Forgiving and cooking


Harry girò per tutta la scuola alla ricerca di Tamara, ma di lei non c'era traccia. Aveva controllato nelle aule che avrebbero occupato quella giornata, nella mensa, in segreteria, nella sala dei docenti, ma non era da nessuna parte. Gli studenti continuavano a guardarlo, perché erano sbalorditi di fronte quel cambiamento repentino. Insomma, l'Harry Styles che conoscevano si era trasformato in un ragazzo con piercing, modi di fare sfacciati e fortemente scurrile e maleducato?
Era impossibile credere che il ragazzo più intelligente della scuola, in un weekend, potesse cambiare così. Eppure Harry continuava a non fregarsene niente, lasciava che le persone gli parlassero alle spalle, perché tanto sarebbero rimaste sempre dietro di lui.
Aveva un priorità, e finchè non l'avesse trovata, non sarebbe stato soddisfatto. Non poteva lasciare Tamara da sola, non dopo quello che le aveva detto.
Era stato meschino, non si meritava di essere trattata in quel modo di fronte la folla di studenti in fila per i pasti. Continuava a girare intorno, controllando ogni angolo. Persino i collaboratori scolastici gli chiedevano chi stesse cercando, ma puntualmente Harry li allontanava con scatti delle braccia. Quando suonò la campanella, segnando la fine della pausa pranzo, Harry si avviò verso la classe di chimica, con i compagni di classe che lo superavano per prendere i posti migliori, ovviamente. Quando varcò la soglia dell'aula, Harry senza pensarci troppo andò ad occupare l'ultimo posto, quello accanto alla finestra, incrociando le mani sotto il mento e osservando in cerca della testa bruna che tanto aspettava di vedere. Poi la vide entrare con i capelli sciolti lungo la schiena, i libri stretti in mano e lo sguardo orgoglioso a cui non lasciava libertà di vagare intorno, come se stesse evitando accuratamente la testa riccia del ragazzo dell'ultimo banco. Harry scorse il professore fuori dall'aula che parlava con un altro docente, e ne approfittò per mettersi in piedi e avvicinarsi al banco in prima fila. Sarebbe stata l'ultima lezione della giornata, quella di chimica, dopodiché sarebbero potuti tornare a casa tranquillamente. Il ragazzo si accostò al banco in prima fila, toccando la sedia accanto a Tamara, ma la ragazza lo ignorò e aprì il suo quaderno, scrivendo la data e il nome della lezione del giorno. Harry fece un grosso sospiro, poi la vide spostarsi i capelli su un'unica spalla, continuando ad ignorare la sua presenza ingombrante. Quando il docente entrò, Harry scosse la testa e tornò sui suoi passi, andandosi a sedere nuovamente all'ultimo banco. Lanciò un'occhiata alla ragazza che fingeva di trovare interessante qualche appunto sul suo quaderno pieno di scritte, poi solo quando Harry puntò il suo sguardo fuori dalla finestra, Tamara si girò verso di lui, con le labbra strette e il fastidio capeggiarle in volto. Poi guardò il professore che iniziò a parlare di legami ionici e gruppi ossidrili.
Harry non badò alla chimica per niente - non ascoltava le lezioni nel suo mondo, figurarsi se l'avrebbe fatto lì - e aspettò impazientemente che quella maledetta companella suonasse. Un ragazzo riccio e con i capelli biondi era seduto accanto a lui, e spesso gli lanciava delle occhiate ostili notando l'insistenza di Harry nel muovere freneticamente la coscia, spazientito. Mentre il professore si girava per scrivere l'ennesima formula alla lavagna, Harry indicò il cellulare del ragazzo biondo. "Posso vedere una cosa?"
"I tanti video che ti ritraggono e i seguenti commenti?" Prese il telefono in mano e inserì il blocco schermo, aprendo la pagina internet e mettendola sotto il naso di Harry. "Non fanno altro che parlarne tutti. Guarda un po' cos'hai combinato."
Harry serrò la mascella e contrasse le sopracciglia, poi prese in mano il telefono nascondendosi dietro la schiena della ragazza che gli era seduta poco più avanti.
Quando fece scorrere il pollice verso il basso, iniziò a leggere i migliaia di commenti relativi ai video condivisi, e si rese conto di quanto fosse sembrato anormale.
In quella scuola era diventato un fenomeno da baraccone, qualcosa che si vede una volta e basta nella vita, e di certo non si sarebbero mai aspettati che uno come Harry Styles avrebbe fatto tanto scalpore in una mattinata sola. Quando scese ancora più in giù, verso il fondo della pagina, notò un altro breve video dalla qualità pessima. Abbassò il volume e lo guardò. Qualcuno aveva filmato anche lui e Tamara litigare, zoomando su di lei che lo lasciava al tavolo da solo e lui che faceva capovolgere la sedia in un impeto di rabbia.
