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"Quindi, ricapitolando, tu sei il capo banda dei tuoi "amici"" Tamara sottolineò le virgolette muovendo il medio e l'indice della sua mano, "hai una famiglia distrutta per colpa di tuo padre che ha lasciato tua madre, andando a donne, non sei bravo a scuola e odi studiare" terminò prendendo in mano il suo bicchiere e sorseggiando l'acqua. Avevano lasciato il conto sul bordo del tavolo e aspettavano che il cameriere tornasse per potersene andare, e nel frattempo Harry aveva terminato il suo racconto infinito, mettendosi a nudo di fronte la copia della sua ragazza. Parlare della sua famiglia gli aveva fatto montare una certa rabbia nel petto, che si preoccupò di smorzare per non spaventare Tamara che, per quanto aveva capito, non aveva mai visto il suo ragazzo picchiare qualcuno, o semplicemente alzare un dito contro un altro ragazzo.
Annuì e passò l'indice sul contorno del bordo del bicchiere, che produsse un rumore sordo e fastidioso. "Praticamente l'opposto del tuo Harry, in tutto e per tutto."
Il cameriere finalmente arrivò e prese i soldi contati, così Tamara si alzò in piedi prendendo in mano la sua piccola borsetta. Harry si grattò la nuca e la seguì lungo il corridoio, uscendo poi nell'aria fresca della sera. Il tempo era volato all'interno del locale, il ragazzo si era perso nel fiume di parole, raccontandole cose di cui non aveva mai parlato a nessuno. Ma vedere Tamara con le mani incrociate sotto al mento, lo sguardo che seguiva i movimenti lenti delle sue labbra, le sopracciglia aggrottate in alcuni punti della sua storia, lo avevano spinto a confidarsi con lei. Forse non si sarebbe mai liberato di quel rancore nascosto nelle profondità del suo corpo, radicato per sempre, ma parlare con lei avrebbe potuto aiutarlo. Era un'ottima ascoltatrice. Non provava compassione per lui, non diceva a voce alta quanto le dispiacesse tutta la situazione, rimaneva lì a sentire cosa Harry aveva da dire, e il ragazzo si ritrovò a far trapelare un sorriso sulle sue labbra, facendolo sparire subito dopo prima che qualcuno lo vedesse.
Tamara si avvicinò alla sua macchina e aprì la portiera, infilandosi poi al posto del guidatore, ma Harry le bloccò il polso. "Posso guidare io?" le chiese, mordendosi il piercing al labbro.
Tamara annuì. "Basta che non mi uccidi."
Harry la fece uscire e si infilò al posto di guida, mentre la ragazza faceva il giro per entrare dal lato del passeggero. "Non potrei uccidere l'unica persona che mi ricorda la mia ragazza."
Tamara scoppiò a ridere. "Quindi posso ritenermi fortunata" disse allacciando la cintura di sicurezza. Harry seguì il suo movimento rapido, alzando gli occhi al cielo, e poi mise in moto, partendo rapido per la via silenziosa.
Tamara ruppe per prima la quiete che albergava all'interno dell'abitacolo, spostando i suoi occhi scuri sul profilo concentrato di Harry che puntualmente controllova che a destra non passasse nessuno, per poter proseguire tranquillo. Aveva solo un braccio a mantenere il volante, l'altro intorno all'asse delle marce. Quando innestò la seconda, la ragazza aprì bocca. "Tu sei innamorato di Tamara?" gli chiese, e per la domanda improvvisa Harry rallentò immediatamente, stupito.
Le rispose senza distogliere gli occhi dalla strada, fermandosi poi ad un semaforo rosso. "Sì, lo sono. Può sembrare strano perché non lo dimostro..." si fermò, guardandosi l'anello che gli circondava il dito medio della mano con cui manteneva fermo il manubrio. "Tam, io non penso solo al sesso o ad incannarmi, a sniffare qualcosa. Non mostro chi sono realmente, però con lei sono diverso. Certo, scopiamo sempre ed è un dato di fatto" scoppiò a ridere, e Tamara lo seguì a ruota, "Ma lei è l'unica certezza della mia vita, il mio unico porto sicuro."
Rimase zitto, il semaforo che si faceva verde e la marcia che veniva ingranata. Tamara si sentì un brivido percorrerle le braccia e se le strinse al petto, guardando fuori dal finestrino. La stava portando a fare un giro senza che tornassero a casa così presto.
