Ch. 35: Verità

《La realtà dell'altro non è in ciò che ti rivela ma in ciò che non può rivelarti.
Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice, ma quelle che non dice.》
KHALIL GIBRAN


Penso di aver sentito uno degli uomini che abitano questa immensa e insolita villa, dire che Connor avrebbe accompagnato Lex e Liam da qualche parte.

Io non so che diamine fare, abbandonato qua dentro. Le parole di mio fratello continuano a rimbombarmi nel cervello, senza tregua.

In effetti, era strano che lui potesse vedere altre donne e tenersi al contempo le palle attaccate. Inoltre, quello che è successo tra noi quella notte, se fosse stata impegnata...

Un sospiro di sollievo mi sfugge, liberandomi la gola.

È vero che non me l'hanno mai detto esplicitamente ma, per me, era ovvio che fossero una coppia. Gli sguardi, le carezze, gli abbracci e la complicità; credevo fossero segnali inequivocabili.

Chi non lo penserebbe?!

Non dormi con una ragazza, se non ci vai a letto assieme!

- Cazzo! - Esclamo, stringendomi il ponte del naso tra pollice e indice.

Questa volta non è l'apparizione improvvisa del vecchio a farmi imprecare, ma la consapevolezza che il non essere fidanzati, non vieta loro di fare sesso.

Solo ora con l'immagine di lui nudo sopra Alexis, realizzo fino a che punto mi ha fatto piacere scoprire che non stia con lei. E quanto la possibilità che scopino mi abbia rispinto nel baratro.

Mi aggiro spaesato per la reggia, percorrendo un inquietante corridoio disseminato di armature in posizione eretta, con l'intento di far sparire quel pensiero opprimente. Infine, mi soffermo in uno dei tanti salottini. Questo in particolare, mi lascia basito.

Animali impagliati adornano la parete alla mia destra. La testa di una zebra è sistemata su di un mobiletto in legno e un grande divano angolare in pelle scura riempie la zona centrale, affacciandosi su un tappeto di daino.

Due enormi palchi di cervo fanno da corona allo schermo piatto.

Questo posto è davvero grottesco! Curvo le labbra in segno di disgusto.

Rimango ancora un istante ad ammirare il panorama che si staglia oltre la vetrata, domandandomi dove possano essere andati.

In lontananza, si intravede qualche sporadica abitazione su di un terreno arido, al quale giusto degli arbusti secchi sembrano resistere.

Cosa ci faccio ancora qui?

Tornerò a casa con Lex, in moto?

Domande idiote, prive di importanza, animano il tempo, che pare non aver voglia di scorrere.

Non stanno insieme... Non stanno insieme...

L'idea malsana di aver finalmente una chance con lei si fa spazio in qualche anfratto remoto del mio cervello e, d'istinto, mi ritrovo a strattonare i capelli, nel solito incontrollato gesto.

Quando ha detto di non essere mai stato con lei, ero incredulo. Sapevo della loro relazione da prima di trasferirmi a Portland, da quella dannata notte.

Ultima sera a Braintree:

- Ti ho detto di muoverti a fare le valige! Ha ragione tua nonna, ho generato due nullafacenti! - Stridette mia madre dalla cucina.

- Non te lo voglio più ripetere, va a prendere la tua roba e dì a tuo fratello che, sino a quando partiamo, non voglio trovarmelo davanti. - proseguì la strega, sbraitando al nulla ma rivolgendosi a me.

Salii le scale con un nodo alla gola e il pianto trattenuto. Tutto il mio mondo si stava per stravolgere.

La mattina dopo, mi sarei trasferito con lei.

La decisione era stata presa da solamente una settimana. Avevo tentato di convincerla in tutti i modi, ma era stato inutile.

Ormai mio padre ci aveva lasciato da più di un anno e la situazione era diventata, se possibile, ancora più invivibile.

La gente parlava e lei non riusciva più a mantenere il suo sorriso di facciata.

La consapevolezza di essere stata abbandonata dal marito, e di essere il pettegolezzo del momento, era probabilmente l'umiliazione più grande che potesse ricevere.

Per questo, senza alcun preavviso, mi aveva comunicato che saremmo andati a vivere dove stavano i nonni.