Ecco, adesso la gente pensava fosse anche irascibile.
"Povera Tamara, forse si era stancata del suo Harry monotono e, spingendolo al cambiamento, l'aveva reso persino insopportabile."
Povera Tamara.
Povera Tamara.
Harry alzò lo sguardo su di lei proprio mentre la campanella suonava e rimetteva a posto i libri. Bloccò il telefono e lo restituì al ragazzo accanto a lui che continuava a guardarlo di sottecchi. "Sai" disse quello, infilando il quaderno nella tracolla verde, "è strano vedervi litigare, non fate altro che fare i piccioncini innamorati dalla mattina alla sera."
Peccato che lui non fosse innamorato di lei, o almeno, non di quella Tamara.
Harry annuì, scrollando le spalle e prendendo in mano la sua tracolla che non era stata aperta neanche una volta durante la mattinata. "Ogni coppia ha una crisi, no?" Abbozzò un sorriso, poi controllò il banco di Tamara, vuoto.
Spalancò gli occhi, guardandosi rapidamente attorno. Salutò con un cenno del capo il ragazzo biondo e si gettò fuori dalla classe, mettendosi in punta di piedi per distinguere la testa della ragazza nuovamente scomparsa. Poi ricordò.
Quella mattina non l'aveva, per caso, accompagnato lei a scuola?
Harry iniziò a sgomitare tra la folla di studenti accalcati per i corridoi, ragazzine che lo guardavano in tutta la sua altezza, sorridendogli stupite.
Quando giunse al portone di ingresso, Harry spinse il lato della porta ancora chiuso e superò la mandria impazzita, con le prime gocce di pioggia che scendevano dal cielo.
Non si era neppure reso conto che il cielo si fosse annuvolato improvvisamente.
Scese giù per i gradini, iniziando a correre sotto la pioggia che diventava più pesante ogni secondo che passava, fino a trasformarsi in un vero e proprio acquazzone.
Harry distinse la macchina bianca di Tamara nel parcheggio e aumentò la velocità della sua corsa, con gli occhi socchiusi colpiti dalle gocce di pioggia e i capelli fredici incollati alle tempie. Si morse il labbro, i piedi che si muovevano rapidi sull'asfalto lucido e le pozzanghere che puntualmente scavalcava. Poi notò le luci della macchina accendersi e la vettura fare retromarcia, così iniziò a rallentare, vedendo poi Tamara uscire dal parcheggio e partire a gran velocità, lasciandolo solo sotto alla pioggia incessante delle tre del pomeriggio. I vestiti gli erano incollati al corpo, la tracolla di stoffa appesantita sulla spalla e la pioggia che gli colpiva, fredda, il corpo muscoloso.
Molte macchine gli passavano accanto, suonando il clacson ripetutamente per farlo spostare, ma Harry aveva i piedi ben fissi per terra. Liam Payne si fermò con la macchina proprio accanto a lui, abbassando di poco il finestrino per far passare almeno la voce.
"Vieni, ti accompagno" disse, ma Harry scosse la testa.
"Non fa niente, tanto sono già bagnato."
Liam annuì poco convinto, rialzando il finestrino e partendo, mentre Harry finalmente iniziava a camminare. Quando uscì dal parcheggio le strade erano piede di macchine bloccate nel traffico, mentre lui procedeva piano sul marciapiede, la pioggia che lo costringeva a tenere lo sguardo abbassato.
Il tragitto verso casa non fu lungo, ma nemmeno tanto breve, così quando arrivò alla sua villa suonò il citofono rabbrividendo per il freddo. Il cancello venne aperto mentre sulla testa di Harry scoppiava un forte tuono.
Anne spalancò la porta di ingresso, portandosi una mano alla bocca nel vedere il figlio conciato in quel modo. Aveva una tuta azzurra addosso, non la si riconosceva nemmeno. Quando Harry si fermò sotto l'arcata della porta, vide Jamie portare un tappeto nell'atrio. Vi appoggiò i piedi sopra ed Anne richiuse la porta con un scatto del braccio.
"Tesoro mio" disse la madre sfilandogli dalla spalla la trocolla fradicia e sollevandogli la maglietta sulla pancia. "Com'è possibile che tu sia ridotto in questo modo?!"
