Ch. 22: Mostrarsi / Nascondersi

《Per me odioso, come le porte dell'Ade, è l'uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un'altra.》
Omero

La professoressa Brown, anche detta manico di scopa, sta spiegando la cristallizzazione da almeno un'ora e mezza.
Afferro svogliato la beuta e ne studio, perplesso, il liquido contenuto all'interno.

- Dammi qua! - Ordina Hanna, strappandomela di mano.

Credo si sia ormai rassegnata all'idea che, in questa materia, io faccia principalmente danni. È esclusivamente merito suo se non verrò bocciato quest'anno.
- Alle 5pm ti aspetto da me, così vediamo di finire la ricerca sulla costante di Avogadro che è da consegnare entro lunedì!

Il trillo esageratamente alto della campanella mette fine a quest'agonia. Mi affretto a raccogliere le mie cose, attento a non urtare vetreria e spatole disseminate sul banco da lavoro, mentre Giuly mi assilla con il volermi invitare da qualche parte.
Faccio finta di non sentire.

- Devi venire per forza! - Non si arrende la bionda con la coda di cavallo e le due Charlie's Angels al seguito.

- Si terrà a casa mia. Non puoi mancare, festeggeremo anche la tua entrata in squadra! - Continua a dar aria alle sue idiozie, irritandomi.

- Non ho la minima intenzione di entrarci. Domani ho solo un cazzo di allenamento! - Chiarisco, secco.

- Ma non puoi n~
- Ci saremo! Ora Giuly, davvero, piantala di sbavare su Lucas e levati dai piedi. - La liquida la streghetta tagliando corto e superandola, scocciata.

- Ci saremo?! - Chiedo incredulo, sollevando un sopracciglio e seguendola fuori dall'aula, felice di lasciarmi dietro le tre oche in minigonna che squittiscono offese.

- Certo! Ci andrà tutta la scuola. Non puoi fare puntualmente l'asociale! - Mi rimprovera severa.

Non sono sicuro di volerci andare ma so che è inutile opporsi. La piccoletta che mi osserva in attesa di un cenno d'assenso, non accetterebbe un no!
Mi ha incastrato come al solito. Guardo il soffitto e lei, di rimando, sorride soddisfatta.

♤♡♤♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡

- Alla fine, hai rischiato di essere espulso?! - È sconvolta.

Non abbiamo combinato granché rispetto ai compiti assegnati ma sicuramente li finirà da sola, senza alcuna fatica, appena me ne sarò andato.

L'invitarmi qui è stata palesemente una strategia per farmi parlare, ne ero consapevole quando ho accettato di completare la ricerca da lei, questa mattina.
E a quanto pare il suo piano... ha funzionato.

- E tua madre?
- Non solo non ha fatto nulla per aiutarmi... Mi ha anche accusato di aver creato uno scandalo. Le interessava nient'altro che il buon nome della sua famiglia venisse salvaguardato da una questione "tanto sconveniente", parole sue! - Sollevo le spalle come fosse scontato.

- Che grandissima stronza! - Esclama coprendosi immediatamente la bocca, pentita.

- Non preoccuparti, hai completamente ragione! - Sono divertito dalla sua spontaneità.

- E non è finita! È anche andata a mettere in scena uno spettacolo teatrale di scuse! Sono quasi sicuro di averla sentita raccontare al preside che ero un povero cretino e di dimenticare tutta la faccenda!-

Ripensare a quel giorno, seduto su una delle poltroncine nella sala d'aspetto della presidenza, mi provoca una sensazione terribile di asfissia.

Avverto ancora il dolore alle mani, mentre stringevo i braccioli in legno delle sedie intarsiate coi cuscini in velluto.
Non mi ero illuso che mia madre potesse dire qualcosa a mio favore, ma percepire attraverso la porta chiusa le poche frasi taglienti e cariche di odio che utilizzò nel riferirsi a me, fu l'ennesima delusione regalatami dalla donna che mi aveva messo al mondo.

Da che avevo deciso di rivelare tutto, mi aveva reso le cose impossibili!
Non so se mi odiasse o, a suo modo, mi volesse bene. Da che ho memoria è sempre stata così... Passava dal mostrarsi gioiosa, all'accusarmi di essere la causa dell'esistenza di merda che era costretta a sopportare.

