Ch. 3:Entrata in grande stile P2 [In Revisione]


Tolgo gli occhiali, con un espressione impassibile disegnata in volto.

-Io mi ricordo di te, Giuly.

Solleva il mento e sorride compiaciuta.

Mi piego su di lei.
Inclino il viso verso la sua guancia. -Spostati.

Deglutisce, concentrata più sul mio respiro che su ciò che le ho detto. -Come?- Resta immobile.

-Levati. Sei sulla porta. - Ribadisco con voce ferma, a pochi centimetri dall'orecchio.
Lei sgrana gli occhi a tal punto che in quell'azzurro, riesco quasi a vederci i contorni del mio volto riflesso.

Totalmente presa alla sprovvista dall'essere appena stata liquidata, spalanca anche la bocca per l'incredulità.
Temo le si possa disarticolare la mascella, ma sicuramente non resterò quì il tempo necessario ad accertarmene.

Proseguo verso le scalinata a lato dell'ampio atrio, mentre sento il suo sguardo marchiarmi il giubbotto in pelle e, quello delle sue due amichette puntato sul fondoschiena.

Terzo piano, penultima porta! Tiro le conclusioni.
Grazie Giuly, per le informazioni! Quanto la odiavo da piccolo.

Un ghigno soddisfatto che mi affiora sulle labbra.
Cazzo! Che dolore! Impreco nel momento in cui sollevo le sopracciglia e il taglio, che mi sono auto-inflitto questa mattina, si riapre nuovamente.

Mancano quindici minuti all'inizio della lezione, sono in anticipo e non so cosa fare. Fingo di scrutare qualcosa, dalla finestra del corridoio, e sento aumentare il disagio.
Ogni persona che mi passa accanto mi scruta incuriosita e potrei giurare che una ragazza, superandomi, mi abbia accarezzato la coscia.

Sono già stufo di questa giornata scolastica che si preannuncia interminabile.

Basta.
Mi sento un idiota.
Entro in bagno per perdere tempo, così da arrivare in classe a lezione già iniziata.

Mi avvicino al lavandino storcendo il naso alla vista dei residui di muffa tra le piastrelle e dei numerosi segni che rigano lo specchio nel quale tento di sistemarmi.

I capelli castani spettinati, la maglietta bianca risalta sotto il giubbotto in pelle e lascia intravedere qualche linea dell'addome e gli anfibi scuri completano l'immagine del Bad Boy.
Qui nessuno sa nulla del mio passato, può funzionare.

La porta si spalanca, - Sono stufo di queste scommesse. Ogni volta mi rubi dieci dollari. Sei riuscito a scopartela, bravo Asher, ma non scommetterò più. Chiaro?!- due ragazzi irrompono facendo baccano.

Il più alto dei due mi nota all'istante e non distoglie lo sguardo dal mio, riflesso nello specchio.

- Cos'è Mayer, avevi dei dubbi forse? C'è mai stata una che alla fine non ci sia stata? - si pavoneggia il biondino con il neo sotto l'occhio la faccia da schiaffi che non smette di fissarmi mentre si china al mio fianco, sul lavandino malconcio.

Mi sembra di averlo già visto da qualche parte.

È un cazzone, lo capisco al volo! Non solo dalle cretinate che sta dicendo, ma anche da come è vestito, dalla postura, dal sorrisino strafottente che non gli si è lavato dalla faccia, nemmeno dopo averla passata sotto il getto dell'acqua. È una testa calda e io di tipi così ne ho incontrati fin troppi.

Un campanello nella mia testa si accende, avvertendomi di stare alla larga da quei due.
Avrei dovuto farmi i cazzi miei, uscire dal bagno e andare verso l'aula. Invece sono qui, con aria di sfida a ricambiare lo sguardo che mi sta rivolgendo questo coglione dal momento esatto in cui ha messo piede qui dentro.

Mi scruta. Non gli piaccio a pelle. Vuole capire se sono uno sfigato o se gli creerò problemi in quello che reputa essere il suo territorio.