"Sai" disse con un filo di voce, impaurita di spezzare quel filo di comprensione che avevano allungato tra loro. "E' bellissimo quello che hai detto, e io non penso che tu sia un cattivo ragazzo, Harry. Non sei nemmeno l'unico, ma sono ben certa del fatto che tu la ami davvero. In tutti c'è del buono, e anche tu lo sei, sebbene con la compagnia che ti ritrovi non lo dimostri." Si fermò, mentre Harry parcheggiava lungo la via principale, girandosi verso di lei e con gli occhi verdi posati sulle sue labbra. Una cosa che aveva imparato Tamara standogli accanto - che lo accomunava al suo stesso ragazzo - era che osservava la bocca di chi gli parlava, come se gli servisse per far entrare le parole sotto pelle e tenersele strette. "Ti aiuterò a tornare dalla tua Tamara. Anche se ciò potrebbe portare molto tempo, io non ti lascerò da solo. Con me puoi parlare di tutto, Harry, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno di dire."
Harry sorrise sollevando un angolo delle labbra, facendo apparire un piccola fossetto sulla sua guancia morbida. I suoi occhi verdi gli si illuminarono e prese rapidamente la mano di Tamara, chiudendola nelle sue. "E io ti ringrazio. Grazie per volermi ascoltare, e per non avermi voltato le spalle dopo il mio terribile racconto."
Lei accarezzò il dorso della mano di Harry con quella libera, per poi sporsi su di lui e scompigliargi affettuosamente i capelli ricci. "Non c'è di che." Si guardò fuori dal finestrino, dove la gente passava accanto alla macchina. "Perché mi hai portato in centro?"
"Mi hai fatto venire voglia di comportarmi in maniera diversa. Ti porterò a guardare le vetrine, cosa che non ho nemmeno mai fatto con la mia ragazza." Aprì la portiera e si fermò sul marciapiede, attendendo che la ragazza uscisse a sua volta per poter mettere la sicura alla macchina.
"Quale onore!" disse lei scherzosamente abbassandosi la camicetta sul pantalone che indossava quella sera. Harry le porse il braccio. "Okay. Va bene che vuoi essere carino e gentile, ma nemmeno il mio Harry mi porge il braccio stile Ottocento."
"Ah. Pensavo che essendo così antiquato si comportasse anche allo stesso modo" disse lui sollevando le spalle. Tamara gli diede un colpetto sul braccio.
"Lui non è vecchio!"
"Allora dovresti vedere il suo armadio, che orrore!" scherzò Harry portandosi una mano sulla fronte e inscenando uno svenimento. Nonostante tutto, Tamara scoppiò a ridere, iniziando a camminare l'uno accanto all'altra sulla via trafficata da tantissimi pedoni.
Proprio per fare un dispetto ad Harry, si fermava di fronte ogni vetrina ad ammirare qualsiasi cosa ci fosse dietro il vetro, e il ragazzo incrociava le braccia al petto sbuffando e tirandosi il piercing con i denti. Tamara ci trovava gusto nel farlo spazientire, fin quando non si fermò di fronte ad una vetrina allestita con padelle da cucina. Harry la allontanò con un gesto seccato della mano. "Mi dici a che cazzo ti servono delle pentole, adesso? Non credo che il tuo Harry ami starsene qui a guardare quell'ammasso di acciaio."
Tamara diede le spalle al vetro e si mise di fronte al ragazzo, sollevando la testa per guardarlo, con i capelli che le solleticavano la schiena. "Veramente Harry le compra per fare un regalo alla madre."
Il ragazzo spalancò la bocca e si portò le mani dei capelli. "Lui mi rovinerà la reputazione. Che schifo."
Tamara scoppiò a ridere, poi si vide venire incontro Cèlia, la sua più cara amica, che le si fiondò tra le braccia, stringendola al petto.
"Ciao!" le squittì nell'orecchio, ed Harry si allontanò tappandosi il suo per il suono stridulo. Tamara guardò il ragazzo da sopra la spalla dell'amica e gli mimò qualcosa che non seppe distinguere. Harry si perse a guardare la ragazza, soppesandola con lo sguardo e sollevando le sopracciglia. Quando quella si liberò di Tamara, si girò verso Harry, sorridendogli con i suoi denti bianchissimi e i capelli biondi rasati da un lato. Aveva gli occhi leggermente allungati e il brillantino al naso. "Non posso credere che voi due stiate insieme, contro ogni regola poi."
Tamara le sorrise falsamente, mentre Harry sollevava un sopracciglio, guardando la sua finta ragazza come a voler capire cosa stesse succedendo.
