Sunday is different


"Oh, non ci provare nemmeno" Harry si puntellò con i piedi per terra, fuori dalla piccola chiesa.
Tamara aveva un pantalone beige e una maglietta nera con qualche disegno color cachi, le braccia incrociate al petto a quell'espressione. Quella domenica mattina era passata a prendere Harry da casa, trovandolo con Anne che gli mostrava degli articoli e gli chiedeva dei pareri su alcune fotografie scattate nell'ultima sfilata. Il padre era rimasto tutto il giorno dentro lo studio, immerso nel suo libro. Secondo quanto avesse detto Anne, era arrivato già a buon punto, con le mani che non smettevano di pigiare i tasti del computer. Harry era stato ben felice di uscire di casa per districarsi dalla presa ferrea della madre, e vedere Tamara al di là della finestra lo aveva fatto mettere in piedi di scatto, raggiungendola in un baleno. Di certo non si sarebbe aspettato che lei lo avrebbe portato in chiesa.
"Io ed Harry godiamo di ottima fama nell'ambiente ecclasiastico, facciamo persino parte del gruppo giovani e ogni domenica partecipiamo alle funzioni mattuttine."
Harry indicò il suo abbigliamento scuro, sgranando gli occhi e toccandosi ripetutamente il piercing al labbro. "Sai, vero, che non sono un santo come voi due?"
"Harry-"
"Potrei morire incenerito appena varco la soglia!"
"Harry!" Tamara gli si accostò e gli bloccò le braccia al busto. "Vuoi rimanere fuori?" chiese esausta.
Harry annuì con vigore, sorridendole. Le nocche scorticate avevano iniziato a seccarsi, così come il labbro di Tamara a crosticizzarsi.
La ragazza si guardò intorno, poi gli indicò una panchina. "Durerà massimo tre quarti d'ora, aspettami seduto lì."
Harry spalancò gli occhi e infilò la mano nella tasca del pantalone, tirando fuori delle banconote. Tamara aggrottò le sopracciglia. "E questi per cosa sono?"
"Per la mia parte della cena di ieri."
La ragazza sollevò lo sguardo su di lui, mentre le campane della chiesa alle sue spalle rintoccavano l'inizio della celebrazione. Afferrò i soldi, titubante. "Ma te l'ho offerta io."
"Non voglio rimanere in debito con le persone" rispose Harry, sorridendole. "E non guardarmi così, non li ho rubati. Me li sono fatti dare da Anne."
Tamara strinse le banconote e le infilò in borsa, spingendosela su un lato, sorridendo timidamente. Poi però Harry le afferrò la borsetta, indicandogliela. "Però ridammi le mie sigarette, devo pur fare qualcosa nel frattempo."
Tamara sbuffò e gli ridiede il pacchetto. "Evita di farti vedere, intesi?" e girò i tacchi, entrando nella piccola chiesa all'angolo della via. Harry strinse vittorioso il pacchetto in mano, dirigendosi piano verso la panchina alla fine della via, lontano da occhiate indiscrete. Appena alla sua sinistra c'era un parcheggio per motocicli, eppure non c'era nemmeno una moto in sosta. Si accomodò, appoggiando il busto allo schienale ferreo della panchina, e sfilò una sigaretta e l'accendino. La portò alle labbra e se la coprì con la mano per far partire la piccola scintilla senza che il vento gliela spegnesse. Il cielo era nuvoloso, eppure il meteo aveva detto che non avrebbe portato pioggia, così Harry aveva deciso di non prendersi uno dei tanti ombrelli nell'atrio di casa sua. Fece un grosso tiro, giocando con il fumo in bocca, poi sollevò la testa espirando la sua nuvoletta che si avviluppò su se stessa, sparendo e uniformandosi al grigio del cielo sopra di lui. C'erano alcuni ritardatari che si affrettavano a correre per prendere parte alla liturgia, mentre alla sua destra c'era un minuscolo parco giochi per bambini, i quali si lasciavano dondolare sulle altalene dai loro nonni. Harry spostava lo sguardo da una parte all'altra, perdendosi nei suoi stessi pensieri. Come avrebbe fatto a tornare nel suo mondo? Insomma, ricordava di essere precipitato in uno spazio bianco uniforme, in cui solo il suo sosia terrorizzato ricambiava il suo sguardo bagnato, eppure non aveva idea di come ci fosse arrivato lì. Si era semplicemente specchiato in uno specchio retrovisore della macchina parcheggiata adiacente il secondo ingresso del pub, come aveva fatto a passarci attraverso? Chiuse gli occhi, inspirando nuovamente il fumo dalla sigaretta pendente sulle labbra. Non era un debole che si faceva vedere come un rammolitto, avrebbe affrontato quel casino a testa alta, senza mai abbassare la guardia.
Il tempo passava inesorabile, le lancette del grande orologio in piazza ticchettavano, e senza che Harry se ne rendesse conto era passata mezz'ora, con la stessa sigaretta ormai consumata a lambire la sua bocca delicata. Era stato troppo impegnato a pensare, per poter fumare pienamente cosciente. Aprì gli occhi solo quando il rombo di un motore si accostò al suo corpo, appena a sinistra, e un ragazzo biondo con il casco e la tracolla parcheggiava rapidamente la sua moto grossa.
Harry sfilò la sigaretta dalle labbra e la gettò a terra, pestandola con il suo stivaletto. "Horan, quando l'hai presa?" chiese. Il ragazzo si sfilò il casco e lo depose dentro il sedile della moto, sorridendogli.
"Ciao Harry. L'ho comprata qualche giorno fa. Che bel gioiellino, vero?" disse, fiero del suo acquisto.