Della mia infanzia conservavo ricordi piacevoli, tutti però seguiti da tragedie. Potevamo trascorrere una giornata divertente ma bastava un'inezia: un colpo di tosse, un bicchiere appoggiato male o una battuta fraintendibile; la pace si tramutava in un incubo.

Ogni volta la vittima di quello sfogo carico d'ira era diversa: io, mio fratello, mio padre. Era quest'ultimo che, più di tutti, diventava bersaglio delle sue accuse, di tutte le insensatezze che era capace di inventarsi pur di riuscire a ferire la persona su cui aveva deciso di scaricare il suo stress.

Io ero il più giovane, quindi molto spesso Liam si intrometteva per deviare i suoi momenti di delirio, facendosene carico.
Papà tendenzialmente non interveniva; stava in silenzio, attendendo che la rabbia di mia madre si placasse. Raramente, se arrivava al punto di picchiarci, ed esagerava particolarmente, si esponeva per difenderci.

In fondo, non posso nemmeno portare rancore verso l'uomo che, quando ero piccolo, se ne andò senza salutare. Quello che mia mamma ci costringeva a subire era un'eterna sofferenza, una continua paura di innescare, inconsapevolmente, una reazione che sarebbe stata impossibile da gestire. Probabilmente non si poteva neanche definire vita. Ero in pace soltanto se stavo da Lex.

Con lei era un'attesa. L'attesa della prossima crisi. La speranza di non esserne il destinatario. Il disagio di non aver il coraggio di difendere chi amavi per proteggere te stesso.
Perché le botte fanno male ma le parole ne fanno di più e, a lungo andare, logorano.

Un bambino non può rendersi conto dei problemi psicologici di un adulto. Può solo convincersi di esserne la causa, di commettere troppi errori e di essere responsabile per chi lo circonda.
Con l'età compresi che qualunque cosa facessi, qualunque risultato ottenessi, niente avrebbe potuto soddisfare quella persona che mai, era stata realmente contenta.

-Lucas...?! - Mi richiama cauta, riscuotendomi dai miei pensieri.

Sento il suo sguardo accarezzarmi il profilo e le sorrido dolce, dandole conferma di essere ancora con lei.
Per quanto sono rimasto in silenzio?

- Ma il tuo amico, quell' Henry... perché non ha fatto nulla? -

- Non è mio amico! È un infame. In fondo io l'avevo fatto per lui, ma visto in che situazione mi ero cacciato con gli insegnanti e col gruppo di Allen, se ne è guardato bene! - Sputo con tutto l'astio di cui sono colmo.

- Ma perché hai sopportato tutto? Lucas... avrebbero potuto ucciderti! Perché non li hai denunciati? - Continua incapace di darsi tregua.

Siamo sdraiati uno accanto all'altra sul suo letto.
Con lei aprirsi è stato facile, ha il dono di mettere chiunque a proprio agio e, per la prima volta da tanto tempo, mi sono mostrato per quello che sono davvero. Senza provare la minima vergogna.

- Pensi che se fossi andato a denunciare l'accaduto alla polizia, qualcosa sarebbe cambiato? La scuola non mi ha creduto. Mia madre e i miei nonni mi hanno insultato, ordinandomi di tacere. La mia compagnia, anziché spalleggiarmi, mi si è rivoltata contro. Il mio unico vero amico mi ha lasciato, girandomi le spalle. Chi avrebbe testimoniato per me? Sarebbe stata la mia versione in contrasto a quella di tutti! - Ascoltandomi, vedo la sua rabbia svanire, trasformandosi in tristezza. Si limita ad appoggiare una mano sopra la mia, invitandomi a smettere di serrare le dita. Nemmeno me ne ero accorto!

Si solleva puntellando il gomito sul cuscino peloso che mi affianca il capo e io smetto di fissare il soffitto, tappezzato di tipi mezzi nudi, che ormai mi sta provocando un certo disgusto.
Ritrovo il suo bellissimo viso vicino al mio e non vi leggo pena, solo comprensione.

La camera di Hanna la rispecchia perfettamente. È un delirio.
Foto e poster ricoprono ogni spazio libero, il colore rosa la fa da padrone e i pupazzi disseminati sulle mensole denotano quel suo lato infantile che la rende tanto speciale.

- Tocca a te! - Decido di mettere fine al viaggio nel mio passato, spostando i riflettori su ciò che mi interessa.

- Su di me c'è poco da rivelare! Sono una semplice studentessa noiosa!- Ridacchia, provando a svicolare.

