Ch.33: Il gioco

Ci sono momenti in cui la vita sembra soltanto un orribile scherzo.

Giovanni Soriano


Un brivido mi attraversa le viscere dalle profondità del mio corpo.

Le dita mi formicolano per l'afflusso di sangue rallentato dalle manette e la testa mi gira, mentre il respiro affannoso, all'interno del sacco che ho sul volto, mi restituisce poco ossigeno.

La sensazione di essere insignificante, di non poter far nulla per la persona che, più di ogni altra, vorresti proteggere, mi sta uccidendo.

- Forza, ragazzo. Siamo arrivati!- Annuncia il vecchio che mi ha scortato.

Finalmente mi liberano da ciò che mi impediva di vedere e l'aria gelida mi sfiora il viso accaldato, risvegliandomi dallo stato di confusione in cui mi sentivo bloccato. Le pupille pian piano si riabituano al chiarore fioco dei cellulari che illuminano questo cunicolo buio.

L'uomo col sigaro sempre in bocca si piazza di fronte a una parete in pietra su cui si riversano, tetre, le nostre ombre e che ci ostruisce la strada. Lo osservo poggiare la mano su due ottagoni sovrapposti, racchiusi. Ruota, senza fatica, la figura incisa, facendola combaciare con le lettere in corrispondenza degli angoli. Gli ingranaggi, con un susseguirsi  di "clack",  ottengono il loro corretto posizionamento.

Il meccanismo scatta e, come per magia, la porta inizia a scorrere, inondando il passaggio di luce.

- È qui avanti!

Non ribatto, rimango vigile. Devo trovare Lex e portarla in salvo.

Socchiudo le palpebre, sperando di scorgere qualcosa oltre l'apertura.

Dove diavolo sono finito?

Colonne di marmo si stagliano davanti a noi, e dei lunghi gradini a semicerchio ci separano da una zona sopraelevata. I pavimenti sono così lucidi da potercisi specchiare.

La stanza è enorme, nubi di vapore aleggiano nell'ambiente, opacizzandone i contorni. Tra gli spazi riecheggia, ovattato, uno scrosciare d'acqua, ma io non sto più guardando l'arredo.

Mi volto, osservandola avanzare. È sconvolta. I capelli arruffati, le guance rosse, i polsi ancora trattenuti dal tipo che le sta dietro. Alla vista di quell'individuo che la tiene ferma, un'espressione perplessa si palesa sulla mia faccia.

Quel tipo sembra ridotto molto peggio di lei! Ha un graticolo di graffi in faccia e metà dell'orrendo parrucchino è rigirata su se stessa, rivelando la pelata. 

Vicino a loro, noto un altro signore sulla quarantina tenersi dolorante le parti basse, chino su se stesso.

Li ha conciati per le feste! Sogghigno, rilassandomi un po'. Un filo di orgoglio mi porta a piegare le labbra.

Gli occhi di Alexis, però, non mi cercano. Sono sicuro mi abbia notato, ma lei fissa, come ipnotizzata, di fronte a sé. Non urla. Non si sottrae a chi la trattiene.

Resta semplicemente immobile, con il mento appena sollevato in direzione di un punto in fondo alla sala.

Cosa l'ha trasformata in una statua di sale?

Lentamente, percorro la linea verso quello che pare essere il fulcro della sua attenzione.

La saliva mi si blocca in gola, ma non riesco nemmeno a tossire. A mia volta, mi pietrifico.

Le manette scivolano via e vengo sospinto in avanti.

Non mi oppongo, neppure mi muovo. I piedi assecondano solo la spinta ricevuta.

- Eccoli qua! - La voce del vecchio rimbomba tra le mura e si mischia allo sciabordio dell'acqua, proveniente dalla cascata artificiale sulla parete più lontana.

Il mio cervello spazia da un pensiero all'altro senza una meta precisa.

Mi sento confuso.
Non riesco a pensare lucidamente.
Mi hanno drogato?

"Deve essere per forza così" mi dico, osservando Liam, seduto in una vasca che ha più le dimensioni di una piscina.

È immerso fino al petto, con una donna bionda e un'altra con dei tratti asiatici spalmate addosso.

- La ragazza ha ridotto male buona parte dei miei uomini, maledizione! Tuo fratello, invece, credo se la sia fatta sotto! - La voce divertita del vecchio si allontana da me, per raggiungere quella che presumo essere un'allucinazione.

Assisto a tutto come in un'esperienza extracorporea.

Vedo quello che voglio sperare non sia mio fratello sollevarsi e scambiarsi un poderoso gesto di saluto con l'uomo dai capelli grigi.

Ride, con il costume a fiori calato sui fianchi, chiacchierando riguardo al nostro turbolento recupero. Poi si volta e prosegue nella mia direzione.

È vivo.
Sta bene.
Mi sta venendo incontro con le sue gambe…

Un passo, due, tre, quattro. La distanza tra noi si azzera.

Gli sono di fronte. Ci divide la distanza di un abbraccio.

Lo guardo e miro al volto. Concentro in quel colpo tutto il mio peso, la tensione accumulata e la preoccupazione provata in questi giorni.

