Arms are made for holding you


"Muoviti" scandì Tamara afferrando Harry per il polso, tirandolo a sè per farlo uscire da casa. Harry si impiantò con i piedi per terra, le narici dilatate e i capelli spettinati. Jamie sporse dalla cucina, asciugandosi le mani sul grembiule.
"Qualche problema?" chiese la domestica, sollevando un sopracciglio.
Harry e Tamara si girarono simultaneamente nella direzione della donna. "No!" "Sì!" urlarono, poi Harry guardò nuovamente la ragazza negli occhi, appoggiando una mano contro lo stipite della porta di ingresso per opporsi ai tiri di Tamara.
"Devi muoverti, Harry, o giuro che ti faccio male!" sbottò, tirandolo ancora una volta. Harry tolse la mano dallo stipite e si lasciò attrarre dalla ragazza, finendole addosso e cadendo entrambi all'indietro, sul prato curato. Harry cadde su di lei, sostenendosi poi con i gomiti accanto al busto della ragazza. Le sorrise con un angolo della bocca.
"E come faresti, scusa?! Ti si spezzerebbero le unghie" ammise, sollevandosi in piedi e aiutando Tamara che, lasciandosi tirare da Harry, si massaggiava il fondoschiena.
"Ti odio."
"Ti voglio bene, Tam" disse lui sarcasticamente, aggiustandosi la borsa appesa alla spalla. "Adesso muoviti prima che possa tornare dentro con un salto."
Tamara si spazzolò il pantalone aderente e gli si fiondò addosso, ghermendogli il braccio prima che scomparisse e rendesse i suoi sforzi vani. Quella mattina lo aveva spinto, facendolo cadere dal letto, per poterlo svegliare. Harry aveva aperto gli occhi e quando l'aveva vista in piedi accanto a lui, si era preso i capelli, ributtandosi a peso morto sul materasso impeccabilmente nuovo.
"E' lunedì" aveva detto Tamara, incrociando le braccia al petto.
"E io che cazzo me ne fotto?" aveva risposto Harry, coprendosi gli occhi e gettandosi addosso al viso il braccio dalla pelle pallida e liscia.
Il riccio aveva la strana abitudine di rimanere sempre vestito, anche la notte. Vestito interamente, o in boxer. Quella mattina Tamara l'aveva trovato vestito, tirandogli il braccio e mettendolo in piedi di forza. Lo aveva portato in cucina, gli aveva fatto bere il caffè che Jamie aveva preparato dieci minuti prima e gli aveva messo accanto ai piedi una tracolla color mogano.
Harry aveva distolto lo sguardo dalla tazzina che reggeva in mano, spostandolo sulla borsa a terra, per poi guardare Tamara. Collegare le cose gli era stato molto facile, e ovviamente si era da subito opposto, ma purtroppo alla fine si era ritrovato a seguire la ragazza lungo il tratto di brecciolina, esattamente come in quel momento, abbandonando la sua villa mastodontica e dirigendosi verso la macchina bianca di Tamara, parcheggiata lungo il marciapiede dissestato di buche.
Il tragitto verso la scuola fu noioso e silenzioso, con Harry che aveva perennemente lo sguardo buttato fuori dal finestrino alla sua sinistra, la strada che gli scorreva davanti rapida, come se Tamara stesse gareggiando per arrivare prima. "Perché devi sottopormi a questa tortura? E' lunedì, non voglio andare in classe" sbuffò contro il vetro, appannandolo leggermente.Tamara sterzò bruscamente verso destra, facendogli sbattere la fronte contro il finestrino. "Ma hai qualche istinto omicida verso di me, oggi?"
Tamara occupò il primo parcheggio disponibile e scese dalla macchina, aspettando che anche Harry abbandonasse il suo posto per poterla chiudere con il telecomando.
Il ragazzo sbattè la portiera, accostandosi alla ragazza e iniziando a proseguire a passo di marcia, trascinando i piedi come se stesse andando a morire. Tamara alzò gli occhi al cielo, dandogli poi una pacca sulla spalla.