Attendo impassibile una sua mossa mentre i palmi iniziano a sudarmi.

Sorride sistemandosi il giubbotto della squadra per cui gioca a football, con aria di sfida.

Per una frazione di secondo, il pensiero di voler essere simile a lui mi attraversa la mente: la popolarità, le ragazze, gli amici, non è forse questo che voglio?!
Rabbrividisco, raccontandomi che non sono così, che io non sarò mai come Allen. Voglio solo il mio spazio, la mia vita normale, le esperienze che ogni ragazzo dovrebbe fare a quest'età.

- Quindi, ora punti alla Micheal? Lo sai, che Alexis, pare stia con Liam Morris?- si rivolge a lui il più grosso. - Dovresti piantarla anche con la storia di Hanna. Non vogliamo casini in squadra! - Conclude più serio quello che mi pare di aver capito si chiami Mayer.

Il primo nome, pronunciato dal cerebroleso con i capelli ricci, mi fa raggelare " Alexis Micheal... Lex".
Smetto improvvisamente di asciugarmi le mani, che avevo messo sotto il getto dell'acqua nel tentativo di trovare un po' di sollievo dalla temperatura tropicale raggiunta per via, del giubbotto, e della tensione.

-È mai stato un problema che fossero impegnate?

-No ma da quanto ne so ti ha già servito un due di picche.- ridacchia il moro.

Un senso di soddisfazione e orgoglio mi divampa nel petto. Alexis non è mai stata una facile e la consapevolezza che gli abbia dato il ben servito mi obbliga a reprimere una risata.

Non so cosa mi passi per la testa in questo momento. Forse l'odore acre di candeggina, che aleggia in questo bagno, mi sta dando al cervello, o forse, sono semplicemente impazzito.
Sto andando contro ogni promessa che mi sono fatto prima di entrare in questo istituto.

Faccio un passo indietro.
Poggio la schiena al muro piastrellato alle mie spalle, piegando svogliatamente il ginocchio e premendo la suola dello stivale contro la parete, lo fisso.
Guardo faccia da schiaffi ancora più intensamente, tanto che anche il ricciolino castano alla sua destra finalmente sembra accorgersi della mia presenza e osserva la situazione, facendo un ping-pong con lo sguardo tra me ed il suo amico.

Mi sono reso conto del cambiamento di Alexis in questi anni, era ovvio che attirasse l'interesse dei ragazzi.
Non sono certo cieco!

Le gambe lunghe, le labbra piene e i seni, che ora riempiono abbondantemente le coppe del reggiseno, ma è soprattutto lo sguardo fiero e intrigante a rapire chiunque la incontri.

Anche se impegnata con mio fratello, sono sicuro anche lei sia rimasta stupita nel rivedermi. Già nel momento in cui mi ha visto scendere dal bus, il giorno del mio ritorno a Breintree, o questa mattina, mentre l'asciugamano mi stava per lasciare con i gioielli di famiglia in bella vista. Il suo sguardo non mentiva. Almeno in quell'istante in cui i nostri occhi si sono sfiorati. Il rancore ed il resto del mondo sono svaniti, sostituiti da un'attrazione che mai ammetterò di provare. Negherò sempre, per la mia sopravvivenza e per rispetto a Liam. Ma per quella frazione di secondo ho scorto nei suoi occhi una scintilla di interesse che ha avuto il potere di incendiare ogni cellula del mio corpo.

Benché sia passato molto tempo e possa capire che altri ragazzi si interessino a lei, la cosa mi irrita ancora.
Per me, Lex resterà sempre il maschiaccio con un destro micidiale, perdutamente innamorata di mio fratello, su cui nessuno deve posare lo sguardo.
Nemmeno io!

▪︎ Estate 1° Media▪︎

Quella mattina di luglio, io e Alexis, dopo esserci alzati di buon ora, eravamo corsi a prendere le biciclette, emozionati all'idea di realizzare un fortino nel bosco che si stagliava dopo Peach St.