"Non sapevo fossi in città." Tamara si girò a guardarla.
Cèlia ricambiò l'occhiata, sorridendo, ancora. "Sono venuta per passare il weekend." Si guardò le spalle e lanciò un'occhiata al suo ragazzo, un tipo alto e gracile, con i capelli lunghi e alcuni dreads sparsi per la sua chioma incolta. Tamara abbassò gli angoli della bocca. "Adesso vado, Jake mi aspetta. Ci si vede, eh" disse, salutando anche Harry. Quando fu abbastanza lontana, il riccio si avvicinò a Tamara.
"Quella è Cèlia Garrison?" chiese con tanto di occhi. La ragazza strinse le labbra, annuendo. Harry si girò e la vide stretta al suo ragazzo, avvinghiata al suo braccio pelle e ossa. "Ed è una brava ragazza?" continuò. Tamara gli afferrò il mento e lo fece girare su di sè.
"Lo è, sì. Solo che si è trasferita nell'ultimo anno per seguire il padre con il suo lavoro. Perché? La conosci?"
Harry annuì, con la bocca ancora aperta. "Eccome!" disse.
"Se è una ragazza con cui sei andato a lett-"
Harry le tappò la bocca con la mano, intimandole di fare silenzio. "Non continuare, mi fai rivoltare lo stomaco al pensiero, e non vorrei imbrattarti di vomito la tua bella camicetta costosa."
Tamara allargò le narici, spostando la mano del ragazzo dalle sue labbra. Aveva ancoraquello inferiore spaccato nell'angolo in basso. "E allora qual è il problema?"
"Nessuno, è che mi sembra strano vederla così." Prese d'impulso la mano di Tamara e gliela strinse, riprendendo a camminare. "Vuoi sapere perché?"
"No."
Harry scosse le spalle, "Te lo dirò comunque."
"Ma non voglio saperlo!" sbottò la ragazza al suo fianco, sbuffando.
"Lei è una puttana, nel mio mondo. E non la chiamiamo così per insultarla. No, non siamo così perfidi."
Tamara spostò lo sguardo su una vetrina alla sue destra, facendo finta di non prestargli attenzione, sebbene le sue orecchie fossero ben drizzate su di lui.
"E' davvero una puttana a pagamento. Non sai che ribrezzo quando fa la sue porcate davanti a tutti."
Tamara scoppiò a ridere, portandosi una mano alla bocca per contenersi. Harry lasciò la presa sulla sua mano, sollevando un sopracciglio. "Che c'è di così divertente?"
"Promettimi di non ridere se ti dico una cosa."
Harry sorrise, mordendosi il labbro inferiore. "Spara."
"E' tutto l'opposto qui. Pensa, il padre fino a l'anno scorso, prima che si trasferisse, le aveva comprato le mutande della castità."
Harry, ovviamente, non mantenne la promessa.
Rise sguaitamente. "Non posso crederci, è impossibile."
"Ti dico che è così!" disse lei cercando di sopprimere la sua risata. Harry si calmò solo dopo un po', respirando piano per non ridere ancora e ancora.
"Questa sì che è da raccontare." Tamara lo incenerì con lo sguardo. "Figurati se lo vado a dire a lei, nel mio mondo. Si dispererà ed incomincerà a darla anche gli animali."
"Sei un porco."
"Cerco di fare dell'umorismo." Harry infilò le mani nelle tasche del jeans che indossava, fischiettando. Poi si fermò di fronte ad un tabacchino. "Aspettami qua fuori."
"Che vuoi fare?" gli chiese Tamara avvicinandosi la borsa che aveva in mano. "Non hai un soldo."
"Appunto." Harry sorrise di nascosto, ed entrò fischiettando, mentre Tamara si mordeva il labbro superiore e si allonava un poco. Il ragazzo aspettò il suo turno, poi quando anche l'ultimo cliente se ne andò, si avvicinò al commesso. "Un pacco di Jack Daniels, per favore."
Il signore dietro il bancone gliene prese un pacco, poi quando lo appoggiò vicino alla cassa, Harry si colpì la fronte. "Oh, che sbadato. Mi dia anche un pacco di Marlboro rosse, grazie."
Il signore panzuto gli diede le spalle e notò che il pacco richiesto fosse nell'ultimo scaffale, in quello più alto. "Aspetti qui" disse ad Harry, dandogli le spalle per recuperare una scala dalla stanza sul retro. Il riccio, con no chalance, prese il pacco di Jack Daniels in mano ed uscì dalla tabaccheria senza far rumore, poi quando fu in strada prese Tamara per mano ed iniziò a correre per allontanarsi prima che l'uomo potesse scoprire la sua assenza.