"Andrà bene, dai. Oggi abbiamo tutte le lezioni in comune-"
"Evviva!" esultò Harry falsamente, lanciando un pungo in aria, poi si soffermò a vedere attentamente il profilo dell'edificio che aveva di fronte verso cui una mandria di studenti si accalcava per entrare e prendere i posti migliori. Si aggiustò la cinghia sulla spalla, poi abbassò gli angoli delle labbra rosee. La scuola era completamente dipinta di arancione, con le porte in acciaio e i vetri così puliti da vederci benissimo attraverso, non c'era un gaffito ad occupare le pareti, tutto era impeccabile, come se fosse un'opera d'arte anziché una prigione per giovani. I suoi occhi verdi si fermarono ad osservare ogni singolo dettaglio, fin quando non iniziò ad incontrare i volti dei ragazzi che lo circodavano, i quali lanciavano delle occhiaie stranite verso di lui. Harry stuzzicò il piercing al labbro, e ricordò. Non se ne fregò nulla e scosse le spalle, mentre Tamara si dirigeva verso un gruppo di ragazze che salutavano nella sua direzione. Era stranissimo pensare che Harry conoscesse tutti, ma proprio tutti i ragazzi che gli capitavano sott'occhio, sebbene fossero differenti al massimo rispetto a come gli aveva conosciuti. Liam Payne entrava con le mani strette intorno alle cinghie dello zaino, un sorriso in volto e i capelli tirati indietro, Niall Horan aveva la tracolla scesa nell'incavo del braccio e l'altra mano che manteneva il casco della sua moto, mentre lasciava una pacca sulla spalla all'amico sulla destra, Jason Smith. Quel ragazzo, pensò Harry, era stato in prigione per due anni per aver quasi rapinato una banca, e ora era lì, a braccetto con una ragazza con gli occhiali sul naso e un paio dii brufoli sulla fronte. Louis Tomlinson era appoggiato contro la parete, circondato da molte ragazze che pendevano dalle sue labbra qualsiasi cosa dicesse, e Zayn Malik era accanto a lui, ma Harry non seppe osservargli il viso perchè era girato di spalle, con uno sketeboard incastrato tra le cinghie dello zaino scuro. Tutti erano intenti a parlare, mentre Harry si fermava e si guardava intorno, vedendo tutto per la prima volta.
La campanella suonò e Tamara riapparve al suo fianco, facendo unire le loro mani per guidarlo. "Non salutare nessuno, Harry non ama parlare con gli altri ragazzi."
"Ma che schifo di persona. Continuerò a ribadirlo e giuro che quando lo vedrò mercoledì in quella fottuta stanza bianca, glielo dirò persino in faccia."
Tamara si portò una mano sulle labbra per nascondere le risate, mentre apriva la porta della stanza ed entravano per primi. Non c'era ancora nessuno, ed Harry ne approfittò per guardarsi attorno, notando tantissimi cartelloni a colorare le pareti, mappe concettuali sparse per gli angoli della stanza e la lavagna piena di scarabocchi bianchi. Harry si diresse verso l'ultima fila di banchi, mentre Tamara occupava il primo posto. "No, devi sederti vicino a me."
Harry rise fintamente, appoggiando pesantemente la tracolla sul banco in legno. "Non ci penso nemmeno" disse, allargando la sedia e lasciandosi cadere scompostamente su di essa. Tamara assottigliò gli occhi, ma non fece in tempo a dire un'altra parola che il resto dei loro compagni entrò sgomitando in classe. Harry guardò i ragazzi allargando le narici, schifato dal loro comportamento infantile. Un ragazzo con gli occhiali rotti, un libro in mano e i capelli sparati in alto gli si avvicinò, sorridendo in maniera quasi impercettibile, come se avesse paura di lui. Harry sollevò un sopracciglio. "Allora?"
"Quello è il mio posto, solitamente" disse il ragazzo, abbassando lo sguardo. Harry rimase fermo, sbattendo ripetutamente le palpebre.
Sollevò sornione un angolo delle labbra, quello dove il piercing era ben in vista. "Solitamente sono seduto avanti, ma oggi sono qui, per cui...evapora."
Il ragazzo strinse le labbra e, spalle strette, si diresse in prima fila, accanto a Tamara che gli sorrise comprensiva. Si girò verso di Harry, stringendo i denti, ma il riccio si portò una mano alle labbra e gli mandò un bacio volante, mentre il professore entrava e salutava gli alunni. Dopo circa cinque minuti, Harry scorse Tamara ridere sotto i baffi, controllando un pagina del diario che aveva appena sotto il naso. Aggrottò le sopracciglia e fece per chiamarla, quando il professore puntò i suoi occhi scuri in quelli verde smeraldo del ragazzo. "Bene, Styles" disse, gettando poi un'occhiata rapida sul foglio che reggeva in mano dove, in trasparenza, si intravedeva una specie di lista.