Il riccio si soffermò a guardare il ragazzo, la sua assenza di piercing in volto e lo sguardo da bravo studioso. Alzò impercettibilmente il sopracciglio, poi sentì le campane rintoccare la fine della celebrazione. Tamara sarebbe uscita in poco tempo.
"Me la presti?" gli chiese, sorridendo.
Niall prima si avvicinò al suo viso. "Non sapevo ti fossi fatto un piercing, comunque la puoi tenere solo per mezz'ora."
Harry scosse la testa. "Di più."
"Non posso, la mia sorellina uscirà dalla chiesa tra poco e voglio stare con lei al parco giochi, ho solo mezz'ora libera."
Il riccio scosse le spalle. "E va bene." Si fece dare le chiavi della moto, mentre la folla usciva rapida dalla chiesa. Quando scorse la testa scura di Tamara spingere per farsi strada sorrise, e tirò fuori il casco, mentre Niall Horan lo salutava e andava incontro alla sua sorellina, bionda come lui. Tamara si avvicinò ad Harry, stringendosi la borsa al petto.
"E questa?"
"Horan me l'ha prestata. Ti va di fare un giro?" le propose, dondolandole davanti le chiavi.
Tamara spostò lo sguardo sulla moto alle spalle del riccio, e sorrise con un angolo della bocca. "Non sono mai andata su una moto."
"Mai?!" fece Harry, strabuzzando gli occhi. "Certo che il tuo ragazzo non ti fa proprio divertire." Scavalcò la moto e si mise a cavallo, impugnando i manici nelle sue grosse mani. Porse poi il casco alla ragazza. "Infilalo."
Tamara sorrise e si passò la borsa a tracolla, prendendo il casco e mettendolo sulla testa, allacciandoselo sotto il mento. Calzava a pennello. Si sedette dietro Harry, aprendo le gambe e accogliendo il bacino del ragazzo tra di esse. Gli allacciò le mani intorno al petto, per poi spostare la testa per guardarlo di profilo. "E tu, il casco?"
Harry tolse il cavalletto e infilò le chiavi, facendo andare il motore su di giri e smuovendo piano i manici di accelerazione. Scosse le spalle, sollevando un piede da terra. "Ce ne ha solo uno, e non vorrei che, cadendo, tu ti possa fare del male."
"Harry..." Tamara si abbassò la visiera sugli occhi per ripararli. "Sai guidare una moto, vero?"
In tutta risposta il ragazzo scoppiò a ridere e sollevò anche l'altro piede, partendo subito e abbassandosi leggermente in avanti per tagliare il vento frontale. Tamara si sentì il sangue gelare nelle vene, il cuore che batteva forte e la testa appoggiata alla schiena di Harry. Tenne gli occhi chiusi, all'inizio, poi quando la velocità di Harry si uniformò, li aprì lentamente, l'asfalto rapido che si muoveva sotto i suoi occhi. Sollevò il capo appesantito dal casco e guardò avanti. Erano su una strada poco trafficata, il vento sferzava i loro vestiti e si sentiva la maglietta tirarla da dietro, come se avesse voluto gettarla a terra. Incrociò le braccia al petto di Harry, il quale iniziò a fare lo slalom tra le macchine ferme al semaforo. Quando appoggiò il piede per terra, in attesa, Tamara staccò la testa. "Sei un pazzo!" urlò, la voce attutita dal casco. Aveva paura per lui, nel caso in cui si fosse fatto del male. Ma i suoi pensieri si fermarono di botto quando il semaforo si fece verde ed Harry partì a tutta velocità. La sua schiena venne scossa da un tremito, e Tamara giurò che stesse ridendo, con i capelli ricci spostati violentamente e gli occhi verdi socchiusi per non risentire del vento che gli colpiva la faccia. Continuarono a girare intorno a gran velocità, e Tamara si ritrovò a sorridere perché Harry le stava facendo provare cose che il suo ragazzo non avrebbe neanche lontamente pensato di fare. Le mancava il suo Harry, ma avere la sua copia al fianco non la faceva rammaricare più di tanto. Forse perché la situazione era assolutamente irreale da credere, però era come se lui fosse realmente con lei, in ogni singolo momento della giornata. Approfittò della velocità bassa che Harry aveva adottato per sollevarsi la visiera dagli occhi, appoggiando la fronte sulla schiena muscolosa del ragazzo, sulla sua maglietta grigia - per cui aveva fatto tanto storie -, sentendo l'odore del suo Harry permeare il tessuto, oltre ad un retrogusto di tabacco, ma così lieve da non sentirlo nemmeno. Ancor prima che se ne accorgesse, erano arrivati nuovamente al parco giochi antistante la chiesa, e Niall Horan teneva la sorellina accanto. La piccola aveva un piccolo casco in mano, fatto apposta per lei. Tamara sorrise al biondo, mentre Harry appoggiava i piedi per terra e metteva il cavalletto. Spense la moto e fece scendere per prima la ragazza che, togliendosi il casco, lo porse immediatamente a Niall.
"Piaciuto il giro?"
Harry scese dalla moto, ridandogli le chiavi. Tirò su con il naso, spettinandosi i capelli scomposti. "Chiedilo a lei" disse, smuovendo il capo verso Tamara. La ragazza si girò verso il sosia del suo Harry e sorrise radiosamente, con le dita delle mani infreddolite e il corpo scosso dall'adrenalina. Era una bellissima sensazione che non aveva mai potuto provare.
"E' stato bellissimo" ammise, dando poi un buffetto sulla guancia della piccola che si rigirava tra le mani il piccolo casco rosa pallido.