"Tu sei pazzo, pazzo!" urlò lei, poi quando si fermarono Harry si appoggiò al muro alle sue spalle e tirò fuori dal pacchetto anche un accendino.
"Quanto è idiota quel ciccione, mi ha dato anche il pacco omaggio con l'accendino." Sfilò una sigaretta e se l'accese, portandola tra le labbra e inspirando a fondo. Tamara si sventolò la mano davanti alla faccia quando lui espirò.
"Quanto puzzi."
"Era ora che assaporassi un po' di nicotina, ti fa rilassare. Dovresti provarla" le rispose Harry tirando un'altra boccata. Tamara gli si mise accanto dalla parte opposta al vento, così che il fumo non le finisse in faccia.
"Lo sai che fa male, vero?" disse, ignorando la proposta.
"E che fa" disse Harry sfilando la sigaretta dalle labbra. Avvicinò il viso alla ragazza, sorridendole. "Tanto peggio di così non può andare."
Tamara si spostò prima che Harry le espirasse in faccia, accertandosi che nessuno di loro conoscenza li vedesse. Quando il ragazzo terminò la sigaretta, lei gli strappò il pacco dalle mani.
"Adesso torniamo a casa" disse, riponendolo nella sua borsa. Harry sbuffò e, controvoglia, si diresse verso la macchina.
"Io non ci torno mai, a casa mia."
"Ma qui lo devi fare." Tamara vide la macchina e accelerò, sbloccando la sicura. Questa volta andò lei al posto di guida e vide Harry alzare gli occhi al cielo. Il tragitto del ritorno fu silenzioso, poi quando accostarono alla casa del riccio, Tamara gli diede un colpetto sulla mano appoggiata sull'asse delle marce. "Devi scendere."
"Non posso rimanere in macchina?"
Lei, in risposta, si sporse su di lui e gli aprì la portella, rimettendosi poi dritta. "Ci vediamo domattina, Harry."
"Sì, sì" disse lui seccato, scendendo e chiudendo la portiera. Tamara se ne andò quando lui suonò al citofono ed Anne andò ad aprirlo.
Aveva una vestaglia di seta che gli arrivava fino ai piedi, i capelli sollevati sulla nuca e il volto stanco. "Oh, eccoti finalmente. Mi chiedevo dove fossi fin- hai ancora il piercing" disse atona verso la fine della frase.
Harry alzò gli occhi al cielo e la superò con una falcata, con Anne che si spostava per lasciarlo passare. Annusò l'aria. "C'è puzza di fumo, Harry."
Il ragazzo la ignorò e si appoggiò al corrimano, ma non appena salì il primo gradino, un "Harry" sussurrato a denti stretti lo fece voltare. Anne chiuse piano la porta di ingresso, senza far rumore.
"Non mi hai ascoltato."
"Non me lo toglierò" disse lui dandole nuovamente le spalle, ma Anne sbuffò dietro di lui.
"Si può sapere che hai? Sembri diverso, caro."
Harry, che le dava ancora le spalle, strinse la mano intorno al corrimano, facendola sbiancare, e strinse gli occhi. Poi prese un groso respiro e si girò piano verso di lei. Suo madre aveva le braccia lasciate lungo i fianchi e le dita dei piedi che fuoriuscivano un poco dalla vestaglia azzurra. I suoi capelli neri erano impeccabili, i suoi occhi velati di preoccupazione.
Odiava sua madre, la odiava per il semplice fatto che lo avesse abbandonato, lasciandolo a se stesso e preferendo rinchiudersi in quella fottuta stanza da cui non usciva mai, neanche per pronunciare una sola volta il suo nome. Quella donna alle sue spalle era uguale a lei, ma almeno gli era davanti. Harry aveva troppo rancore nei suoi confronti, nei confronti della madre che lo aveva lasciato da solo a fare i conti con una realtà terribile, ma quella Anne non era la sua mamma. Era fuori dalla sua stanza, non c'entrava niente con i suoi problemi, perché lei era sempre e costantemente al fianco di suo figlio, e non sarebbe stato giusto che Harry incrinasse il loro perfetto rapporto madre - figlio.
