Ch. 30: Nell'occhio del ciclone


C'è qualcosa di peggiore che ricevere un'umiliazione: non dimenticarla.》
(Fabrizio Caramagna)

Finalmente un attimo di pace!

Mi lascio cadere sfinito sulla coperta arancione e infeltrita che ricopre questo letto cigolante.

Lex è uscita a cercare qualcosa da mettere sotto i denti, dice di aver visto un distributore nella hall.

Grazie al cielo se n'è andata! Un altro po' e mi sarei lanciato dal parapetto qui fuori. Il momento peggiore è stato quando mi ha chiesto di portarle gli asciugamani che lo staff aveva sistemato sul tavolino e, dopo averli afferrati, ha scordato, magicamente, di richiudere la porta del bagno.

L'ho osservata, attraverso lo spiraglio, asciugarsi i capelli davanti allo specchio, fingendo di guardare la tv, disinvolto. Il telo bianco che lentamente si apriva sul suo seno sinistro, era una tentazione troppo forte.

Sono sempre più convinto lo faccia di proposito. O, forse, sono solo io a essere talmente sfigato da sperarci.

Continuo a sentirmi in colpa. Dovrei pensare a mio fratello, ma la mia mente è piena di lei, in ogni istante.
Oh, accidenti! Al diavolo!

Tornando a Liam, se ha potuto inviare un messaggio, significa che è vivo. E se ha scritto la data di oggi, vuol dire che, almeno fino ad ora, avrebbe continuato a esserlo.

Il fatto che l'abbia mandato da un altro numero e che fosse in codice, però, non è un buon segno.
In che razza di casino sarà finito?

Ripenso all'enigma ripercorrendo mentalmente tutti i punti: l'ultimo posto che aveva visitato era Sant'Antonio, poi ha indicato qualche luogo, tra una pietra e un canyon... che razza di indizi sono?
Riusciremo a trovarlo? E, quando rientreremo a casa, sarò in grado di rivederla tra le sue braccia?

Deglutisco la manciata di ghiaia che avverto in gola. Mi chiedo se potrò accettare di dormire di nuovo lì, nonostante la consapevolezza che, nella stanza accanto, loro...

Scuoto la testa, quasi a voler scacciare l'incubo che ha appena preso forma nella mia fantasia.
No!

Non potrei più sopportarlo!
Non dopo aver assaggiato le sue labbra. Non dopo aver sfiorato la sua pelle un'intera notte. Non dopo aver capito di tenere a lei più di quanto sia riuscito a odiarla, ogni giorno, anche dopo essermene andato.

Ritrovato Liam, tornerò a Portland. La sola idea mi fa contorcere lo stomaco.

Contatterò la professoressa Miles, mi offrirò di testimoniare.

Un conato mi stringe l'esofago.

Tirerò fuori i coglioni, ammesso che non me li strappi mio fratello, e la farò pagare ad Allen, a sua madre e a tutti gli altri.

Il panico inizia a farsi strada.

La serratura scatta, strappandomi bruscamente dai miei pensieri.
Mi risollevo sui gomiti e, prima che abbia il tempo di rendermene conto, Alexis si fionda con un salto sul materasso, facendomi sobbalzare.

- Guarda! - Gioisce come una poppante, mettendo dei panini sul comodino e porgendomi un lecca-lecca a spirale. È uno di quelli che dividevamo sempre quando eravamo piccoli, lo riconosco. Papà me li portava al ritorno da lavoro e io li condividevo con lei.

- Dove diavolo li hai trovati? - Mi impegno a nascondere la felicità che, a mia volta, sento affiorare.

Me ne porge uno e un senso di nostalgia si impossessa di me, avverto il bisogno di sfiorarla mentre soddisfatta scarta la sua caramella.

L'aria concentrata, il naso un filo arricciato e le ciocche che le sfuggono disobbedienti da dietro le orecchie: è splendida.

Il sorriso dolce che si è appropriato, senza alcun permesso, delle mie labbra muore nell'istante in cui la sua lingua aderisce, morbida, alla superficie lucida dello zucchero e, lentamente, ne percorre tutta l'area fino in cima.

Io resto ipnotizzato da ogni movimento della sua bocca. Solleva le ciglia, rivelando quegli occhi che subito si incatenato ai miei.

Porca p~
Infastidito, e incapace di gestire la situazione, schianto il dolciume ancora confezionato sulle lenzuola, rivolgendole uno sguardo truce di rimprovero, e mi avvio verso il bagno.

Mi siedo sul bordo della vasca nell'attesa che si riempia.
Non posso dimostrare che mi stia provocando ma, dai, persino quel lecca-lecca era prossimo all'infarto!
Se non lo stava facendo di proposito, sono letteralmente un idiota!

