Ch. 18 Henry Vinson

《Un amico è uno che sa tutto di te e nonostante questo gli piaci.》
(Elbert Hubbard)


Anche oggi mi ritrovo a camminare lungo il Sunset Lake, in cui si rispecchia questo cielo grigio piombo, con un tumulto di pensieri che mi affollano la mente

La discussione con Alexis è finita malissimo.
Non riesco a capire come, proprio lei, mi abbia potuto giudicare non conoscendo nemmeno la mia versione dei fatti.

In fondo chi aveva mai creduto a ciò che dicevo?
Afferro un sasso e lo scaglio con tutta la forza che ho, poi attendo che l'immagine capovolta della South Congregational Church, lentamente, si ricomponga sul filo dell'acqua increspata.

La mano con la quale ho frantumato lo specchio è ricoperta di sangue rappreso. Dovrei lavarla. Chiunque dovesse incontrarmi penserà che io sia un pazzo, e chissà, forse lo sono!
In fin dei conti non avrei voluto spaventarla... non mi è facile parlare di quel periodo, dopo tutto ciò che ho dovuto subire.

Riaccendo il cellulare, consapevole di essere un masochista e ne ho la prova quando la vibrazione prolungata mi comunica la moltitudine di notifiche arretrate.

Nessuna di queste, però, mi da notizie di mio fratello. È partito da due giorni e a breve raggiungerà il confine, potrebbe almeno farmi sapere di essere vivo!

"Che vita di merda!" Impreco nuovamente proseguendo la mia passeggiata priva di senso e di destinazione.
Sono una lagna! Non faccio altro che piangermi addosso.

Va bene, ho litigato con Lex... E quale sarebbe la novità?
Ok, Liam si è ficcato in un gran casino... con buone probabilità se la caverà e riporterà il culo a casa.
E io? Già il non vedere la donna che mi aveva messo al mondo dovrebbe rendermi felice!

Inoltre, La possibilità che la polizia abbia scoperto il corpo di Fernandez sta pian piano sfumando. A quest'ora, altrimenti, sarei in carcere. Quindi devo piantarla di lamentarmi!

Le ho detto che mi verranno a prendere presto, la verità è che ogni secondo in più che passa aumenta la mia speranza di scansare le conseguenze di quell'errore.

Inizio a pensare che gli altri se ne siano sbarazzati. Ma come? Li ho visti scappare al suono delle sirene...

Sciacquo le ferite sotto una fontanella al lato della strada.
Rimuovere le schegge dai tagli ormai cicatrizzati fa un male fottuto.
Tento di asciugarmi sulla felpa, ricordando solo ora di averla data a Lex.
Chissà se le è risalita la febbre...

Posso essere così coglione?!
Mi sto preoccupando per lei dopo che mi ha insultato e tirato uno schiaffo?

Onestamente durante la lite, per un attimo, ho sperato che la sua reazione fosse mossa data dalla gelosia... Si è improvvisamente alterata appena ho parlato di feste e ragazze.

Devo smetterla di farmi viaggi! Me lo ha detto lei!
Non le frega nulla delle tipe con cui sono stato. È troppo occupata ad indignarsi per lo scandalo Allen. Come ogni altra persona!

Spero che quella donna muoia sola.
Eppure, mi piaceva davvero un tempo.
L'ennesimo avviso mi da ai nervi e mi costringe a controllare.

Scorro i nomi: Anton, Jerry... il contenuto dei messaggi è il medesimo: "Devi morire!"
Henry Vinson...

Fisso lo schermo e stringo i denti.
Due volte nello stesso giorno?!

III liceo

Rimasto senza amici, in una città che non mi apparteneva e con una madre che persino il diavolo avrebbe esiliato dall'inferno, mi chiusi sempre di più. Mi ero rifiutato di ricominciare in una nuova scuola, sperando di poter far ritorno a Braintree; i mesi passavano però, e per non perdere l'anno mi costrinsero a sopportare delle lezioni private.

Alla fine, mi convinsi che nulla di tutto ciò a cui miravo si sarebbe realizzato e, oramai al limite della reclusione, decisi di ribellarmi alla vecchia e di tornare a frequentare.

