Ch. 27 p.2 : A volte ritornano
《Quando non si può tornare indietro, bisogna soltanto preoccuparsi del modo migliore per avanzare.》
(Paulo Coelho)
Percorro il viale con villette a schiera, che si susseguono nella quiete più totale, sentendo montare la rabbia.
Lo avvisto: è seduto sul secondo gradino della veranda, con quelle gambe, troppo magre e troppo lunghe, avvolte da dei pantaloni salmone che fanno letteralmente a cazzotti con la testa color carota.
Si fissa le dita incrociate, a penzoloni tra le ginocchia. Ogni particolare strambo che prima lo caratterizzava, ora mi provoca fastidio, aumentando la voglia di riempirlo di botte.
Alexis, alle mie spalle, adegua la sua velocità alla mia. Se da un lato vorrei che se ne andasse, dall'altro la sua presenza mi tiene ancorato alla realtà e io devo riuscire a mantenere la calma!
Gli dirò di andarsene e, appena si sarà levato dai coglioni, mi dimenticherò della sua esistenza e cercherò di capire cosa fare con mio fratello.
I miei passi pesanti, a poca distanza, lo avvertono del mio arrivo.
"Stai calmo!"
Si alza, sbattendo i palmi lungo le cosce per rimuovere la polvere che ricopriva la scala e che, ora, è rimasta su di lui.
"Stai calmo!"
L'azzurro ghiaccio delle sue iridii, che titubanti studiano i miei movimenti, mi irrita estremamente.
"Stai calmo!" Continuo a ripetermi mentre, ormai, non sto più stringendo solo le dita ma sto contraendo ogni muscolo che mi percorre il corpo e mentre procedo spedito.
Non rallento neppure quando gli sono abbastanza vicino da poterci parlare, costringendolo a retrocedere.
Lo spingo con forza sulla cassa toracica.
- Vattene! Che cazzo sei venuto a fare? - Ringhio tra i denti.
Indietreggia a scatti sotto i miei colpi.
- Devi andartene! Non voglio mai più vedere la tua faccia!
Avanzo, facendolo cadere al suolo con gli occhi sbarrati e sento un'insana voglia di prenderlo a calci impossessarsi di me; Due mani mi afferrano il braccio, pur non riuscendo a fermarmi.
Alexis prova a richiamare la mia attenzione, ma è inutile! Vedo nero.
Il passato mi avvolge soffocante insieme ai ricordi: lui che si volta per entrare nell'ufficio del preside. La notizia della sua negazione completa di tutto l'accaduto e i miei amici che si trasformano nei miei aguzzini.
- Devi sparire! Stammi lontano!
Grido ancora, a corto di fiato, portandolo ad arretrare impaurito, con le suole che scivolano sul terreno polveroso, senza riuscire a rialzarsi.
Alexis mi blocca la strada, frapponendosi tra noi, ma ne colgo soltanto i contorni sfocati, come fosse trasparente. Il mio sguardo è fisso su Henry Vinson: il verme che ha avuto il coraggio di presentarsi qui.
- È colpa tua! - Lo accuso, furioso.
- Lucas, l~o so, - tentenna il viscido.
- Taci! Non osare rivolgermi la parola!
Sono a un soffio dall'abbassarmi e afferrarlo, Lex è sempre tra di noi e ora gli sta facendo da scudo.
- Lucas, guardami!
Il sole a picco mi sta bruciando la testa e mi impedisce di ragionare. Tento di scansarla ma il suo palmo si poggia, deciso, sulla mia guancia.
Facendo pressione, mi gira il viso, ricercando una connessione.
È più forte di me. Voglio ucciderlo e diminuire il senso di oppressione che rivederlo mi provoca al petto.
- Lucas! Baciami, cazzo!
Voglio solo che lui...
Cosa?
Sollevandosi sulle punte, schianta la sua bocca sulla mia, distogliendomi finalmente dal bersaglio.
Il sapore di sangue mi scivola sulla lingua e le labbra iniziano a dolere come avessi preso un pugno. Il suo profumo mi penetra prepotente nelle narici e le sue lunghe ciglia sono l'unica immagine che rientra nella mia visuale. Mi sta... baciando. Questa volta, però, non c'è trasporto, non provo nient'altro che smarrimento.
Si ritrae e io la osservo, incredulo, allontanarsi millimetro dopo millimetro.
- Non credevo funzionasse! Queste cavolate di solito le vedi solo nei film! - Dice, con un mezzo sorriso compassionevole, forse sperando di sdrammatizzare.
