Not my memories


Tamara si passò il braccio sulla fronte sudata, sbuffando. Aspettò che Harry spostasse il mobile, rimettendolo in una giusta posizione e poi sfilò il lenzuolo bianco con cui era stato coperto per tre settimane abbondanti.
Harry si scompigliò i capelli sudati, con la maglietta appiccata agli addominali non ancora scolpiti e gli aloni di sudore ad incorniciargli le ascelle. Di fronte la porta d'ingresso erano stati posti degli scatoloni in cui avevano riposto cose superflue e di cui Tamara aveva deciso di liberarsi.
Harry sorrise, spostando poi con un soffio un ciuffo che gli era caduto sugli occhi chiari. Vide Tamara con la fronte imperlata di sudore e i guanti bianchi a fasciarle le mani delicate, il lenzuolo bianco stretto tra la braccia prima che lo gettasse all'interno di un altro scatolone. Si guardarono intorno, sorridendo. Harry lanciò una rapida occhiata al suo orologio da polso e sgranò gli occhi.
"Sono passate quattro ore, Tam, e siamo riusciti a sistemare casa."
La ragazza aveva la matita sbavata sotto l'occhio e un sorriso che le andava da un orecchio all'altro. Avevano già sistemato il piano superiore, rimettendo a nuovo la sua stanza e gettando via le cose più inutili. Mentre lei sistemava la roba, Harry aveva cercato di pulire per terra, e fortunatamente ci era riuscito, spostando pacchi di sigarette e buste di plastica vuote.
Tamara aveva tolto i cellophane da ogni mobile, liberandoli anche dai lenzuoli bianchi che non facevano altre che rendere casa sua una villa fantasma, in cui la sua presenza era minima. Vedere tutto messo più o meno in ordine, con gli angoli puliti e i mobili pronti all'uso, si vide improvvisamente realizzata e fece un sospiro di sollievo. Harry raccolse la sporcizia con la paletta e gettò tutto in un bustone nero per la spazzatura, per poi spazzolarsi la mani tra loro.
"Mi sembra di vivere in un altro luogo" ammise Tamara, mordendosi il labbro inferiore. Si girò verso il muro accanto al divano del salone e storse la bocca, socchiudendo gli occhi. "Lì bisognerebbe appianare la parete e ripitturarla, vero?"
Harry guardò in quella direzione. "Sì, ma dovremmo raccapezzare un bel po' di oggetti da lavoro di cui non disponiamo. Il lavoro grosso, comunque, è stato fatto" disse soddisfatto, avvicinandosi alla ragazza.
Tamara abbassò gli occhi sulle sue mani e si sfilò i grossi guanti, appoggiandoli poi su un mobile lì accanto. Aprì le ante e storse il naso. "Dovrei anche fare rifornimento di cibo e altre vivande. Mi sembra di essermi appena trasferita."
Harry le appoggiò una mano sulla spalla. "Abbiamo solo reso questa casa un po' più vivibile, non volevi questo?"
"Sì." Si mise in piedi, richiudendo il mobile e staccando la pellicola trasparente dallo schermo della televisione. Girò intorno ad essa, prendendo in mano la spina e infilandola piano all'interno della presa incassata sulla parete dietro.
Harry si avvicinò poi al contatore nascosto da una piccola teca di vetro, osservando Tamara. "Posso riavviare la luce?"
"Vai" gli urlò Tamara, attaccando la spina.
Harry spinse l'interruttore verso il basso, ma la lucetta rossa della televisione non si accese.
La ragazza si portò le mani ai fianchi, delusa.
"Scommetto che mi hanno staccato la corrente."
Harry richiuse la teca di vetro e tornò da lei. "Allora poi penseremo a come fare."
Tamara si girò verso di lui, spostandosi la coda di capelli sulla schiena, poi gli circondò il busto con le braccia, appoggiando la testa sul suo petto e chiudendo gli occhi. "Grazie per essere così disponibile con me, Harry. Nessuno avrebbe passato un pomeriggio aiutandomi a rimettere a lucido questa casa."
Il ragazzo le accarezzò la schiena, scostandosi da lei. "Non fa niente, lo faccio con piacere. Tanto che sono qui, mi rendo utile e ti aiuto a fare qualcosa che non vada contro la legge."
Tamara scoppiò a ridere, dandogli una piccola spinta sul petto.