Puntò gli occhi sul pavimento scarsamente illuminato perché tutta la casa era avvolta dalla penombra, poi sollevò gli occhi su Anne. "Sono sempre io. " Era difficile far uscire le parole dalla sua bocca senza Tamara ad infondergli coraggio, ma lei non viveva con lui. Doveva farcela da solo. "Ho voluto provare qualcosa di diverso. Ti dispiace se lo tengo un po'?" disse con tono abbastanza supplichevole. Non voleva togliersi il piercing, era ancora l'unica cosa che gli restave per ricordarsi che fosse diverso e non appartenesse a quel mondo perfetto.
Anne strinse le labbra e gli si avvicinò. Era più bassa di lui, e sollevò una mano per accarezzargli la guancia. "E va bene. Buonanotte" gli disse, e gli lasciò un piccolo bacio che andò a sostituire la mano sul viso. Si guardarono negli occhi, ed Harry si sentì un peso sullo stomaco che lo portò ad allontanarsi da lei e a salire immediatamente le scale. Si chiuse in camera sua e si gettò sul letto tutto vestito, con gli occhi a perlustrare il soffito vuoto della camera. Invidiava Harry per la famiglia che aveva, ma non era il suo posto. Non gli restava che godere di quel breve soggiorno prima che la magia svanisse, prima che venisse ricatapultato con forza nel suo mondo terribile.
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"Certo, caro Harry, che la tua vita è proprio noiosa" Tamara sfilò il pacchetto delle sigarette dalla tasca, camminando accanto al ragazzo dopo essere usciti dal pub. Harry aveva ancora addosso la maglietta del suo sosia, e l'odore fastidioso del fumo venne accentuato anche da Tamara che gli espirava quasi addosso. Puntualmente, si sventolava la mano davanti alla bocca, girando la testa per prendere aria.
"La mia è una vita comune, devota allo studio e cura dei sensi. Infatti non sono mai stressato" disse sorridendo, infilando poi le mani in tasca. Iniziò a giocare con la lingua nella sua bocca.
Tamara si prese la sigaretta tra le dita e si fermò sul marciapiede di quella strada desolata, il fumo che abbandonava il filtro e i suoi occhi scuri circondati da borse pronunciate fissi nei suoi verdi. Harry si fermò di fronte a lei, sollevando entrambe le sopracciglia e spalancando le braccia. "Qual è il problema?"
Tamara, ancora seria in volto, lo guardava impassibile.
Harry si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, sconsolato, facendo pendere la testa da un lato. "Allora? Dimmi qualcosa, non mi piace quando stai in silenzio."
In risposta, Tamara scrollò la cenere dalla sigaretta smuovendola con l'indice, per poi infilarla tra le labbra e tirando copiosamente, facendo poi uscire il fumo da una narice.
Harry serrò la mascella e incrociò le braccia al petto, annoiato. "Parla."
Lei gli sorrise. "Vaffanculo, Harry. Vaffanculo." E gli diede le spalle, facendo ticchettare i suoi anfibi neri sul marciapiede scosceso. Il ragazzo sbuffò e corse un poco per raggiungerla, per poi mettersi al suo fianco, appena fuori dal marcipiede stretto.
"E ora perché mi hai mandato a quel paese? Che ho fatto di male?"
Lei si girò, terminò la sigaretta e la gettò a terra, pestandola con la punta del piede. "Non hai fatto niente. Sei tu che sei un ragazzo di merda. La tua non è una vita comune, la gente normale non sta con i libri tutto il giorno, nè si fa fare lezioni di yoga private ogni pomeriggio per raggiungere la pace dei sensi. Tu, Harry, non stai bene. Altro che istruttore, ti serve persino qualcuno ancora più bravo."
Il ragazzo le afferrò il braccio, bloccandola prima che gli potesse dare nuovamente le spalle. "Sei la persona più irritante che abbia mai conosciuto. Mi stai facendo ammattire da stamattina, ti rendi conto che per me non è facile?" disse, con gli occhi che percorrevano il volto serio della ragazza più bassa di lui. Un lampione quasi fulminato illuminava le loro figure, stagliandole sullo sfondo ormai scuro della strada desolata. "Forse qui è tutto diverso, ma nella mia Londra tutti i ragazzi studiano per crearsi una vita, diventare un giorno degli onesti lavoratori e occupare un proprio posto nel mondo. Qui non è così perché siete il nostro opposto, quindi non ti devi permettere di prendere in giro la vita di qualcuno che, a differenza vostra, ha delle ambizioni."