Felici ed impazienti, avevamo percorso John West St. a tutta velocità, con un enorme sorriso stampato sulle labbra, godendo della brezza fresca del mattino e dell'aria leggera che si respirava costeggiando il lago, alla nostra destra.
I raggi di sole filtravano tra gli alberi, creando un gioco di luci ed ombre che si susseguivano freneticamente mentre sfrecciavamo, sollevati dai nostri sellini, per imprimere maggior potenza alla pedalata.
I capelli castano chiaro di Lex risplendevano, illuminandosi di scintillii ramati. La gonnellina a fiori gialli le si alzava ad ogni soffio di vento, mentre prendeva velocità.
Sembrava essere prossima a spiccare il volo.
- Lex, rallenta! - Le urlai mentre mi distanziava, curvando in Franklin St.
Mi sono sempre chiesto se fosse lei un portento o se, invece, fossi io una schiappa; quella ragazzina, ai tempi esile e pallida, mi ha sempre battuto in tutto, senza mai mostrare il minimo sforzo.
La strada da percorrere per giungere alla Braintree Town Forest era ancora lunga, e dovevo darmi da fare se non volevo rimanere indietro.

Mi sentivo felice. I muscoli caldi, la testa leggera. Un progetto realizzato sul cartone dei cereali di mio fratello, in due settimane di incontri pomeridiani, per costruire il fortino del secolo, e un'intera estate a disposizione per farlo.

Mi arrestai bruscamente, subito dopo la curva.
Lex era ferma a bordo strada ed era scesa dalla bicicletta, mentre tre bambini di terza media le bloccavano il passaggio.
- Perché non rispondi mai ai bigliettini che ti faccio portare a scuola? - Sentii pronunciare al ragazzino che si trovava più vicino alla mia amica e che, se non erro, si chiamava Matt.

Da quella distanza non riuscii a sentire la risposta di Alexis, sovrastata dal rumore di un'auto che passava, ma la vidi fare un passo avanti mentre il bambino alla sua sinistra l'afferrava, trattenendola per un polso.
Vorrei dire che il primo istinto fu quello di andare a salvarla, ma la verità, è che la prima idea che mi sfiorò la mente fu di correre a chiamare Liam.

Mentre la mia migliore amica cercava di divincolarsi, scrutai la zona in cerca di qualche adulto che ci potesse aiutare, ma era una mattina tranquilla e soleggiata e non trovai nessuno, a cui chiedere soccorso.
Oltre noi, solo i maestosi alberi che costeggiavano il marciapiede e che, con l'ombra delle loro chiome, proteggevano la scena che si stava svolgendo ai loro piedi.
Inspirai dal naso tutta l'aria che i miei polmoni potessero ospitare e, abbandonando la bicicletta che ricadde alle mie spalle con un rumore di ferraglia, corsi verso di loro.

- Lasciala subito! - Urlai sotto la faccia del bambino che ancora non le lasciava il braccio e di cui, dalla mia posizione, vedevo praticamente soltanto il mento.
Un colpo alla schiena mi fece perdere l'equilibrio e ricaddi pesantemente sulle ginocchia, lasciate scoperte dai pantaloncini corti.

- Non vuoi nemmeno parlare con me, ma passi le tue giornate con uno sfigato simile?! Sei una stupida Alexis! - La accusò, offeso, il ragazzino di terza, mentre un bruciore acuto e pungente mi penetrava nella carne, diffondendosi dalle ginocchia fino al cervello.

Ancora a terra, e incapace di rialzarmi, trattenni il pianto, posando inerme lo sguardo sulla ragazzina che al contempo serrava il pugno per poi farlo schiantare sul naso del suo interlocutore. Subito dopo vidi il viso sconvolto del bambino che si sorreggeva all'amico, anch'egli con la bocca spalancata.

- Non perderei il mio tempo con te, Matt, nemmeno se mi pregassi in ginocchio! Quindi smetti di mandarmi bigliettini idioti a scuola! E se non ti fosse bastato il pugno che ti ho dato io per recepire il messaggio, ti informo che il mio amico, che avete appena spinto, è il fratellino di Liam Morris. Quindi, se non volete prenderle da tutta la squadra di football della nostra città, vi conviene sparire! - Gli intimò, strabordante di collera, Lex.