"Solo che se vuoi la corrente, dovresti poi essere in grado di pagare, e quindi dovresti trovare un lavoro.."
"Un passo per volta, va bene?" lo bloccò lei, sorridendo. "Posso fare a meno della luce, per ora."
Harry scosse le spalle, alzandosi i lembi della maglietta e iniziando a sventolarsi. "L'acqua ce l'hai?"
Tamara annuì. "Perché?"
"So che non si sentono spesso questa richieste, ma.." Si odorò l'ascella, facendo una smorfia terribile. "Posso farmi una doccia?"
"Oh." Tamara si morse il labbro, per poi sorridergli. "Certo, ti prendo degli asciugamani?"
"No, non c'è bisogno. Girerò nudo per dentro casa finchè non mi asciugo da solo."
Tamara si bloccò sul posto, girando la testa verso di lui.
Harry gonfiò le guance, per poi scoppiare a ridere. "Sto scherzando, tranquilla."
La ragazza scosse la testa, "Vai in bagno, vado a recuperarti qualche asciugamano." E così lasciò che Harry entrasse nel bagno al piano di sopra, mentre lei andava nel ripostiglio a recuperare qualche asciugamano nuovo messo da parte.
Quando Tamara entrò nel bagno, vide Harry senza maglietta, quest'ultima che giaceva a terra accanto al lavandino e le scarpe poste ordinatamente vicino la porta. Si stava slacciando la cintura dei jeans. "Ecco, tieni" disse, porgendoglieli.
Harry annuì nella sua direzione, "Grazie mille."
Tamara uscì dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle. La sua casa disponeva di due bagni al piano di sopra, e aveva lasciato che Harry prendesse il più piccolo...insomma, era sempre una donna, tutti i privilegi spettavano a lei. Andò nell'altro bagno e si chiuse a chiave dentro, spogliandosi e infilandosi nel box. Aveva un accappatoio appeso accanto, facile da prendere facendo uscire solo una mano. Aprì il getto dell'acqua e aspettò che si intiepidisse prima di passarsi il doccione su tutto il corpo.
Dall'altra parte del corridoio, Harry, chiuso nel bagno, aveva appeso il doccione al muro, mettendosi sotto il getto dell'acqua, lasciando che questa gli scorresse fresca sul corpo nudo. Aveva lo sguardo perso tra le linee di cemento che collegavano le mattonelle della parete, la mente persa in un universo totalmente diverso.
Tamara era una persona particolare, e apprezzava molto il fatto che stesse imparando a conoscerla di più man mano che il tempo insieme trascorreva tranquillo. La sera stessa in cui si erano incontrati, credeva che il suo mondo fosse cambiato in un batter d'occhio, quando invece era lui ad essere il pesce fuor d'acqua. Lei non aveva fatto altro che comportarsi analogamente a quanto avesse mai fatto, mai sapendo che il ragazzo riccio con cui aveva a che fare fosse uno sconosciuto. Nell'esatto momento in cui aveva capito tutto, accarezzandogli affettuosamente la schiena seduti sul suo letto, Harry si era reso conto di quanto Tamara fosse buona.
In quel mondo, tutti erano ribelli, delinguenti e menefreghisti di fronte ad ogni situazione. A loro non importava nulla di quello che li circondava, vivevano correndo ogni rischio e pericolo, senza alcuna responsabilità. Erano diversissimi, l'opposto delle persone che Harry era solito conoscere sebbene la sua vita sociale si riducesse ad una manciata di amici.
Quando tutta la situazione era stata messa in chiaro, non c'era stato un solo momento in cui Tamara l'avesse abbandonato, neanche un volta. Aveva piuttosto finto, che lasciarlo in balia dei dubbi altrui sulla sua persona. L'aveva protetto, certo, con modi abbastanza strani, ma stava sudando anche lei per mantenere quel segreto che, pian piano, li stava legando sempre di più.
Era diversissima dalla sua Tamara, eppure era proprio quella diversità a renderla speciale, un'amica che Harry non avrebbe potuto perdere, ma purtroppo sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dirle addio.
