.
<<Ma che diavolo gli prende?>>, Courtney si mise le mani sui fianchi, <<Vediamo se devo insegnargli io le buon...>>
<<Cory lascialo stare>>.
<<Lasciarlo stare? E poi ti ho detto di non chiamarmi così!>>, urlò richiamando l'attenzione di molti studenti per poi iniziare a battibeccare con Nathan.
Tiffany si rivolse a me e disse: <<Non ho mai visto una neo-coppia litigare così tanto. Ma in fondo con Courtney cosa si può pretendere?>>.
Risi cercando di mascherare il disagio di prima.
Buonumore, devo mantenere il buonumore.
<<Tiffany ti ho sentita, non credere che siccome sto parlando con Nathan non riesca a dar retta alle cavolate che dici!>>.
<<Ma è vero!!>>, mi prese per mano, <<Comunque io e Tamara dobbiamo sbrigarci a rientrare. Voi fate come volete>>.
La seguii ben volentieri e fu impossibile non ridere perché, nonostante i metri che ci separavano, sentivo Courtney sgridare Nathan mentre lui cercava di calmarla.
Si, stavano proprio bene insieme.
~•~
<<Allora mi vuoi dire cosa c'è tra te e Eric?>>
Cercai di ammutolire il cuore che aveva appena sobbalzato al suono di quel nome e mi concentrai sul supplente.
Stava tenendo un discorso su quanto i ragazzi al giorno d'oggi siano distratti dai social network. I soliti argomenti dei più grandi quando non sanno di che parlare ma vogliono fare bella figura.
<<Stai tranquilla! Possiamo pure ballare sui banchi, non se ne accorgerebbe comunque. Su dai, rispondimi!>>.
Non volevo pensare ad Eric perché mi avrebbe fatto pensare a quel "dopo" in cui avremmo dovuto parlare.
Questo significava martoriare il mio cervello per stilare le possibili domande. Sarebbe stato troppo impegnativo ed estenuante.
<<Tiffany non succede nulla. Stiamo cercando di essere amici ma a quanto pare credo sia impossibile, non andiamo molto d'accordo>>.
<<Oh...io credo che invece andiate fin troppo d'accordo per essere solo amici>>.
<<Tiffany te lo assicuro, tra me ed Eric è già tanto se c'è un'amicizia. Comunque non mi va molto di parlare di questo. Tu che mi racconti?>>.
<<Io? In che senso?>>, era imbarazzata.
<<Ah certo, quando sono gli altri sei la prima a voler sapere ma quando sei tu... Forza dai, dimmi di chi si tratta>>.
<<Non so proprio di cosa tu st...>>
<<Tiffany...>>, la richiamai divertita dalla sua reazione.
Non credevo che si sarebbe imbarazzata, allora c'era davvero qualcuno.
<<Ok, mi piace Liam>>.
<<Liam?!>> urlai senza preoccuparmi delle teste che si giravano.
<< Si dai Tamara, a questo punto perché non vai a dirglielo direttamente?>>, disse controllandosi in giro per vedere chi ci avesse sentito.
<<Scusa...e che...Liam? Mi sembra più un tipo che va troppo dietro alle ragazze. Ce del tipo che basta che è una ragazza...>>
<<Ok ho recepito il messaggio ma tu non lo conosci! È un bravo ragazzo ed è davvero dolce>>, pensai subito alla sua reazione dopo che Liam mia aveva sussurrato durante quello stupido gioco, adesso tutto sembrava aver senso.
<<Hai ragione, non lo conosco! Scusa ancora. Quindi cosa pensi di fare?>>.
Mi mostrò un sorriso soddisfatto.
<<Oggi pomeriggio dobbiamo studiare insieme e spero che una cosa tiri l'altra... Non so se gli piaccio o meno ma...vediamo come va>>.
<<Tiffany? Studiare insieme? Vedo che vai subito al sodo>>, la presi in giro.
Chi ero? Dove era andata Tamara? Stavo scherzando con qualcuno che non fosse Courtney.
<<Smettila stupida>>, mi diede una leggera gomitata.
Trattenni una smorfia di dolore dato che i graffi nell'avambraccio non mi erano del tutto indifferenti.
<< Comunque pensaci su Eric, lo vedo abbastanza...preso. Lo conosco bene, sa essere davvero uno stronzo irresponsabile ed irrispettoso ma credo sia solo una corazza.
E poi c'è Luke...ho sempre pensato che fosse un bel bocconcino...>>
<<Tiffany ma dov'è l'avviso?>>.
<<Quale avviso?>>, rispose confusa.
<<Quello in cui dice che per forza devo stare con qualcuno>>.
Mi guardò sconvolta per l'idiozia appena detta e rise.
<<Ok va bene, ho capito che questo sarà un discorso chiuso. Il nostro rapporto si limiterà solo nel parlare di me e Liam o qualsiasi altro ragazzo che mi intrighi>>.
