Ch. 23: Allenamento infernale
《La domanda non è se sei stato sfidato. La domanda è: sei cambiato?.》
Leonard Ravenhill
Al prossimo colpo, sono quasi sicuro, sputerò il fegato sul campo.
I ragazzi della squadra non mi hanno accolto amorevolmente. Il fatto che, il 90% di loro, siano ex di Hanna non deve aver giocato a mio favore.
A scuola sono convinti me la stia spassando con la biondina e,
persino Myers, presumo si sia ricreduto sul poter definire i suoi compagni "amichevoli".
- Morris stai dormendo? Vedi di muovere il culo! - Urla il coach Summer, indemoniato.
La palla mi si schianta in mezzo allo stomaco. La serro con entrambe le mani ed individuo Ben, che mi incita ad avanzare.
Grazie al cielo la spalla è guarita!
Corro. Corro più veloce che posso.
Evito Andrew alla mia destra e salto Miky che si butta davanti in scivolata.
Sono vicino a tagliare la linea delle 20 yard quando un tir m'investe scaraventandomi al suolo.
Asher e Ron mi guardano ridacchiando dall'alto, dopo il placcaggio omicida. La botta mi ha lasciato stordito.
Voglio togliermi questo maledetto casco!
- Rialzarti Morris! - Grida nuovamente l'allenatore che, oggi, ho la certezza essere spiritato!
Mi rimetto in posizione, sperando che questo supplizio abbia presto fine.
Sugli spalti, la streghetta attende il termine della partita insieme ad alcune ragazze.
Tra le cheerleaders e qualche curioso che è venuto ad assistere, per un istante, mi pare di intravedere anche Lex ma non ho il tempo di soffermarmi, tutto gira, le sensazioni sono sovraccariche, i suoni confusi.
- Lucas! - Mi richiama Mayer, effettuando un passaggio millimetrico. Se la cava davvero bene come quarterback ma io odio fare il running back, soprattutto contro persone che desiderano unicamente uccidermi.
Stringo l'ovale, individuo Il capitano, ed evito un paio di giocatori avversari.
Non ho più intenzione di farmi placcare, sono già rotto in ogni parte del corpo e non sopporterei un'altra caduta.
Proseguo rapido verso di lui che, per un attimo, appare spiazzato dalla mia decisione priva di senso, visto che non miro alla sua end zone. Immagino non si aspettasse una carica in piena regola, ma con la mano ordina ai suoi di starne fuori, regalando pathos a quella che ora sembra a tutti gli effetti una resa dei conti.
Mi muovo trasversalmente, con il chiaro scopo di arrivare allo scontro e l'idiota sorride, avanzando a sua volta.
Le voci e gli inni del pubblico si interrompono, i presenti restano col fiato sospeso, ansiosi di sapere chi dei due rimarrà in piedi.
Il signor Summers è il solo che non smette di sbraitare, imprecando e rivolgendoci ogni tipo d'insulto.
So bene che per segnare, la strada giusta non è questa, ma è l'unica possibilità che ho!
- Passala! - Mi implora Ben preoccupato, ma non rallento.
In una frazione di secondo siamo prossimi all'urto.
3...
2...
1...
Trattengo il respiro e sposto il peso sulla gamba sinistra, facendo una mezza giravolta.
Il mio braccio destro accarezza il suo e, benché il contatto sia minimo, riesco comunque a percepire la forza con la quale mi avrebbe investito.
L'ovale che poco prima avevo lanciato in aria, mi ricade leggera tra le dita, e Luis si schianta rovinosamente al suolo.
Il mancato impatto, com'era prevedibile, gli ha fatto perdere l'equilibrio e io ne approfitto per riprendere indisturbato la mia corsa.
Evito facilmente naso a patata, salto il numero nove, anticipo due energumeni sui 90kg e giungo alla linea.
Scaglio la palla a terra, segnando un fantastico touch down.
Il pubblico femminile strepita dalle gradinate. Intravedo Hanna agitarsi felice, sbracciandosi, e i miei compagni mi alzano sopra le loro teste.