- Ah, Ah! Non ci provare! - Preciso subito.

- Facciamo un patto... Tu mi spieghi cosa significa questo... - Dice, allungandosi su di me, sfiorando col dito la pelle che sta attorno alle lettere verticali che occupano la parte interna del mio avambraccio. - Ed io ti racconto la mia storia!

- Principessa... vorrei farti notare che siamo su di un letto e che tu sei mezza stravaccata sopra di me. - Ammicco malizioso, mordicchiandomi il labbro.

- Poi, ricordarti che ti ho appena svelato il mio momento più oscuro. Per cui ora non fare la furba!

Per tutta risposta, la biondina curva all'in giù gli angoli della bocca e sbatte le ciglia con un'espressione implorante da cucciolo abbandonato dipinta sul volto.
Rivolgo il mento al cielo, sbuffando.

Gennaio prima media:

Potevo quasi ritenermi fortunato per quella scelta ricaduta sul cartone Disney di Hercules.
Per quanto non fosse l'ultima opera uscita sugli Avengers, questa volta mi ero risparmiato il solito polpettone strappa lacrime.

Eravamo seduti sul divano come spesso accadeva nei nostri pomeriggi invernali. Io, lei, una ciotola di pop corn da condividere e qualunque cosa si prestasse a farci stare un po' assieme.

- Gli Dei sono orrendi! - Aveva interrotto le mie risate, Lex, mentre Ade perdeva le staffe per l'ennesima incompetenza dei suoi subordinati.

- Non è così male come cattivo! È simpatico; fa ridere, in fondo, anche se li tratta male! - Avevo risposto.

- Non parlo certo di Ade! -
La osservai confuso. Era seduta a gambe incrociate, con un cipiglio contrariato.

- Gli altri Dei! Sono odiosi! Sono tutti uniti e felici, e l'hanno relegato in un regno isolato. Zeus è suo fratello e i riflettori sono su di lui. Il Re degli Dei... chi l'ha deciso? Sarebbe orribile per chiunque dover reggere un confronto simile! - Continuò indignata.

- Va bhe, ma è cattivo! È il re degli inferi. È tipo... il diavolo! Tortura le anime. - Cercai di farla ragionare, spinto più che altro dalla voglia di controbattere, più che da un reale bisogno di sostenere la mia tesi, ottenendo solo di farla inalberare ancora di più!

- Lui non è cattivo! È uguale agli altri Dei e l'Ade non è l'inferno! Li c'è anche il paradiso. - Mi sfidò, testarda.

- Il paradiso?
- Esatto! Ade non è crudele, è un Dio giusto! Premia chi ha avuto una vita virtuosa con i campi elisi, permette persino tre reincarnazioni! Inoltre è conosciuto anche come il Dio dell'invisibilità. Non era uno a cui piaceva mettersi in mostra come a quell'altro! - Annuì fiera e compiaciuta con un'aria da maestrina.

- Infine si innamora di una donna: la ama alla follia, tanto da rapirla; ma, non essendo ricambiato e vedendo triste la sua sposa, le permette di tornare sulla terra per alcuni periodi, così da rivedere la madre!

Io non ero convinto che rapire qualcuno fosse considerabile un gesto onorevole, ma non osai contraddirla.

- È talmente romantico! Un uomo incompreso, adombrato dal fratello, ma giusto, e che sa amare incondizionatamente - Concluse, sognante.

In quel momento mi resi conto di quanto Alexis fosse pazza. Chi altri poteva inventarsi mille motivi per apprezzare uno dei personaggi più tetri della mitologia.
Onestamente dubitai anche che il suo racconto rispecchiasse esattamente la narrazione corretta ma, in qualche modo, il suo punto di vista mi piacque.

Mi rispecchiavo un po' nella sua descrizione e se lui le piaceva, forse, le sarei potuto piacere anche io. In fin dei conti, mi ripeteva sempre che dovevo smettere di paragonarmi costantemente a Liam.

Ovviamente non sarei mai stato un Dio e nemmeno l'avrei mai rapita. Potevo comunque puntare sul suo spirito da crocerossina, visto che ai tempi, ero timido ed invisibile anche io!

♤♡♤♡♤♡♤♡♡♡♡◇♡◇♡

- Haides! - Butto lì, con leggerezza.