Proprio perché lei continuava a stargli accanto, accompagnandolo in quell'avventura al di fuori del normale in cui le leggi venivano infrante continuamente e si viveva di furti e rapine, alla scoperta di un'altra vita, Harry aveva deciso di aiutare anche lei ad essere migliore. Aveva delle qualità che sopprimeva per lasciare spazio alla sua facciata da dura, ma sotto sotto era una fantastica persona che Harry si stava preoccupando di far riemergere. Le piccole cose, le piccole azioni quotidiane le avrebbero permesso di trovare se stessa, non abbandonando mai più quei sentimenti, quelle emozioni che nascondeva per vivere in un mondo degradante.
Harry voleva aiutarla. Così come Tamara stesse per lui, il riccio ci sarebbe stato per lei e avrebbero continuato insieme quel viaggio alla scoperta di se stessi.
Abbassò lo sguardo sui suoi addominali quasi inesistenti e se li picchiettò con un piccolo pugno. Sì, avrebbe senza dubbio fatto uscire il meglio di sè. Si insaponò rapidamente e si affrettò a sciacquarsi per chiudere l'acqua che era scorsa per troppo tempo inutilmente. Quando uscì dal box, recuperò l'asciugamo e se lo legò in vita, utilizzando il secondo per asciugarsi il petto e passarselo tra i capelli.
Quando passò più volte i piedi sul tappeto, si avviò verso la porta, aprendola, e si trovò Tamara con un accappatoio intorno al corpo minuto e un asciugamano avvolto intorno ai capelli a mo' di turbante. "Ci hai messo più tempo di me, wow" ammise, sorridendogli. Si era lavata la faccia e sul suo volto non c'era un filo di trucco. Era uguale alla sua Tamara, esattamente identica, nella sua semplicità e bellezza.
Harry sorrise, passandosi ancora una volta l'asciugamano tra i capelli e lasciando che dei ciuffi bagnati gli ricadessero sul volto pallido.
"Non è che avresti dei vestiti, vero?"
"Certo!" gli rispose lei, legandosi una corda di spugna in vita. "Harry ne lascia sempre un po' qui."
Il riccio la seguì lungo il corridoio, entrando poi nella sua camera appena sistemata. Tamara aprì l'ultimo cassetto del mobile e tirò fuori un pantolone - guardate un po' - nero e una maglietta verde. "A lui vanno un po' stretti per i muscoli delle braccia, ma a te che sei più gracile potrebbero andare bene" disse lanciandoglieli contro. Tamara prese poi un pantalone morbido e una maglietta rossa anche per lei, uscendo dalla stanza e dirigendosi verso il bagno che lei stessa aveva precedentemente occupato. "Non ti darò il privilegio di guardarmi nuda, come nei film" scherzò, ma Harry la bloccò.
"Infatti non ci tengo, nonostante il tuo corpo sia oggettivamente bello. Insomma, anche io ho una Tamara nella mia vita, non dimenticarlo, nonostante con lei non faccia mai l'amore, ma quelli sono dettagli personali."
"Che mi hai appena detto, tra l'altro."
Harry ruotò gli occhi. "Mi hai detto certe cose tu che avrebbero dovuto indurmi alla fuga, ma guarda un po'? Sono ancora qui." Si guardò le robe che reggeva nell'altro mano. "Hai dimenticato di darmi dei boxer."
Tamara gli indicò lo stesso cassetto. "La mia roba è in bagno, rovista lì dentro, dovrebbero esserci."
E se ne andò.
Si cambiarono rapidamente, poi Harry sentì il phon partire e lasciò che i suoi capelli si asciugassero da soli. Scese al piano di sotto, attendendola seduto sul divano in pelle, con la testa lasciata sullo schienale e lo sguardo rivolto verso il muro in alto. Gli sembrava di stare vivendo un sogno senza via d'uscita. Avrebbe mai trovato il modo di tornare a casa? Gli mancava la sua famiglia, sebbene cercasse di non piangere per non rendersi più debole di quanto già fosse. Doveva essere forte, doveva farcela senza alcuno sconto.
Sentì il phon spegnersi e poi dei passi che scendevano rapidi giù lungo le scale. Tamara apparve alla fine della tromba, rivelando i suoi occhi scuri nuovamente cerchiati di nero. Harry scosse la testa, sorridendo.
Si alzò in piedi, avvicinandosi a lei. "Allora, sono le sette, che facciamo?"
Harry scosse le spalle. "Andiamo a quell'addio al celibato."
Tamara sollevò entrambe le sopracciglia. "Stai scherzando?"
"Assolutamente no."