Harry sorrise di rimando, spalancando la mano davanti alla ragazza. "Dammi il cinque."
Tamara gli sbattè contro la mano, facendo persino un piccolo saltello, poi Niall disse alla sua sorellina di infilare il casco. "Non sapevo fossi in grado di guidare le moto, Harry."
Il riccio si guardò le unghie della mano, per poi far finta di pulirsele sulla spalla. "Ci sono cose che nessuno sa di me, come l'essere un tantino fuori dagli schemi."
"Fuori dagli schemi? Tu?" Niall rise, allacciandosi il casco alla gola. "Non sono termini che possano accostarsi in una tua frase. A domani, allora." E fece salire la sorellina, assicurandosela dietro la schiena, poi con un colpo di clacson brevissimo salutò i ragazzi e si allontanò lungo la via. Tamara si pettinò con le dita le punte dei capelli incatenati.
"E' stato davvero bellissimo, Harry, grazie."
Harry ruotò le spalle. "Volevo sentirmi come se fossi nel mio mondo" le rispose semplicemente.
"Hai una moto, lì?"
Harry scosse la testa, mordendosi il piercing al labbro e avvicinandosi a Tamara, imboccando la strada per tornare a casa. "No, non ho un cazzo di soldo da potermi permettere qualcosa che mi piaccia."
"E allora-"
"Le prendo in prestito." Sorrise sornione, e Tamara sbuffò, ruotando gli occhi.
"Prima o poi ti prenderà la polizia."
"Nah" fece Harry con una smorfia. "Non credo. Finora non mi hanno mai scoperto."
Quando giunsero di fronte alla villa di Harry, il riccio notò Jamie sotto l'arcata della porta d'ingresso, e guardò Tamara sorridendo. "Ti va un caffè?"
"Okay" acconsentì lei, spostando il cancello e percorrendo il viale del giardino accuratamente custodito. Jamie, quando li vide, si spostò per farli passare, e poi Harry le riferì cosa i due giovani volessero. La domestica annuì e si avviò in cucina, mentre il riccio faceva accomodare Tamara nell'immenso salone. Si sedettero entrambi sul divano in pelle, lasciandosi cadere a peso morto. Harry poi prese il telecomando e accese la tv.
"Wow, è addirittura extrasottile" disse notandola attentamente.
Tamara si portò un dito alla bocca, scuotendo le spalle, mentre l'odore del caffè arrivava fino alle loro narici. Harry iniziò a fare zapping, prima di fermarsi per l'entrata improssiva del padre che aveva due mani premute contro la base della schiena. Harry si irrigidì di riflesso, e Tamara gli sorrise incoraggiante.
"Alla buon'ora." Harry aguzzò lo sguardo su di lui. "Che c'è, hai deciso di abbandonare questa famiglia, sparendo per tutto il giorno?"
Non lo faceva apposta. Le risposte taglienti gli arrivavano sulla labbra e le feceva uscire ancora prima che se ne rendesse conto. Tamara gli lanciò un'occhiataccia.
Jeremy Styles si fermò sotto l'arcata della porta. "Scusami, figliolo, ma il romanzo mi ha preso troppo. Non ho deciso di abbandonare nessuno, ma se lo finisco quanto prima riesco poi a passare del tempo con te e tua madre prima che parta nel tour di promozione."
Harry storse il naso, riprendendo in mano il telecomando, con gli occhi puntati sulla televisione accesa. "A che punto sei?" domandò, fingendosi interessato.
"A quando uno dei due ragazzi scambiati scopre come tornare indietro."
Ad Harry cadde il mondo sulle spalle improvvisamente. E se, senza volerlo, avesse dato in mano la sua storia e qualsiasi cosa avesse partorito quella mente gli avrebbe dato una mano a tornare a casa? Si girò di scatto, il telecomando ben impugnato in mano. Tamara si spostò più vicina al suo corpo, guardando attentamente Jeremy.
Il signor Styles sollevò in alto le braccia e si sgranchì. "Stare però troppo tempo seduto mi costerà la salute fisica."
"Beh, c'è lo yoga per quello" scherzò Harry, rimanendo serio in volto. "Ma dimmi" disse, assottigliando lo sguardo verso la copia perfetta del padre, "come farà a tornare a casa sua?"
Jeremy Styles gli sorrise e si andò a sedere accanto ad Harry, dall'altra parte. Gli si accostò all'orecchio ed Harry ingoiò a vuoto, a disagio, Tamara con le orecchie ben tese.
"Lo scoprirai quando lo pubblicherò" rispose il padre, ed Harry lanciò il telecomando sulle sue cosce. Prese le spalle del'uomo e puntò i suoi occhi su di lui.
Tamara si aggrappò al braccio di Harry, facendolo staccare dal padre.
Jeremy aveva gli occhi sgranati. "Ma che ti prende?" urlò, pulendosi le spalline della giacca casual che stava indossando. I capelli erano scomposti. gli occhi spalancati sul figlio.
Harry si guardò le mani e le chiuse a pugno, infilandosele in mezzo alle cosce per non correre altri rischi. Fece un profondo sospiro. "Scusami" disse a denti stretti, poi puntò i suoi occhi smeraldini sul volto spigoloso del padre, la bocca leggermente schiusa e la barba di due giorni a coprirgli il mento. "Però sono stato io a darti l'idea, non mi merito di sapere qualcosina?" chiese, assumendo il miglior sguardo compassionevole.
Tamara spostò lo sguardo da Jeremy ad Harry, soffermandosi poi nuovamente sul padre. "Per favore, Jeremy."
L'uomo guardò la ragazza. "Perché ci tenete così tanto?"