<<Vedi? Noi due andiamo molto d'accordo>>, le dissi ridendo.
La giornata passò molto lentamente e non vedevo l'ora di finire quella noiosa lezione di fisica.
A pranzo Eric non mi rivolse la parola, aveva detto che mi voleva parlare ma siccome era un ragazzo con qualche rotella fuori posto ero certa che avesse cambiato idea.
Però non vedere Daisy girargli attorno mi sollevò parecchio. Avevo ancora l'immagine di loro due mentre facevano sesso.
Cercai di rimanere sola con Courtney per farmi raccontare tutto ma era impossibile perché Nathan le stava sempre appiccicato.
Ci mettemmo d'accordo per una telefonata verso la sera.
Avrei dovuto accettare di condividere la mia amica, con il fratellastro di quel ragazzo che mi faceva venire il mal di testa per quante volte lo pensavo.
Suonò la campanella e finalmente uscì dall'aula.
Mi arrivò un messaggio e con il cuore in gola lo lessi:
* "Stronzo Imbecille:
Ti aspetto sotto le gradinate, non tardare" *
Ovvio, lui chiamava e io ci andavo dietro.
Aprendo l'ultimo messaggio vidi anche quelli che mi aveva mandato in precedenza:
*(Ore 3:50)
"Mi dispiace che tu mi abbia visto con Daisy, non doveva accadere. "
(Ore 5:00)
"Non riesco a farne una giusta, mi dispiace."
(Ore 10:07)
"Perché non sei venuta? Tutto bene? "
(Ore 11:32)
"Ti rendi conto che ti sto mandando messaggi senza ricevere una risposta?
Cazzo non me lo merito.
Fai come vuoi, io volevo chiarire ma vedo che a te non importa nulla. "*
Non sapevo cosa pensare.
Dovevamo smetterla, qualsiasi cosa ci fosse tra di noi o la chiarivamo o la finivano la.
Lo vidi subito, era appoggiato in uno dei pali interni che sorreggeva la gradinata.
Ovviamente, come al suo solito, stava fumando.
<<Sei venuta.>>, disse come se fino ad oggi gli avessi dato sempre buca.
Non era una cosa ovvia che gli andavo dietro?
<<Ciao anche a te e si, come vedi sono venuta>>, mi soffermai ad osservarlo.
Sembrava essere stanco, forse non aveva dormito molto e i suoi capelli erano una massa disordinata come se si fosse appena alzato dal letto, ovviamente però tutto ciò lo rendeva estremamente sensuale.
Ecco che ricominciavo...
<<Perché non hai risposto alle mie chiamate o ai miei messaggi?>>, buttò la sigaretta a terra e ciò mi irritò.
Mi chinai lentamente per raccoglierla e la lanciai nella pattumiera che stava a pochi metri da noi. Quando mi girai mi aspettavo di essere presa in giro ma trovai solo lo sguardo gelido.
Davvero? Perché doveva essere lui quello arrabbiato?
<<Sai Eric, penso che tu sia ormai un ometto e che quindi riesci perfettamente a capire quand...>>
<<La vuoi smettere di ironizzare?>>, mi interruppe nervosamente, <<Sono venuto qua per parlarti ma se non te ne frega un cazzo allora è un altro discorso!>>, urlò.
Sospirai, aveva ragione ma rimasi del parere che non aveva diritto di rivolgersi a me in questo modo.
<<Ieri è stata una brutta giornata e non avevo le forze di stare dietro a te e ai tuoi cambiamenti ormonali!>>.
<<Come te lo sei fatto il livido?>>.
<<Ma sei serio? Pensi che in questo momento sia necessario parlare di questo?>>, chiesi indicando la macchia violacea.
Non mi rispose e continuava a guardarmi aspettando una mia risposta quindi cedetti io per prima. Come sempre.
<<Sono caduta dalle scale, già l'ho detto>>.
<<Ho chiesto la verità e non la cazzata>>.
Che voleva dire?
Era così palese? Ero l'unica a farmi i cavoli miei in questo mondo?
Mi scoppiava la testa.
<< Senti Eric non sono venuta qua per un interrogatorio. C'è altro di cui vuoi parlarmi o posso andare?>>.
<<Sei impossibile! Non so come comportarmi con te. Un attimo ci sei e l'altro sparisci>>.
Parlava sul serio?
<<Tu un attimo mi baci e l'altro te ne penti, come la mettiamo?>>, non riuscii a trattenermi.
<<Ancora con questa storia? Me la rinfaccerai a vita, vero?>>, iniziò a gesticolare in aria, <<Credi che a me vada bene questa situazione? Non sai un bel niente di cosa penso ma non fai altro che fare conclusioni affrettate!>>.
<<Te lo rinfaccerò a vita? È successo l'altro ieri e poi...Che conclusioni affrettate starei facendo? Io ho capito tutto quello che c'è da capire. Sono abbastanza per esserti amica ma non lo sono per essere qualcosa di più.