"Ma non ti facevo tipo da acconsentire alle mie richieste, non dopo così poco tempo."
Harry le prese il braccio, trascinandola fuori di casa e chiudendo la porta alle spalle. "Andiamo prima che me ne penta."

Prima che aprissero la porta del locale, dietro cui la musica era già alta e si sentiva il chiacchericcio di tantissima gente, Harry bloccò il braccio di Tamara. "Comunque da domani voglio allenarmi più frequentemente."
"Woah" disse Tamara, guardandolo dall'alto in basso. "Con questi abiti, con questi capelli disordinati e questa voglia di allenarti sembri quasi il mio ragazzo."
"Seriamente, Tam" disse Harry, lasciandole il braccio delicatamente. "Voglio far crescere qualsiasi cosa c'è qui sotto."
Tamara gli appoggiò una mano sulla spalla, facendogli l'occhiolino. "Fidati, perché cresce eccome."
Harry strabuzzò gli occhi e aprì la bocca. Si staccò dalla presa della ragazza che scoppiò a ridere. "Scherzo, Harry, scherzo. Certo, non sulle tue prestazioni sessua-"
"La vuoi piantare?" disse il ragazzo appoggiando la mano sulla maniglia, ma nascondendo un accenno di sorriso.
"Okay, okay" disse Tamara sollevando le braccia, in difesa. "Comunque ti accompagnerò volentieri agli allenamenti, sarà divertente vederti soffrire dalla fatica."
Harry la guardò di sottecchi, poi abbassò la maniglia e fecero il loro ingresso nel locale. Era gremito di gente, un dj sostava nell'angolo con tutta la sua attrezzatura, uomini che ballavano su una specie di cubo messo nel centro della sala e un bancone pieno di cocktail pronti occupati da altri ragazzi che brindavano e chiaccheravano tra loro.
Tamara si guardò attorno con occhi sgranati. "Ci sono solo uomini" urlò al di sopra della musica, mentre un gruppo di giovani si girava verso di lei, guardandola dall'alto in basso senza alcun ritegno. Harry, mosso più da un atto fraterno, le si mise davanti in modo da proteggerla da eventuali occhiataccie che di casto avevano ben poco. Lei era impegnata con Harry, nessuno avrebbe dovuto toccarla. Il riccio si sporse verso il suo orecchio, superandola con la sua altezza e riservandola da occhiate indiscrete. "Sai, è un addio al celibato. Qui gli uomini fanno cose che non dovresti vedere."
Tamara spostò i suoi occhi marcati su quelli chiari di Harry. "Ho fatto più cose di quante ne conosci, non mi scandalizzerei."
Harry alzò gli occhi al cielo, vedendo poi Tamara ondeggiare i fianchi a ritmo di musica.
"Però il dj è bravo" ammise lei, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dalla melodia che aveva permeato l'ambiente. Gli uomini seduti al bancone si girarono verso di lei, leccandosi le labbra. Harry le circondò il braccio con la mano e la spinse indietro, costringendola ad uscire dal locale. "Ehi, ma co-"
"Vuoi un cocktail? Te lo porto, se rimani qui fuori."
"Sei geloso, Harry?" disse, incrociando le braccia al petto e sorridendo sorniona. Il ragazzo fece una smorfia indignata.
"Certo che no. Ma non voglio che Harry, poi, mi tempesti di pugni per aver permesso a qualcuno di toccarti. Io sarei geloso se la mia Tamara venisse sfiorata, per cui credo di fare un favore al tuo ragazzo. Allora? Lo vuoi il cocktail?"
Tamara annuì, mettendo il broncio e andandosi ad appoggiare sulla parete del palazzo adiacente.
Harry le lanciò un'occhiataccia, poi rientrò nel locale, dirigendosi subito verso il bancone. Non appena afferrò uno dei cocktail preparati, e dopo averlo annusato, sentì una mano appoggiarsi sulla spalla. "Ciao."
Harry si girò e incontrò gli occhi più azzurri che avesse mai visto. Il ragazzo aveva dei capelli neri tenuti indietro da un barattolo di gelatina, le labbra contratte in un sorriso malizioso e la mascella delineata, con un accenno di baffetti a completare il tutto. "Ciao?" gli rispose, dubbioso.