Harry guardò Tamara. No, non poteva dirglielo. Sbuffò, chiudendo gli occhi. "Perché nell'esatto momento in cui ti ho parlato di quei due ragazzi, mi chiedevo come avrebbero fatto a tornare nei rispettivi mondi. Un piccolo spoiler a tuo figlio non si può proprio dare?"
Jeremy sbuffò, poi gli sorrise, appoggiandogli una mano sulla spalla muscolosa. Si soffermò un momento di troppo sul suo piercing, per poi puntare i suoi occhi piccoli in quelli verdi del ragazzo che aspettava pazientemente una risposta. Sorrise. "Tornano nello stesso modo in cui si sono scambiati." Si alzò in piedi, "Ora torno di sopra, così da poter continuare prima che l'ispirazione si allontani da me."
Harry si alzò di scatto, spaventando Tamara. "E cosa significa?" urlò, spalancando le braccia. "Non ha senso!"
Jeremy scoppiò a ridere. "Pensa, un senso questa storia non ce l'ha."
Harry scosse la testa, allargando le narici. "Io credo ce l'abbia eccome." Serrò la mascella, e Tamara si alzò in piedi. In quel momento Jamie sbucò nel salone reggendo in mano un vassoio con due tazzine sopra. "Caffè?"
Harry continuò a parlare, stringendo i denti. "Credo che voglia mostrare cosa il ragazzo si è perso e che avrebbe potuto benissimo avere, se le cose fossero andate solo un tantino diversamente."
Tamara si sentì un colpo al cuore, a quelle parole. Sapeva che Harry avesse sofferto nel suo mondo, ma non era riuscita a capire quanto tutta la situazione lo stesse facendo sentire persino peggio. La vita di Harry mostrava tutto quello che lui avrebbe potuto avere e magari essere, se avesse avuto accanto una famiglia come quella che aveva conosciuto. Jeremy si portò le mani al mento.
"Giusta osservazione, potrei anche approfondire quest'aspetto."
"Dimmi come cazzo fanno a tornare indietro." sputò, poi Harry rimase zitto, con il padre che lo guardava con la bocca spalancata e Jamie che era sussultata al suono della sua voce minacciosa. Tamara aiutò la domestica a pulire il caffè che era uscito da una tazzina per lo spavento che la donna aveva avuto.
"Harry" disse Jeremy a bassa voce. "Ma che modi sono?"
Tamara, dopo aver pulito con un fazzolettino, si mise di fronte a Jeremy, lanciando un'occhiataccia ad Harry. "Ti prego, dicci come fa. Non ne faremo parola con nessuno. E' per una ricerca della scuola, come salvarsi in casi di scambio. E' un compito che ci ha dato il supplente di italiano, ed è per questo che Harry gliel'aveva chiesto ieri."
Quella ragazza aveva spirito di osservazione e di salvaguardia del culo, pensò Harry, mentre si passava una mano tra i capelli. Contegno, ragazzo, contegno.
"Se me lo avessi detto con gentilezza, te l'avrei detto subito."
"Ma-" avrebbe iniziato a sparlargli nuovamente contro, se Tamara non lo avesse fulminato. Quando voleva, quel bel faccino delicato poteva incutere timore, incredibile.
"I due ragazzi si riscambiano semplicemente guardandosi nello specchio, contemporaneamente, nei due mondi diversi. E ora vado di sopra." E sparì, stizzato, su per le scale. Harry si avventò sulla tazzina di caffè e lo bevve tutto, sorridendo poi a Tamara e prendendole le mani.
"Dobbiamo provarci."
"Harry non avrebbe mai trattato suo padre così" disse arrabbiata mentre Jamie era ormai troppo lontana per sentirli.
"Abbiamo un modo per poterci scambiare!" disse Harry euforico, ma vedendo lo sguardo cupo di Tamara, si agitò.
"E come facciamo a sapere quando Harry si specchierà? E' impossibile."
Harry serrò la mascella. "Mi piazzerò davanti allo specchio tutto il giorno, prima o poi si dovrà specchiare da qualche parte."
"Speriamo, Harry, speriamo che sia così."
Il ragazzo si morse l'interno della guancia, poi gli venne un lampo di genio, alzando lo sguardo sulla ragazza. "Credo di saperlo, invece."
"Cosa?"
Harry sorrise, poi si morse il labbro inferiore, iniziando a percorrere il perimetro della stanza. "Spero solo che qualcuno gliene abbia parlato."
"Parlato di cosa?" chiese preoccupata Tamara, impuntandosi di fronte ad Harry.
"La festa di mercoledì!"
La ragazza sollevò le sopracciglia, scettica. "Quale festa?"
"Nel mio mondo, hanno organizzato una festa alla casa di Fanny Mitchell, più comunemente chiamata "casa degli specchi", questo mercoledì. Spero davvero che Tamara ed Harry ci vadano, lo spero davvero per lui."



"Grazie al cielo sei qui" disse Harry scendendo con un salto gli ultimi gradini della scala accanto al suo balcone. Indossava un paio di jeans neri, una maglietta nera e le stesse scarpe nere lucide con cui era uscito quel famigerato venerdì. Tamara era appoggiata di spalle all'albero appena dietro di lei, una sigaretta pendente sulle labbra e un sorriso malandrino sul volto. Quella mattina aveva i capelli legati in una coda alta, con solo un ciuffo a ricaderle sugli occhi scuri fortemente marcati con un filo spesso di matita nera. Si staccò dalla corteccia con uno scatto mentre Harry, piano, le si avvicinava, grattandosi le braccia e lanciando uno sguardo alla finestra della sua stanza. Il sole non era ancora molto in alto, essendo uscito da poco, e poi i palazzi circostanti non davano la possibilità ai raggi di sfiorarli tiepidamente. Tamara si sfilò la sigaretta dalle mani, reggendola tra il pollice e l'indice.