- Come? - Risponde Hanna presa alla sprovvista.
- Il tatuaggio,  Ἅιδης", vuol dire "Ade" in greco antico. È il nome con cui vengono identificati gli inferi nella mitologia greca. - Preciso, accarezzando ogni singolo carattere di quella scritta.

- Ti sei tatuato la parola inferno!? - Appare stupita. Aggrotta la fronte, annuendo come se le fosse chiaro.

- L'Ade non è propriamente quello che nella nostra ideologia viene definito inferno, ma possiamo dire di sì.
- Capisco... dev'essere stato un periodo terribile!

Torno a fissare i tipi con gli addominali in bella mostra appesi sul soffitto, sentendomi un po' in colpa per essermi limitato a una spiegazione tanto superficiale.

Il significato più profondo, lo tengo per me. Lo custodisco come un segreto. Un segreto mio e di Alexis e di cui, probabilmente, solo io ho memoria.
Il Dio degli inferi sono io: abbandonato, invisibile, non corrisposto e impantanato in un eterno confronto con Liam che, a ora, è pure disperso.

- Quindi? - Socchiudo le palpebre, rilassandomi con la testa affondata nella stoffa pelosa.

- Quindi... - Mi imita, ricalcando la mia stessa posizione e dopo poco si decide.
- Diciamo che, anni fa, mi sono innamorata del ragazzo sbagliato! - Fa una pausa. Io resto in silenzio, lasciandole i suoi tempi.

- Lui non era come te... Era realmente il classico bad boy che viene descritto nei romanzi che odi. Quello che ad ogni festa è al centro dell'attenzione. Quello che si scopa tutte, ma non si concede davvero mai a nessuna. Quello per il quale preghi di diventare l'unica per cui, finalmente, cambierà! - Sospira, facendo un'altra pausa.

- Ero seriamente convinta di essere io, quell'unica per lui. Non mi trattava come le altre. Con me era protettivo. - Si porta un polso a coprire gli occhi e io, pur accorgendomene, fingo indifferenza, attendendo silenzioso.

Non mi muovo, so che a volte non è facile riprendere a condividere un argomento doloroso, quando si viene interrotti.

- Una sera, dopo che aveva minacciato un cretino che mi aveva chiesto insistentemente di ballare, non ce la feci più e decisi di parlargli. Sbottai, dicendogli che non poteva continuare a tenermi lontana da tutti; se provava qualcosa per me, doveva dirmelo! - Dalle sue labbra sfugge una risata di frustrazione.
Posso dedurre che non sia finita come sperava.

- Lui non si degnò nemmeno di rispondere... mi fissò semplicemente con disapprovazione, facendomi andare il sangue alla testa. Così raccolsi ogni briciolo di coraggio che avevo e lo baciai...

- Sai che fece?! Esattamente ciò che hai fatto tu l'altra volta! Restò imbambolato, come se gli facesse schifo! - Termina la frase con la voce tremante, premendosi i palmi sul viso ormai umido.

Mi volto verso di lei, incapace di continuare a far finta di nulla, togliendole una ciocca dalla fronte.
Quell'idiota deve averle spezzato il cuore.

- Per iniziare, ti vieto di piangere per un cretino! - La rimprovero.

- Ti prego Lucas... evitati frasi tipo: chi non ti vuole, non ti merita! - Mi interrompe, portandomi a sollevare un sopracciglio. Riesce a essere autoironica anche in una situazione simile.

- Ok, lasciamo stare le frasi di circostanza. È comunque un coglione! Però potresti anche averlo preso alla sprovvista, com'è successo con me.-

- Lucas, ti avrò anche colto di sorpresa, ma se tu non fossi stato innamorato di un'altra, saresti stato contento di ricambiare. So che a me ci tieni e che fisicamente non ti dispiaccio, ma il tuo amico la sotto, al campo d'atletica, non era certo sull'attenti per me! - Sogghigno di sbieco, colto in fallo. Non posso negare.

- Qualunque fosse la ragione, in ogni caso, mi sentii stupida e umiliata.

Mi spiace davvero per Hanna.
Sembra soffrirne ancora oggi per quel rifiuto. Appare talmente piccola, mettendosi a sedere e stringendosi le ginocchia al petto.

Vorrei abbracciarla e stringerla, ma riprende a raccontare.