A un paio di settimane dal mio trasferimento, iniziavo ad ambientarmi. Avevo legato con altri membri un po' meno sopra le righe, in ogni caso, Mark restava il mio principale punto di riferimento.

Tobias faceva il quinto. Giocava a rugby e, pur essendo popolare, sapeva usare la testa. Il suo desiderio di diventare un professionista lo spingeva a disdegnare l'uso spropositato di droghe che facevano gli altri componenti del gruppo.

Era stato lui a venire in mio aiuto durante la prima festa a cui avevo preso parte a Portland.

Benché cercassi di sembrare figo, non ero abituato a bere e a fumare. Quella sera, eravamo sul portico della villa di un certo Mich.

Avevo bevuto parecchio, vinto due partite a beer pong e ballato con ogni elemento abbordabile presente.

Non mi ero mai sentito una star e quella sensazione mi esaltava!
I ragazzi avevano fatto girare qualche canna che mi aveva intontito: gli occhi pesanti e l'udito ovattato ne erano la dimostrazione.
Provavo costantemente a rimanere lucido, ma la mia attenzione non sembrava aver la minima intenzione di collaborare.

Gli altri scherzavano, parlavano dell'ultima partita di basket e di una certa tipa che si erano scopati in tre.
Io cercavo di concentrarmi sulla serata fresca, sugli enormi alberi che delimitavano il giardino, sulle luci che illuminavano il prato lungo il vialetto, nel tentativo di distrarmi dalla salivazione e dalla nausea che non facevano altro che aumentare.

Qualcuno propose di tornare dentro e di adocchiare qualche bionda, ma Allen estrasse una bustina con delle pasticche.
Allora non sapevo cosa fossero esattamente, non conoscevo i nomi delle droghe che giravano ma l'idea di prenderne altre, essendo già in quello stato, non mi allettava. Temevo sia di stare male che di passare per lo sfigato.

A turno ne afferrarono una e io li imitai.

Mentre loro ingoiavano, osservavo la mia con timore. Fu in quel momento che Tobias, proprio di fronte a me, mi richiamò con lo sguardo.

Se ne portò una alla bocca e bevve una generosa sorsata di alcolico.

Restai perplesso, domandandomi se mi stesse incitando a muovermi.

Subito, però, mi mostrò il palmo e lì scorsi tra l'indice e il medio la droga intatta.

Con un segno d'assenso, e controllando che nessuno se ne potesse accorgere, ripercorsi i suoi movimenti.

Mark proruppe a gran voce, dandomi una poderosa pacca sulla schiena. - Torniamo dentro e troviamo una puttanella che faccia vedere le stelle al mio nuovo amico del Massachusetts!

Infilai la pastiglia nella tasca posteriore dei jeans e lo seguii.

Feci un cenno di ringraziamento a Tobias prima di rientrare. Era in gamba!

Arrivammo nella grande sala colma di gente.
Le ragazze ci assaporavano con gli occhi.
Non importava che Glen fosse un mezzo mostro di Loch Ness in sovrappeso con il monociglio; c'erano almeno una ventina di tipe in quella casa che si sarebbero fatte scopare da lui semplicemente perché nella cerchia di quelli che contano.

Al centro della pista, una mi si buttò letteralmente al collo.

La biondina assatanata con le lentiggini, che nemmeno si era presentata, aveva passato le mani su ogni centimetro del mio corpo e, benché non mi piacesse che una sconosciuta mezza brilla mi ficcasse la lingua in bocca, pian piano ci stavo facendo l'abitudine.

Allen, di fronte a me, si strusciava con una brunetta niente male, palpandole il culo e fissandomi compiaciuto.

Ad un tratto barcollai all'indietro, tentando di evitare il tipo che mi finì addosso rovesciando il contenuto del suo bicchiere sul vestito di quella con cui ballavo e su chi le stava intorno.

Urla di insulti e proteste si alzarono da un punto non ben identificato.
- Levati dalle palle! - Intimò qualcuno.

- I pantaloni!!! - Si lamentò una, schifata.
Scorsi un energumeno rasato e con un tatuaggio sul collo sollevare quasi da terra un tizio alto e mingherlino.