E mi v...>>
<<No! Hai visto?!>>, sbraitò, << Non sai un cazzo! Non capisci niente ma credi di aver ragione!>>.
Non lo so cosa mi prese ma in quei giorni ero sempre pronta a scoppiare.
Ero esausta di discutere e di lottare anche fuori quell'inferno, quando uscivo da quella casa volevo respirare e non sentirmi in questo modo... cosi oppressa e frustrata.
Capii che stavo piangendo solo quando lui mi poggiò una mano in viso e tentò di asciugarmi la guancia bagnata.
Sentii il suo respiro sfiorarmi la pelle e l'odore di menta avvolgermi.
<<Mi dispiace>>, la sua voce fredda e rigida si era trasformata nel suono più dolce e bello che avessi mai sentito, <<Non voglio vederti piangere, soprattutto se la causa sono io>>.
Mi appoggiai alla sua mano, era così calda e solida e improvvisamente la mia rabbia si trasformò in dispiacere. Volevo solo che tutto si sistemasse e che andasse nel posto giusto, non sapevo quale ruolo avesse Eric in tutto questo ma non volevo farne a meno.
<<Mi dispiace anche a me. Scusa anche per il pianto, non volevo accadesse>>.
La sua mano continuava ad accarezzarmi ed era il gesto più affettuoso che avessi mai ricevuto da un ragazzo.
<<Voglio solo che le cose tra di noi vadano per il verso giusto. Possiamo davvero provare ad essere amici ma sappi che il motivo reale per cui voglio questo non coincide con quello che tu pensi>>, mi disse.
Non capivo cosa volesse dire ma non avrebbe avuto nessuna importanza.
Mi voleva come amica e questo mi bastava per capire che aveva messo dei limiti al nostro rapporto.
<<Anche io voglio che le cose tra di noi vadano nel verso giusto. Io...>>, alzai lo sguardo per incrociare quello suo, << Io non voglio esserti amica perché credo di provare qualcosa per te>>, imbarazzata mi allontanai dal suo contatto, << Ma se vuoi questo lo accetterò>>.
Ero stata fin troppo sincera, non so perché lo feci ma credo che parlare in modo chiaro ci avrebbe solo aiutati. Dovevamo definire le nostre posizioni per capire e trovare un punto di incontro.
<<Tamara i..io..>>
<<Eric tranquillo, non ho detto di essere innamorata di te. Ho semplicemente detto che stavo iniziando a provare qualcosa ma mi passerà. Ti giuro che non ti starò tra i piedi>>.
<<Non intendevo questo però sappi che per me sei importante>>.
Sorrisi a quel tentativo di consolarmi e sapevo di essermi umiliata abbastanza per oggi.
In pratica gli avevo confessato i miei sentimenti e accettato di essere solo sua amica.
Più sfigata di così non si poteva essere.
<<Dai andiamo, Ti accompagno a casa. Tracy ci aspetta>>.
Non avevo molta voglia di ritornare a casa e avevo pensato di andare in biblioteca per studiare algeb...
<<Oddio!>>, urlai, << Nononononononono!>>.
Come avevo potuto dimenticarlo? Si trattava di Algebra e non di Letteratura Inglese o Biologia. Di Algebra!
<<Che è successo??>>, mi chiese Eric avvicinandosi in modo confuso ma preoccupato.
Io lo guardai e in un lamento dissi:
<< Domani ho il compito di Algebra e l'ho ricordato solo adesso. Anche se andassi in biblioteca a studiare non...Eric non ridere, la situazione è davvero critica>>.
<<Oh sì vedo, da codice rosso!>>.
<<Tu non sai quanto faccio schifo in Algebra, quindi si direi proprio da codice rosso>>.
Cercai di non ricambiare il sorriso e non fu cosi tanto difficile dato che il panico stava continuando a crescere.
Mi guardò con la sua solita espressione da eterno soddisfatto.
<<Beh cara la mia imbranata, hai proprio davanti un genio in matematica. Ti aiuterò io>>.
<<Quanto hai preso nell'ultimo test?>>.
<<Sei una donna di malafede! Ho preso una A>>.
<<Davvero pensi di riuscire ad aiutarmi?>>, chiesi con occhi speranzosi ma dubitandone fortemente.
<<Beh scopriamolo insieme! Forza, andiamo in questo strano posto chiamato "Biblioteca">>.
Pensai subito a Tiffany e alla sua giornata di studio con Liam.Anche loro erano amici e Tiffany aveva detto che una cosa avrebbe tirato l'altra... Ero irrecuperabile.
Seguii Eric da dietro.
Avevamo chiarito?
Avrei sopportato di vederlo con altre ragazze?
Cercai di non pensarci.
Guardai le sue spalle, le sue braccia, il modo in cui camminava..
Era perfetto.
Si Tamara, continua così e sicuramente riuscirai a studiare Algebra con lui.
Ero un caso disperato.