- Imbarazzata, presi a insultarlo. Lo accusai di scoparsi ogni cosa camminasse e gli domandai come mai, con me, facesse tante storie. E lui, per tutto il tempo, mi ascoltò impassibile. Una statua di ghiaccio.
Ci conoscevamo sin da bambini; come poteva essere così menefreghista?! - Cerca il mio sguardo, come a voler ottenere una risposta che non sono in grado di darle.

- A quel punto gli dissi che non mi importava che non provasse niente per me. Che mi sarebbe bastato mi trattasse come le altre. - Si infila le dita fra i capelli, puntando l'attenzione sui suoi calzini a pois.

- Non era vero! - Accenna un mezzo sorriso tirato mentre l'affianco.

- Sapevo che avrei voluto di più da lui. Non riuscivo ad accettare un rifiuto così netto e, come una cretina, gli chiesi di trattarmi come chiunque altra...

La scruto incerto, cercando di scorgere in lei la conferma di ciò che ho intuito.

- Esatto! Gli chiesi di farlo con me, allo stesso modo in cui si divertiva con con ogni altra ragazza... - Ridacchia di nuovo, più frustrata, con i ciuffi biondi che le sparano tra un dito e l'altro ai lati delle tempie; le gote rosa e l'azzurro che traspare da sotto le ciglia e che riflette un cielo in tempesta.

- Ma tu eri... - Cercai di non essere invadente, scandagliando, nel frattempo, i particolari della sua scrivania.
- Si, ero vergine.

- E quel figlio di puttana se n'è approfittato?! - Mi agito, perdendo ogni parvenza di contegno e stritolando nervosamente le lenzuola di gatto Silvestro.

- No! Anzi... Peggio! Mi trattò come spazzatura. Mi allontanò, dicendo che lui non voleva avere a che fare con le verginelle senza esperienza! - Termina il racconto alzando le sopracciglia, come se quel finale, per lei, fosse una pazzia.

Io resto basito. Il mondo è pieno di stronzi che non si lascerebbero sfuggire l'occasione di farlo con una così solo perché vergine, eppure non sembra essere questo il caso. Forse... anche lui aveva una morale e non voleva ferirla.
Per qualche motivo, ho la sensazione che quel tipo le abbia fatto una gentilezza, ma evito di dirlo.

- E... le voci su quelli della... Sì, insomma, su di te i componenti della... - Domando curioso, tentando di non mostrare troppo interesse.

- Ahh, vuoi sapere se le voci che girano su di me che dovrei essermi passata l'intera squadra, sono vere!? - Appare inspiegabilmente tranquilla.
Sembra ridestarsi. La sofferenza scompare dal suo faccino tondo.

Ammiro la sua forza d'animo.
Sposta le ciocche dietro all'orecchio, sfidandomi con un'espressione indecifrabile.

- In quell'occasione, sentendomi ferita e umiliata, gli riversai addosso l'odio che provavo per lui e gli promisi che mi sarei divertita con tutti i suoi amici! Credo che non avesse realizzato quanto fossi seria. Mi diede della cretina e se ne andò arrabbiato!

Non riesco proprio a biasimarlo! Non sarà stato gentile, ma in fondo si è semplicemente rifiutato di scoparsela per gioco.

- Pochi giorni più tardi la fortuna girò a mio favore e Mikyl, mi invitò ad uscire. È uno dei due che ci hanno salutato vicino alla gelateria! - Hanna si concede una pausa per prendere fiato.

Afferra l'orrendo coniglietto di peluche che teneva sul comodino e se lo trascina al petto.
- Sì, mi ricordo... Ma posso dirti che in questa storia qualcosa non mi convince!? - Intervengo nel suo monologo.

- Insomma, qualche settimana di frequentazione e la cosa non funzionò. Tre mesi dopo scoprii che Andrew, un altro della difesa, aveva una cotta per me. Decisi allora di mettere definitivamente in atto il mio piano: uno alla volta iniziai a frequentare ogni ragazzo del team, con l'intento di vendicarmi! Nel frattempo presumo che si fosse diffuso il pettegolezzo che ero una poco di buono, una che andava con chiunque, e così ogni tipo nel raggio di 200km smise di provarci con me. Quelli che non erano del Braintree, a volte, si volatilizzavano se gli rivolgevo un semplice saluto, nemmeno avessi la peste.

Seguo ipnotizzato il movimento della sua bocca, metabolizzando a fatica la sua narrazione sempre più assurda. È molto strano.
Da quando gli uomini evitano una facile? Una facile e bella quanto lei, poi!?