Stiamo andando a riprendere il suo ragazzo e all'improvviso si mette a fare la scema con me? Questo comportamento non è da lei! O forse sì? Le certezza mi abbandona mentre i ricordi tornano alla mente mostrando la scena della festa, in cui era a cavalcioni sopra Luis.

Che cosa dovrei pensare?
Ammesso di avere una speranza, riuscirei davvero a farmi la tipa di mio fratello, non avendo neppure la certezza che sia vivo?
No, non potrei mai!

Anche se Alexis Michael dovesse prendere, lei stessa, l'iniziativa e saltami addosso, non la asseconderei!
Non lo farei... vero?

Perchè cazzo non ho chiesto un'altra stanza? Volevo seriamente ritrovarmi in questa condizione di merda, nella quale, con ogni probabilità, non chiuderò occhio?

Con un ringhio disperato entro nella vasca, attento a non scivolare.
Cerco di rilassarmi fissando la greca verde e scolorita che segue le pareti piastrellate.

Ora rintraccerò quel cretino di Liam e, una volta terminata questa missione di salvataggio, me ne andrò, evitando di creare problemi. O meglio, lo farò dopo essermi preso le mie responsabilità e avergli detto di aver baciato la sua ragazza... sempre che lei voglia farglielo sapere.

Mi lascio sprofondare nel liquido caldo, permettendo al mio corpo di essere accolto fino a sparire sotto il livello dell'acqua, dove tutto finalmente si fa ovattato e i pensieri si arrestano. I muscoli si distendono, il tepore mi culla e la tensione si scioglie. Per un momento il mondo resta lontano.

L'aria fredda che mi colpisce le ginocchia bagnate, rimaste esposte per via dello spazio angusto, mi irrita, convincendomi a uscire da questa tinozza.

Mi guardo allo specchio, quasi a voler dialogare con la mia immagine.
Non succederà nulla con lei! Ribadisco a me stesso, con le idee più chiare di un'ora fà.

Non succederà nulla ma... prima devo verificare una cosa! Vediamo se sono io a essere andato fuori di testa o se sta davvero giocando con me.

Scaccio dalla mente la consapevolezza che la mia non sia altro che una stupida scusa, accampata per poterla provocare anch'io, in un folle gioco che ci condurrà sicuramente a un epilogo doloroso.

Mi sistemo i capelli umidi, mi lego un asciugamano intorno alla vita e, con finta nonchalance, torno di là, curioso di cogliere la sua espressione nel rivedere il mio fisico mezzo nudo.

Ammicco spavaldo, sperando di avere la mia rivincita, e con la spalla mi appoggio allo stipite. Solo ora realizzo che la camera è avvolta dall'oscurità.

Mi ero figurato Lex sdraiata, illuminata dalla lampada a muro posta sulla parete arancione, che mi fissava cercando di contenere l'imbarazzo.

Invece, lei... dorme.
Sospiro e, sentendomi un emerito idiota, uso la torcia del cellulare per raggiungere la borsa sul comodino, premurandomi di non fare rumore.

Indosso una maglia, boxer e i pantaloni della tuta, dandole la schiena. Poi mi infilo sotto le coperte.

Sto ancora tentando di trovare una posizione comoda sul bordo, quando un lieve sobbalzo calamita la mia attenzione.

Si è semplicemente mossa.

Nel preciso istante in cui quel pensiero mi rassicura, sento la mano di Alexis posarsi, leggera, sul mio fianco.

Nel buio assoluto spalanco gli occhi e il tempo si dilata, i secondi diventano minuti. Provo a svegliarmi, ma quel peso resta lì, e non accenna a sparire.

Respirare non mi viene più naturale, i miei polmoni sembrano aver perso le istruzioni per il funzionamento.

È soltanto un contatto, eppure, come un moccioso, ho il petto che si solleva velocemente per via dei battiti che riecheggiano in questo silenzio assordante.

"La sposto o faccio finta di niente?" mi domando mentre cerco di intuire cosa stia facendo.
Per provare a mantenere la calma, mi racconto che probabilmente sta dormendo.

Ma se così non fosse...

Dando adito alla mia più grande paura, le sue dita si fanno largo, delicate, sotto la mia maglietta e scendono oltre il fianco. Le sue unghie sfiorano impercettibilmente i miei addominali tesi seguendone il contorno. Sento un brivido dopo l'altro propagarsi lungo tutta la colonna vertebrale.

Merda!

Vorrei restare immobile ma non ce la faccio. Sono così agitato, così terrorizzato, così eccitato che, all'ennesimo tocco, scatto e irrigidisco, se possibile, ancora di più ogni singolo muscolo, dandole inesorabilmente la conferma che sono sveglio.