"L'ha davvero fatto per distrarmi da Henry!" Realizzo mentre esamino il taglio sul labbro inferiore, sentendomi un cretino.
- Sparisci, Lex! - Le ringhio contro, trovando la voce sul fondo della cassa toracica, dopo che mi ha completamente privato del respiro.
Non bastava quest'imbecille a farmi uscire di testa, ora ci si mette anche lei a prendermi per il culo!
- Ti devi calmare! - Mi guarda minacciosa.
- Ti diverti? - Le domando, risentito e arrabbiato.
- No, che non mi diverto!
Ovvio, mica le andava di baciarmi, meglio trattarmi da coglione!
Ha la fronte sudata e le labbra gonfie per l'urto appena avvenuto. Indossa una maglia a maniche lunghe, ma sono quegli occhi da gatta, che mi attraversano e mi giudicano, a farmi sentire tanto stupido. Sono gli occhi che amavo e che adesso non posso più sopportare sulla pelle.
- Vuoi davvero ammazzarlo? - Mi chiede retorica, ma addolcendo il tono.
- Sì, effettivamente non è male come idea! Se ci provo, mi baci di nuovo o mi fai un p~
- Piantala di fare il cretino! - Squittisce spazientita.
- Lucas, ti p~prego! - Interviene il tipo smilzo alle sue spalle che, approfittandone, si è rimesso in piedi.
- No. No. No! - Chiarisco, facendo un passo indietro.
- Tu, da me, non avrai nulla! Tanto meno il mio tempo! Avrei dovuto far finta di non vederti quel giorno e farti riempire di botte! - Gli rinfaccio, riferendomi al nostro primo incontro, quando stava per essere ucciso dalla controfigura di Hulk.
- Si tr~tratta della professoressa Miles! Ha sporto d~denuncia!
Mi blocco.
- Muoviti, di minuti ne hai due, non uno di più!
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- N~Non ho potuto fare niente, allora. Non ti chiedo di pe~perdonarmi~
- Bravo, non chiederlo! Perché non ne ho la minima intenzione! - Lo avviso, fissando i punti del vialetto in cui il cemento sbriciolato ha formato dei buchi.
Alexis si è seduta sulla poltroncina in veranda e finge di non ascoltare.
- È stata la M~Miles a pregarmi di non dire nulla! - Stringo la stoffa dei jeans tra le dita, assorbendo quelle parole che tagliano come rasoi e continuo a martoriare con la lingua la zona che pulsa, gonfia.
Questa storia è assurda. Per quanto Henry me la spieghi, mi sembra uno scherzo di cattivo gusto.
- Avresti dovuto dirmelo. Eravamo amici, cazzo! O probabilmente mi sbaglio, non lo siamo mai stati!
- Cosa potevo dirti?! F~Forza, Lucas, resisti, abbiamo un piano! Mi avresti mandato al diavolo prima di darmi il t~tempo di terminare la frase. Avrei dovuto affrontare tutto con te. L~Lo so! - Tenta inutilmente di rabbonirmi.
- Sì, avresti dovuto! Io, per te, l'avrei fatto! - Ringhio, mentre lo vedo abbassare il capo per il senso di colpa che spero lo stia dilaniando.
Non mi interessa! Merita di provare almeno un decimo di ciò che ho provato io. Questo è il minimo!
- Ho rischiato di morire! Ve ne rendevate conto, tu e la Miles? Per il vostro stupido piano, io rischiavo la vita! - La voce mi si rompe in gola.
- Pensi che non lo s~sappia?! H~Hai idea di come stavo ogni volta? - Risponde, quasi risentito.
- Come ti sentivi tu? Divertente, davvero! Ero io quello nudo in cortile a farsi umiliare! Ero io quello che ha rischiato di affogare! Sempre io quello che è stato rinchiuso in una cantina! - Sputo tutto d'un fiato alzandomi in piedi.
- Non serve d~dirti che mi dispiace. Avrei dovuto fare qualcosa, m~ma cosa? Io non sono te! Sarei morto! - Si copre il viso, con la pelle a chiazze rosse per il calore, cercando di darsi un contegno e di non piangere .
- Già meglio far massacrare solo me! Mi pare giusto! - Sogghigno ironico.
- No, Lucas! Alla fine non ce la f~facevo più, ero deciso a dire ogni cosa. Ma quello fu il giorno della p~piscina! Ti avevano massacrato e buttato in acqua. Cosa pensi sarebbe su~successo se qualcuno non avesse bloccato il meccanismo di copertura della vasca e n~non ti avesse tirato fuori?