Quando arrivammo in biblioteca il silenzio mi cullò dolcemente, quel posto lo amavo. Era una vera porzione di paradiso soprattutto per me dato che avevo passato giorni interi solo per evitare la mia dimora infernale.
<<Te lo sto spiegando da almeno una quindicina di minuti, come fai a non capirlo?>>.
Mi stava girando la testa, avevamo passato quasi tutto il pomeriggio a studiare.
Dico "quasi" solo perché ad un certo punto ebbe la brillante idea di alzarsi per fare merenda perdendo così almeno un'ora... il signore che stava prima di noi non sapeva se prendere un caffè macchiato o un caffè macchiamo più mezza pasticceria.
<<Non capisco perché la x ha questo valore. Basta, sono stanca! Non so come andrà domani ma più di così non posso fare>>, dissi esasperata chiudendo i libri.
<<Beh guarda il lato positivo, proverai l'ebrezza di prendere una insufficienza. Non posso credere che non hai mai preso un voto al di sotto della B, è imbarazzante!>>.
Lo guardai male.
<<Se voglio avere un futuro devo andare all'università. Se voglio andare all'università devo ricevere una borsa di studio. Se voglio una borsa di studio devo avere degli ottimi voti. Se voglio avere degli ottimi voti non posso permettermi neanche una B>>.
<<Non fa una piega...>>, disse pensandoci su per poi incrociare le braccia e continuare, <<Ahh che bella la vita da ricco...Posso permettermi tutte le B che voglio>>.
Gli lanciai il libro in faccia ma mi misi subito a ridere per l'espressione buffa che fece.
Ci beccammo un'occhiataccia dalla bibliotecaria che ci fece ridere ancora di più.
La sua risata mi entrava dentro regalandomi un calore che non avevo mai provato.
<<Sarà meglio andare, non vorrei passare dei guai per aver aiutato un 'asina della matematica>>.
<<Ho ancora un altro libro da lanciarti>>, lo minacciai.
Alzò le mani in segno di resa.
Lo guardai e per un attimo mi persi nei suoi occhi. Il nostro rapporto non era assolutamente normale.
Ci respingevamo e ci riavvicinavamo in un tempo così ristretto che faticavo a pensare che il giorno prima non ci parlavamo mentre adesso eravamo in modalità "amici per la vita".
<<È assurdo...come fai?>>, la sua voce interruppe i miei pensieri.
<<C..cosa?>>, sussurrai con un filo di voce così ci riprovai, << "Come faccio" cosa?>>.
Mi guardò serio.
<<Da che sei qui con me a parlare a che ti estranei da tutto e da tutti e inizi a osservare un punto fisso. Senza dare più segnali di vita!>>.
L'aveva notato anche lui e tutto questo mi imbarazzava... sapevo solo che quel difetto mi aiutava a dissociarmi dalla realtà quando si faceva difficile.
<<Non lo so, è più forte di me. Mi distraggo facilmente>>, dissi.
Lo vidi scuotere la testa.
<<Sei proprio un caso unico...>>.
<<Lo prenderò come un complimento!>>, sistemai tutto dentro la borsa e mi alzai.
Continuava a fissare intensamente ogni mio movimento, in silenzio. Era assurdo come prendevo consapevolezza della sua presenza, sotto il suo sguardo sentivo la pelle bruciare.
Stavo iniziando ad agitarmi, era piacevole ma dovevo evitare di far ricreare l'atmosfera di sempre... tra i due quella che ne soffriva ero io quindi stava a me a capire quando abbandonare la nave.
Provai con l'ironia.
<<Eric lo so che questo magico e strano posto con tanti libri non lo avevi mai visto ma io vorrei andare>>.
<<Il tuo livello di simpatia mi stupisce ogni giorno di più, davvero Evans!>>.
Stavo per controbattere quando ricevetti una chiamata da... Finn?
Il cuore sussultò... niente a che vedere con quelli che mi faceva provare Eric.
Che dovevo fare?
Mi faceva strano vedere il suo nome sul display, raramente mi cercava e quando lo faceva preferiva mandarmi un sms odioso.
Avrei voluto non rispondere ma era da alcuni giorni che non lo vedevo e, sebbene ne fossi contenta, la curiosità era troppa.
<<Tamara tutto ben..>>, interruppi Eric con una mano e, uscendo dalla biblioteca, risposi alla chiamata.
-Pronto? Finn..?-, chiesi cercando di risultare tranquilla.
-Perché a casa non c'è nessuno? Dov'è Rachel?-
-Io sono in bibl...-
-Non mi importa dove sei! Ti ho chiesto: Dove cazzo è tua zia?-, urlò.
Mi allontanai da Eric che evidentemente aveva sentito Finn gridare.
-Non lo so, è da due giorni che non la vedo-
-DUE GIORNI?? E non ti sei fermata a pensare che magari dovevi chiamarmi? Almeno per una volta nella tua vita cerca di essere utile e avvisami appena la vedi.