"Credevi ti avrei dato buca?" disse, prendendo poi una boccata di fumo. Harry scosse la testa, per poi lanciare un rapido sguardo sul suo orologio da polso.
"Fra dieci minuti dovrebbe tornare mio padre, sarebbe conveniente allontarci quanto prima."
Tamara gli sorrise, sqaudrandolo dalla testa ai piedi, sollevando un sopracciglio. Si grattò la punta del naso - dove stava il piercing - con un dito, per poi posare i suoi occhi in quelli verdi del riccio davanti a sè, il quale continuava a guardarsi le spalle nel caso qualcuno arrivasse a sua insaputa. "Però, sei uguale ad Harry, incredibile. Sembrate entrambi usciti da un'impresa funebre"
"E dovrebbe essere un complimento..?"
"Certo, io amo i tipi come lui." Poi si avvinghiò al suo braccio e uscirono insieme sul retro, con Tamara che - appena giunti in strada - lanciava il mozzicone consumato. Fece uscire un'ultima voluta di fumo dalle labbra arricciate, per poi spostare il suo volto sul ragazzo alto. "Che ti va di fa-"
Ma la sua domanda venne interrotta da passi pesanti e ferro sbattuto contro la parete. Harry si girò spaventato, spalancando i suoi occhi e con i peli sulle braccia che si drizzavano come la pelliccia di un gatto in allerta. Si accucciarono entrambi lungo il muretto del recinto dell'abitazione, tre quarti coperto di edera, e fecero uscire i loro occhi appena fu loro possibile distinguere la figura di Jeremy Styles, il quale avanzava spedito per la porta di casa, aprendola e sbattendola alle sue spalle, le sue urla che giunsero persino alle orecchie dei due ragazzi nascosti. Harry si morse il labbro, preoccupato e a disagio, un dolore all'altezza del petto che quella notte non gli aveva permesso di chiudere occhio per più di dieci minuti. Nascosto sotto le coperte, aveva pensato all'Harry con cui si era scambiato. Se nella sua vita perfetta le cose fossero andate solo un po' differentemente, a quell'ora anche lui si sarebbe ritrovato in quella situazione spiacevole, senza una madre che si occupasse di lui, nè un padre presente nella sua vita. Harry aveva una vita distrutta, il rancore verso il mondo l'aveva spinto a comportarsi diversamente, cercando una compagnia abbastanza sufficiente con cui passare le giornate, con l'odio poi di dover per forza tornare a casa. Tamara, nonostante con lei non facesse niente lontamente a simile alla sua Tamara, era l'unica casa sicura che - a quanto pare - avesse mai avuto. Quei pensieri l'avevano fatto cadere in depressione, perché si era sentito colpevole. Come se lui gli avesse tolto tutto davanti, tenendoselo egoisticamente per sè, ogni singola cosa presente nella sua vita. Qualsiasi cosa avesse, anche la più piccola, era una cosa in più che al suo sosia "cattivo" mancava, e il dolore al petto aveva iniziato ad aumentare, specialmente in quel momento, sentendo Jeremy Styles urlare parole orrende al figlio assente. Harry si sedette per terra, la schiena al muretto basso, e le mani a nascondergli la testa affranta. Tamara aggrottò le sopracciglia. Si sarebbe dovuta abituare a quei comportamenti insoliti.
"Credo che questo scambio abbia un senso" disse Harry con un sussurro, gli occhi coperti dai suoi pugni chiusi. Lei si inginocchiò accanto a lui, avvolgendogli il ginocchio con una mano delicata. Una folata di vento le scompose i capelli, facendo arrivare ad Harry l'odore indistinguibile della nicotina. Sollevò la testa e puntò lo sguardo sul viso delicato della ragazza che si nascondeva dietro quintali di trucco scuro. "Tutto questo" disse guardandosi intorno, e indicando con il pollice la casa alle sue spalle, "é per ricordarmi di cosa ho, della fortuna che ho avuto al mio fianco, e di cosa avrei avuto, invece, se le cose fossero andate in maniera diversa. Se ci fosse solo un modo per potergli dare almeno un po' di quello che ho io-"
"Non ti azzardare a dirlo" lo interruppe lei, appoggiandogli l'indice sulle labbra rosee schiuse. "Se è successo così, doveva andare in questo modo. Non mi sembra che la vita qui sia simile alla tua, per quanto mi hai raccontato. A nessuno vanno bene le cose, bisogna però andare avanti comunque, non fermarsi all'autocommiserazione. Io sono convinta che Harry se ne andrà un giorno da qui, non appena ne avrà la possibilità. Adesso non piangergli addosso perché, sicuramente, lui riuscirà a caversela. E' troppo intelligente per restare in questa gabbia di matti."
Harry rimase attonito di fronte quelle parole, stralunato, come se il semplice fatto che le avesse pronunciate Tamara lo avesse fatto tornare con i piedi per terra. Ingoiò a vuoto.
Aveva ragione. La compassione non era per nessuno, nè tantomeno per una testa calda come il suo sosia, come quell'Harry tanto arrogante, quanto fermo, risoluto e sveglio, più di quanto fosse lui stesso. Annuì. "Hai ragione." Ma il dolore al petto, nonostante si fosse ridotto, era radicato appena sotto la sua pelle pallida. Harry decise di mettersi in piedi e allontanarsi da quella casa.