- Quindi sei stato tu? Pensavo di essere uscito da solo, prima di perdere i sensi. Perché non eri lì quando mi sono svegliato? - Domando scettico, squadrando ogni movimento del suo volto allungato e ricoperto da lentiggini.
- Se mi avessero trovato sarei finito anch~anch'io nel loro mirino. E poi... mi avresti detto g~grazie, per caso? - Spalanca le braccia.
- Quindi eri tu... anche quella volta hai aperto tu il locale caldaia!
- Ti ho cercato g~giorno e notte! Ho scoperto dov'eri solo d~dopo aver passato ventiquattr'ore appostato sotto la finestra di Jerry. - Racconta con rammarico.
- Mi spiace, d~davvero. In quell'occasione, persino la professoressa M~Miles voleva chiamare la polizia!
La professoressa Miles era l'unica che mi aveva creduto e dato speranza. Ero convinto nessuno le avesse dato retta, in quanto giovane e appena arrivata. Invece non aveva detto neanche una parola al preside in mio favore, aveva taciuto. Tutto per mettere in atto questo stupido "piano".
Continuo a sentirmi tradito.
- Quando sono sparito, è girata qualche diceria su di una rissa avvenuta nella zona industriale? Hai sentito parlare del fatto che sia morto qualcuno in quei giorni? - Chiedo, fingendomi disinteressato. Le energie per incazzarmi le ho terminate, la forza di perdonarlo non l'ho mai avuta.
Per la prima volta si gira verso di me, forse incoraggiato dal mio tono di voce più moderato. Solleva un sopracciglio con un sorriso sbieco e io, di rimando, indurisco la mimica facciale. Non si deve prendere certe confidenze!
- Per tutto questo tempo hai pensato di averlo ucciso? Seriamente? - Ridacchia, facendo spuntare un numero eccessivo di linee sulla fronte.
- N~Non credi ti avrebbero arrestato la m~mattina seguente? - Si ricompone all'istante, percependo il mio stato d'animo.
Controllo Lex con la coda dell'occhio...
- Fernandez è sta~stato portato via in ambulanza. Qualche frattura, u~un trauma cranico e qualche taglio. Quando il medico ha finito di ricucirlo sembrava F~Frankenstein! - Mi informa.
- Non ha d~detto nulla riguardo ciò che era successo, visti i suoi precedenti. In~inoltre, considerato che, chiamando i so~soccorsi, ho salvato la vita anche a lui e che da mesi reg~registravo i suoi traffici con Allen... ha accettato di t~testimoniare. Verrà anche lui al processo.
Ho già messo bene in chiaro che, in tribunale, io non ci sarò. Non voglio saperne niente!
Alla fine sono riuscito a calmarmi e ad ascoltarlo, ma tutto quello che mi ha detto mi è sembrata solo un'enorme stronzata.
Io venivo torturato e loro orchestravano un piano... Non mi interessa. Non voglio farne parte! Inoltre Allen non si è ancora arreso, da quanto mi ha riferito, e io non voglio buttare benzina sul fuoco!
Cammino spedito e con la testa immersa nei miei pensieri, dopo aver piantato Henry sul vialetto di casa. Procedo fino a quando Alexis, che non mi ha mai perso di vista un secondo, mi stringe il polso.
- Lucas, rallenta. Dove stai andando? - Mi implora, affaticata.
Non mi ha domandato nulla. Si è limitata ad ascoltare in silenzio; lo fa sempre, anche da piccola era così: lei non chiedeva. Aspettava fossi io a spiegarle, benché spesso avesse già compreso tutto.
Sicuramente sarà confusa, ma un'idea di ciò che mi è successo a Portland se la deve essere fatta. Avrà intuito di avermi accusato ingiustamente l'ultima volta e, probabilmente, si sentirà in colpa, ma non affronteremo il discorso.
Mi guarda preoccupata, tenendo strette le mie dita tra le sue.
So che è il suo modo di farmi sapere che è qui per me, e per quanto la detesti, odio ancor di più la sensazione di benessere che ricavo dal sentirla vicina.
Mi trattiene e, per un istante, ritrovo quella ragazzina che un tempo mi parlava, senza bisogno di dire nulla. Mi soffermo il necessario per ritrovare le somiglianze e accarezzarne i dettagli con una nostalgia che mi divora il petto.
Godendo fino all'ultimo di quel momento di pace, le sistemo una ciocca di capelli sfuggita oltre l'orecchio.