Lo tirava per il colletto della polo, minacciando di spaccargli la faccia per aver osato rovinargli la camicia.
Non riuscivo a distinguere la voce del malcapitato, tra le grinfie del suo carnefice, ma dalle sue movenze si stava sicuramente scusando.

- Bhe?! Non dici nulla? Guarda come sono conciata! - Si lamentò Miss. lentiggini, fradicia.
Cosa si aspettava da me?

- Dovrebbe fregarmene qualcosa? - Risposi disinteressato, riportando l'attenzione sulla rissa che stava per scoppiare.

- Che cazzone! - Esclamò, con una risata fragorosa Mark, affiancandomi e buttandomi un braccio sulle spalle.

- Cos'è?! Ricoperta di tequila, non andava più bene per fartelo succhiare? Che figlio di puttana! - Proseguì, su di giri.

Chiunque si sarebbe convinto mi stesse insultando, io invece sapevo che, per lui, quella sfilza di parolacce erano complimenti. Sicuramente era strano!

Per lui contava l'eccesso e nient'altro.
Esteticamente, ci assomigliavamo. Era poco più basso e aveva i capelli scuri. I suoi tratti però erano più duri, il naso leggermente curvo e gli occhi più piccoli.

Credeva di essere un Dio e in qualche modo lo era.
Suo padre, il preside del nostro liceo, era candidato alla carica di senatore e, di conseguenza, la professoressa Allen era una rispettata insegnante. Tradotto: faceva quello che voleva e aveva il culo parato ovunque fosse!

- Quello sicuro finisce male! - Continuò, ridandosi un contegno e studiando ciò che si stava svolgendo tra l'attaccapanni e le scale per il piano superiore.
Il tizio rasato aveva appena spinto l'altro contro la parete.

- S~scusa non ti~ti~ti ho visto! N~non l'ho f~f~fatto a~app - Lo sentii scusarsi ma, prima di terminare la frase, l'energumeno lo spinse nuovamente al muro.

- Forza, ho voglia di fottere questa sera, non di guardare un allenamento di pugilato! - Mi incitò Mark a seguirlo.

Io però osservai la scena fino a che il peso piuma urtò un'altra volta il capo, a causa dell'ennesimo scossone, e a quel punto i miei piedi si mossero da soli.

Attraversai la folla, facendomi largo tra i curiosi.

- Leccami le scarpe, e puliscimele, fighetta del cazzo! - Grugnì il tatuato.
Posai pesantemente la mano sulla sua spalla.
Nell'esatto istante in cui strinsi le dita, però, mi resi conto di quanto fosse muscoloso e di quanto faticassi a raggiungerlo.

Da lontano non mi era sembrato così grosso.
Feci mezzo passo indietro mentre il gigantosauro si girava infastidito.

Scorsi la figura di quello che, fino ad allora, era rimasto sospeso a pochi centimetri da terra riprendere aria e rivolgermi un'occhiata terrorizzata.

- Che vuoi?! - Domandò infuriata la montagna vivente.

- Ti ha detto che non l'ha fatto apposta! - Risposi a tono, nascondendo il tremore che mi attraversava la gola.

Non mi era mai piaciuto chi infieriva su chi non poteva difendersi.
Ero cresciuto con Lex che si sarebbe battuta senza esitare per salvare un amico. E con Liam, che era un paladino della giustizia, pronto ad intervenire in difesa di ogni bisognoso.

In quella situazione di merda, c'ero io ora. Ed io non ero né una bambina che non poteva essere picchiata né tantomeno avevo la stazza di mio fratello.

Ci fissammo per qualche secondo.
- Levati dal cazzo! - Mi liquidò, rinforzando la presa sul mezzo stecco che teneva per la maglia.

- S~ scusa! S~scusa! Io n~non v~volevo! - Continuò quello che aveva rovesciato il drink.

- Lascialo! - Ordinai alzando il tono.

Quello che sembrava un marines, a quel punto, lasciò andare definitivamente pel di carota.
Si voltò nella mia direzione e, facendo scrocchiare il collo, mi si parò davanti.