Le liti tra lei e Liam, negli ultimi tempi, avevano raggiunto dei livelli esasperanti e i vicini si erano abituati alle grida giornaliere.

Se io non avevo scelta, e potevo solo seguire mia madre, lui non ne aveva assolutamente alcuna intenzione.

Aveva chiarito con fermezza che sarebbe rimasto a Braintree, e l'età glielo permetteva.

Dopo numerose minacce di farlo abitare sotto un ponte, la donna che ci aveva messo al mondo aveva acconsentito a concedergli l'uso della casa, ancora di proprietà di nostro padre, giusto per non alimentare altre voci nel quartiere.

Speravo che quella sera, l'ultima che avrei trascorso lì, mi avrebbe chiesto di rimanere con lui.

Ma quelle parole non le sentii mai uscire dalle sue labbra.

Passai di fronte alla sua camera, oramai rassegnato a pregarlo in ginocchio di farmi restare. Lo trovai seduto sul letto, con Alexis.

Qualcosa di inconscio mi spinse a nascondermi dietro la porta socchiusa.

- Lexis, non piangere. Ti prego! - Disse dolcemente mio fratello, mentre con le dita le risistemava delle ciocche oltre le orecchie.

Le alzò il mento, ricercando i suoi occhi.

- Dovremmo dirglielo, prima che parta, lo sai? - Tentò di persuaderla.

- Se tu non te la senti, posso anche dirglielo io, davvero. - La incitò, non ottenendo reazioni.

Non capivo di cosa stessero parlando, ma il nodo che mi stringeva la gola si gonfiò a dismisura, trasformandosi in una stretta dolorosa che mi impediva di deglutire.

Restai lì, in attesa della triste conferma.

- Non voglio dirgli nulla, Liam! Sono stata chiara. Tanto cosa cambierebbe? Farebbe solo più male. Domani se ne andrà, proseguirà con la sua vita e noi con le nostre. Preferisco che Lucas non lo sappia. La cosa deve rimanere tra me e te! - Alexis, per la prima volta, pronunciò il mio nome e tutto, repentinamente, iniziò a sgretolarsi.

Tutta la realtà in cui avevo vissuto fino ad allora, vacillò.

Quella che era sempre stata la mia migliore amica, mi aveva pugnalato alle spalle.

La voglia di pregare mio fratello di tenermi con lui si dissolse e, per un attimo, l'idea di partire con mia madre sembrò un sollievo, anziché una punizione.

Non provai rabbia, mi sentii semplicemente svuotato.

Lo vidi farle un cenno d'assenso.

Rimasi nascosto, giusto il tempo di vederlo sporgersi, avvicinando il suo viso a quello di lei.

Non attesi di assistere a quel bacio che sicuramente avrebbe frantumato tutto ciò che ancora mi permetteva di vivere.

Proseguii come un automa senz'anima verso la mia stanza, buttai qualche indumento nello zaino, evitando di sfiorare ogni ricordo che mi legasse a loro. Ogni foto. Ogni oggetto. Ogni regalo. Avrei lasciato tutto lì, insieme al mio risentimento e al mio dolore.

Mi avevano escluso e tenuto all'oscuro della loro relazione. La ragazza di cui ero innamorato non mi parlava da giorni e solo ora ne capivo il motivo: non voleva affrontarmi e preferiva aspettare partissi, così da non dovermi spiegazioni.

- Vuoi uno Scotch?

Mi porto una mano al cuore, lasciando gli ultimi cinque anni della mia vita sul pavimento. Mi volto esterrefatto verso la testa della zebra che ha appena parlato.

Credo di aver un colorito bluastro e gli occhi mi si spalancano a tal punto da assumere una posizione innaturale. Il mobiletto, sul quale è fissato il capo dell'animale, inizia a sollevarsi, tramutandosi in una colonna.

Un... ascensore?

Tentando di ricompormi, osservo Connor schiacciato all'interno di quell'angusta struttura in legno, tentare di uscirne maldestramente.

- Allora, ragazzo? Ti va questo scotch? - Ripete, come se nulla fosse. Come se il piccolo montacarichi in legno non stesse scomparendo, silenzioso, nel pavimento.

- S~sì - Balbetto, ancora incredulo.

- Ti vedo pallido, figliolo, tutto bene? - Domanda, con un ghigno che gli incurva le labbra.