Chiuse la chiamata.
Come potevo preoccuparmi di una persona che mi aveva mostrato sempre e solo odio?
Come poteva pretendere questo?
Io con lei non c'entravo un bel niente.
Avevo ancora il telefono appoggiato all'orecchio.
Mi ricordai di Eric e mi girai a cercarlo.
Stava di fronte a me con un'espressione indecifrabile.
Cosa aveva sentito?
Cosa gli dovevo raccontare?
Dovevo tornare a casa?
E se avessi trovato Rachel avrei dovuto chiamare Finn?
Odiavo tutto questo.
<<Tamara cosa è...>>
<<Eric, non chiedermi nulla. Potresti solo riaccompagnarti a casa?>>.
il suo sguardo si incupì.
<<Come vuoi>>.
Salimmo sulla moto e cercai di liberare la mente da tutti quei pensieri aggrappandomi a lui.
Ci avrei pensato dopo, avrei pensato a tutto dopo ma adesso volevo godermi solo questo momento.
Gli indicai la strada e appena arrivammo lo vidi scendere dalla moto.
<<Che stai facendo?>>, gli chiesi.
<<Ho fame e sete e oggi ho fatto un miracolo a farti capire gran parte del programma di algebra. Penso che il minimo che tu possa fare sia invitarmi in casa tua e cucinarmi da mangiare!>>.
<<Eric non credo tu abbia capito la gravità della situaz...>>
<<Ovvio che non l'ho capita, non me l'hai spiegata>>.
<<Non ti farò entrare in quella casa, mi dispiace. Ci vediamo domani>>.
Mi guardò stranamente confuso, <<Quella casa?>>.
Rimasi impassibile. Di nuovo, lo avevo fatto di nuovo. Mi ero così lasciata andare da abbassare le difese e fargli vedere cose della mia vita che dovevo nascondere.
<<Sei mai stata curiosa del perché sono ritornato da Londra?>>.
Mi girai, non capivo dove volesse arrivare <<Eric i..>>
<<Rispondimi>>.
Cosa era? Un modo per confodermi ulteriormente e ottenere ciò che voleva? Non sapevo neanche a cosa stesse puntando.
<<Si, ma non sono affari miei>>.
Sbuffò, <<Questo lo decido io. Lo vuoi sapere?>>.
Si che lo volevo sapere, volevo sapere tutto di lui.
<<Evans rispondimi!>>.
<<Si>>, sospirai.
Lui rilassò i muscoli della faccia e appoggiandosi sulla moto si mise di fronte a me.
Me lo stava dicendo?
Lo vedevo in estrema difficoltà e non capivo perché stesse facendo una cosa del genere, proprio ora.
<<Sono tornato per mia madre. Le hanno diagnosticato un cancro pochi mesi fa. Non è detto ancora nulla perché è stato preso in tempo ma... queste sono situazioni che si evolvono con il passare dei giorni quindi ancora non sappiamo di certo quali sono le percentuali di...rischio>>.
Gli leggevo il dolore negli occhi e capii la sua paura di perdere ciò che io avevo già perso. Mi avvicinai istintivamente e gli presi la mano.
<<Mi dispiace ma sai che tua mamma è una persona forte. L'ho capito io in due minuti figurati tu che la conosci da una vita>>.
Ero molto triste per sua madre e speravo che la vita non sarebbe stata crudele a tal punto da levargliela, come aveva fatto con me.
Iniziò ad accarezzarmi la mano descrivendo delle piccole linee sul mio palmo. Quel gesto cosi delicato e personale mi rigenerò ma sapevo che la cosa migliore da fare sarebbe stata interrompere quel contatto... eppure mi faceva stare cosi bene?
Come potevo dire di "No"? Per sopravvivere dovevo aggrapparmi alle poche cose belle che avevo e lui ormai mi aveva mostrato troppa bellezza da cercare di dimenticare.
<<I...io non capisco. Non fraintendermi sono felice che me l'hai detto ma...>>
<<Perché ti ho raccontato di mia madre? Perché voglio che tu sappia. Prima hai detto che non erano affari tuoi e invece io voglio che lo siano. Spero solo che prima o poi questa voglia nasca pure in te, la voglia di condividere con me i tuoi problemi>>.
Prima Courtney, adesso lui.
A volte pensavo che forse la mia vita non poteva permettersi delle amicizie.
<<Ti prego non costringermi a parlarne>>.
<<Io non ti sto costringendo a dirmelo. Non era un "io ti racconto le mie tragedie e adesso tocca a te">>, si avvicinò pericolosamente abbassando il tono di voce, <<L'unica cosa che voglio è entrare in "quella casa" e mangiare... ho davvero fame>>.
<<Eric...>>, cercai di ribattere ma non volevo stare sola.
Sapevo che una volta entrata in casa tutta la tristezza che portavo dentro mi avrebbe sovrastata.