Passai in rassegna la gente che si era accalcata, sperando che qualcuno sarebbe intervenuto in mio aiuto.

- Vuoi prenderle per forza questa sera? Non correrai dalla mamma a piangere se ti rovino quel bel visino, poi? -

Non ebbi il tempo di rispondere.
Il bestione scattò verso di me.
Successe tutto in una manciata di secondi.
La sua faccia che si avvicinava, gli schiamazzi intorno, il mio braccio che portava indietro il gomito e serrava un sinistro.

Colpii con precisione millimetrica il naso del gigante che ricadde pesantemente al suolo, scivolando sui residui di cocktail.

Risollevai le palpebre quando urla e applausi si mischiarono alla musica alta che riempiva la stanza.

Decine di volti increduli osservavano il nuovo arrivato che aveva steso da solo il colosso. Ed io ero altrettanto stupito.

- Ho sempre saputo che avevi le palle Morris! - Ridacchiò Anton, che doveva aver assistito alla scena dal divano alle mie spalle.
Vicino a lui Jerry si stava scompisciando dalle risate.

Altro che palle! Io me la stavo facendo sotto. E non avevo mirato, mi ero mosso d'istinto.
La situazione era dipesa principalmente da un gran colpo di culo.

Il rasato si rialzò goffamente scivolando ancora sul pavimento bagnato.

Le vene sulla pelle arrossata sembravano voler esplodere. I suoi muscoli tesi avevano aumentato del doppio il loro volume.
Chi diamine era quello?!

Bene, ero fottuto!
Se la prima volta avevo avuto fortuna ora mi avrebbe sicuramente ridotto a brandelli.
Deglutii, sudando freddo.

- Questa me la paghi frocetto del cazzo!

Fortunatamente, Tobias era deciso a salvarmi il fondo schiena in ogni modo possibile - Hey Mich! Qui sembra ci sia uno che vuole sfasciarti casa! - Urlò.

- Il proprietario è un mio compagno di squadra. - Mi sussurrò, intanto che cinque atleti sui novanta kg apparivano dal nulla afferrando il tipo inferocito e trascinandolo fuori, incuranti delle sue proteste.

- Grazie Toby! - Gli urlò uno in risposta.
- De nada capitano! - Concluse, accompagnandosi con un gesto della mano; poi proseguì rivolgendosi a me
- E tu vedi di tenerti lontano dai casini, Robin hood!

Nell'attimo in cui l'adrenalina abbandonava il mio corpo, e l'effetto della cannabis tornava a farsi sentire, Jerry prese ad inneggiare le mie doti.

- Hai capito il nuovo arrivato?! Si fa valere! - Recitò nemmeno fosse su di un palco, scuotendomi con entusiasmo.

- Bravo Massachusetts! - Si unì Glen, il monociglio.

Riapparse anche la biondina che poco prima se l'era presa per la risposta di merda.
- Hei super star, che ne dici di andare di sopra? - Domandò senza la minima parvenza di pudore.

- Vieni Morris, ti preparo da bere! - Mi urlò Anton, avviandosi verso la cucina.
Mi staccai la tipa con le lentiggini di dosso, con poca delicatezza.

- Mi serve ossigeno! - Informai i presenti, voltandomi ed imboccando il corridoio che portava fuori.
Mi sporsi oltre la ringhiera di legno bianco e inspirai un generosa boccata di aria fresca.
Avrei seriamente voluto teletrasportarmi nel mio letto.

- G~ grazie d~d~davvero! - Si palesò una voce alle mie spalle.

Mi girai lentamente.
Il frinire dei grilli si scontrava con i bassi ovattati che fuoriuscivano dalla casa in cui proseguiva la festa.

Retroilluminato da uno dei lampioncini appesi sulle pareti del portico, si ergeva con la sua postura ingobbita.

- Se~sei stato g~g~gentile !-
- Per quella sciocchezza?! - Risposi con spavalderia.

-A~a~altro che s~ schiocchezza! Q~quello avrebbe p~p~potuto spaccarti in due!

Lo guardai stupito, sollevando un sopracciglio.