- Non mi capita tutti i giorni di sentir parlare un pezzo d'arredo. - Rispondo, - Se intendi continuare con queste entrate ad effetto, credo finirò per avere un infarto!

L'uomo dai capelli grigi, togliendosi il sigaro dalla bocca, scoppia in una fragorosa risata di pancia.

Versa un generoso fiotto di Macallan in un bicchiere, a prima vista costoso, e me lo porge con fare sicuro.

- Bevi, forza! - Ammicca.

Il liquido ambrato scende caldo e doloroso nell'esofago, regalandomi un attimo di pace dai miei stessi pensieri.

Per l'ennesima volta da quando l'ho incontrato, Connor, sembra intento ad analizzarmi fino agli strati più profondi. Mi osserva da sotto le ciglia, mentre assapora compiaciuto il suo liquore.

Il suo comportamento, in qualche modo, mi infastidisce e mi fa sentire a disagio; ma la sua persona, al tempo stesso, riesce incomprensibilmente a rassicurarmi.

- Che c'è? - Inarco un sopracciglio, stufo di sentirmi sotto analisi.

- Dovresti dirmelo tu, ragazzo. - Temporeggia, accomodandosi su un alto sgabello e facendo roteare il liquido all'interno del vetro.

- Sembra tu abbia un conto in sospeso con l'universo - Prosegue, nascondendo un piccolo sorriso saccente.

- C'è forse qualche motivo per cui non dovrei essere incazzato? - Stringo le dita intorno al cristallo, talmente forte da temere si possa rompere.

- Forse se l'è dimenticato, ma mi sono scapicollato per arrivare qui, con la paura che lui potesse essere già morto! - Gli ricordo.

Si limita a rivolgermi un'espressione indifferente, come se non avessi detto nulla di che.

Indurisco lo sguardo e continuo, con l'obiettivo di ottenere, senza un'effettiva motivazione, la sua comprensione.

- Appena arrivato, mi avete legato, incappucciato e trascinato per un tunnel! - Lo fisso con aria di sfida, aspettandomi da parte sua una presa di coscienza sulla gravità dell'accaduto.

Con aria svogliata, in contrasto con ogni mia previsione, alza la mano e mi invita a proseguire.

Serro la mascella, deciso a provocare una reazione nell'uomo che mi siede davanti.

- Ho anche scoperto che, in tutto questo tempo, mio fratello non ha fatto altro che prendermi per il culo. Non solo si è divertito, con quel ridicolo indovinello, ma mi ha anche fatto credere di essere fidanzato con quella che, un tempo, era la mia migliore amica! - Un senso di imbarazzo si diffonde, improvviso, in tutto il mio corpo.

Mi sento stupido e infantile nel dire quelle cose. Devo sembrare un bambino che batte i piedi perché gli hanno tolto il giocattolo e, per questo, tento di nascondere il rossore che mi affiora sul volto.

Ok, forse l'aver frainteso la loro relazione è più una mia colpa. Ma che cazzo!

- Buon per te, ragazzo! Direi che ti è andata bene! Da quanto mi è parso di capire... te la sei fatta a una festa. Se fossero stati insieme, non sarebbe stato carino. - Ridacchia provocatorio, ingoiando l'ultimo sorso.

Corrugo la fronte, sorpreso. L'avrà saputo da Liam o avrà spiato da qualche fessura nei muri?

Il suo minimizzare qualunque mia disavventura inizia a darmi sui nervi.

- Si è trattato solo di un bacio, avevo bevuto! Non volevo fare un torto a nessuno! E mi sono pure beccato una ginocchiata nei coglioni, se proprio vuole saperlo! - Borbotto, a metà tra il disagio e il fastidio, sentendomi inspiegabilmente in dovere di giustificarmi.

Lui assottiglia lo sguardo, versando di nuovo da bere.

Mi sento nudo sotto i suoi occhi grigi, così freddi da rispecchiare la nebbia invernale, tanto che mi ritrovo a deglutire.

- Ma non è successo solo quello tra voi, vero? - Sentenzia, pietrificandomi.

Per un secondo, preso alla sprovvista da quell'insinuazione inaspettata, resto interdetto.

Che Alexis abbia raccontato tutto quanto a Liam?