Si fermò, lasciando la presa sul braccio della ragazza e guardandosi la mano con cui l'aveva tenuta stretta. "Se fare yoga è un problema, per te, allora fa' finta che non ti abbia detto niente, ok? Se ti fa stare meglio, allora non chiedermi nemmeno di parlarti della mia vita, se poi devi solo prenderla in giro." Abbassò lo sguardo, puntandolo sulle sue scarpe nere, per poi grattarsi la nuca.
Cadde un silenzio strano, tra i due, come se il mondo stesse con il fiato sospeso in attesa di vedere la mossa successiva.
Harry guardò Tamara, non aspettandosi minimamente che gli sorridesse in quel modo radioso. La ragazza gli stese la mano davanti, invitandolo a stringerla.
"Ma che cosa-"
"Hai ragione. Non ho alcun diritto di prenderti in giro. Però ti posso assicurare che ho un doppio fine, non quello di ferirti perché é l'unica cosa che ti manca in questo momento. Io voglio aizzarti come un fuoco, far divampare quella scintilla che è dentro di te. Voglio far uscire il tuo carattere che si cela dietro quella bella faccia da nerd."
"Conta che non ho nemmeno gli occhiali. Chissà perché non ne sento il bisogno-"
"Non me ne frega un cazzo" disse lei colpendogli la spalla. "Stringiamo questo accordo. Finchè sarai qui, qualsiasi cosa che io faccia sarà per il tuo bene e per farti uscire quelle palle che hai nascosto per fin troppo tempo."
Harry la guardò, spostando gli occhi dalla sua mano ben tesa, al viso della ragazza. Strinse la presa, puntandole l'indice contro dell'altra mano. "Ma sei mi fai diventare come il tuo ragaz-"
Tamara alzò gli occhi al cielo. "Non ti farò diventare proprio nessuno. Harry è la tua controfigura, il tuo opposto. Secondo me, tu sei già lui." Mollò la presa di Harry, infilando le mani nelle tasche posteriori del jeans. "Complimenti per il discorso, comunque. Sarai un ottimo professore un giorno."
"Veramente vorrei fare il poliziotto, e terrò conto di tutto questo."
Tamara spalancò la bocca. "Cosa?!" urlò ed Harry scoppiò a ridere, portandosi una mano alla pancia.
"Ok, ok, sto scherzando."
"Ti ucciderò ancora prima che tu possa pensare una cosa del genere."
"Voglio fare il professore, come hai fatto a capirlo?"
Tamara gli prese la mano - più per abitudine che interesse nei suoi confronti - e ripresero a camminare per la via silenziosa. "Perché ho notato quanto ti piaccia fare discorsi lunghi e complessi. Ovviamente non intendo difficili da capire, ma fai una ricerca dettagliata delle parole da usare."
Harry abbassò gli angoli delle labbra verso il basso, facendo una smorfia. "Che spiegazione." Spostò lo sguardo sul suo profilo delicato, e sorrise. "Dimmi la verità, Tam. Storci il naso quando menti."
La ragazza si girò con la mano ancora vicino alla punta del naso, e puntò i suoi occhi scuri sul viso delicato di Harry. "Eh va bene" disse frustrata. "Ho sparato un mestiere ad occhio. Ma l'ho azzeccato, e questo è ottimo."
Harry abbassò il capo scuotendo la testa, per poi sollevarlo sulla strada per attraversare. Londra era stranamente silenziosa, i negozi chiusi e la gente che preferiva rimanere in casa invece di uscire. Non c'era il rischio di incontrare nessuno in particolare, per cui Harry poteva continuare benissimo ad essere se stesso.
"Sai, Tamara vuole fare la psicologa. Anche tu hai spirito di analisi, comunque."
"Non ho la minima intenzione di fare la dottoressa. Già odio gli psicologi presso cui i miei mi ci hanno portata, non voglio diventare come loro, come quei fottuti strizzacervelli che sparano cazzate solo per mettersi in tasca i soldi della gente."
Harry rimase in silenzio. "Ma non sono tutti uguali."
"Rimane il fatto che la tua Tamara voglia farlo, non io. Sebbene tu non sia il primo a ripetermi di avere ottimo spirito di osservazione e comprensione."
"Secondo me" ammise Harry, stringendo la presa sulla mano di Tamara ancora attaccata alla sua, "non è un'opzione da scartare. Poi puoi fare quello che vuoi, io non sono nessuno per dirti cosa fare. E con nessuno, intendo proprio che non sono nessuno, solo un tipo che si è impossessato del corpo del tuo ragazzo."
Tamara si bloccò per strada, una macchina che attraversò rapidamente l'asfalto dietro di lei. "Sai che stai delirando, vero?"