"Come ti chiami?" gli chiese quello, appoggiando la sua mano contro la mascella di Harry, iniziando ad accarezzarla. Il riccio spalancò gli occhi e fece un passo indietro.
"Ehm, sono Jackson" finse, imbarazzato.
"Christian" rispose quell'altro senza che Harry gli ponesse la domanda. "Ti va di conoscerci?"
"Veramente la mia ragazza mi aspetta fuori." Il riccio ingoiò a vuoto, allontanandosi ancora. Il ragazzo allontanò la mano dalla sua guancia e lo guardo, serrando la mascella.
"Allora addio." E gli diede le spalle, prendendo un altro cocktail e mandandolo giù in qualche secondo. Harry si morse il labbro e si affrettò ad uscire, traumatizzato. Quando spalancò la porta, si ritrovò davanti Tamara e un tipo biondo muscoloso che aveva un braccio appoggiato al muro esattamente accanto alla testa della ragazza.
Harry socchiuse gli occhi. Gestire quella ragazza era impossibile, come faceva Harry a tenersela per sè? Non poteva permettere che cedesse alla tentazione. Tamara era innamorata del suo sosia, avrebbe potuto sfidare la sua fiducia in un batter d'occhio?
"Senti." Harry scese le scale con passo pesante e il cocktail in mano. "Levati un po' dalle palle."
Tamara si girò verso di lui sgranando gli occhi e aprendo il suo volto in un sorriso splendido, mentre il tipo biondo lo guardava da cima a fondo e si allontanava, alzando gli occhi al cielo.
"E questo caratterino indisponente?"
"L'ho adottato solo perché altrimenti non se ne sarebbe andato."
Tamara gli prese il cocktail di mano e iniziò a sorseggiarlo. "Certo, certo."
Harry le lanciò un'occhiataccia, sospirando rumorosamente e tirandosi due ciocche di capelli. "Stavo per essere rimorchiato da un ragazzo gay."
Tamara scoppiò a ridere, girando la testa di lato per sputare il contenuto della bocca. Si accasciò contro la parete, gli occhi stretti e le sue risate che coloravano il silenzio della strada a quell'ora della sera. "Non posso crederci!"
"Credici eccome, è stato imbarazzante. Non ho mai ricevuto flirt da ragazzi."
Tamara riuscì a smettere di ridere, rialzandosi in piedi e riprendendo a bere il suo cocktail. Sollevò la maglietta verde di Harry da un lato e guardò il suo addome. "E' arrivato il momento di far girare la tartaruga, caro mio."
Il riccio alzò il sopracciglio. "Ma io non ho pancia sporgente.."
"E' un modo di dire" urlò Tamara buttando il bicchiere nel bidone della spazzatura lì accanto. "Sei proprio carente di intelletto, Harry."
Il riccio si sentì toccato nel profondo. Spalancò le braccia. "Io sono il più intelligente della scuola!"
"Non basta" disse Tamara avvinghiandosi al suo braccio e iniziando a procedere nella via nuovamente silenziosa. "Devi imparare ad esserlo anche nelle questioni giornaliere."
Harry mugugnò. In risposta, Tamara gli smosse il braccio.
"Andiamo a fare un po' di sollevamenti già da ora.."
"Dovremmo cenare." Le sorrise Harry. Tamara smosse in aria la mano per liquidare l'argomento.
"Solo se cucinerai tu."
"Questa situazione ti va a genio, vero?"
"E devi anche fare la spesa" continuò Tamara, sorridendole.
Harry scosse la testa. "Sarà una lunga serata, non è vero?"
In risposta, Tamara gli sorrise beffarda.

"Tam" disse Harry con un filo di voce, una montagna di fazzoletti sparsi sul divano nel soggiorno e una coperta avvolta intorno al suo corpo.
La ragazza tornò dalla cucina con una tazza calda in mano, la testa che si muoveva sconsolata con un sorriso presente sul suo viso tondo. "Tieni, è the caldo."
Harry si mise seduto, spostando i fazzoletti tutti da un lato e tirando su con il naso.
"E un cazzo di the potrebbe farmi sentire meglio?" Aveva gli occhi leggermente socchiusi come se il raffreddore non gli desse la possibilità di far vedere al mondo il suo verde abbagliante. Nelle ultime tre ore trascorse il raffreddore era esploso improvvisamente, come se si fosse contenuto per troppo tempo e fosse ormai arrivato il momento di affliggerlo con i suoi malori. Aveva il naso chiuso, arrossato e dalla punta leggermente gonfia a causa di tutte le volte in cui se l'era soffiato con i fazzoletti di carta, alcuni dei quali giacevano anche ai piedi del divano.