Avevo bisogno di lui e di distrarmi dalle mille paranoie. Mi girai e cercai di individuare la macchina di Rachel nel vialetto ma non vidi nulla.
<<Va bene, andiamo>>, gli dissi.
<<Evans pensavo che sarebbe stato più difficile conv...>>
<<Stai zitto Eric>>.
<<Va bene, come non detto>>
Speravo solo di trovare la casa vuota.
Speravo solo di non vederla rientrare.
Speravo solo di passare una serata tranquilla.
Entrammo in casa ed Eric mi superò per guardarsi in torno, quella non era casa mia, non lo era mai stata ma vederlo là dentro mi rese felice. Era come se la sua presenza pulisse ogni angolo di quel marciume. Andò in cucina e iniziò a controllare il frigo e le dispense e capii dalla sua espressione che non avrebbe trovato granché visto che non si faceva la spesa da un bel po'.
<<Ti prego, dimmi che hai un altro frigorifero>>, disse facendo una smorfia di disgusto.
<<Certo Eric, se vai in fondo al corridoio c'è la cucina degli chef. Puoi chiedere a loro ma stai attento, non amano gli estranei nel loro territorio>>.
<<Questo tuo sarcasmo finirà prima o poi? No perché quasi quasi mi ci sto affezionando>>.
Rimasi in silenzio incrociando le braccia, non dico che il suo commento mi aveva offeso ma mi fece sentire a disagio.
<<D'accordo chiamo la pizzeria>>, disse sedendosi sullo sgabello e maneggiando con il cellulare.
Era cosi strano vederlo la, una parte di me avrebbe voluto che tutto questo diventasse un'abitudine.
Risi per l'espressione corrucciata da bambino ma sperai con tutto il cuore che non ritornassero.
Continuò a chiedermi della mia vita, ma le domande rimanevano su argomenti base, elementari: come quando mi chiese dei miei amici a Boston, di cui a stento ricordavo i loro nomi oppure dei miei progetti per il futuro.
Ne approfittai per rivolgergli la stessa domanda solo che la risposta fu tutt'altro che soddisfacente.
<<Non lo so, mi piacerebbe la medicina o qualcosa che riguardi la ricerca>>.
<<Dove hai fatto richiesta?>>.
Pensai ai vari fogli che avevo compilato sognando troppo con la testa, sapevo di avere molti limiti ma non volevo escludere nessuna alternativa.
Ricordai la domanda a Stanford, Yale e San Diego... potevo davvero farcela? I professori mi avevano date buone speranze per i voti, alcuni di loro si erano pure proposti di scrivermi delle lettere di raccomandazione come il professor McFell che mi esortò a continuare gli studi in ambito artistico.
<<Ovviamente alla MIT, ma in realtà mi andrebbe bene qualsiasi cosa. In base a Nathan deciderò>>, non sembrò molto interessato.
Capii esattamente cosa volesse dire, anche io avrei deciso in base a Courtney.
Un leggero nodo allo stomaco accompagnò l'idea che se io avessi seguito Courtney, lei avrebbe scelto in base a Nathan che a sua volta avrebbe influito sulla scelta di Eric.
C'era una possibilità quindi di poter stare vicino a lui anche dopo il diploma.
Le ore passarono così fino a quando decidemmo di guardare uno strano film, proposto da Eric, aspettando l'arrivo della pizza. Non mi interessava cosa guardare, l'importante era stare vicino a lui. L'idea di sederci vicini e di poterlo osservare mentre, distratto dal film, non se ne sarebbe accorto.
Solo che mai avrei pensato di vedere un film del genere.
<<Evans Ti ho detto che è una storia vera!>>.
<<Non ci credo! È un genio quest'uomo! Ti rendi conto di cosa ha fatto?>>.
Il film parlava di Frank Abagnale, un truffatore statunitense.
<<Si>>, mi rispose mentre prendeva l'ultimo pezzo di pizza..
<<No Eric, non ne voglio. Grazie per aver chiesto>>.
Brontolò qualcosa e mi diede metà di quell'ultima fetta.
<<Non mi piacciono le ragazze che mangiano così tanto e mi rubano il cibo>>.
<<Mi dispiace di non essere il tuo modello di "ragazza-tipo" ma in amicizia funziona così, si divide tutto>>.
Pensai a Courtney, lei mi lasciava sempre l'ultimo pezzo.
Dopo vari minuti trascorsi a parlare di ex detenuti e truffatori si alzò dal divano e salì le scale.
<<Dove stai andando?>>, chiesi allarmata e confusa.
Forse doveva andare in bagno ma vederlo la sopra mi allarmava.
Una cosa era rimanere in soggiorno, un'altra era farlo salire al piano di sopra. Se fosse arrivata Rachel sarei stata letteralmente spacciata.
<<Nella tua stanza>>, mi disse come se fosse così ovvio.