Harry annuì, dispiaciuto. "Concedimelo, dopo tutto questo."
La ragazza sorrise, poi sentì la macchina di poco prima fare retromarcia e accostarsi piano al marciapiede dove si trovavano loro. Tamara distinse la targa e diede le spalle alla strada, puntando il suo sguardo su Harry e attaccandosi alle sue spalle, ghermendole con le unghie. "Ahia!"
"Sbattimi al muro, adesso."
"Che cosa?" urlò Harry, ma Tamara lo tirò a sè, baciandolo sulle labbra delicate che non avevano alcun sapore a lei familiare. Chiuse gli occhi per rendere tutto più vero, spingendosi poi sul muro alle sue spalle. Si staccò pochissimo da Harry per sussurrargli "Agisci come farebbe il mio Harry", per poi premere di nuovo sulla sua bocca.
Il riccio non capiva per niente perché dovesse fare una cosa del genere, però sollevò le mani appoggiandole sul muro alle spalle della ragazza, come se volesse imprigionarla nel suo corpo, avvicinò il suo petto a quello di Tamara che con le mani iniziò a toccargli la schiena. La macchina parcheggiò proprio accanto a loro. "Styles, Porston" una voce bassa ma al contempo gentile li fece bloccare. Harry si staccò dalle labbra della ragazza, girando la testa sul guidatore con il finestrino abbassato. Louis Tomlinson portava in macchina Zayn Malik, Liam Payne e Niall Horan, tutti sul sedile posteriore, perché quello anteriore era occupato da una ragazza dai capelli biondi raccolti in una treccia laterale, il labbro inferiore incastrato tra i denti e le mano destra appoggiata senza pudore sul cavallo dei pantaloni di Louis, con il pollice che si infilava oltre il bordo del jeans scuro.
Harry sgranò gli occhi, poi Tamara lo spintonò un poco per liberarsi e incrociò le braccia al petto. "Spero per voi che sia qualcosa di importante per averci interrotto."
Il riccio rimase indietro, troppo colpito. Louis e Zayn non l'avevano mai considerato se non per prenderlo in giro, Niall e Liam erano - insieme a lui - gli studenti più bravi del liceo, e Cèlia Garrison che si comportava come...come una prostituta? Si sporse verso il finestrino, facendogli l'occhiolino, e Tamara per poco non si avventò su di lei.
"Rientra la testa in macchina, troia." Quella fece un piccola smorfia, rimettendosi sul suo sedile, e Tamara tornò accanto ad Harry, avvinghiandosi al suo braccio.
D'altra parte, il riccio non ci stava capendo più niente.
"Volevamo sapere se voleste aggragarvi a noi per la festa a casa Mitchell!" disse Niall abbassando il finestrino posteriore. Dentro l'abitacolo, Harry scorse tutte le figure annebbiate, perché una coltre di fumo prese ad uscire dal finestrino appena abbassato dal biondo.
"Uno, non ci entriamo in macchina, e due, non abbiamo alcuna intenzione di venire con voi."
Louis sollevò le spalle, "Va bene, allora ci vediamo direttamente mercoledì." E ingranò la marcia, sussultando sotto il tocco della ragazza bionda.
Harry rimase immobile, inchiodato al marciapiede.
Tamara si morse il labbro inferiore. "Scusami se ti ho baciato e spinto a comportarti in quel modo."
Il ragazzo la guardò, scuotendo le spalle, nonostante i suoi occhi fossero ancora vitrei. "N-non fa niente, credo."
Tamara lo vide come in stato di shock, e lo scosse per le spalle. "Harry? Che ti è preso?"
"Perché Cèlia gli stava infilando la mano nel pantalone?"
La ragazza fece una smorfia schifata. "Fa la prostituta ventiquattrore al giorno, non ha niente di meglio da fare e quindi fa b-"
"Ok, ok, ho capito."
"Da te è brava, scommetto." Tamara incrociò le braccia al petto.
Harry annuì, tornando con gli occhi sulla figura accanto a lui. "E' la migliore amica della tua sosia."
Tamara si portò le mani alla bocca, orripilata. "Di' a Tamara, cioè a me...no, a lei, di starle lontana."
"E' una piccola verginella, nel mio mondo."
Tamara tolse le mani dalle labbra e le infilò in tasca. "Ah, come te allora."
"Ehi!"
"Che c'è? E' vero. Allora posso stare tranquilla."