- E bravo Lucas! - Si complimenta uno sotto il mio polpaccio.
- Sei un portento! - Esclama fiero quello che mi tiene sollevato il fianco sinistro.
È una bella sensazione quella che mi si diffonde nelle vene, un misto di appartenenza e orgoglio.
Vengo rimesso giù tra risate e pacche d'approvazione, finché Asher mi raggiunge, lanciando il casco sull'erba.
- Coglione! Hai paura di affrontarmi?! - Sbraita, incazzato nero.
- La sconfitta brucia?! - Replico strafottente, forse troppo carico di adrenalina. Ho avuto la meglio perché l'ho evitato all'ultimo, lo so benissimo!
Mayer e un altro coi capelli neri si frappongono tra me e lui, impedendo che mi arrivi addosso.
Il collidere delle loro imbottiture, produce un tonfo sordo.
- Calmati, capitano! - Interviene Ben, tentando di sedare la lite.
- Levati dal cazzo! Giuro che gli spacco la faccia! - Ringhia in risposta, cercando di divincolarsi dalla presa dei suoi compagni per avventarsi su di me.
- Vedi di finirla, Luis, o ti sbatto in panchina per le prossime cinque partite. - Lo minaccia l'allenatore, riservandomi un'occhiata di ammonimento.
Intravedo Alexis staccarsi dalla rete metallica che delimita il campo. Se ne sta andando, ma sono sicuro che stesse guardando proprio me.
- Morris, piantala di perdere tempo e muoviti! Fai tu il try dopo il touchdown! - La ben poco soave voce del coach riporta la mia attenzione al gioco.
Se ha pensato di assegnarmi questo ruolo nella speranza di farmi fare una figuraccia e di far contento il suo allievo preferito, ha sbagliato!
Da che ho memoria, non ho mai mancato un try. Non sono certo al livello di Liam, ma in questo sono un fenomeno!
Sono in posizione, attendendo che l'azione abbia inizio; devo semplicemente aspettare che mi sistemino la palla e potrò calciarla in mezzo ai pali.
Scrollo le spalle, rilasso i muscoli e ascolto le grida fastidiose di Julie Steven che si propagano anche qui.
Intorno a me non vola una mosca, c'è tensione quasi come in una finale di campionato. Ragazzoni in divisa e paracolpi si stagliano su punti diversi del rettangolo, pronti a scattare. Prendono davvero sul serio questo sport... o forse sono tutti in attesa di vedermi fare una figura di merda epocale.
Sorrido tra me, percorrendo con lo sguardo l'infinita distesa d'erba contrassegnata dalle righe degli yard.
Sento il fischio, l'ovale schizza, l'holder la sta per afferrare e io mi appresto a tirare.
- Divertiti pure con la Summer! Tanto sono io che mi sbatto la tipa di tuo fratello da quando è partito! - Mi colpisce strisciante la voce di Luis.
Tutto si annebbia e, anche se il mio cervello rielabora quella frase in un millesimo di secondo, a me sembra di metterci ore a capirne il senso.
- Lucas! Porca puttana!! - Urla il tipo che mi dovrebbe preparare il lancio.
Ho cannato il tempo! Carico, colpisco... e fallisco miseramente. Finisce fuori.
- Che diamine ti è preso? - Chiede Ben, rimbalzando la domanda tra me ed il suo amico che, senza nemmeno provare a nasconderlo, sghignazza tronfio.
Ho appena mancato il tiro e l'extra point!
In molti esultano per il mio errore, persino alcuni di quelli in squadra con me.
"Sono io che mi sbatto la tipa di tuo fratello da quando è partito..." continuano a risuonare le sue parole nelle mie orecchie.
- Andate a lavarvi! Agli spogliatoi, veloci! - Veniamo liquidati dal coach esasperato e apparentemente incazzato nero.
Mi libero finalmente del casco che oramai era diventato insopportabile con il nervoso che mi rosica lo stomaco e seguo il gruppo, in disparte.
- Non preoccuparti, campione, capita anche ai migliori! - Mi irrita la voce della capo cheerleaders mentre passo davanti alle tribune.