- N~no! N~ non v~volevo d~dire... c~che sei ... I~io s~stavo solo... - Balbettò in panico.

Scoppiai a ridere, liberandomi definitivamente della tensione che fino ad allora mi aveva stretto lo stomaco.

- Tranquillo, amico! È la verità, quel bestione mi avrebbe frantumato! - Lo rassicurai.

- Sembrava la brutta copia di Hulk!
- E~e~era g~ grosso quanto Hu~ hulk! - Pronunciammo entrambi all'unisono.

Sul suo viso apparve un sorriso enorme e raddrizzandosi divenne addirittura più alto.
Era bizzarro... Capelli corti arancioni e pelle bianchissima. Aveva gli occhi arrossati e di un azzurro brillante, labbra e naso sottili e un pomo d'Adamo eccessivamente sporgente. O forse era il collo ad essere troppo magro e lungo.

Estrassi il pacchetto di sigarette e ne accesi una giusto per riempire il silenzio che si era creato.

Al il primo tiro, l'aria intrisa di nicotina e catrame mi andò di traverso ed iniziai a tossire.
- D~devi trattenere il f~f~fumo in bocca ed inspirare un altro p~po', prima di farla scendere nei polmoni! - Mi consigliò tintarella di luna.

Aggrottai le sopracciglia scrutandolo attentamente.
- C~che c~cosa ho d~detto? - Chiese immediatamente, preoccupato.

- N~non volevo in~in~insinuare che t~tu...

- Calmati! Hai ragione, ho iniziato pochi giorni fa. Accetto il tuo consiglio!

Annuì ed estrasse a sua volta qualcosa dal pacchetto di sigarette.
- T~ti va un tiro? - Mi allungò la canna appena accesa.

- No, grazie! Sono già stordito per quelle che ho fumato prima!

- C~ che ci fai tu nel gruppo dei ti~tirapiedi di Allen? Non mi s~sembri il classico coglione c~he si è bevuto il c~c~cervello. - Domandò amichevole, mantenendo quel sorriso a trentadue denti.

- Sono i miei amici quelli che stai insultando lo sai? - Alzai il tono avvicinandomi a lui di qualche passo.

Di riflesso si schiacciò contro la parete alle sue spalle.
- S~ s~scu~scusa! N~... - Tentò di giustificarsi.
Gli diedi una pacca sulla spalla, scoppiando a ridere - Scherzavo! Devi cercare di rilassarti!

Sospirò sollevato.
Spensi la sigaretta nel posacenere di metallo sul davanzale della finestra e mi apprestai a rientrare.

- He~Henry Vinson! - Mi girai a osservarlo, incuriosito, e gli strinsi energicamente la mano.

- Lucas Morris! -
- G~ grazie, L~lucas! -

- No problem pel di carota! Ci si vede! - Lo salutai, richiudendomi la porta a vetro alle spalle.

La vicinanza al gruppo mi stava cambiando più velocemente di quanto pensassi.

Chiamare una persona pel di carota, o liquidare una in malo modo, non erano mai stati atteggiamenti che mi appartenevano.
Forse il rapporto con Mark non c'entrava, forse mi stavo trasformando inesorabilmente nel personaggio che costantemente interpretavo, convinto fosse la strada giusta per riprendere le redini della mia vita.

Nessuno sapeva che fino a pochi mesi prima ero uno sfigato, timido e insicuro, che si rifiutava di seguire le lezioni.
Tutti avevano dato per scontato fossi chissà quale figo nella mia vecchia città.

Le donne parlavano di me come di quello inarrivabile e scontroso.
La verità era ben diversa!

Cercai Allen ovunque, ma non lo trovai.
Decisi di chiedere a Jerry, che però si trovava a gambe all'aria, impegnato a fare la verticale su di un fusto di birra, con un tubo in bocca.
Attesi i 34 secondi in cui continuò a trangugiare.

- Che cazzo ne so! Vedi di sopra. Sarà con qualche troia. - Mi liquidò barcollando.

Salii, stufo e stanco, le scale per il piano superiore. Volevo solamente tornarmene a casa.

Le prime due porte del corridoio le trovai chiuse.