"Problemi di trasporto" rispose il riccio che allontanò le mani della donna per sfilarsi da solo la maglietta. Quando fece uscire la testa, spostò i capelli indietro, bagnando la porta alle sue spalle, iniziando a bagnare anche il tappeto ai suoi piedi. Anne lo guardò dispiaciuta, aiutandolo a mantenere le cose, vedendo poi Harry sfilarsi le scarpe e poi i jeans. Jamie gli portò una specie di vestaglia color blu notte. Harry tirò su con il naso, annuendo soltanto. Non aveva voglia di prendere nessuno in giro.
La lezione che gli aveva impartito Tamara doveva pur lasciargli qualcosa.
Prese la vestaglia dalla mani della domestica e le diede i vestiti bagnati.
Strofinò i piedi sul tappeto prima di poggiarli sulle piastrelle lucide del pavimento, si allacciò la vestaglia blu in vita e salì al piano di sopra, seguito da Anne.
"Non dovevi tornare con Tamara?" gli chiese, mentre Harry entrava in bagno e si guardavano intorno per cercare un asciugamano. Ne trovò uno appeso ad un gancio e se lo passò tra i capelli bagnati, alcune ciocche sugli occhi verdi.
"Diciamo solo che me l'ha fatta pagare per una cosa che è successa a scuola, ma non ti riguarda, davvero."
Anne incrociò le braccia al petto, con un ciuffo di capelli tenuto indietro da un ferretto. "Mi dici sempre tutto, Harry. Che sta succedendo?"
Il ragazzo scosse le spalle, strofinandosi un'ultima volta i capelli e lasciando l'asciugamo a terra. Anne sgranò gli occhi. "E' un periodo un po' strano, ma non preoccuparti perché passerà."
La donna annuì, poi si spostò per lasciare passare il figlio diretto in camera sua. Quando Harry si richiuse la porta della sua stanza alle spalle, si andò a stendere sul letto, con gli occhi puntati sul soffitto. Poi lanciò uno sguardo sulla finestra chiusa e dalle persiane abbassate.
"Appena smetterà di piovere, verrò da te, Tam."

Il sole non uscì per tutto il resto della giornata, però smise di piovere circa due ore dopo, due ore in cui Harry era rimasto chiuso nella stanza, senza fare niente, in attesa.
Non voleva che Tamara gli fosse lontana, altrimenti non avrebbe potuto parlare con nessun altro.
Aveva ragione.
Era l'unica a stargli accanto, e non aveva apprezzato la cosa. "Insultarla" di fronte un branco di studenti pronti ad imprimere ogni momento con i cellulari era stato uno dei sbagli più grandi che avesse potuto fare con lei, doveva rimediare.
Harry non voleva che quel suo tentativo di farsi perdonare risultasse un atto egoista per non affrontare quella pazzia da solo, eppure non sapeva cosa fare. Aveva bisogno di lei, non poteva lasciarla andare via. Harry non gliel'avrebbe mai perdonato.
Certo, il suo Harry era diverso da lui, per cui al suo ritorno non sarebbe successo niente, ma già stava combinando fin troppi casini, non poteva lasciare che le cose peggiorassero ulteriormente.
Così, non appena vide che la pioggia aveva smesso di scendere copiosamente dal cielo, si era messo in piedi e aveva raccapezzato qualcosa dall'armadio nell'angolo. Infilò una maglia verde e un paio di pantaloni scuri persino con l'etichetta ancora attaccata. La staccò ruotando il pugno e scese le scale, salutando la madre che bevava un the leggero seduta su una sedia in cucina, mentre sfogliava una rivista di moda. Gli sarebbe piaciuto davvero tanto avere una mamma così, peccato solo che la sua avesse deciso di isolarsi in quella dannata stanza per tutta la vita, dimenticandosi della sua esistenza, una rinnegazione non detta a parole e che fece crescere il rancore nell'animo di Harry.
Quando uscì in giardino, in aria c'era ancora l'odore pungente della pioggia e della terra bagnata, la temperatura che si era abbassata notevolmente. Non impiegò troppo tempo ad arrivare da Tamara, sebbene comunque distinguere la casa gli fosse risultato difficile, ristrutturata com'era.
Era alta due piani, dipinta di un chiaro color crema con il tetto a spioventi pieno di mattoni rosso fuoco. Sembrava una di quelle case uscite da un set di Hollywood.