"Mi dica, prof" disse Harry strafottente, e il docente abbassò gli occhiali sulla punta del naso.
"Che ne dice di venire qui?" disse, toccando il lato corto della cattedra. Harry annuì indifferente e, camminando spavaldo, si accostò al docente che si fermò ad osservarlo da cima a fondo, sussurrando "strani cambiamenti."
Harry lo sentì e strinse la mano in pugno, ma il docente puntò nuovamente i suoi occhi in quelli del ragazzo, appoggiando il foglio e aprendo il suo registro personale.
"Allora? Perché sono qui vicino a lei?" chiese Harry, stranito. Guardò Tamara che gli stava sorridendo sadica. Il riccio schiuse le labbra per poterle dire qualcosa, ma il professore si tolse gli occhiali, portandosi il pollice e l'indice agli occhi.
"Avanti, oggi tocca a lei. Si era prenotato circa due settimane fa per quest'interrogazione, non vorrà mica fare scena muta, adesso" disse l'uomo con un leggero sorriso, ben cosciente che Harry gli avrebbe dato quello che il professore desiderava, l'interrogazione migliore dell'anno. Il problema, però, era che un altro Harry gliel'avrebbe data senza problemi, non quel ragazzo che si dondolava sui talloni mordendosi il piercing e osservando Tamara incredulo.
"Ehm, veramente.."
"Scusi, professore" Tamara alzò la mano per richiamare l'attenzione del docente, e l'uomo si girò a guardarla, un sorriso ad occupare quel volto rugoso e quasi stempiato. Due folte sopracciglia bianche rendevano il marrone degli occhi ancora più profondo.
"Dimmi, Porston"
"Oggi bisognava portare la Guerra fredda, giusto?" disse lei, sgranando gli occhi verso Harry affinchè capisse l'argomento che avrebbe dovuto trattare. Sperava che, nell'altro mondo, l'avesse studiata....ma a vederlo meglio, era assolutamente impossibile che uno come lui studiasse argomenti del genere. Il professore annuì, per poi girarsi verso Harry che aveva incrociato le braccia sul petto, sorridendo con un angolo delle labbra. Gli altri ragazzi presenti in classe iniziarono a chiedersi per quale assurdo motivo il riccio non stesse ancora parlando, ma stesse perdendo tempo come se non sapesse nulla al riguardo. Persino quelli dell'ultimo banco, famosi per non prestare sempre attenzione, preferendo rivolgerla al di là della finestra, si girarono a guardarlo, e tirarono fuori i telefonini per riprendere quella scena più unica che rara.
Harry era già stato presa di mira per quella scenggiata fatta al parco con Malik, lo scorso sabato, non voleva dare ancora di più nell'occhio, sapendo della buona fama di perdente di cui godeva il suo sosia. Ma non ce l'avrebbe fatta, o almeno non quella mattina, in quel preciso momento.
"Styles, si vuole prendere un caffè nel frattempo?" disse il docente sarcasticamente, iniziando a muovere le varie cose sparse per la cattadra, infastidito. Era un professore serio, e odiava profondamente le prese in giro. Harry lo conosceva perché nell'altra sua scuola c'era quella stesso professore, solo che l'uomo non spiegava, si prendeva il suo stipendio senza impartire alcuna lezione. D'altra parte, in quel mondo, tutto funzionava in quel modo, la corruzione a divagare in ogni dove, e l'ignoranza in guerra aperta con la cultura, sempre in netto svantaggio. Dove si trovava lui, in quel momento, era esattamente tutto il contrario.
Avrebbe fatto fare al suo caro sosia una figura che nessuno avrebbe dimenticato. Harry non era cattivo, non si reputava tale, ma qualche burla si poteva pur fare, non sarebbe morto nessuno. Tanto che stava già facendo una figura di merda, almeno l'avrebbe fatta con i fiocchi.
"No, prof, sto bene così. Il caffè me lo conservo per dopo." Guardò Tamara che si mordicchiava l'unghia, mimando poi con le labbra "Ti prego."