"No, ma almeno è caldo."
Harry spostò la coperta e prese la tazza in mano, stringendola e facendo riscaldare le dita fredde. Tamara strinse le labbra e gli appoggiò il dorso della mano sulla fronte bollente, mentre il riccio si portava la tazza alla bocca, con il piercing che fece un rumore sordo a contatto con la ceramica. Continuava a fare smorfie mentre ingurgitava la bevanda calda, storcendo poi la bocca e rabbrividendo dopo aver finito, ridandola in mano a Tamara.
"Che schifo. Ma che merda è?"
Tamara si alzò, facendo leva sulle cosce e sbuffando. "Vado a prendere il termometro."
"Che sfortuna del cazzo" disse Harry con voce nasale e un mal di testa allucinante alla tempia destra. Camminare sotto alla pioggia, interamente bagnato, con l'acqua a ghiacciargli il corpo e il vento che gli soffiava contro, era normale che non ne sarebbe uscito indenne, eppure pensava di essere abbastanza in forze da scampare un fottuto raffreddore. Moriva di freddo come se fossero stati a dicembre, mentre era solo fine aprile!
Harry si stese nuovamente, tirandosi la coperta fin sotto al mento e storcendo il naso infastidito. Tamara tornò nel salone con il termometro elettronico in mano. "Sta' fermo e non parlare" disse, prima di appoggiarglielo sulla tempia. Passò qualche secondo, e l'aggeggio suonò, con un bel trentotto e mezzo a capeggiare sul minuscolo schermo.
"Ecco, hai la febbre. Complimenti, Harry."
Il ragazzo spalancò la bocca e sgranò gli occhi. "E' colpa tua se mi sono ammalato, stupida."
"Ma tecnicamente la colpa è tua per avermi fatto arrabbiare. Per cui, tutto ritorna a te."
"Non ammetterai mai che è per te che sono finito così, vero?"
"No" Tamara spense il termometro, sorridendogli. "Altrimenti mi sentirei in colpa."
"Ma lo devi essere!" sbottò Harry allargando la braccia, per poi lasciarle ricadere senza forza sulla coperta. Starnutì, portandosi una mano alla faccia. "Aiutami" disse con voce bassa ed esasperata.
Tamara si alzò nuovamente in piedi, alzando gli occhi al cielo. I ragazzi avevano una capacità di resistenza ai malanni forte come la resistenza dei pesci fuor d'acqua....praticamente nulla.
"Tam" la richiamò, stringendole delicatamente un polso prima che si allontanasse. "Mi presteresti il telefono?"
La ragazza annuì, tirandolo fuori dalla tasca del pantaloncino. "A chi devi chiamare?" chiese, porgendoglielo. Harry fece una faccia da cucciolo bastonato, prendendo il telefono e componendo un numero.
"Harry?"
"Un attimo, sta squillando.." disse a bassa voce.
Tamara incrociò le braccia al petto, mentre sentiva una macchina entrare nel parcheggio accanto l'abitazione.
Poi Harry aprì di scatto gli occhi, sussultando nel sentire la voce dall'altra parte. "Oh, sì, salve a lei. Vorrei darle delle misure.."
Tamara aggrottò le sopracciglia, mimando con le labbra "Chi è?"
Harry alzò il dito indice della mano per intimarle di stare zitta. "Allora, un metro e ottantacique di altezza e- oh, sì, certo, il mogano per la bara va benissim-"
Tamara gli strappò il telefono di mano. "Pronto? Salve, mi scusi, ma mio cugino è in vena di fare scherzi e credeva di aver sbagliato numero." Incenerì Harry con lo sguardo, il quale si girò su un lato, dandole le spalle e coprendosi di più con la coperta.
"Mi spiace davvero averle fatto perdere del tempo. Scusi ancora e buona serata." Chiuse la chiamata, guardando Harry con le narici dilatate. "Tu sei pazzo, e non rispondermi che ti chiami Harry se no giuro che ti do uno schiaffo."
"Ora chiamo gli assistenti sociali per violenza."