Il giardino era curato, alcune statue sparse per l'erba corta e un leggero sentiero fino l'ingresso dell'abitazione. Harry si abbassò per poter girare sul retro, passando sotto un salice piangente dalle cui foglie l'acqua continuava a scendere come se l'albero stesse davvero piangendo. Se tutto fosse stato uguale al suo mondo, la stanza al secondo piano sulla destra sarebbe stata la camera di Tamara. Harry si guardò intorno ai piedi, racimolando tra le braccia qualche pietra piccola che non potesse procurare danni. Non c'era alcuna scala di emergenza, solo una parete rivestita di edera e la finestra della ragazza. Harry sollevò la prima pietra e la lanciò contro il vetro.
Aspettò, poi ne lanciò una seconda, una terza, finchè le imposte non si aprirono e la testa di Tamara fece capolino. Aveva i capelli tenuti in alto in una crocchia sfatta, alcuni ciuffi ribelli ad incorniciarle il volto struccato e la mascella serrata nel vedere l'artefice dei lanci qualche metro più in basso. "Smettila."
"Dai, Tam, scendi giu, voglio parlarti."
"Vedo che tu sia arrivato sano e salvo a casa" disse orgogliosa, per poi far ritornare la testa dentro la stanza.
Harry urlò frustato e lanciò le pietre per terra, dirigendosi verso la parete di edera. Ingoiò a vuoto. Se fosse morto per una caduta violenta, non gliel'avrebbe mai perdonato. Controllò che fosse abbastanza resistente, poi iniziò a tirarsi su, facendo leva sulle braccia e suoi muscoli delle gambe, arrampicandosi come se fosse una montagna da scalare. Aveva la faccia contratta in un'espressione sofferta, gli occhi stretti e le dita sudate mentre stringevano la pianta a tratti pungente. Quando mancò ormai pochissimo alla finestra, il piede gli scivolò e dovette mantenersi forte con le braccia, sollevandosi per quanto gli fosse possibile. Non appena riuscì a mantenersi fermo, girò la testa verso sinistra, verso la finestra aperta. "Tam!" urlò.
La ragazza, infastidita, si sporse nuovamente controllando in basso, ma poi quando si rese conto che Harry le fosse quasi praticamente accanto attaccato ad una parete di edera si lasciò sfuggire un urlo. "Oddio Harry!"
Il ragazzo forzò un sorriso, poi staccò una mano per potersi aggrappare sul davanzale sporgente della finestra. Ma quando riuscì ad attaccarsi, ecco che l'altra mano scivolò, costringendolo a spostarsi rapidamente sul davanzale, con le mani strette ad esso e i piedi che si muovevano nel vuoto. Se fosse caduto, si sarebbe fatto davvero molto male.
Tamara mise le mani intorno ai polsi di Harry, stringendo la presa e iniziando a tirarlo verso di sè. Harry si spinse con il busto in avanti, cercando di appoggiare i piedi sulla parete del palazzo. Quando sfiorò la pittura con la punta, allungò le gambe e si tirò sui bicipiti, urlando per lo sforzo, la fronte imperlata di sudore e i denti scoperti e stretti come a voler sopportare il dolore. Le mani erano arrossate, tranne le dita che erano praticamente bianche. Tamara strinse di più la presa sui polsi, spostandosi poi per afferrargli le braccia. Harry, appena toccò nuovamente il muro, si spinse in alto e fece leva sui gomiti, appoggiandosi poi con il busto sul davanzale e lasciandosi tirare all'interno della stanza da Tamara che cadde all'indietro, seguita da Harry.
Avevano entrambi il fiatone, il petto che si muoveva velocemente e le mani indolenzite, in particolar modo Harry che aveva dei segni violacei sui palmi.
"Finiamo la giornata analogamente a com'è iniziata" disse piano e con l'affanno. Si tolse da sopra la ragazza, rotolando su un fianco e stendendosi sul pavimento fresco della stanza. Aveva le braccia che gli tremavano per lo sforzo.
"Sei.Un.Cretino" disse Tamara tra i denti, scandendo le singole parole.
Harry scoppiò a ridere, passandosi poi una mano sulla fronte madida. "No, sono Harry Styles, piacere."
La ragazza scosse la testa, mettendosi seduta e appoggiandosi con la schiena al letto. "Ti saresti potuto fare male."
"Almeno ho attirato la tua attenzione" le rispose Harry alzandosi e copiando la posizione della ragazza, osservandosi le mani e i lividi che sicuramente sarebbero usciti.
"Se ti fossi fatto del male per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato."
"Avrebbero potuto anche investirmi, ma non te ne sei fregata poi molto." Harry la guardò negli occhi scuri, stringendo le labbra, l'affanno che iniziava a sparire.
Tamara abbassò lo sguardo sulle sue cosce lasciate scoperte da un pantaloncino morbido. "Ero arrabbiata."