"Bene. Ora, dopo il mio monologo, cosa proponi di fare?" le chiese lei, sbattendogli le ciglia. Harry abbassò lo sguardo, puntandolo sulle sue scarpe lucide. Tamara seguì la traiettoria degli occhi del ragazzo e finse un conato di vomito. "Per la cronaca, quelle scarpe non si possono proprio vedere per quanto facciano schifo sotto questa mise. Anzi, sono antiquate in generale."
Harry sorrise, mentre procedevano lungo la via, lasciandosi la villa degli Styles alle spalle. Avevano inconsapevolmente imboccato la strada del garage in cui Harry solitamente si allenava, quando sentirono le sirene della polizia giungere dalla fine della strada. Harry si girò, con un sopracciglio sollevato, mentre Tamara si metteva appena dietro di lui, storcendo il naso.
"Non avevi detto che non ci fossero poliziotti?" le chiese lui, mentre la macchina si faceva sempre più vicina, come se stesse correndo per afferrarli prima che scappassero.
"Infatti non ci sono mai." Poi afferrò il braccio di Harry, indietreggiando piano e nascondendosi dietro l'altezza del ragazzo. "Sai, come ben conosci ormai, Harry non gode di molta simpatia, per cui ti conviene allontanarti prima che-"
La macchina si accostò al marcipiede davanti a loro e due agenti scesero dalla vettura. Uno che rimase comunque davanti allo suo posto, l'altro invece girava intorno alla macchina per mettersi vicino ad Harry, le braccia tese in avanti e le dita delle mani chiuse intorno alla cannula di una pistola. "Fermo, mani in alto, mani in alto!" urlò l'uomo, mentre il collega si avvicinava a sua volta con un paio di manette strette in mano. Tamara non lasciò la presa sul braccio del ragazzo per nessun motivo, gli occhi spalancati e la bocca schiusa, come se fosse impreparata a tutta la situazione.
"Cosa?! Ma che succede?!" chiese Harry guardandola dritta negli occhi, mentre l'uomo lo forzava a piegarsi in avanti, la punta della pistola attaccata alla sua tempia e il poliziotto che spingeva via Tamara, afferrando le braccia del ragazzo e chiudendo i polsi nella manette, dietro la sua schiena piegata. "Ehi, ma che fate?" Harry, in preda al panico, iniziò ad agitare le braccia, il cuore che gli batteva nel petto. "Ci deve essere qualcosa che non va, qualsiasi cosa sia accaduta, sappiate che sono innocente! Innocente!" urlò, mentre il secondo poliziotto, la pistola ancora puntata alla testa, lo minacciava e lo spingeva ad infilarsi nella vettura. Tamara si portò le mani alla bocca, poi allargò le narici e corse verso il finestrino abbassato del poliziotto seduto al posto del passeggero.
"Lui non c'entra niente, qualsiasi cosa sia successa. Lasciatelo andare!" infilò rabbiosa le mani nella macchina e strinse i pugni intorno alla divisa dell'agente, il quale urlò infuriato e la spintonò via, facendola inciampare e cadere all'indietro sulla strada. "Harry!" urlò lei, mettendosi in piedi, incurante del dolore al gomito per la caduta, e iniziò a correre dietro la macchina della polizia. Il ragazzo, le manette intorno ai polsi, si girò verso il quadro posteriore della macchina e vide Tamara infuriata, mentre correva verso di lui. L'ultima cosa che lei vide prima che la vettura girasse l'angolo, diretta alla centrale, fu lo sguardo disperato di Harry, ignaro del perché gli fosse accaduto ciò.
Tamara aveva l'affanno, non riusciva a stare dietro la macchina e la gente che la guardava per strada non faceva altro che peggiorare il suo umore. Quella domenica non poteva iniziare peggio. Però poi accadde il lampo di genio, osservando una figura che le andava incontro con un cane al guinzaglio. Aveva il petto che si abbassava rapidamente, l'affanno ad impedirle di parlare, ma comunque si avvicinò a Payne scansando una vecchietta che le colpì la schiena con la borsetta. Liam le sorrise, con gli occhi lucidi e le borse sotto agli occhi, e stava per salutarla quando Tamara gli si buttò praticamente addosso, afferrando il colletto della camicia grigia che indossava e puntando i suoi occhi su quelli color cioccolato del ragazzo. Liam era terrorizzato. "Che cazzo hai!" sbottò, sentendo il fiato di Tamara solleticargli le labbra carnose. Lei abbassò il volto del ragazzo alla sua altezza, e lo fulminò con un'unica occhiata.
"Dammi tutti i tuoi risparmi per la droga, ogni singolo centesimo."
"No!" disse lui, spostandola con un braccio, mentre Cat gli annusava i piedi. "Non te li darò mai, credi che io sia così scemo?"
"Harry è in prigione, e se non mi dai ora tutti i tuoi soldi, giuro che vado a raccontare in centrale tutto quello che hai a casa e finirai tu dietro le sbarre" rispose Tamara, senza tante cerimonie. Liam si toccò laddove la ragazza l'aveva stretto, e la guardò preoccupato.
"Perché il tuo ragazzo è stato messo in prigione? Che cazzo gli è preso?!"
Tamara si caricò a sputargli addosso altre minacce, ma Cat spinse Liam all'indietro e il ragazzo parò le mani davanti. "Va bene, ho capito. Ma perché gli hai chiesti a me?"
"Sei il primo ad essermi capitato davanti" disse stringendosi la coda ai capelli con uno scatto. "Adesso valli a prendere, ho pochissimo tempo a disposizione. Provvederò a parlare anche con quegli altri drogati." E ordinò a Payne di correre verso casa.