Sobbalzai e la fitta alla schiena mi obbligò a non fare movimenti bruschi, <<Eric sei troppo invadente per i miei gusti. Smettila e scen...ERIC!>>, il mio grido venne ignorato da lui ma non dal mio corpo e un'altra fitta mi tolse il fiato.
L'effetto dell'antidolorifico era, evidentemente, terminato. Lottai contro la mia debolezza, non potevo abusare di questi medicinali... avevo letto migliaia di articoli sulla dipendenza e la mia vita dipendeva già da fin troppe catastrofi per aggiungerne un'altra.
Mi alzai lentamente e guardai le scale, ormai vuote.
Mi aveva ignorata, perché non faceva mai quello che gli chiedevo?
Lo seguii rassegnata, e entrando nella mia stanza lo vidi osservare attentamente ogni angolo.
<<Si, è proprio come me la immaginavo. Si vede che è la tua stanza >>, si sedette sul letto.
Sul mio letto!
Era come se la immaginava?
Cosa voleva dire?
Non avevo mai pensato che la mia stanza mi rappresentasse.
Era una semplice camera con un letto, una scrivania che avrà avuto più di trent'anni, alcuni disegni miei appesi insieme a dei poster dei gruppi che adoravo maggiormente...
<<Che cos'è?>>, mi chiese indicando quei tre puntini sul tetto.
Come aveva fatto ad accorgersene?
Mi sedetti anche io vicino a lui e stranamente gli risposi senza indugiare.
Risi imbarazzata al ricordo e mi toccai la collana che avevo al collo.
<<È un po' imbarazzante e stupida come cosa...Mia madre era una pittrice.
Una volta, quando avevo 7 anni, entrò nella mia stanza con l'intenzione di colorarne le pareti>>, abbassai lo sguardo per evitare che le mie guance rosse fossero totalmente esposte, <<Dopo ore di lavoro riuscimmo a completarla solo che non si sa come avevamo macchiato pure il tetto. Da quel momento ogni notte prima di dormire guardavo quei tre puntini e mi addormentavo sorridendo. Quando mi trasferii qui fu la prima cosa che feci.
Sai che me ne ero pure dimenticata?>>, gli dissi con un mezzo sorriso.
Era una cosa che a lungo andare mi aveva fatto sentire come un idiota. Come se un po' di pittura l'avrebbe fatta ritornare da me.
Lui non disse nulla, mi guardò soltanto.
<<Cosa hai provato quando è morta?>>.
Sussultai per quella franchezza e il movimento misto alla carenza di analgesici mi destabilizzò. Cercai di non fare alcuna smorfia di dolore e mi concentrai sulla sua domanda.
Nessuno me lo aveva mai chiesto, era una curiosità stupida.
Di certo non felicità e allegria eppure avevo capito il motivo della sua domanda, era preoccupato di perdere Margot.
Mi rattristai per lui e cercai di trovare le parole giuste, di solito quando mi chiedevano di lei rispondevo con frasi standard:
"Sto bene", "Non sono affari tuoi", "Ormai è passato", "Non me lo ricordo".
Non so quanto tempo passò ma risposi, <<Dolore, rabbia e paura. Molta paura>>.
Dovetti dissociarmi da quel ricordo.
Sapevo di non essere costretta ma vederlo in quella stanza dove c'erano state solo lacrime ed incubi mi diede abbastanza forza per essere sincera.
Non riguardava me, ma lui e sua madre.
<<Perché paura?>>, aveva lo sguardo perso nel vuoto e l'espressione preoccupata.
Più che paura era Terrore, quello che entra dentro le ossa e ti obbliga all'immobilità.
<<Perché dal momento in cui la vidi morire capii che avrei dovuto cavarmela da sola e avevo solo dodici anni... l'unica cosa che sapevo fare era leggere o giocare e quasi sempre le facevo insieme a lei>>.
<<L'hai vista morire?>>, mi chiese sconvolto.
Non mi aspettavo quella reazione, pensavo che già glielo avessi detto ma poi ricordai quanto fossi stata sfuggente... forse non avevo specificato che dentro la macchina c'ero pure io.
Non lo guardai, non volevo che leggesse nei miei occhi l'immensa tristezza che li riempiva.
<<Si>>.
<<I...io non so proprio come reagire. Ho già perso troppo e lei è una delle poche persone che mi aiuta ad andare avanti>>, notai il movimento nervoso delle sue mani e cercai di tranquillizzarlo prendendogliele.
Provai a mettere da parte il ricordo di mia madre e la vocina che mi ricordava del confine, dovevo concentrarmi su di lui.
Lui osservò le nostre mani intrecciate e sentii la stretta farsi più solida.
Sapevo che fosse solo una mia impressioni ma le nostre dita si incastravano alla perfezione come se avessero trovato il loro posto nel mondo.