"Eri?!" sottolineò Harry, sorridendo con un angolo della bocca.
Tamara lo guardò, seriosa. "Lo sono ancora, ma un po' di meno."
Harry ingoiò a vuoto, passandosi poi una mano tra i capelli spingendoli indietro. "Ecco, Tam, a proposito di questo.."
"Sì?" disse lei, sorniona.
Harry alzò gli occhi al cielo, a disagio. Non era per niente abituato. "Volevo chiederti....scusa, ecco."
"Va' avanti."
"Sei perfida!"
"No, sono Tamara, piacere." Gli fece il verso, ed Harry scosse la testa.
"Mi dispiace averti dato motivo di vergognarti di me, non era mia intenzione e ti giuro che non lo faccio con l'intento di ferirti" iniziò il riccio, grattandosi la nuca e distogliendo lo sguardo, imbarazzato. "Sei l'unica persona a cui non voglio fare del male, non dopo l'aiuto che mi stai dando. Non meriti questo" disse, notando la piccola spaccatura quasi guarita sul suo labbro inferiore.
Tamara sorrise e gli prese una mano, accarezzandone dolcemente il dorso. "Apprezzo lo sforzo, Harry. Sembri un bambino alle prese con le prime scusanti" scherzò.
Harry storse il naso. "Non sono abituato."
"E va bene così. Ti avrei perdonato anche senza che tu avessi rischiato la vita."
Harry sollevò la testa e le sorrise, facendo apparire due adorabili fossette ai lati delle labbra carnose. "Allora avresti potuto perdonarmi prima, no? Magari dopo la lezione di chimica, senza che facessi queste cose spericolate."
Tamara gli diede un buffetto, per poi scompigliargli affettuosamente i capelli. "Non ci sarebbe stato alcun gusto."
"Ti odio, e lo dico davvero." Harry si portò il ciuffo indietro, togliendo poi la mano dalla presa delicata di Tamara per controllarsi i lividi che sarebbero usciti di lì a poco.
"No, non mi odi, altrimenti non ti saresti arrampicato su una parete ricoperta di edera per chiedere in ginocchio il mio perdono."
Harry la guardò, socchiudendo gli occhi e sorridendole sornione. "Non rovinare tutto, ok?"
Tamara appoggiò la testa sulla sua spalla, sorridendo, con Harry che le accarezzava il braccio opposto mentre fuori dalla finestra iniziava nuovamente a piovere.





"Guarda" Tamara prese il suo telefono che aveva appoggiato su un mobile accanto al divano, tornando dalla cucina con un pacchetto di popcorn preconfezionato. "Adesso ti faccio vedere qualche foto, poi ci vediamo un piccolo film come le persone normali che non hanno niente da fare, e poi andiamo a casa di Sandy."
Harry sollevò un sopracciglio, mentre prendeva in mano il pacco di popcorn e lo apriva strappando la busta a metà. "Chi è Sandy?"
"Ah, non lo so" disse Tamara sorridendogli. "Un tipo che sta facendo l'addio al celibato, e siccome ci sono inviti sparsi per la strada, ne approfittiamo." Si sedette di peso accanto al riccio prendendo possesso del pacco appena aperto, e sbloccò il suo cellulare, andando sulla galleria. Iniziò a far scorrere il rullino, mostrando ad Harry alcuni dei suoi scatti preferiti in cui il suo sosia era praticamente sempre presente. Harry si fermò ad ammirare un'immagine in particolare, constatando quanto fosse uguale e diverso allo stesso tempo. Aveva il piercing al labbro esattamente come ricordava, i capelli lasciati in ricci scomposti e la pelle molto più pallida, così come i muscoli delle braccia molto più pronunciati. Non sorrideva nella foto, aveva le labbra strette tra loro e un braccio avvolto alla vita di Tamara che lo guardava con sguardo pieno di amore, sorridendogli.
"E' la mia foto preferita" ammise lei, scuotendo le spalle. "Harry odia le foto, non sorride mai in quest'ultime."
Il riccio chiuse la galleria e aprì la macchina fotografica, rivolgendo l'attenzione alla telecamera interna. "E allora vieni qui, facciamoci questo selfie sorridente."
Tamara sollevò un sopracciglio guardando la telecamera, mentre Harry apriva il suo volto in un semplice sorriso, facendo apparire le fossette, prima di scattare la foto.
Dopodichè ripresero a sfogliare le immagini, questa volto con uno scatto in più, mentre finivano i popcorn. Tamara si alzò improvvisamente. "Vado a vedere se trovo un film in streaming."