- Bravo, bel touchdown! - Aggiunge una delle tirapiedi di July.
Hanna è ancora ferma sulla scalinata. Scorgendo il fastidio trattenuto sul mio viso, i suoi occhi si velano di tristezza, in uno scambio e una comprensione solo nostra. Le sue labbra hanno perso quel piccolo e tenero sorriso d'incoraggiamento che avevano fino a poco fa.
- Ti vuoi muovere o facciamo notte?! - Mi provoca di nuovo Luis, qualche metro dietro di me, portandomi al limite della sopportazione.
Vorrei girarmi e tiragli istantaneamente un pugno sul naso. Altro che "bel visino", lo renderei irriconoscibile.
Sicuramente ha notato che cercavo Lex sugli spalti e ha pensato bene di aver trovato il mio punto debole.
Ha detto quelle cose per farmi deconcentrare, non era nient'altro che una puttanata. Una puttanata che, per altro, ha funzionato alla perfezione!
Mi devo dare una calmata e mirare unicamente a gestire lo stress dello stare qui, in questo stanzino delimitato da panche e borsoni da palestra. Non è la prima volta che mi succede. E, se mi sbrigo e sto nel mio angolino, defilato, ce la posso fare. Ma non credo di riuscire ad entrare nuovamente nelle docce insieme a tutti gli altri.
Perdo tempo ad armeggiare con l'armadietto in modo da evitarmi l'ammucchiata, capitanata da Asher, nei bagni.
Qui dentro mi manca l'ossigeno.
Non sopporto l'odore di polvere e muffa che impregna l'ambiente.
Tento di distogliere l'attenzione dal brusio delle voci che si mischiano col rumore dei rubinetti aperti, consapevole che se ne andranno a breve.
V Liceo, Febbraio:
Avvertii il vuoto.
Lo schianto.
Poi, un dolore acuto...
- Che cazzo hai detto su mia madre?! - Mi sfidò Allen, dando un colpo dall'altro lato della porta tagliafuoco che rimbombò tra le vecchie pareti.
- Ripetilo se hai le palle! Sfigato del cazzo! -
Continuò a picchiare sull'anta chiusa, mentre gli altri sghignazzavano.
- Ora sei al tuo posto! Stattene con i tuoi simili! -
- Già! Salutami gli scarafaggi, coglione! - Aggiunse Jerry, con tono sadico.
Ero frastornato, la testa girava e il sapore di sangue aumentava il senso di nausea. In ogni caso non risposi, sarebbe stato inutile.
Avevo imparato sulla mia pelle quanto provare a difendersi, a spiegare, non facesse altro che peggiorare la mia posizione. Parlare serviva solo a fomentarli, a far durare il tutto di più.
Quel giorno sapevo che non avrei dovuto giocare a basket, ma il coordinatore sportivo aveva insistito, non rassegnandosi al mio ritiro avvenuto tre mesi prima.
Seguii a fatica lo stridio delle loro scarpe da ginnastica allontanarsi.
- Muorici, lì dentro! - Fu l'ultima cosa che sentii, poi il nulla mi avvolse.
A ogni respiro affannoso percepivo la polvere entrarmi in bocca e appiccicarsi in gola. Un dolore sordo si irradiava dallo zigomo premuto al suolo, a tutta la mandibola e del liquido caldo mi colava dal ginocchio sinistro.
Il bruciore su gomiti e lungo i genitali, schiacciati sopra i detriti, indicava i punti escoriati dalla caduta.
Piegai piano le nocche, cercando di riacquistare lucidità. Raccolsi le forze e mi lasciai rotolare a pancia in su, inspirando lentamente.
Uno spiffero gelido mi colpì la pelle, ancora bagnata e accaldata dalla doccia interrotta brutalmente. Scrutai il buio che mi circondava, attendendo paziente che la vista vi si abituasse.
Mi mossi con una calma esasperante, consapevole che non sarei uscito presto da lì.
Avevo atteso il più possibile per raggiungere gli spogliatoi e, ancor più, per utilizzare i bagni. Ero sicuro se ne fossero andati.