Per un attimo interminabile si blocca, sospesa sulla fascia che disegna la V verso l'inguine. Sembra studiarmi, come se fosse in attesa di qualcosa che io nemmeno riesco a immaginare.

Sono nel panico più totale! Il calore si irradia nella zona in cui entriamo in contatto. E nel frattempo il vuoto si fa largo nella mia mente.

Deglutisce prima di riprendere a scendere. E io ho un mancamento a ogni millimetro che percorrono i suoi polpastrelli in una tortura senza fine.

Giunta all'inizio dei pantaloni, si ferma di nuovo, testando il punto di congiunzione tra la stoffa e il mio corpo. Sembra giocare con quel confine che nessuno in questa camera dovrebbe superare.

Se mi voltassi... cosa farebbe?

La punta del suo dito s'insinua appena oltre la resistenza della tuta, segue l'elastico, giocandoci, avanti e indietro, sulla mia pancia. Si sposta ripetutamente dell'avvallamento dell'anca sino alla sottile linea di peli sotto l'ombelico.

Stringo il tessuto che copre il cuscino con la speranza di liberarmi di questa oppressione.
Se solo scendesse di mezzo centimetro oltre i boxer, mi troverebbe già duro. Lo sono dal momento in cui si è girata nella mia direzione, ed ero ancora convinto di star sognando.

Questo gioco straziante mi lacera e mi lascia inerme in balia di ogni suo gesto.

Espiro rumorosamente tutta l'ossigeno che mi rimane nell'istante in cui, senza alcun preavviso, quel percorso al quale mi ero quasi abituato, s'interrompe e la sua mano s'insinua titubante oltre il punto di non ritorno, afferrandomi.

Strizzo le palpebre, provando a respingere la scarica di adrenalina che mi pervade.

Mi avvolge e il suo calore svanisce se paragonato al mio.

Dio, non ce la faccio!

Incapace di sopportare ulteriormente questa attesa infinita e forse spaventato da ciò che sta succedendo, ritraggo leggermente il bacino, nel tentativo di sottrarmi. La pelle sul suo palmo non segue, però, il mio spostamento, costringendomi a riavanzare nel suo pugno e procurandomi una sensazione di appagamento che mai credo di aver provato prima d'ora.

Sto male. O forse troppo bene.
È davvero Lex quella contro la mia schiena. Vorrei baciarla, toccarla e scoprirla eccitata quanto lo sono io.

Mi volto e mi posiziono tra le sue gambe... nella mia immaginazione. La verità è che non riesco a fare nulla, paralizzato dall'impossibilità di formulare un pensiero che abbia senso e dalla paura che possa fermarsi.

Mentre serra piano la presa e la sua andatura incalza poco a poco, io gemo con le labbra socchiuse e il fiato bloccato in gola per non farmi sentire.

Nella testa, un solo eco lontano, a cantilena, continua a riproporsi: "non puoi!"

- Lucas... - sibila ansante, come se fosse lei quella a essere in procinto dell'orgasmo, mentre il suo respiro caldo si scontra col retro del mio collo.

Ed è il colpo di grazia: la sua bocca che sussurra il mio nome, le sue dita che seguono su e giù la mia forma e l'onda di piacere che mi travolge.

Oh cazzo!
Serro ancora di più i denti, quando la tensione raggiunge l'apice, nel disperato tentativo di controllarmi, ma è inutile, mi sembra di impazzire.

- Leva quella mano, Lex! - Ringhio improvviso, con la voce graffiata.

Come ustionatasi, si ritrae di scatto. Non si limita solamente ad eseguire il mio comando, si allontana il più possibile da me, accompagnata da un cigolio che indica il suo tornare a darmi le spalle.

Avverto l'aria fredda sfiorarmi il sesso, dove vi era lei.
Anche privato del suo tocco, non riesco a trattenermi, è troppo tardi.

Delle scuse sommesse, provengono da un punto indefinito e si dissolvono nella stanza. Non distinguo le parole, ho l'udito ovattato per la pressione che aumenta con le contrazioni che si ripetono a intervalli via via più ravvicinati.

Sto venendo.

Blocco il tremore che mi scuote, riversandomi completamente sulla maglia che, tolto il suo braccio a sollevarla, è tornata a coprirmi.

Aspetto pietrificato che il sangue defluisca dal cervello, e da più in basso, realizzando ciò che è accaduto.

Vorrei sprofondare e sparire.
Prego con ogni cellula del mio corpo che non si sia resa conto di come si siano conclusi questi due minuti scarsi.

Non doveva capitare.
Non avrei dovuto permetterle di...
Io~

Come faremo a guardarci in faccia domani mattina? Liam... Rabbrividisco affondando il viso lateralmente nel cuscino.

Continuo a fingere di non esistere, sentendola distante come non mai, in questo letto tagliato in due dall'imbarazzo e dal senso di colpa.

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