Resto col braccio disteso anche mentre, preso alla sprovvista, ricade al suolo, a peso morto.

Il tonfo riecheggia tra i marmi e si perde nell'umidità che impregna l'ambiente.

Avverto nuovamente delle mani che mi trattengono.

- Alzati, grandissimo figlio di puttana! - Sbraito verso di lui, ancora a terra, trascinando con me le persone che provano a fermarmi.

- Alzati, coglione! - Urlo di nuovo, riacquistando lucidità, con l'intenzione di ammazzarlo.

Mentre io mi dimeno, lui fa leva sul gomito, restando sdraiato.

- Ricordami di non fare mai più a pugni con te! Ti è venuto un sinistro micidiale! - Sogghigna, passandosi il pollice sul labbro. - Comunque anche io sono felice di rivederti, Lucas! - Continua sollevando le spalle e riportando l'attenzione su di me.

- Che cazzo significa? Perchè sei... così? Non eri tenuto prigioniero? Perché siamo stati legati, imbavagliati, e portati qui? Che cazzo era quel messaggio? Noi pensavamo ti fosse... Io pensavo... - Mi si spezza la voce nel momento in cui l'adrenalina inizia a calare, privandomi delle forze.

Ho la mente affollata da mille domande.

Mi sento mancare. Le persone che mi trattenevano a fatica, ora mi stanno sorreggendo, impedendomi di cadere in ginocchio. 

- Calmati! Era uno scherzo! Lex non è riuscita a… - Si interrompe, facendo sparire il cipiglio divertito che gli colorava il viso, cogliendo la mia disperazione.

- Volevo mi raggiungeste e che la piantaste finalmente di litigare. Era solo un… gioco. - Prosegue con meno enfasi, aggrottando le sopracciglia. Analizzando le condizioni pessime di tutti i presenti, probabilmente, si sta finalmente rendendo conto che qualcosa dev'essere andato storto.

- Se l'intento era farli riappacificare, dubito abbia funzionato! Questi due si insultavano anche da rapiti e incappucciati! - Ci sfotte quello con la pancia rotonda e i capelli rossi che, di sicuro, guidava l'auto.

- Ma dai! Io mi sono quasi commosso quando l'ha abbracciata, proteggendola col suo corpo! - Sghignazza un altro, prendendomi per il culo.

- Un gioco... - sibilo. Intanto un tic nervoso mi sta facendo tremare l'occhio destro.

Liam rimane serio, mi scruta dopo essersi rimesso in piedi, provando a comprendere l'entità del danno fatto.  - Ciao, scricciolo! Tu, tutto ok? - Domanda alzando il tono.

Alexis, come in trans, inizia a camminare verso di lui. Sale i gradini della zona semicircolare, sul quale ci troviamo, e mi supera.

Mi aspetto che la sua mano scatti e che gli dia un sonoro ceffone.

Quando lo sguardo di lui scivola via da me, per incontrare quello della ragazza che gli è a pochi centimetri, lascia affiorare un debole sorriso affettuoso.

Le sistema una ciocca dietro l'orecchio. - Ciao piccola... Ti sei spaventata? - Le sfiora la guancia apprensivo, avvicinando il volto a quello di lei.

Mi giro istintivamente dall'altra parte, per evitarmi uno spettacolo al quale non voglio assistere. Lì trovo il vecchio grigio che mi studia, appoggiato alla colonna.

I singhiozzi dell'unica persona in grado di farmi sentire così distrutto mi riportano da loro. Cinge la vita di lui, la fronte premuta sul petto ancora bagnato.

- Hey! Calmati, Lexis. - L'accarezza delicato.

- Sono qui! Non avevi trovato il mio messaggio? È stato così terribile il viaggio con mio fratello? - Tenta di sdrammatizzare.

- Cretino! - Gli sussurra lei.

- Ho decifrato quel dannato enigma! Ma eri comunque sparito e non mi rispondevi. Ho cercato di credere in quel "Sto Bene" con tutte le mie energie! - Lo stringe più forte.

Di che diamine sta parlando?

- Il cellulare non ce l'ho più e sapevo che ci saresti riuscita, scricciolo! Immagino tu l'abbia dovuto spiegare, a quel tardo di Lucas? - Proseguono a conversare tra loro, come se io non esistessi.

- Di che diamine state parlando? - Forzo la cassa toracica a far fuoriuscire più fiato dai miei polmoni.

- Quando mi sono accorta del saluto per me, mi sono detta che, se avevi voglia di scherzare e di perdere tempo in quel modo, non potevi essere davvero in pericolo. Ma non avevo tue notizie. - Lo redarguisce lei, ora che pare si stia tranquillizzando, abbracciata al coglione per cui sono corso fin qui.

- Di cosa cazzo state parlando? - Sbraito, facendo tremare i muri di questa maledetta stanza, attirando l'attenzione di tutti i presenti.

Loro si voltano. Il capo di lei si allontana dai suoi pettorali e si volge verso il pavimento, mentre il suo braccio sinistro si piega andando ad afferrare il destro, disteso lungo il fianco.