Tamara gli si avvicinò spalancando la mano, ma la porta di casa si aprì improvvisamente, rivelando i suoi genitori di ritorno dalla solita giornata in ufficio. La ragazza nascose la mano dietro la schiena, sorridendo. "Ciao, come è andata la giornata?" chiese, ed Harry girò di poco la testa per capire chi fosse appena arrivato.
"Ciao tesoro" disse la signora Porston, appendendo la sua giacca sull'appendi-abiti dietro la porta. "Il solito, comunque. A te? C'è Harry, lì?"
Tamara annuì. "Si è ammalato."
La donna spalancò gli occhi e girò intorno al divano, fermandosi poi di fronte ad Harry che aveva la bocca spalancata. "Ehm, ciao."
"Che ti è successo?"
Tamara alzò gli occhi al cielo. "E' un semplice raffreddore con un po' di febbre, non sta morendo."
La madre la fulminò con lo sguardo. "Hai chiamato Anne?"
"Sì."
Harry scattò immediatamente seduto. "Quando lo hai fatto?" le chiese con gli occhi sgranati. La ragazza le sorrise, beffarda.
"Quando ti ho preparato il the."
La signora Porston tastò la fronte del ragazzo, ed Harry ipotizzò che fossero più in confidenza di quanto pensasse. "Sì, scotti."
Il campanello suonò e andò immediatamente ad aprire la porta, con Anne che si slacciava il cappotto. "Harry, come hai fatto ad ammalarti?"
"Veramente io-"
Anne lo fece mettere in piedi. Aveva un cappotto color cachi che le arrivava alle ginocchia e i capelli lasciati sciolti sulle spalle. Una volta averlo sollevato, gli tolse la coperta e gli tastò anche lei la fronte, abbassandosela però vicino alle labbra.
"Andiamo subito a casa. Grazie, Tamara e Jennifer, per averlo tenuto qui."
La mamma della ragazza, Jennifer, le sorrise. Aveva i capelli biondi che le arrivavano sulle spalle, gli occhi azzurri e le labbra carnose dipinte di rosso, con un manciata di lentiggini sulle guance, appena sotto gli occhi. "Figurati, Anne. Anche in queste situazioni, Harry è ben accetto in casa nostra."
Il riccio guardò Tamara che sollevò una mano e smosse delicatamente le dita. "Ci vediamo presto, amore" scherzò, sorridendo beffarda. "Buona guarigione."
Harry sollevò un angolo delle labbra, avvinandosi alla ragazza e bisbigliandole all'orecchio "Spero che tu nel frattempo ti sia infettata", dopodichè le diede un bacio sulla guancia che Tamara prontamente provò a rimuovere, sfregando la mano. "Ciao, piccola."
Così uscì di casa, con il corpo in un continuo tremolio e il dolore alla tempia che era diventato persino ancora più martellante. Una volta arrivato a casa, quando scese dalla macchina, Jamie lo stava aspettando sotto il cancello con una coperta tirata dalle braccia allargate. Quando Harry fu abbastanza vicino, la domestica gliel'avvolse intorno al corpo, e il riccio si mantenne i due lembi all'altezza della gola. "Ti ho preparato la stanza."
Harry annuì verso di lei, aggrottando le sopracciglia. Davvero il suo sosia godeva di tutte quelle attenzioni? Nel suo mondo, a nessuno importava di come stesse, ad eccezione di Tamara che fingeva di essere la sua infermiera personale. Sorrise al ricordo, lasciandosi scortare da Anne su per le scale, fin quando non si stese sul letto, finalmente in camera sua.
"Ho detto a Jamie di preparare un'aspirina. In poco tempo starai meglio" disse la donna, togliendosi il cappotto e appoggiandolo sullo schienale delle sedia accostata alla scrivania, dopodiché si sedette sul letto, accanto al figlio, appoggiandogli una mano sul braccio. Gli sorrise in maniera tenera, e si sporse su di Harry per lasciargli un dolce bacio sulla fronte bollente. Il ragazzo ebbe un brivido di freddo, poi delle nocche risuonarono sul legno della porta e Jamie entrò, lasciando sul comodino la medicina. Anne gli accarezzò una guancia, mentre la domestica usciva di nuovo dalla stanza.
"Sai" iniziò la donna, prendendo in mano il bicchiere e girando piano il contenuto. "Quando eri piccolo, sputavi sempre le compresse effervescenti."