No, non può essere.

Che diamine potrebbe aver detto? Che in albergo, dal nulla, ha iniziato a masturbarmi?

Sarebbe imbarazzante anche per lei.

Mi stropiccio i capelli nervoso e, nel medesimo istante, mi accorgo dell'aria divertita dell'uomo brizzolato che mi affianca.

- Sei un libro aperto, figliolo. - Ride, mettendosi comodo sullo sgabello.

- Mi chiedo come sia possibile che quella ragazza non sappia che sei cotto di lei. - Prosegue, deciso a trattarmi come un ragazzino idiota.

- Cosa crede di sapere su di me? - Sputo acido, capendo di essere caduto nel suo tranello.

- Io vedo solo un vecchio ricco che si diverte a fare giochetti e che non ha di meglio da fare, oltre che star qui, a ridere dei problemi degli altri! - Proseguo a scaricare la frustrazione sull'individuo che ho di fronte.

- Capisco... - Risponde serafico, facendo esplodere il mio fastidio.

- E cos'è che non avrei capito? Cos'altro ti è capitato? - Indaga con superiorità, mantenendo la sua compostezza.

Poggio con poca attenzione il drink sul bancone e serro le mani lungo i fianchi, tentando di contenere la rabbia.

- Non sai un cazzo di me! - Urlo, - Nessuno sa un cazzo! Sono cresciuto con una psicopatica che un minuto mi chiamava amore e l'altro mi urlava che meritavo di morire per essere nato. Sono vissuto tra grida e terrore. Ripetendomi per anni che mio padre non ci aveva abbandonati per colpa mia. Ho dovuto trasferirmi senza aver diritto di replica e al contempo mio fratello si faceva la ragazza di cui ero innamorato. - Faccio un respiro, ricacciando le lacrime.

- Volevo concedermi una possibilità, una volta lì, e invece sono finito nel mirino di un'insegnante di merda. E quando ho rivelato ciò che faceva, tutti mi si sono schierati contro.
Sono stato obbligato ad assumermi la responsabilità. Minacciato dai miei stessi parenti e da quelli che reputavo amici. Mi hanno picchiato e vessato in ogni modo! - Ringhio, ferito, strattonandomi il collo della maglietta per avere più aria, - Hanno cercato di uccidermi! E ho pensato di aver ammazzato un uomo per difendermi. Ero solo terrorizzato! Ora mi hanno detto che ci sarà un processo e che dovrò testimoniare per far emergere la verità! Sarò costretto rivederla, in tribunale. Dovrò anche affrontare nuovamente l'indignazione di mia madre. - Singhiozzo, non riuscendo più a gestire lo stress dall'aver appena raccontato tutte le parti più dolorose della mia vita a un perfetto sconosciuto.

Una mano mi si poggia pesante e calda sulla spalla e un senso di tranquillità mi si irradia nel petto.

- Hai presente il quadro nella camera in cui ti sei svegliato? - Si informa con tono profondo, interrompendo il flusso del mio sfogo.

Lo guardo, preso in contropiede da questa richiesta improvvisa, che riesce a ripescarmi dall'oblio privo d'ossigeno in cui mi sentivo scivolare.

- Sua moglie e suo figlio? - abbozzo.

- Il bambino assomiglia molto a Liam! - Mi risistemo, riacquistando lucidità e ricordando quello che mi è stato detto riguardo la sua somiglianza con qualcuno di importante per questo tizio.

Annuisce cupo sul bordo di vetro, immergendovi, triste, lo sguardo.

- Sono morti? - Chiedo con voce strozzata.

L'uomo dai capelli grigi si sposta la camicia bianca posta sotto il gilet in pelle, mostrando una brutta cicatrice frastagliata sul fianco.

Deglutisco, aspettandomi una realtà più cruda del previsto.

- Dei narcotrafficanti che seguivo, dopo avermi quasi ucciso, hanno sparato a entrambi. - Conclude atono, fissando la linea di liquori disposti sulle mensole trasparenti.

Il vuoto.

I pensieri scompaiono di colpo.

Cosa posso dire? Come può parlarne con tanta naturalezza?

Nella sua espressione avevo colto subito che li aveva persi.

- Mi spiace. - Soffio, con aria contrita, ipotizzando solo lontanamente il suo dolore.