"Che fuorilegge."
"Non intendo spendere soldi per noleggiarli. Non so cosa fai tu, ma io non sborso una sola moneta" e si avviò al piano di sopra.
Harry si guardò un attimo attorno, constatando quanto quella casa fosse vuota.
Le pareti avevano l'intonaco rovinato, i mobili avvolti da cellphone oppure da lenzuoli bianchi, polvere sui mobili e un televisore con ancora la pellicola applicata sullo schermo. Tutta la casa era ridotta male, a differenza di quella della sua Tamara curata in ogni minimo dettaglio, un po' come la sua stessa abitazione resa a lucido.
Abbassò lo sguardo sul cellulare di Tamara e lo sbloccò, continuando a vedere le foto nel rullino. Era vero, Harry non sorrideva mai, mentre la ragazza era sempre solita fare delle smorfie. In alcune immagini erano presenti altre persone, ma nella maggior parte c'era sempre il suo ragazzo, fin quando Harry si imbattè in un video scuro.
Si accertò che Tamara non fosse nei paraggi. Insomma, sarebbe stato imbarazzante se l'avesse scoperto ispezionare la galleria del suo telefono.
Harry non era per niente abituato a farsi i fatti degli altri, ma ormai la curiosità aveva preso il sopravvento e voleva sapere cosa ci fosse dietro quel video. Quando mise play, la visione era ancora scura, fin quando non si aprì di colpo rivelando una Tamara in reggiseno e mutande che maneggiava con il telefono, assicurandosi che stesse registrando.
"Bene, Harry, è pronto."
Da sinistra apparve improvvisamente il suo sosia con solo un boxer addosso. Harry sgranò gli occhi di fronte quelle immagini che iniziarono a susseguirsi rapide.
"Ciak, si gira" disse lui, e aveva una voce identica alla sua, se non ancora più bassa e tonante. Nascondeva un accenno di sorriso, poi si avvicinò a Tamara che si era messa proprio in piedi di fronte la base del letto. Harry portò due mani a circondarle il volto e iniziò a baciarla con foga, spingendosi contro di lei, facendola stendere sul letto.
Iniziò a scendere, baciandola sul mento, sul collo e sulle clavicole, mentre Tamara gli stringeva le spalle con forza, ficcando le unghie nella carne. I baci divennero più voraci, la temperatura si fece più calda nella stanza e Harry iniziò a muoversi contro di lei, con i primi sospiri a riempire le mura di quella stanza.
Il riccio chiuse immediatamente il video con il cuore a mille e le guance paonazze.
Ma che diamine..?
Tamara rientrò nel salone con il laptop in mano e lo sguardo perso sullo schermo illuminato. "Credo di aver trovato quello giusto, sempre che a te piacc- Harry? Che hai? Ti vedo agitato" ammise, sedendosi accanto al ragazzo che aveva gli occhi spalancati.
Ecco, adesso non riusciva a guardare Tamara dopo averla vista in intimo in quel dannato video. Non aveva mai visto nemmeno la sua ragazza in quel modo, ma se quelle due fossero state davvero uguali...oddio.
In un impeto di sincerità sbloccò il telefono e le mostrò il video messo in pausa. "Mi spieghi perché fai certe cose? EH? Me lo spieghi?"
Tamara spalancò la bocca, strappandoglielo di mano. "Questo video è solo mio e di Harry, possiamo vederlo solo noi due!"
"Ma non è normale riprendersi mentre si è in intimità!"
Tamara si contenne dalle risate. "Non l'hai visto fino alla fine, vero?"
Harry spalancò la bocca. "Certo che no, ti pare che lo avrei visto fino alla fine? Se già mi sono agitato nei primi secondi, non saprei dirti cosa sarebbe potuto succedere se fossi andato oltre."
Tamara gli spazzolò i capelli sulla fronte, fermandosi a guardare i suoi occhi verdi. "Mio piccolo segaiolo. Se lo avessi visto fino alla fine, ci avresti visto solo baciare, senza scopare in alcun modo."
"Ma-"
Harry si sentiva malissimo, non avrebbe neanche dovuto aprirlo. Aveva spezzato l'intimità altrui, violandone la privacy, ma se si fossero ripresi mentre lo facevano...se ne sarebbero privati loro stessi, no?
"Niente, Harry. Non ci saremmo mai ripresi mentre facevamo sesso, dài, un po' di pudore."
Il riccio spostò lo sguardo sul cellulare, restituendolo. Vedere Harry con Tamara lo fece pensare immediatamente alla sua ragazza. Era come se avesse appena visto un film su loro due, in quanto il ragazzo ripreso era praticamente lui, solo con qualche muscolo di troppo.