Circa un quarto d'ora dopo, le banconote in tasca, bussò alla porta della centrale con la fronte imperlata di sudore e il trucco colato sulle guance morbide. Un agente la osservò da un piccolo buco nella parete, e la fece entrare. Dopo le dovute spiegazioni, venne spinta in una stanza, in cui Harry rimaneva seduto su una sedia, dietro delle spesse sbarre di ferro. Un altro poliziotto, quando vide Tamara, le si parò davanti. "Chi è lei?"
Harry sollevò lo sguardo, gli occhi verdi annebbiati dal rosso circostante e le mani strette intorno alla testa. Quando vide la ragazza, si alzò in piedi talmente tanto velocemente da far capovolgere la sedia in plastica dietro di lui. Si fiondò sulle sbarre, stringendole tra le sue mani. "Ti prego, Tam, fammi uscire" le disse disperato e con la voce rotta.
Tamara non pensò che lui non fosse il suo ragazzo, non pensò che fosse un ragazzo che non conosceva per niente. Lui era Harry Styles, un giovane finito in prigione per sbaglio, e non sarebbe rimasta con le mani in mano. Si girò verso l'agente.
"Sono qui per la cauzione."
"Abbiamo chiamato la sua famiglia, ma il numero risulta inesistente. Lei non può fare proprio niente al riguardo."
Tamara vide Harry negli occhi, e serrò la mascella. "Sono io la sua famiglia, e ho i soldi necessari per farlo uscire da questo schifo."
L'agente scosse la testa, tornando a sedersi dietro la sua scrivania. Girò un computer verso Tamara, facendo partire un video - prese sicuramente da una telecamera nascosta - in cui Harry guardava una fila di moto, per poi avvicinarsi alla prima e strappare la corda con cui era fissata alle altre. Si guardò intorno, sorridendo, e la spinse via, poi la telecamera lo vide salirvi a cavallo, facendo partire il motore e sgattaiolare via dalla visuale. Tamara spalancò la bocca, guardando poi Harry che aveva gli occhi aperti.
"E' indubbiamente lui, non trova, signorina?"
La ragazza ingoiò a vuoto, poi tirò fuori i soldi che aveva in tasca, tenendoli stretti nel palmo della mano. " A quanto ammonta la cauzione?" disse atona. Harry la guardava con la bocca spalacata. Gli avevano fatto infilare una maglietta arancione.
L'agente - l'unico in stanza - scoppiò a ridere. "Non credo le importi."
Tamara sbattè la mano sulla scrivania, facendo spaventare l'uomo calvo che le stava davanti. L'agente, gli occhi spalancati e i denti stretti la fulminò con lo sguardo.
"Mi dica a quanto ammonta."
L'agente le fece sfilare sotto agli occhi solo un misero foglio di carta, pieno di numeri di telefono e cifre di ogni tipo, poi l'uomo le indicò un punto in particolare, il valore della cauzione, e sorrise sadicamente. "E' contenta, adesso, di sapere che non potrà mai farlo uscire?"
Tamara, contrariamente a quanto l'uomo avesse sospettato, sorrise, sollevando un angolo delle labbra. "Oh, ma guardi un po'." Aprì la mano e gli mostrò il blocchetto di banconote. "Ho qui esattamente il doppio."
L'uomo aveva al collo una catenella con cui manteneva gli occhiali da vista che in quel momento si premurò di indossare immediatamente. "Se vuole" continuò Tamara, portandoseli al naso e odorandoli fintamente, "può avere anche l'altra metà con sè, se lo lascia venire via con me adesso."
L'uomo spalancò la bocca, per poi digrignare i denti. "Potrei arrestarla solo per il semplice ricatto che mi ha spiattellato in faccia in questo momento."
"Ma so che non lo farà, vero? Insomma, con questi soldi-"
"Silenzio!" l'uomo le prese la mano con i soldi in mano.
Tamara sorrise ancora di più. Aveva ragione: il loro apparato poliziesco faceva schifo.
Strinse i pugni sul blocchetto di banconote e strinse le labbra. "Dove devo firmare?"
"Sei maggiorenne?"
"Ovviamente."
"Documento, prego."
Tamara sbuffò. "Non ce l'ho con me. E ora si sbrighi, altrimenti non avrà nemmeno un terzo di questi soldi." Non si azzardò a vedere Harry altrimenti sarebbe scoppiata a ridere.
L'uomo, senza lasciare la presa sulla mano della ragazza, si sporse per prendere una penna e la fece firmare rapidamente. "Lo faccia prima uscire, e poi le do i soldi."
L'agente, denti digrignati e spalle ben tese, si alzò facendo strisciare la sedia e si avviò verso la cella. Harry inspiegabilmente si allontanò, guardando Tamara con gratitudine immensa.
"Da dove ha preso quei soldi?"
"Non credo di doverle dare spiegazioni."
L'uomo bloccò il movimento delle chiavi a metà, sorridendole sadico. "Lei mi dice da dove li ha presi, e io lascio il ragazzo."
"Ho io i soldi."
"E io ho la polizia dalla mia parte. Mi piacerebbe vedervi entrambi dietro le sbarre, sarebbe una grande soddisfazione, in quanto son certo voi siate dei delinguenti puri."
Tamara strinse la presa sui soldi, abbassando per la prima volta lo sguardo, facendo finta di essere debole e sconfitta. "Erano i miei risparmi per il college. Crede che con questa faccia non sia in grado di studiare seriamente? Cosa che evidentemente lei non ha fatto, siccome sta portando avanti una discussione con un piccola ribelle, lasciandosi convincere da qualche banconota."