Imboccarono entrambi la via per tornare a casa Styles, con Harry che iniziava a sentirsi il sudore ghiacciarglisi sulla schiena coperta dalla maglietta nera.
E se suo padre fosse stato ancora lì?
"Perché mi hai baciato prima?" chiese, per rompere il silenzio. Non amava quando la gente non proferiva parola, voleva che ci fosse sempre un chiacchericcio intorno a lui, perché si sentiva meno solo.
Tamara strinse le labbra, guardando in basso. "Non perché mi piaci, ovvio. Cioè" si corresse, scuotendo la testa. "Ovvio che Harry mi piaccia, lo amo, ma non sei lui, capisci? L'ho fatto perché quelli lì devono credere sia tu, e il mio ragazzo mi sbatte sempre al muro, o almeno quasi sempre."
"E finite per andare a letto."
"Ovviamente."
Harry storse la bocca. "E così sei innamorata di lui."
"Pazzamente. E tu? Ami la mia versione noiosa?"
Harry sorrise, con un brivido che gli percorse la schiena. "Sì, amo Tamara. Solo che è lei la forte tra noi, capisci? Lei è quella che mi difende sempre. Voglio cambiare, essere migliore, sia per me, sia per lei, perché non si merita un debole come me."
Tamara gli appoggiò la mano smaltata sulla spalla muscolosa. "Era ora che te ne rendessi conto. Già non scopate, mi chiedo cosa possiate fare quando state insieme."
"Beh-"
"No, non voglio saperlo. Sicuramente vi guardate un film, vi sbaciucchiate, o fate yoga insieme."
Harry rise, ma rise molto piano, perché la sua casa era appena dietro l'angolo. Quando girarono, si bloccò e Tamara notò il suo comportamento impaurito.
"Non preoccuparti" gli disse accarezzandogli la schiena affettuosamente. "Lui non c'è."
Harry si girò a guardarla, con la fronte imperlata di goccioline di sudore. "Come fai a saperlo?"
Tamara gli prese il polso sinistro, controllando l'orario nel suo orologio costoso. "Sono le undici, si è già rintanato in uno dei bordelli di questa città. Verrà qui alle nove domattina."
Harry rimase immobile, mentre lei gli rimetteva il braccio lungo il fianco. "Come fai a saperlo?"
"Fa così da anni. Harry e io lo teniamo sempre sotto controllo, più che altro per il fatto che lui si sia annoiato di picchiarlo sempre."
Il riccio annuì sovrappensiero, avviandosi piano verso il cancello aperto.
"Perché nessuno chiama la polizia?" chiese a Tamara che rimase leggermente indietro.
Abbassò il capo. "Secondo te, se ci fosse un gruppo poliziesco efficiente, ci sarebbe questo traffico di droga in città?"
"Eppure quando sono arrivato, al pub era venuta una pattuglia."
Tamara scosse la testa. "No, era un gruppo di ragazzi che aveva fottuto la macchina e aveva azionato le sirene."
Harry la guardò con gli occhi sgranati, poi Tamara gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. "Credo che per te sia persino più difficile di quello che il mio Harry sta passando." E lo salutò con la mano. "Domani alle nove, scendi dal balcone, che ci facciamo un giro."
Harry annuì, salutandola con un gesto del capo, prima di entrare nel suo giardino fossilizzato e poi in casa. Non c'era un rumore, e sembrava tanto una casa horror. Non si sarebbe stupito se avesse sentito un gatto miagolare dal nulla. Quando si rese conto che suo padre non fosse in cucina o nel salotto, corse al piano di sopra, controllando le altre stanze. Del padre non c'era traccia, e nemmeno di sua madre, la cui presenza aleggiava come un fantasma senza mai mostrarsi.
Harry ingoiò a vuoto ed entrò nella sua stanza, chiudendo la porta alle sue spalle. Fortunatamente trovò la chiave infilata nella toppa, e la girò immediatamente, assicurandosi un po' di più. Andò a chiudere la sua finestra, spostando alcuni vestiti per terra e poi aprì le coperte del letto, infilandosi dentro. Se le tirò fin sul mento, con il corpo scosso da tremiti. Non era concepibile che Harry vivesse in quello stato.
Gli mancava la sua famiglia normale, e sperò di poterci tornare quanto prima, così come sperava che il giorno potesse arrivare subito.
N/A
Wattpad mi ha giocato un brutto scherzo, non mi ha fatto pubblicare il capitolo "aggiustato".
Anyway, provvederò a rivederlo in un altro momento.
P.s sono riuscita a pubblicare dal telefono, WOOOW
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