Ingoiò a vuoto e si girò verso Tamara, cercando di abbozzarle un sorriso. "Scusami se ho frugato nella tua roba."
"Era prevedibile, non preoccuparti" disse lei, spostando gli occhi sullo schermo su cui capeggiava la locandina di un film.
"E non sono un segaiolo."
"Questo è discutibile."
Harry le tolse dalle cosce il computer e se lo appoggiò sulle sue. "Adesso ti faccio vedere io un film decente."



Due ore e mezza dopo, Tamara spense il computer, chiudendo lo schermo solo quando questo si era ormai fatto nero. Era rimasta in silenzio per tutta la durata del film, e ora la fame iniziava persino a farsi sentire. Era forse l'una del pomeriggio, e non avevano niente da mangiare.
Rimase con il computer in grembo, ferma, con gli occhi fissi nel vuoto. Poi si girò a vedere Harry, impassibile in volto.
"A te è piaciuto?" chiese atona.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto con un cipiglio al volto. Aveva paura di dare la risposta sbagliata a quella domanda, solo per vedere la reazione di Tamara subito dopo.
"No" decise di rispondere infine. "A te?
Tamara si mise il computer accanto e si girò con il busto verso di lui. "No. Batti il cinque." E alzò la mano che Harry schiaffeggiò subito dopo. "Almeno so che questi film scadenti non ti piacciano."
"Infatti non piacciono a me, ma a Tamara sì, molto."
La ragazza si bloccò, spalancando la bocca e sgranando gli occhi. "Che eresia è mai questa?! Giuro che se la incontrerò mai, le darò tante di quelle-"
"Stai buona" le disse Harry facendole appoggiare la schiena contro il divano in pelle bordeaux. "Non le torcerai un capello, intesi?"
Tamara sbuffò, incrociando le braccia sotto al seno. "Come vuoi. Aspetta solo che stiamo da sol-"
"Smettila."
Tamara sorrise con un angolo delle labbra. "Sto scherzando, Harry, calmati."
Il ragazzo si sollevò in piedi, sgranchendosi le gambe e le braccia, bloccando i suoi movimenti a quelle parole e sorridendole beffardo. "Lo so che stai mentendo, Tam. Lo so bene." E si allontanò, procedendo verso la cucina. Tamara aggrottò le sopracciglia e si mise in piedi, seguendolo.
"Che vuoi fare?"
"Mangiare magari?" disse Harry sarcasticamente, aprendo le ante dei mobili per cercare qualcosa di commestibile.
Tamara gli bloccò il braccio. "No, andiamo a mangiare fuori. Troveremo sicuramente qualcosa da scroccare-"
"No." Harry le lanciò un'occhiataccia. "Passeremo il pranzo diversamente." Tirò fuori un pacco di pasta da un mobiletto, degli spaghetti, e gli mantenne in mano. Aprì un cassetto e trovò uno strofinaccio con cui pulire il piano della cucina impolverato, così appoggiò il pacco lì sopra, rovistando all'interno degli altri mobiletti per trovare qualcosa con cui cucinarli.
"Sai maneggiare i fornelli?" chiese Tamara stupita. Harry annuì, pensando a cosa poter fare.
"Intanto che trovo qualcosa, vedi di riempire una padella con dell'acqua, così da farla già riscaldare."
Tamara sbuffò. "Sperando che mia madre non si sia portata via proprio tutto."
Aprì il mobile sotto il lavabo, prese la pentola e la mise sotto il getto dell'acqua, poggiandola poi sopra un fornello appena spolverato da Harry.
Il ragazzo intanto aveva trovato una bottiglia di olio e del bacon, così appoggiò tutto sul piano della cucina. "Bene." Prese gli spaghetti e gli gettò nell'acqua che aveva iniziato a bollire. "Non so cosa ne uscirà fuori, ma ci proviamo, ok?"
Tamara sollevò gli occhi al cielo. "Spero solo che tu non mi faccia esplodere casa."
"Tranquilla, ne usciremo indenni."
Harry, in un'altra pentola, iniziò a friggere il bacon con l'olio, lasciandolo poi a raffreddare una volta pronto.
Aspettò che gli spaghetti fossero cotti al punto giusto e afferrò dai due manici la pentola della pasta. "Mantieni questo" disse a Tamara indicandole lo scola pasta sul ripiano. Si avvicinarono al lavandino ed Harry piegò piano la pentola, facendo scivolare l'acqua bollente e poi gli spaghetti che, purtroppo, schizzarono, facendo bruciare le mani di Tamara, la quale lasciò pesantemente lo scola pasta in una parte del lavabo, gettando la mano sotto il getto dell'acqua gelida, soffiando sopra la scottatura.