Harry sorrise nella sua direzione, poi si girò verso il professore che accavallò le gambe e si mosse con la sedia girevole, mettendosi esattamente di fronte al ragazzo dalla maglietta grigia e il pantalone nero aderente. "Allora" iniziò Harry, alzando gli occhi al cielo, facendo finta di pensare al riguardo. Poi si appoggiò con le grosse mani sul bordo della scrivania. "La Guerra fredda è uno dei bruttissimi capitoli della storia dell'umanità."
"Wow, impressionante" disse il professore ironico, stringendo le labbra.
"Esatto prof, da non credere. E' importante, però, sapere che questa guerra si sia svolta nei mesi pù freddi dell'anno, ecco il perché del "fredda"."
Tutta la classe scoppiò a ridere, persino quelli che continuavano a filmare la scena. Tamara lo guardò, assottigliando lo sguardo e passandosi orizzontalmente l'indice sul collo.
Il professore si alzò in piedi, scostando rabbioso la sedia. "Styles, adesso basta con questa sceneggiata da quattro soldi." Si avviò verso la porta della classe e la spalancò con un gesto della mano, indicandola poi con l'indice. "E' sempre stato ottimo, ma questa presa in giro non la tollero, non dopo due settimane di preavviso concitato e email di promemoria."
"Le ha inviato delle mail? Questo è impressionante" disse Harry con le sopracciglia sollevate. Il verso che fece il docente poco dopo sembrò vagamente un ruggito.
"Esca ora dalla classe!" urlò il professore ad Harry , e il riccio - spalle verso il basso - si avviò verso l'uomo, superandolo. Il docente richiuse la porta subito dopo che il ragazzo fu uscito.
Harry sbuffò, così iniziò a guardarsi intorno, facendosi una passeggiata nel bel mezzo del corridoio. Sarebbe stata una giornata davvero lunga.


All'ora di pranzo, dopo altre estenuanti ore di lezione, finalmente Tamara lo prese per mano e lo condusse in mensa.
"Ok, la sceneggiata nell'ora di storia è stata epica, ma se rovini la reputazione ad Harry-"
"Figurati" disse lui, infilando la mano libera nella tasca posteriore del jeans scuro. "Se l'è già rovinata da solo. Quale persona sana di mente si programma le interrogazioni?"
Tamara strinse le labbra. "Io."
"Ecco perché vi siete messi insieme" disse Harry alzando gli occhi al cielo. Quando spinsero entrambi i battenti della porta, in mensa calò il silenzio, tutti gli studenti presenti si girararono verso di loro come se all'improvviso due star del cinema avessero fatto il loro ingresso a scuola. Tamara abbassò istintivamente lo sguardo, mentre Harry, spavaldo, continuava a guardare tutti in faccia. Alcune ragazze pensavano di fargli delle foto di nascosto, ma prontamente Harry le scopriva e sorrideva loro.
Ma poichè gli sguardi erano diventati continui ed estenuanti, il riccio lasciò la presa sulla mano di Tamara e spalancò le braccia, girando intorno a sè per osservare tutti i ragazzi presenti. "Lo spettacolo è finito. Che avete da guardare? Pensate a quella fottuta roba che straripa dai vostri piatti."
Si levò un sospiro generale, poi tutti abbassarono il capo e un chiacchericcio di sottofondo iniziò a diffondersi per tutta la mensa. Tamara si sedette al tavolo più vicino e si appoggiò con i gomiti sul tavolo, seppellendo la testa tra le mani.
"Che c'è?" disse Harry, sedendosi accanto a lei. "Ho fatto qualcosa di male?"
"Potresti per favore smettere di essere te?"
Il ragazzo sollevò un sopracciglio. "Per fingere di essere il tuo ragazzo?"
"Non solo. Harry non avrebbe mai, e dico mai attirato l'attenzione su di sè. Ormai gli occhi di tutti sono su di noi. Mi stai facendo vergognare. "
Quella frase lo colpì al petto con forza, smorzandogli il respiro per qualche istante.
"Cosa!?" sbottò, serrando la mascella. Aveva un accenno di baffetti chiari a decorargli il labbro superiore. "Ti vergogni di farti vedere in giro con me? Secondo te per me è facile stare accanto ad una santarellina del genere?!" urlò.
Tamara sollevò la testa dalle mani e puntò i suoi occhi scuri su di lui. Teneva la bocca schiusa, il marrone del suo sguardo che si muoveva rapido su tutto il volto di Harry.
Il ragazzo respirava rumorosamente, rendendosi conto solo dopo di che avesse detto.