Non ero così cretino da commettere certi errori. Sapevo fosse pericoloso restare da soli, in un luogo isolato, con l'intera squadra di basket che vuoleva vedermi morto.
Ma cosa dovevo fare? Io, in quella scuola, benché bigiassi la maggior parte delle lezioni, ci dovevo vivere!
Erano arrivati mentre mi stavo sciacquando. Lo scroscio dell'acqua aveva coperto i loro movimenti.
Era troppo tardi per scappare.
Mi avevano immobilizzato e sollevato in cinque. A poco erano serviti i tentativi di liberarmi.
Il locale caldaie in cui mi avevano rinchiuso, ormai da anni in disuso, era situato nel seminterrato e difficilmente qualcuno avrebbe sentito la mia voce da là sotto.
Questa era l'ennesima delle angherie alle quali, inesorabilmente, da mesi, mi stavo abituando.
Avrei dovuto semplicemente cercare di sopravvivere fino a che non fossi diventato maggiorenne. A quel punto avrei potuto accedere al mio fondo fiduciario e sarei potuto fuggire.
Instabile e barcollante, mi rialzai.
Il pavimento in cemento doveva essere ridotto male: piccoli avvallamenti e macerie acuminate mi si conficcano nelle piante dei piedi impedendomi di mantenere un'andatura eretta.
Cercai un appiglio, andando a sbattere contro qualcosa di duro.
Procedendo a tentoni individuai una grande struttura in ferro che si stagliava di fronte a me. Doveva essere una vecchia caldaia a carbone.
Proseguii seguendo la parete umida e porosa, inciampando sugli oggetti sparpagliati sul terreno. Riconobbi una chiave inglese, dei bulloni, una pala e del filo metallico che mi ferì ulteriormente.
Vi misi un'eternità a fare il giro completo di quel posto angusto e, quando pensai di essere tornato al punto di partenza, urtai un ingombro che rovinò al suolo con un frastuono di ferraglia.
Allungai le mani nell'ombra, rovistando tra ragnatele, sporco e quelle che mi parsero delle medaglie. Fu una scatolina leggera con un lato ruvido, però, a meritarsi un'analisi più attenta.
Sembrava proprio... Una scatola di fiammiferi!
Delicatamente ne estrassi uno, augurandomi non fosse troppo umido.
Come immaginavo, dopo più tentativi, consumai l'intera capocchia di zolfo senza sortire alcun effetto.
Giunto al quarto, e con le speranze che mi avevano quasi abbandonato, lo sfavillio dei lapilli preannunciò, improvviso, la luce.
Iniziai a studiare la stanza e raggruppai ciò che mi sarebbe potuto servire su uno sgabello malconcio.
L'idea era di scardinare la porta.
La fiamma si affievolì di nuovo, non mi restava molto tempo!
Controllai velocemente lo spazio e le ferite sul corpo nudo, completamente intrise di polvere.
Tolsi qualche frammento dal taglio sul ginocchio e riuscii a dare una rapida occhiata al fianco, prima che tutto tornasse ad essere avvolto dall'oscurità.
Avevo pensato di inserire dei mobili nel vano caldaia, anche solo per scaldare l'ambiente gelido, ma avrei rischiato di morire soffocato per il fumo, se la canna non avesse tirato.
Per le ore successive, provai ad aprire la serratura col fil di ferro.
Chissà perché nei film sembra così facile!
Preso dallo sconforto, e non sapendo più che ore fossero, battei ripetutamente sull'anta metallica con la chiave inglese e tentai di forzarla con la pala. L'unico risultato fu quello di ritrovarmi sfinito, mentalmente e fisicamente.
Mi risvegliai lì, senza più alcun riferimento e connotazione temporale, stanco, demoralizzato, infreddolito e assetato.
Nessuno mi stava cercando, nessuno aveva idea che fossi lì. Iniziai a temere che ci sarei morto, in quel posto.
L'angoscia e l'agitazione erano la mia unica compagnia; l'alienazione l'unica via d'uscita; il disorientamento la mia guida.