Il tonfo improvviso della bottiglia sbattuta sul tavolo e l'occhiata che mi rivolge, mi inchiodano al sedile dello sgabello, sul quale ho dovuto ripiegare.

- Hai immaginato uno scenario simile, vero? - Esordisce, sollevando un lato del viso.

Io resto immobile e sgomento.

Che sta dicendo?

- Quella è mia cognata, ora sta con mio fratello in Florida. È lui quello ricco della famiglia. Questa casa è sua, l'ha creata per far divertire Nat, dopo che sua moglie è impazzita per un libro che narrava di passaggi segreti, indovinelli. eredità... o una cosa del genere. Io, semplicemente, dopo essere andato in pensione, mi rilasso con i miei ragazzi e faccio da sicurezza alle sue proprietà. - Mi esamina, accertandosi che stia ancora respirando.

- E la ferita è il risultato di una caduta da un albero di quando avevo dieci anni. - Prosegue, lasciandomi sempre più incredulo.

Mi ha completamente preso per il culo e io mi stavo dispiacendo per lui.

Si può davvero scherzare su un argomento così delicato?

- Stai pensando che io ti abbia ingannato? - Indaga, supponente.

- Non bisogna essere un mago per capire cosa sto pensando! Sei un buffone che si diverte a inventarsi cazzate e a recitare il ruolo di quello che sa tutto! - Lo insulto, offeso e risentito.

- Ma quella non è la mia verità, è la tua! - Alza nuovamente il bicchiere, invitandomi a brindare e guadagnandosi il mio sguardo più truce.

- Non era forse questo il film che ti eri fatto nella testa? Il bambino, la cicatrice, quella bellissima donna? - Inclina l'angolo della bocca in segno di vittoria, consapevole di avermi compreso fino al midollo.

- Non dovresti lavorare tanto con la fantasia. A volte, costringerti a unire le informazioni a tua disposizione, ti porta a una lettura falsata delle situazioni. Se io, poco fa, mi fossi limitato a guardarti senza risponderti, tu avresti dato per scontato che quella che stavi presupponendo fosse la mia storia e la tua opinione di me si sarebbe plasmata su quei dati. Devi imparare ad ascoltare gli altri e ad attendere le conferme, Lucas. - Le sue parole mi si conficcano nella mente come frecce fastidiose e silenziose.

Si riferisce a Lex e a Liam.

Per quanto i suoi modi mi irritino tremendamente, ha senso.

Connor, fa il giro del bancone e mi da una pesante pacca sulla schiena.

- Forza, ragazzo! Vai a fare le domande giuste, e cerca di controllare la rabbia. - Mi sprona.

- Sai... Liam assomiglia realmente a qualcuno che conosco, ma tu sei la fotocopia di me da giovane. La persona del ritratto ha sposato mio fratello, vero, ma sono io che sono cresciuto con lei e che ne ero innamorato sin da piccolo. - Fa una pausa e, per la prima volta, sul suo volto riesco a leggere un'emozione: la tristezza.

- Purtroppo, lei non ha scelto me. Ma tu... da ciò che ho potuto vedere, sei più fortunato. Non fare il fifone, non fartela scappare! - Fa un cenno di saluto con la mano, dalla quale svetta il sigaro, e arretra lentamente. Passo dopo passo, raggiunge la TV.

- Grazie. - Sussurro, non del tutto convinto di volergli porgere quella riconoscenza.

Afferra una punta delle grandi corna appese alla parete.

Il vecchio non mi sente già più. Una botola si è spalancata sotto i suoi piedi e l'ha appena inghiottito con un sibilo.

Quel centauro dalla barba grigia è completamente folle. Chi ha costruito questa casa, deve esserlo altrettanto. Ma ha ragione, è ora di chiarire tutto.

🖋Spazio Autore

Sera ragazzi lo so... siete un po' stufi! Non abbiamo i protagonisti e magari vi interessa poco MA.... resistete! Nel prox ch. Avremo Liam e poi... Lucas e Alexis in un incontro 🔥

Grazie come sempre per ogni ✨️ ogni commento e per leggere questa matta storia❤️ se potete invitare qualche amico a leggere ve ne sarò infinitamente grata🙏😱

Per ora GRAZIE A TUTTI❤️

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