Dietro la terza, due bionde erano sedute sul letto. Una piangeva disperata.
Non dissi nulla, semplicemente, richiusi.

Riconobbi la voce del mio amico, provenire dall'ultima in fondo.
Lo spettacolo che mi si mostrò mi lasciò di stucco.

Mark, con i jeans calati sotto il culo, reggeva la gamba divaricata della mora con cui aveva ballato durante la serata.

Provai un terribilmente disagio nell'istante in cui lei si accorse della mia presenza, tentando, invano, di sottrarsi alla sua presa.

- Scusa, ti cercavo... volevo tornare a casa. - Balbettai mortificato

- Ti sembra il momento per tornare a casa?! - Voltò la testa nella mia direzione.

Non si fermò, non rallentò nemmeno.
Mi fissava infastidito e continuava a pompare dentro di lei. Nella penombra riecheggiava solo il rumore dei loro corpi sbattere l'uno contro l'altro.

Lui la reggeva saldamente per il fianco e per una natica. Le braccia della ragazza erano strette dietro il suo collo, e i seni le rimbalzavano ad ogni spinta. Iniziò a gemere più forte quando Allen aumentò il ritmo, alzandole anche l'altra gamba ed allacciandosela in vita.

- Morris, i guardoni mi stanno sulle palle! O ti unisci pure tu dall'ingresso posteriore, o ti levi dal cazzo! - Grugnì imperativo.

La brunetta mi fissò terrorizzata, spalancando gli occhi.

Li stavo veramente guardando scopare!?
- No grazie! Non voglio la tua brutta faccia che mi alita addosso mentre fotto! Ci si vede domani! - Mi levai dall'impiccio uscendo alla velocità della luce da quella stanza.

Scesi le scale due gradini la volta.
Merda ce l'avevo duro!

Arrivato in cucina, afferrai una birra gelata estraendola dal contenitore col ghiaccio e la scolai quasi completamente con una golata.

L'attenzione, fortunatamente, era concentrata sullo svolgimento della partita di beer-pong.

- T~tutto ok? - Domandò una voce familiare.
- Hai per caso un mezzo di trasporto per riportarmi a casa? - Tagliai corto.

- S~sono in mo~motorino!- Rispose sorridendo e mostrandomi le chiavi penzolanti dal suo indice.

Da quel giorno Henry Vinson divenne il mio unico vero amico a Portland.

Frequentavo Mark e la sua compagnia, sfruttando il loro status sociale, ma ogni volta che volevo svagarmi, confidarmi o divertirmi era con Henry che lo facevo.

Blocco quelli che infestano i miei incubi, deciso a smettere di piangermi addosso e di voler tornare a vivere.
Purtroppo so che, prima o poi, dovrò risentire mia madre; per adesso mi godo le 120 miglia e lo stato che ci dividono.

Mi sono fermato a mangiare qualcosa lungo la strada di ritorno tentando di perdere tempo e fortunatamente, da che sono rientrato, di Alexis nessuna traccia.

Trascorro tutto il resto della giornata in camera, approfittando per mettermi un po' in pari col programma di studio, infine crollo senza aver neppure cenato.

La notte scorsa è stata dura, non ho chiuso occhio. Ho bisogno di riposare e pur avvertendo un vuoto nel letto, proprio dove ieri vi era il suo corpo caldo, mi abbandono al sonno.

Un paio di volte mi sono alzato per controllare che stesse bene. Non l'ho mai incrociata...

Alle due di mattina, finalmente, un messaggio mi porta notizie di mio fratello.

🖋 Spazio Autore

Ciao ragazzi! Come promesso... ecco il nuovo ch!😁❤️

Abbiamo iniziato a conoscere il passato di Lucas... la strada è lunga ancora!
Spero davvero continuerete a seguirmi 🥺

Settimana prossima 2 uscite!
Per chi spera in qualcosa di più hot❤️‍🔥 rallegratevi giovedì ci sarà un bacio! Okok scherzo!😂😂🤣 un bacio non ha molto di spicy ma fidatevi non ho scritto maturo nel genere per sport 👅
Grazie davvero ❤️❤️❤️

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