<<Eric è tua madre e non puoi fare altro che starle vicino. Nel caso in cui...in cui la situazione si dovesse evolvere in modo negativo ti rimarrebbe il ricordo e credimi... ti basterà per riuscire ad andare avanti. Non so cosa ti sia successo in passato ma so per certo che non è stata tua madre a farti voltare pagina...>>, gli alzai il mento per far incrociare i nostri occhi, << Ma tu. Tu hai deciso di superare i tuoi problemi. Lei ti ha solo dato più forza. Il dolore e la solitudine che proverai non se ne andranno mai ma imparerai a conviverci. Ci saranno momenti in cui riderai e momenti in cui vorrai rimanere da solo con i tuoi ricordi. Ma sappi che sei tu a decidere se impegnarti a vivere bene o no>>.
Gli stavo dicendo ciò che mi ripetevo ogni volta e sapevo che non sempre aveva funzionato ma fortunatamente lo vidi rilassare i muscoli delle spalle.
<<Grazie>>, improvvisamente capii che quel giorno lo avevamo passato insieme non per me ma per lui. Aveva bisogno di staccare dalla sua realtà.
Era così vicino che i nostri nasi si sfioravano e capii che stava accadendo di nuovo.
Quel respiro, le sue labbra, il suo profumo.
Poggiò una mano sulla guancia accarezzandomi lo zigomo violaceo mentre continuava ad avvicinarsi, mantenendo il suo sguardo saldo sul mio.
Il mio cuore batteva così forte che riempiva la stanza silenziosa.
Si fermò ad un soffio dalle mie labbra, quell'attesa era tremenda. Poi però si scansò, dandomi un leggero bacio sulla fronte.
Rimasi delusa dalle mie aspettative.
Di nuovo mi stavo immaginando qualcosa che non sarebbe mai successa.
Le sue labbra rimasero a contatto con la mia pelle per molto tempo fino a quando il mio cuore riprese a battere in modo normale.
<<Ora è meglio che vada. Grazie per aver chiamato la pizzeria, sei una cuoca fantastica>>, sussurrò ridendo.
Ero completamente esterrefatta da lui ma allo stesso tempo il pensiero di ritornare ad essere sola mi riportò alla realtà. E' solo un amico.
<<In realtà l'hai chiamata tu>>, dissi scatenando un'altra sua risata che mi fu impossibile non ricambiare.
Appena uscimmo dalla mia stanza si fermò, << Oltre ai tuoi zii qui ci abita qualcuno?>>, osservò le tre porte di cui una era aperta e mostrava il bagno.
Sentii le viscere attorcigliarsi tra di loro.
<<Prima qui abitava il figlio dei miei zii ma adesso frequenta il college>>.
Non riuscivo a definirlo un cugino, non lo era e non lo sarebbe mai stato. Sarebbe stata solo la prima persona che avrei dimenticato.
<<Avevate un buon rapporto? Ti manca?>>, chiese girandosi.
Perché mi stava facendo quelle domande?
<<Non parlavamo molto e no, non mi manca>>, dissi con voce tremante.
Non potevo farmi vedere in quel modo.
Provò a toccarmi ma senza che me ne rendessi conto mi allontanai velocemente sbattendo la spalla sullo stipite.
Soffocai l'urlo di dolore.
<<Tutto bene?>>, chiese sconvolto dalla mia reazione.
Stava andando tutto nel verso sbagliato, sentivo il panico prendere controllo del mio corpo facendolo tremare.
No Tamara non è il momento, calmati.
Due secondi e sarai sola, resisti.
<<Hey...>>.
<<Scusa Eric e che sono molto stanca, andiamo di sotto>>, cercai di comportarmi come se non fosse successo nulla ma il mio respiro tradiva ogni mio tentativo di apparire calma.
Era come se qualcuno mi stesse schiacciando la trachea e iniziavo ad avere le idee confuse.
Indugiò sulla porta di ingresso come se volesse dirmi qualcosa ma non sapeva come. Decisi di troncare qualsiasi cosa avesse intenzione di fare perché sapevo che a breve sarei scoppiata
<<A domani Grant, grazie per le lezioni. Spero serviranno a prendere almeno una B, in caso contrario saprai che l'insegnamento non è la tua vocazione>> , dissi tutto d'un fiato per cercare di migliorare la situazione.
<<O sei tu che non sei una brava allieva...a domani Evans>>, ritirò velocemente la mano che aveva teso verso di me.
Lo guardai salire sulla moto e andarsene via.
Appena rimasi sola mi chiusi nella mia stanza e mi misi a letto sprofondando nel ricordo doloroso di quella stanza, dei suoi passi, dei suoi giochi perversi.
Mi mancava?
Desideravo vederlo morto, anzi desideravo non vederlo proprio più. Volevo dimenticare tutto.
Cercai di pensare ad altro e non fu cosi difficile, sentivo ancora l'odore di menta in quella stanza.
Eric era stato qui.
Nel mio stesso letto.
Mi stava baciando, sapevo che era così ma...ma non lo aveva fatto.
Gli avevo permesso di entrare nei miei ricordi e quasi nei miei incubi.
Cosa stavo combinando?
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