Pochi secondi dopo eravamo rimasti soli.
Mi aveva rimesso in piedi. Le sue mani ai lati della mia testa, mentre coi pollici mi privava delle lacrime che avevano iniziato a scorrere, forse per il dolore, forse per l'umiliazione. Forse per i suoi occhi limpidi così vicini ai miei, eppure colmi dell'immagine di mio fratello.
Anche in quel momento, era Liam il suo punto di riferimento.

L'idea di raggiungere la zona designata per il nostro fortino era tristemente sfumata.
Ci sedemmo lungo la sponda del Sunset Lake, in silenzio. Osservando l'acqua increspata dal vento prendere fuoco, riflettendo il tramonto meraviglioso che a poco a poco, lasciava il posto alla sera.
In sottofondo, l'assordante frinire dei grilli sembrava un concerto privato ed i lunghi fili d'erba, che si stagliavano tutt'intorno a noi, ne erano gli archi.
Ammirai silenziosamente la tanto familiare punta della South Congregational Church specchiarsi capovolta oltre i nostri piedi.

Avevamo passato talmente tanti giorni in quell'esatto punto, sulla riva del lago, che qualunque dettaglio, persino il vento che giungeva da altri stati o gli uccelli migratori che avrebbero raggiunto altri paesi, avevo la sensazione mi appartenesse un po'.

Restammo così per minuti interminabili, poi un paio di gambe ossute apparvero all'altezza del mio naso.
Alexis si accucciò di fronte le mie ginocchia sbucciate. Versò lentamente un po' d'acqua dalla bottiglietta che portava nello zainetto sulle ferite, rimuovendo con attenzione i frammenti d'asfalto rimasti.
Non sentii dolore. Solo il calore emanato dalle dita della ragazzina che avevo davanti, in contrapposizione alla mia pelle fredda.

Alexis era così: dolce, protettiva e al contempo sapeva essere acida e bisbetica ma, prima di ogni cosa, era la mia costante.
Tra noi vi era quel legame che solo da bambini si può provare, quando ancora gelosia ed attrazione non si conoscono. Quel sentimento puro e privo di ogni invidia o rancore che con la sola presenza ti colma e ti acquieta. Quell'intimità che chiunque vorrebbe riavere nella sua vita una volta diventato adulto, ma che quasi nessuno riesce a riprovare. Eppure, sempre più spesso mi capitava di sentirmi attratto da quelle labbra sottili, tanto dolci e invitanti e faticavo anche a spiegarmi i brividi che, tutt'a un tratto, si impadronivano della mia pelle quando le sue dita mi sfioravano.

All'epoca non ci davo peso: un istante dopo, un dispetto o una battuta acida ristabilivano l'ordine cosmico e noi tornavamo ad essere Lucas e Lex.
- Un giorno, quando sarò più grande e sarò diventato come Liam, non permetterò a nessuno di darti fastidio! Ti proteggerò, Lex! - Le giurai, con tutta la determinazione che un ragazzino di undici anni può avere.

Le sue dita si incrociarono alle mie. Sulle sue labbra apparve un sorriso timido che portò ancora più luce in quell'angolo di lago.
- Non mi serve qualcuno che mi protegga Lucas, sarò sempre in grado di difendermi da chiunque mi dia fastidio, mi basta che tu stia con me. - Rispose dolcemente.

- Non uscirai mai con altri ragazzi quindi? - Le domandai con innocenza ed un entusiasmo esagerato che mi scorreva nelle vene, fissandola con occhi sgranati e speranzosi.
Alexis aggrottò le sopracciglia e restò interdetta per qualche secondo, poi i suoi lineamenti si distesero e finalmente rispose: - Ok, finché ci sarai tu, non avrò bisogno di nessun altro! -

Quel giorno, rientrammo solo nel tardo pomeriggio, spingendo le nostre biciclette con le mani libere, senza mai dividere le nostre dita ancora incrociate.