Mi rannicchiai su me stesso, tentando di ricevere calore dal mio stesso corpo. Lentamente anche i pensieri e le paure svanirono.
Chiuso la sotto mi assopii più volte, ne persi il conto, e la mia prigionia divenne un dormiveglia confuso nel quale, sempre più raramente, riacquistavo i sensi.
L'aria carica di umidità era ancora più asfissiante a causa dell'ammoniaca contenuta nelle urine, raccolte nell'angolo.
Mi augurai che qualcuno mi sentisse; in qualche occasione dei rumori riaccesero la speranza che però, immancabilmente, si dissolveva, trasformandosi in una delusione persino più opprimente.
Non sapevo da quanto mi trovassi là, ero però sicuro che se non avessi presto bevuto, sarei deceduto per disidratazione, oppure per il freddo.
Chiunque in quell'occasione si sarebbe disperato, avrebbe pianto, forse pregato... io, le lacrime le avevo terminate dopo i primi mesi di violenze e solitudine a Portland. Avevo prosciugato anche quelle che credevo di aver esaurito a causa della mia partenza da Braintree.
Ripresi conoscenza allo scatto improvviso della serratura che mi ridestò.
Per assurdo, inizialmente restai fermo, preparandomi all'ennesimo scherzo crudele della mia fantasia. Recuperata la consapevolezza, fu il terrore il primo sentimento che mi attraversò. Temetti fossero tornati per continuare a torturarmi.
Strinsi il mio ultimo fiammifero, ferendomi le retine, oramai sensibili, nell'atto di scrutare ogni particolare, come se quella manciata di secondi potesse cambiare la mia sorte.
Attesi attimi infiniti...
Procedetti al buio, incerto sulle gambe, fino alla porta.
Deglutii ma, non avendo più saliva, riuscii solo a raschiarmi la gola.
Senza alcuna reale aspettativa, appoggiai la mano sulla maniglia e spinsi.
L'incredulità m'inondò insieme alla luce del corridoio.
Quasi non riuscivo a credere di essere uscito.
Sorreggendomi alla parete, raggiunsi faticosamente il piano superiore.
Non ero lucido, era la voglia di sopravvivere che mi muoveva. Non mi chiesi neanche chi avesse aperto.
Tornai alle docce deserte, proprio dove l'incubo aveva preso vita. Aprii l'acqua, bevendone il più possibile e lasciando che lavasse via il dolore.
♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡◇♡
- Lucas! -
- Lucas?! - Salto per la sorpresa, ritrovandomi di fronte un Mayer preoccupato.
- Stai bene? Sei bianco come un lenzuolo! -
- No, cioè... sì! - Non so nemmeno io cosa sto dicendo. I ricordi sono riemersi in un'ondata pronta ad affogarmi e la tachicardia non accenna a diminuire.
- Ha paura di farsi vedere nudo! Lo spaventa il confronto... Perchè, Morris, lo sai: con me perderesti! Sia qui, che in campo! - Si pavoneggia Luis, spavaldo.
- Sì, sì, capitano, ce l'hai più lungo di tutti... ok. - Lo prende in giro il ricciolo.
- Forza, Ash! Basta fare il galletto, andiamo a farci un panino! - Interviene Miky, sghignazzando e dandogli una pacca eccessiva dietro il collo.
I suoi amici ridono, mentre il biondino borbotta, insultandoli.
Questa scena mi stranisce. Sospeso in un'incredulità dalla quale mi riscuoto a fatica.
Spesso, la somiglianza di atteggiamento tra Luis ed Allen mi fa dimenticare che sono due individui totalmente diversi.
Nessuno si sarebbe mai permesso di sfottere Mark Allen.
- Dai, Lucas! Vai a lavarti, puzzi! Prometto che non guarderemo se ce l'hai piccolo! - Ridacchia Ben, sistemandosi il borsone.
- Per quello che raccontano le mie compagne in classe, dovresti avercelo così lungo da inciamparci! - Si accoda Ron, nascondendo palesemente un pizzico di curiosità.