Lei, al mio tocco, sussulta.
Le sono grato, ma non riuscirei a dirglielo.
- Rilassati! Non mi devi baciare di nuovo. Come vedi, non sto per picchiare nessuno, ora! - Colmo il silenzio, ancora risentito per il gesto di poco fa.
- Andiamo, Lucas, volevo aiutarti! - Si giustifica, liberando istantaneamente la mia mano dalla sua presa.
- Ovviamente! Se ti interessa, questa sera Mayer ha bisogno di aiuto. È di turno a sistemare le attrezzature. Perché non te lo fai? - Infierisco, ottenendo di farla arrossire leggermente e incazzare il doppio.
- Cosa diamine c'entra Ben? E poi sei tu che, solo ieri sera, mi hai... spinta contro un muro senza consenso! Non farla tanto lunga! - Risponde acida e risentita.
- Mi è difficile scordarlo! Grazie alla tua ginocchiata, ho ancora male alle palle! Deve averti fatto davvero schifo. - Le rinfaccio ridacchiando in modo finto.
- Sei impossibile! Devi avere un deficit mentale! Seriamente non riesci neanche a renderti conto che, solo pochi minuti prima, avevi quell'oca di Abigail intenta a farti un servizio completo? Non so con quali tipe fossi abituato a stare a Portland, e nemmeno voglio scoprire che cosa c'hai fatto, ma qui non funziona così! Non ti fai una e un secondo dopo passi a un'altra! - Mi sbraita addosso.
Non ha tutti i torti, il tempismo è stato pessimo. La mora è stata un incidente dovuto ad alcol e gelosia, non era prevista.
Era lì al momento giusto o, forse, in quello sbagliato.
Non posso certo dirle che era semplicemente un ripiego perchè lei faceva la scema con Asher!
Sarebbe inutile anche specificare che non sono neanche venuto, non credo lo si possa considerare un'attenuante...Rischierei di ricevere un diretto sul naso.
Non ho scusanti, ma in fondo... perchè dovrei giustificarmi?
- Comunque, è diverso! Io non l'ho fatto per distrarti o per ottenere qualcosa! - Cerco di sviare.
- Giusto! Vorrei proprio sapere perché l'hai fat~- La voce di Alexis si interrompe con l'apertura della porta di casa di Hanna. Non mi ero neppure reso conto fossimo già arrivati.
- Ragazzi, ce ne avete messo di tempo!- Esclama Mayer raggiungendoci in giardino, - Muovetevi, abbiamo novità! - ci informa, salvandomi dal dover inventare spiegazioni che non sarei in grado di dare.
- Guardate qui! - Hanna ci indica un punto non ben definito sull foglio, tutto pasticciato, che tiene in mano, - Se n'è accorto il coglione qui affianco! - aggiunge pungente, riferendosi ad Asher che assottiglia lo sguardo, senza raccogliere la provocazione.
- Qui, dove? - Chiedo.
- Qui! La punteggiatura alla fine di ogni frase, non è punteggiatura! - Si pavoneggia la biondina.
[ saxeT ni onoS.-.. everb a àreilgevs is otineB, opmet ocop oh arO.. N29°38' enoissim al rep otaicsal oveva ehc otnas la onif selfnuarb weN rep iuges e eseap len artnE.- W98°28' alliv al iarevort otsocsan noynac li e arteip ednarg al art E-- ]
- È codice morse! Unendo il tutto, esce il nome di tuo fratello. - Si presta a chiarire Luis.
- ".-.. .. .- --" Significa Liam! È sicuramente suo e, probabilmente, voleva essere raggiunto oggi. - Conclude Ben, preoccupato.
- Che cazzo hai fatto al labbro? Le hai prese? - Mi domanda Luis, portando le sopracciglia quasi a sfiorarsi l'un l'altra.
- Ah! Nulla di che. Solo un colpo leggero! - Tento di chiudere il discorso mentre, d'istinto, sfioro l'area ferita col polpastrello e la mia attenzione ricade, inevitabilmente, sulla responsabile.
- Ti serviva aiuto? Potevi chiamare! - Prosegue faccia da schiaffi, confermando la mia sensazione della sera prima: questo idiota non è così cattivo come pensavo inizialmente!
- Figurati! L'ho sistemato! - Mi vanto del nulla, scorgendo Alexis alzare gli occhi al cielo, fingendo un improvviso interesse per il lampadario.
Mayer mi scruta perplesso.
- Hai intenzione di andarlo a cercare? Liam, intendo! - Domanda Hanna, titubante.
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