Giunti a casa mia, ci accolsero urla e rumori di stoviglie che si frantumavano provenienti dalla cucina. Nulla di nuovo per noi che, negli anni, ci eravamo rassegnati alle litigate furibonde dei miei genitori.
La mia migliore amica mi rivolse uno sguardo di incoraggiamento, lasciandomi la mano e sostituendola con un senso di vuoto fastidioso, un vuoto che la fresca brezza serale sembrava voler accentuare a tutti i costi.
Entrai in casa proprio mentre mio padre mi scansava per imboccare la porta.
Quella, fu l'ultima volta che lo vidi.

È proprio vero, Lex è sempre stata una ragazza forte, non accetterebbe mai di uscire con un cretino simile, finirebbe per dargli un pugno sul naso. Penso, ridacchiando tra me e me.

- È solo questione di tempo Mayer, Alexis non è diversa dalle altre e l'essere il capitano ha i suoi vantaggi! Vedrai che finirà a pregarmi, prima della fine dell'anno! - Sogghigna, tronfio, il coglione, rilasciando una sonora pacca sulla schiena del suo compagno ed interrompendo finalmente il nostro contatto visivo.

Fortunatamente, quando schianto il pugno contro il muro alle mie spalle i due sono già spariti oltre la porta del bagno e non si accorgono di nulla.
Che teste di cazzo!

Il resto della giornata scorre lento tra una lezione e l'altra.
L'ingresso a effetto in aula e la presentazione alla classe sono riusciti.
Le ragazze mi hanno dedicato tutta la loro attenzione. Ovviamente tutte tranne Alexis, che nemmeno si è girata a salutarmi.

I ragazzi sono sembrati tranquilli e ben disposti nei miei confronti. Non ho notato nessuno che potrebbe rappresentare un problema.
Grazie al cielo, il "biondino faccia da schiaffi" e il suo amico non sono in classe con me.
Terminate le lezioni, scanso tutte e tutti e mi fiondo nell'auto di mio fratello, pronto a mettere un punto a questa giornata scolastica e a buttarmi quanto prima nel letto.

Do gas, evitando Giuly e la sua combriccola di galline che vedo avvicinarsi pericolosamente dallo specchietto retrovisore, e parto sgommando.
In pochi minuti sono a casa.
Parcheggio con attenzione il gioiellino di Liam nel vialetto, imbottisco al volo un mega panino con burro di arachidi e, prima di accorgermene, mi addormento sul letto ancora vestito.

Le sirene in lontananza, aumentano di intensità ogni secondo che passa.
- Cazzo! Correte! La polizia.!!! - Sento urlare.
- Lasciatelo li!!! Muovetevi! -
Sono disorientato, fatico a vedere.
Sono pieno di sangue.
Strascico i piedi appoggiandomi al muro.
Le sirene ora sono vicine, sono assordanti.

Spalanco di colpo la bocca per la mancanza di ossigeno.
Strizzo le palpebre. Sono sudato e la testa mi scoppia.
Mi spingo i palmi delle mani sulle orecchie per smettere di sentire, ma il suono non sparisce, anzi, cresce e a questo si aggiungono i lampeggianti che illuminano la stanza.

Devo aver dormito troppo, fuori il sole è già tramontato.
Mi alzo di scatto, saltando giù dal letto e mi nascondo a lato della finestra. Il silenzio torna improvviso, rotto soltanto dal rumore di una portiera che si apre.
Scosto lentamente la tenda osservando un poliziotto avvicinarsi alla nostra porta.

- Morris! Eccoti, finalmente! - Annuncia l'uomo in divisa.
Sento la pressione scivolarmi fin sotto i talloni e, mentre provo a deglutire la saliva che ho bloccata in gola, penso: "Questa volta sono davvero fottuto!"

🖋 Spazio Autore

Ciao di nuovo!🥰
Asher e Ben, sembrano proprio due teste calde, vero?!
Alexis non pare avere la minima intenzione di voler riappacificarsi con il suo amico d'infanzia!
Vi sta piacendo un po' la storia?😖

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