"Scusami, non volevo!" disse Harry mortificato mentre recuperava gli spaghetti e li metteva nei due piatti preparati sul ripiano in marmo.
"Cazzo!" disse Tamara una volta chiuso il rubinetto, "mi uscirà un bolla enorme qui." Si indicò un punto sul dorso della mano, appena sotto il pollice. Harry si strinse le labbra, per evitare di scoppiare a ridere.
"Tranquilla, non morirai" le rispose, poi lasciò la pentola vuota sui fornelli. "Adesso metti il bacon nei piatti. L'ho già tagliato in piccole parti. Ovviamente" disse con fare esperto, "mettici anche l'olio, nei piatti."
"Certo, chef" scherzò Tamara prendendo la padella per il manico in plastica e versando il contenuto nei due piatti separati. Dopodichè prese anche la pentola dai fornelli e li mise nel lavandino. Harry annusò il suo piatto.
"Dovrebbe essere commestibile."
"Lo spero per te."
Presero i piatti e si andarono a sedere sul tavolo vuoto, senza tovaglia e senza posate.
"Ehm..come dovremmo mangiare?"
"Con le mani" rispose Tamara, andandosele a lavare e tornando al tavolo. Harry la imitò, e la ragazza aspettò che anche lui prendesse posto di fronte a lei.
"Sembriamo due animali" disse Harry prendendo tra due dita un pezzo di bacon.
Tamara lo assaggiò e annuì, "Non posso farci niente, è colpa di mia madre per essersi portata via tutto. Ha lasciato solo i doppioni."
"Ma come hai fatto per tutto questo tempo?" chiese Harry prendendo uno spaghetto e tirandolo a labbra strette.
"I miei se ne sono andati da tre settimane. Sono andata sempre a mangiare fuori, o in mensa a scuola." Scosse le spalle.
Harry allargò le narici, turbato. Tutta la situazione era assurda. Poi sorrise di sottecchi, mentre tirava un altro spaghetto. Proseguirono in silenzio per tutto il tempo, finchè i loro piatti non furono vuoti. Harry aveva le mani sporche di olio, così come Tamara, e le labbra umidicce. "Bene " disse, "adesso dobbiamo pulirci e lavare i piatti, sebbene io non sia pratico."
"Chi ti ha insegnato a cucinare?" chiese Tamara mentre prendeva il suo piatto e si dirigeva verso il lavabo. Harry era appena dietro di lei.
"Vedevo la mia domestica Jamie farlo, e siccome è molto brava, ho voluto che mi insegnasse qualcosa. Dovrò pure rendermi autonomo, un giorno, devo saper fare tutto."
"Sai, è divertente cucinare. Non ci avevo mai provato" ammise Tamara mentre sciacquava i piatti sporchi. Harry trovò una bottiglia d'acqua nel frigorifero e prese due bicchieri di plastica dalla colonna lì accanto.
"Adesso potremmo dilettarci" scherzò Harry, preparando un bicchiere per lei. Tamara gli fece la linguaccia, finendo subito di pulire i piatti. "Potrò farti fare delle cose comuni a tutti gli essere umani!"
La ragazza si asciugò le mani allo strofinaccio pulito appena preso da un cassetto e glielo buttò addosso, colpendolo in faccia. "Ora non ti allargare troppo."
Harry si andò a risedere sul divano, stendendosi. "Che dici, ci riposiamo un po'?" disse, ad occhi chiusi. Si era svegliato presto quella mattina, ancora prima che entrasse il sole nella stanza, e la paura che il padre tornasse gli aveva fatto accelerare ogni singolo movimento. Non aveva da studiare, e sarebbero usciti solo alle otto di sera, una piccola siesta non avrebbe fatto male a nessuno.
"Ti va di sistemare questa fottuta casa?" gli chiese Tamara all'improvviso.
Harry si mise seduto di scatto, spalancando gli occhi. "Cosa?"
"Sì, insomma.. " disse allargando le braccia, "ti va di rendere questa abitazione un po' più vivibile?"
Harry sorrise con un angolo delle labbra, mettendo da parte la stanchezza. Tamara si stava offrendo per fare qualcosa di buono, non avrebbe potuto sprecare quell'opportunità.
Si mise in piedi, unendo le mani tra loro e guardandosi attorno, sorridendo poi con le sue fossette ben in vista. "Da dove vuoi cominciare?"

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