- Mi spiace avervi fatto fare tanta strada, Lucas! Pensavo fosse abbastanza chiaro che non stavo morendo! -  Tenta di fare il simpatico e procede mostrandomi i palmi, provocandomi una contrazione della mascella che rischia di farmi spaccare i molari a causa la pressione.

- Nel testo che ti ho mandato ti ho scritto che stavo bene e di salutarmi Alexis! Perchè ti sei allarmato tanto? - Studia la mia aria smarrita per qualche istante.

- Non gliel'hai detto? - Cerca una conferma alle sue spalle e io arretro, instabile, temendo ciò che presumo di aver capito.

- Non è vero… C'erano le coordinate, la spiegazione del percorso. Il tuo nome col codice morse e la data di ieri! Non c'era nient'altro! - Ribadisco, scuotendo la testa, negando qualunque altra possibilità.

- C'erano… altri due messaggi. - Sibila Lex, a disagio. 

- Girando al contrario ogni frase, partendo dalla fine, le maiuscole formavano una frase... - Inizia a spiegare.

Sta scherzando, vero?

C'era un'altra parte dell'enigma che ha risolto da sola e... non mi ha detto nulla?

Per questo motivo era tranquilla?

Per questo era sicura fosse vivo?

Per questo si è divertita a provarci con me, mentre, ignaro di tutto, facevo la figura del coglione?

Per l'ennesima volta, mi hanno tagliato fuori.

- Sono in Texas. Ora ho poco tempo, Benito si sveglierà a breve. Entra nel paese e segui per New Braunfles fino al santo che avevo lasciato per la missione. E tra la grande pietra e il canyon nascosto troverai la villa.- Legge da un pezzo di carta che ha estratto dalla tasca dei jeans, su cui ha scarabocchiato in ogni colore possibile.

- Unisci le maiuscole e ottieni: "Sto bene".

Io resto immobile, con il disgusto che prende a calci lo stomaco. Liam si mantiene a distanza di sicurezza.

- Ottimo spirito d'osservazione, signorina! Vedo che non hai solo le palle! - Si intromette il centauro che sta assistendo, col suo gruppo, allo spettacolo gratuito che stiamo inscenando.

- Inoltre, dopo aver eliminato dall'ultima riga la data, che era già stata utilizzata, ho girato al contrario anche quella parte. - fa una pausa,  -La sequenza di numeri però non mi diceva nulla. Lui in matematica ha sempre fatto schifo, quindi ho smesso di fare calcoli e... mi sono ricordata di come vengono scritti i titoli dei film sul web, per non essere oscurati. - Continua a espormi il modo i cui è arrivata alla soluzione.

- Numeri che in realtà rappresentano lettere? - Sussurro.

- Esatto! Quindi l'ultima frase, da "51x3241m47u245", diventava "542u74m1423x15" che, con un po' di intuito e di abitudine, si legge " Salutami Alexis". -  Mantiene un'espressione contrita, ma lasciando trasparire un filo d'orgoglio.

Appena se ne accorge, torna a fissare il suolo massaggiandosi il gomito.

- E non hai pensato di dirmelo? Ci godevi a vedermi preoccupato? - Ringhio impercettibilmente, trattenendo a stento la rabbia che mi attraversa.

- La sera prima... Tu, alla festa... Avevamo litigato! - Balbetta, consapevole di essersi comportata da stronza.

- Certo… Avevamo litigato. Ovvio! Lo ricordo perfettamente! - Riassumo, mostrando una calma apparente, rivedendo le immagini di me contro di lei in quella stanza. Risentendo il sapore della sua lingua nella mia bocca. Ora mi mette la nausea.

- Voglio uscire da qui. - Alzo il tono, rivolgendomi al vecchio che ancora studia ogni mio movimento. 

- Lucas, ascolta,  non vol~ - Tenta di rabbonirmi lei.

- Ora! - Prorompo perentorio verso il grigio, con la rabbia che ribolle.

L'uomo, con un segno, ordina a mio fratello, che sta per intervenire nella discussione, di non proseguire.

- I ragazzi hanno bisogno di riposo! - Enuncia, senza dar spazio a possibili repliche.

Il tipo smilzo, che nel mentre si è risistemato il parrucchino, si affianca ad Alexis. La invita a precederlo con un gesto della mano, guardandosi dallo sfiorarla.

Levandosi il sigaro spento dalle labbra, il centauro con la bandana al collo mi raggiunge e, afferrandomi per una spalla, mi conduce fuori. Questa volta nessun passaggio segreto, usiamo la porta, lasciando Liam al centro di quell'inusuale sala da bagno. Mi addentro in quell'enorme villa, con il cuore che sembra aver smesso di battere e la testa svuotata.

Spazio Autore🖋

Sera ragazzi grazie di essere ancora qui davvero! Per voi è solo una storia che magari vi piace o magari inizia ad annoiarvi...ma ogni visualizzazione, per me, è davvero un regalo bellissimo! QUINDI GRAZIE!!!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top