- Vuoi controllare?! - lo provoco, iniziando a spogliarmi e sentendomi più rilassato per il clima disteso.
Il ricciolo si focalizza sulla mia cicatrice oramai rimarginata.
- Ieri Ella mi ha detto che ci ha chiamato l'avvocato. Il testimone a favore dell'accusa si è ritirato. Probabilmente mio fratello verrà assolto! - Mi comunica.
Poi si gira e prosegue, dandomi le spalle. - Liam deve avercela fatta... Hai notizie per caso? -
- È quasi una settimana che non lo sento... - Ricambio col suo medesimo tono monocorde.
Volta il viso a tre quarti sopra la tracolla e si limita a un gesto d'assenso col mento. Dopodiché mi lascia negli spogliatoi, permettendomi finalmente di liberarmi di quel senso di oppressione.
Mi sto togliendo lo shampoo dai capelli, quando un riflesso nel pomello della doccia mi fa schizzare il cuore in gola.
Mi sembra di essere stato catapultato indietro nel tempo. L'angoscia mi pervade all'istante, impedendomi qualunque movimento.
Il torace esplode, non riesco più a mettere a fuoco.
- Ragazzo... -
Come telecomandato, mi giro di scatto, ritrovandomi di fronte l'allenatore con un'espressione truce.
Mi studia stranito, probabilmente a causa della mia insolita reazione.
Si schiarisce la voce e immediatamente mi raddrizzo, portando le mani a coprirmi l'inguine. - Sì, coach?! -
- Ho avuto modo di osservarti oggi, hai talento! Hai uno stile diverso da tuo fratello: meno potenza d'impatto ma sicuramente sei veloce e preciso. Devi lavorare sulla concentrazione, si vede che non prendi questo sport con la dovuta serietà! -
- Con tutto il rispetto, coach, non ho la minima intenzione di entrare nella squadra! - Rifiuto, un po' imbarazzato dall'affrontare la conversazione completamente nudo.
- Con tutto il rispetto, Morris, - mi fa il verso, - non credo tu sia nella posizione di lasciarti sfuggire un'occasione simile, visto il fascicolo riguardante la rissa avvenuta in un locale pubblico, la scorsa settimana! -
Spalanco le palpebre e sbianco, colto alla sprovvista. Non avevo idea che la notizia fosse arrivata fino a scuola.
Ottimo, non ho nemmeno vent'anni e ho già all'attivo un presunto omicidio con occultamento di cadavere e una colluttazione con danneggiamento.
- Non temere, ho provveduto a far sparire la cartellina prima che arrivasse sulla scrivania del preside. Non mi piace perdere tempo. Se non entri in squadra, non passerai l'anno! - Sentenzia, secco.
Sicuramente quest'uomo sa essere persuasivo. Ecco da chi ha preso la streghetta!
Dopo aver ricevuto un tacito assenso da parte mia, non che avessi altra scelta, prosegue verso l'uscita dei bagni.
Alzo gli occhi al cielo, rilassando la postura ed espirando tutta l'aria che stavo trattenendo.
- Morris! - Prorompe il Mister, quando ormai pensavo di essermene liberato.
- Sì, coach! - Rispondo in automatico.
- Se ti becco ancora nel letto di mia figlia... non avrai più bisogno di coprire quello che ti ritrovi in mezzo alle gambe! -
- Spero di essere stato chiaro, ragazzo!- Conclude, lapidario.
-S~sì, c~coach! - Bofonchio con le palpebre spalancate, mentre un brivido mi attraversa la schiena fino al coccige.
🖋 Spazio Autore
Brutti momenti e ricordi per Lucas in questo ch.! Poveraccio non gliene va mai dritta una!😅
Nel prossimo andiamo tutti alla festa di Giuly Stiven! E... succederà di tutto! DI TUTTO PROMESSO!🤣
Grazie a tutti ragazzi davvero rivedere alcuni di voi nei commenti o nelle notifiche delle stelline è davvero bello non pensavo di arrivare fino a qui e invece eccoci❤️❤️❤️ ci rivediamo martedì!!!
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