- Perché i giocatori di football avrebbero dovuto essere gli unici a considerarti? - Le chiedo, alla ricerca di indizi che possano chiarirmi il quadro generale.

Solleva le spalle - Me lo sono domandata molte volte anch'io. All'inizio, ho pensato fosse un caso;  poi, che fossero i soli ad avere le palle di invitarmi. La causa più probabile mi sembrava una scommessa fatta tra i membri. Infine, mi è venuto il dubbio che il tutto fosse stato orchestrato a tavolino da quello di cui prima ero innamorata, ma la verità è che non mi importava, mi bastava dimostrargli che mi vedevo e mi divertivo con quelli che reputava fratelli.

- Ma perché avrebbe dovuto...
- Boh! Chi se ne frega! Comunque sto finalmente frequentando uno che non è nella squadra, non ancora, perlomeno! - Mi indica, ammiccando.

Di colpo, preme le mani sui miei pettorali e mi fa ricadere all'indietro sul materasso.

Un sorriso mi appare in automatico, genuino, sulle labbra.

- Che dici finto bello e dannato... Sicuro di non voler dimenticare Alexis Micheal? - Prosegue a provocarmi, portando un ginocchio dall'altro lato del mio fianco.

- Ti assicuro che, se mi fosse possibile, pagherei per togliermela dalla testa! - Confesso un po' rassegnato e un po' eccitato dalla situazione.

Questa biondina mi piace sempre di più, ma per quanto la possa trovare interessante e attraente... manca quella sensazione di infarto al miocardio che provo esclusivamente quando a toccarmi è Lex.

- Posso provare a rimpiazzarla se ti va... - Scherza.

- Immagino... sia scaduto il tempo per chiederti chi sia quello per cui ti eri presa una cotta, o dei tuoi precedenti con Maye~

- Tesoro, sono a casa! Sei di sopra? - Un potente timbro maschile mi interrompe, diffondendosi dal piano inferiore.

Hanna, sconvolta, mi fissa terrorizzata.
Come un fulmine, smonta dal mio inguine e, con una spinta, mi fa ruzzolare sul pavimento.

Frastornato mi ritrovo a terra, in attesa di istruzioni.
- Tesoro sei in camera? - Domanda nuovamente l'uomo, ormai poco lontano.
Un brivido si irradia dalla nuca nell'esatto momento in cui realizzo dove ho già sentito quella voce.

- Sì, papà, sono qui! - Risponde lei, sistemando le coperte e facendomi freneticamente segno con la mano di nascondermi.

Con fatica, riesco nell'intento nell'istante in cui il Coach della squadra spalanca la porta.

Vedo le sue scarpe avanzare lente sul parquet chiaro da sotto al lenzuolo che pende dalla struttura in ferro battuto.

Deglutisco, col terrore di emettere anche il minimo rumore.

Quello che, a questo punto, presumo essere suo padre, si appoggia al letto per darle un bacio sulla fronte e la avverte che scenderà a preparare la cena.

Il materasso si flette seguito dalle molle che mi sfiorano la cute, cigolando per via del suo peso, rendendo il mio nascondiglio ancora più angusto.

Continuo a fingermi morto fino a che non sento scattare la maniglia e i passi pesanti allontanarsi sufficientemente nel corridoio.

- Tutto ok, laggiù? - Si accerta Hanna, irrompendo capovolta nella mia visuale.

- Quando diamine pensavi di dirmelo? - Soffio, risentito.
- Credevo non fosse importante! - Sussurra e, con un gesto, mi intima di abbassare il tono e di raggiungere la finestra vicino alla scrivania.

La guardo allibito, strisciando goffamente fuori dal mio riparo e indicando a mia volta lo spazio vuoto oltre le tendine bianche.
Saranno almeno tre metri!

- Muoviti, prima che torni! - Mi sprona divertita, mentre controllo l'altezza sporgendomi dal davanzale.

Faccio un respiro profondo e, dopo averle riservato un'occhiataccia, inizio la mia discesa, pregando che la griglia di legno dei rampicanti non ceda proprio ora.

🖋 Spazio Autore:

Lo so, lo so, basta Hanna, volete Alexis! 🫣
Bhe buone notizie... nel prossimo ch Lucas Andrà a farsi ammazzare all'allenamento di football ma .... quella stessa sera ci sarà la festa e ne vedremo delle belle!

Grazie come sempre di seguire la mia storia! Non so davvero come ringraziarvi

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