L'uomo si girò di scatto e finì di girare la chiave nella toppa, prendendo Harry per un braccio e facendolo uscire con fin troppa foga. Il ragazzo si massaggiò il punto stretto, portandosi accanto a Tamara. Lei, intanto, afferrò la mano dell'uomo, mettendoci dentro le banconote, senza staccare ancora la sua presa.
"Trovi una scusa abbastanza soddisfacente per poter spiegare la sua scomparsa."
"Chi le da la certezza che io non chiami i rinforzi, una volta usciti da qui?"
Tamara si appoggiò ad Harry, lasciando i soldi in mano all'uomo che li smosse tra le dita. "Non credo che i suoi colleghi vogliano conoscere il perché lei sia stato corrotto così su due piedi da una ragazza." Poi si sporse verso di lui, con il trucco sbavato. "Lasciamo che corra, tutto questo, e nessuno si farà male, agente." Prese Harry per mano e se ne andarono prima ancora che l'uomo potesse pensare di fare qualcosa.
Quando uscirono dalla centrale, il sole li investì in pieno, ed Harry si portò una mano agli occhi per ripararsi, poi appena si furono allontanati abbastanza, si fermò e attirò Tamara al suo petto, stringendola in un abbraccio fortissimo. Lei ricambiò la stretta, chiudendo gli occhi. Harry aveva la maglietta arancione a fasciargli ancora il busto.
"Non riuscirò mai a trovare un modo per ripagarti."
Tamara gli accarezzò la schiena prima di staccarsi da lui, circondandogli il viso con le mani delicate. "Non potevo lasciare che Harry rimasse lì dentro, chiunque egli sia."
Il ragazzo sorrise e le accarezzò una guancia. Poi scoppiò a ridere, come se tutta la tristezza e la preoccupazione del momento fossero scivolati via. "Sono appena le nove e mezzo ed io, normalmente, a quest'ora sarei dovuto andare in chiesa."
Tamara si staccò dal suo tocco, ruotando gli occhi al cielo. "Ecco come rovinare un bel momento."
"Ed invece sono stato in prigione per mezz'ora, incredibile, chi l'avrebbe mai detto?"
"Tu, Harry, tu. L'hai appena detto."
Il ragazzo si fermò. "Non dirmi che questa dovrebbe essere una battuta."
"Non lo è" disse lei sorridendo, poi prese il braccio di Harry, facendolo incastrare con il suo. Il ragazzo guardò terra, il sole che lasciava che la sua ombra anticipasse i suoi passi sulla strada. Si scosse i capelli sudati con un gesto della mano, per poi guardare Tamara, soffermandosi sul suo profilo messo in risalto dai capelli trattenuti nella coda alta.
"Come sai che l'uomo non ti cercherà?" chiese poi.
Tamara scosse le spalle, sebbene un sorriso beffardo capitanasse sul suo bel viso. "Non riuscirà mai a trovare Jessica Mathison." Gli lanciò un'occhiata che la diceva lunga.
Harry le diede un colpetto sul braccio. "Sei un genio. E come hai fatto a prendere tutti quei soldi? Non credo alla storia del college."
Tamara si fermò in mezzo alla strada, con la gente che le passava accanto, soffermandosi un minuto di più sull'arancione indiscutibile della maglia di Harry. "Liam Payne e la droga. Collega da solo."
"Gli rivorrà indietro."
"Di quello non preoccuparti, un modo si troverà." Poi riprese a camminare, con il volto sollevato verso il sole. Harry era più alto di lei e le si accostò nuovamente, mentre una signora anziana lo squadrava.
"Come posso ripagare il tuo favore?" chiese. Tamara sorrise, perché in quel momento pensò al suo ragazzo e alla sua voglia di non rimanere in debito con nessuno, la sua costante volontà di non dovere niente alla gente.
"Ricordi quella cosa che Niall disse ieri sera?"
"Ehm.."
"La festa di mercoledì?" disse lei, sollevando le sopracciglia.
Harry aggrottò le sue, incrociando le braccia al petto. "Ah, già. Beh?"
Tamara si sciolse la coda, infilando l'elastico tra le labbra per potersela rifare. Riprese a parlare solo quando iniziò a girarlo intorno ai capelli raccolti. "Bene. Siccome non voglio dover fare i conti con il resto della banda che hai avuto modo di vedere con i tuoi stessi occhi in diverse occasioni, Liam, Louis, Niall, Zayn..."
"Arriva al punto, non riesco a capire."
"Non voglio andare a quella festa."
Harry sorrise, "E' solo questo quello che vuoi?"
"Sì, mercoledì non ci presenteremo per nessun motivo al mondo alla casa degli specchi, sarà sicuramente noiosissimo."
Harry riprese a camminare, continuandole a sorridere. "Se è quello che vuoi.."
"Perfetto, grazie mille. Preferisco rimanere a casa con te, magari vedendo un film come quelli che mi hai detto di vedere spesso con Tamara. Chissà, magari io e lei abbiamo gli stessi gusti."
Harry la squadrò, "Dici sul serio?"
"No, però sono disposta a tutto pur di non andare lì, soprattutto considerando le figuracce che mi farai fare."
"Ehi, adesso non ti allargare troppo però!"
Tamara scoppiò a ridere. "Adesso allontaniamoci. Troviamo di meglio da fare."
"Qualcosa che, possibilmente, non c'entri con alcun tipo di furto."
Tamara gli appoggiò una mano sulla spalla. "Tranquillo." E gli fece l'occhiolino.
Harry scosse la testa.

N/A
Scusatemi se trovate errori, ma evidentemente Wattpad ha deciso di odiare questa storia, e non mi permette di aggiustare i capitoli.

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