Harry puntò i suoi occhi verdi sul viso della donna, troppo impegnata a girare la medicina per accorgersi dello sguardo insistente di quello che credeva fosse suo figlio.
"Sono migliorato, però" disse, mordendosi il piercing freddo a contatto con la sua pelle accaldata. Anne sorrise, presa dai ricordi. Lasciò il cucchiaino e gli fece prendere in mano il bicchiere. Harry si mise seduto, appoggiandosi con la schiena alla testiera del letto. Ingurgitò il contenuto, facendo una smorfia non appena si rese conto del retrogusto amaragnolo con gli aveva lasciato in bocca. Lasciò il bicchiere sul comodino e si aggiustò la coperta, sollevandosela come se fosse il suo bozzolo protettivo.
"Cos'altro facevo, quando ero più piccolo?" chiese interessato. Anne strinse le labbra, perdendosi nei ricordi.
"Ogni qualvolta ti fossi ammalato, venivi a coricarti nel mio letto, con i tuoi capelli biondi appiccati alle tempie bollenti. Volevi che ti stringessi durante la notte per non rimanere solo."
Harry si perse ad ascoltare, con un velo di nostalgia ad accarezzargli il cuore. Guardava Anne raccontargli alcuni aneddoti, non potendo mai sapere che Harry non avesse mai vissuto cose del genere. Lui non era mai andato nel letto dei suoi, suo padre non lo considerava mai e suo madre era troppo depressa per prendersi cura di lui. Forse l'aveva fatto quando era troppo piccolo per ricordarsene, ma Harry aveva sempre affrontato tutto da solo. Sentire quelle cose uscire dalle labbra di Anne gli fece venire gli occhi lucidi, perché Harry era stato un bambino fortunato, un bambino circondato da attenzioni e premure, tutto quello che lui non aveva mai avuto. Non ce l'aveva con lui, per niente.
Rimpiangeva solo il fatto di non avere avuto una mamma accanto, una mamma che potesse raccontargli degli aneddoti come Anne stava facendo, una mamma che potesse farlo sentire in compagnia e amato.
Harry non l'avrebbe mai detto a voce alta, ma sua madre gli mancava. Certo, provava rancore nei suoi confronti, ma quella rabbia repressa non era altro che il frutto di anni e anni di mancanza, di nostalgia, dell'affetto di cui era stato privato e che, in momenti come quelli, avrebbe tanto voluto avere come àncora a cui aggrapparsi, per ricordarsi che, alla fine, c'era pur ancora qualcuno che gli volesse bene, come la sua ragazza.
Le labbra di Anne continuavano a muoversi rapidamente, ma Harry non riuscì ad ascoltarla più di tanto. Guardò i contorni del suo volto, gli occhi lucidi per i ricordi che le scorrevano davanti e delle piccole rughe ad incorniciarglieli.
"Mi abbracceresti?" la interruppe Harry di punto in bianco, così, su due piedi, stupendosi da solo dalle richiesta appena fatta. Anne gli sorrise con calore.
"Ma certo, amore" e gli cinse il collo con le braccia.
Harry sollevò una mano, poggiandola sulla schiena della donna piegata in avanti. Chiuse gli occhi, inebriando il suo profumo e imprimendo questo ricordo nella sua mente, per sostituirne almeno uno della sua vita.
Si staccò dalla presa. "Ti chiamo per la cena, ok?" disse Anne scompigliandogli i capelli ricci. Poi gli sfiorò con un dito il piercing. "Sai, forse mi sto abituando."
Harry, con voce bassa e una certa malinconia addosso, la guardò sorridendo. "Non preoccuparti, tanto lo toglierò prima di quanto pensi."
La donna scosse le spalle. "L'aspirina dovrebbe fare effetto, hai ancora un po' di tempo per riposare." Si alzò dal letto e si avviò verso la porta, chiudendosela alle spalle.
Harry sprofondò sul materasso, facendo affondare la testa nel cuscino.
Si girò di fianco, tirando su con il naso e cercando disperatamente un fazzoletto, tastando la coperta. Si perse nei suoi pensieri, lasciando poi che la spossatezza prendesse il sopravvento, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare in un mondo di ricordi non suoi.

N/A
Siccome questo è l'ultimo aggiornamento prima del 25, ne approfitto per augurvi un felice Natale❤

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