"Io sono l'unica santarellina che ti è accanto, hai capito? Nessuno riuscirà a starti qualche centimetro vicino perché, Harry, tu sei tutto questo" iniziò a toccargli i bicipiti scolpiti che fuoriuscivano dalla maglietta grigia, per poi appoggiare la sua mano delicata all'altezza del cuore, "e non hai niente qui dentro."
Tamara si alzò, asciugandosi una lacrima inesistente sulla sua guancia con uno scatto della mano. "Non ho fame" disse, e se ne andò, mentre alcuni studenti si giravano a guardare la prima litigata di quell'insolita coppia. Harry, invece, la vide uscire dalla mensa, e solo quando sentì la porta richiudersi alle spalle della ragazza si alzò in piedi e diede un calcio alla sedia accanto a lui.
Ovviamente a nessuno sfuggì quel dettaglio, ma non se ne fregò nulla. Aveva appena perso l'unica persona che lo stava appoggiando in quella follia, l'aveva allontanata senza nemmeno rendersene conto. Stava per lanciare un pugno contro il tavolo, quando uno schiarimento di gola alle sue spalle lo fece girare. Louis Tomlinson aveva un vassoio in mano e, accanto a lui, Harry distinse un livido, dietro a cui si celeva il resto del volto di Zayn Malik. Il ragazzo aveva gli occhi cerchiati di nero, il labbro leggermente sgonfio e un livido a ricoprirgli tutta la guancia sinistra. Reggeva anch'egli in mano un vassoio, fermo a guardare quell'Harry mai visto prima.
Il riccio si guardò d'impulso le ferite alle nocche quasi completamente guarite, e poi spostò lo sguardo su Louis che, mantenendo il vassoio con una mano, uscì il telefono dalla tasca. "Che vuoi?" sputò Harry.
Era inutile continuare a fingere di essere qualcun altro, perché lui non sarebbe mai stato l'altro Harry. Louis maneggiò con il cellulare, rivolgendo poi lo schermo verso gli occhi verde smeraldo del ragazzo.
Harry notò la presenza di un video che lo ritraeva fare la sceneggiata in classe e poi la sfuriata in mensa, seguito da tantissimi commenti, contro ogni regola, estasiati.
"Era ora che Harry uscisse il suo vero carattere."
"Questa sua versione è molto più affascinante"
"Non credevo che, dietro quella roba da nerd, si nascondesse questo bel caratterino ribelle."
Louis gli tolse il telefono davanti. "Girano per la rete, ormai."
Harry serrò la mascella, mentre Zayn stringeva le mani intorno ai bordi del vassoio in plastica rossa. Il riccio abbassò lo sguardo sui suoi stivaletti, guardandosi le mani e gli anelli che circondavano le sue falangi.
"Non avevo mai notato quei muscoli, quel portamento da bad boy, spavaldo di fronte alle leggi."
Tamara aveva ragione.
Lui adesso non era altro che muscoli e carattere ribelle in un mondo di ordine e intelligenza. Non aveva un cuore, non aveva pensato a lei, e a come doveva essersi sentita. Forse solo perché la sua Tamara sapeva tenergli testa, ma di sicuro non si sarebbe mai immaginato di far vergognare una persona.
Era inammissibile. Guardò i due ragazzi. "Devo andare" disse solamente, aprendo uno spazio in mezzo ai due. Zayn si girò a guardarlo con una smorfia in viso, poi Harry si girò giusto un attimo per vederlo. "Ah, e scusa per quei cosi che hai in faccia. Spero non ti rimanga il segno" disse con un accenno di sorriso, per poi uscire dalla mensa senza toccare cibo, partendo per cercare Tamara e per farsi perdonare, se mai ne fosse stata in grado. Ma lei era buona, non avrebbe potuto voltargli le spalle...o sì?



Quando varcarono la soglia della classe, Harry spalancò la bocca. Quella mattina, mentre Tamara lo aspettava sotto il balcone della sua stanza con una sigaretta tra le labbra e un vestito nero che svolazzava per il vento presente, Harry aveva scelto la miglior maglietta all'interno di quell'armadio quasi vuoto, optando per un jeans chiaro e una maglietta bianca. Era stato strano trovare qualcosa di chiaro in quel mondo oscuro.
Quando si era guardato allo specchio appeso sopra la scrivania, si era aggiustato i capelli, rendendoli più ordinati del solito riccio scomposto. Essendo le sette e mezzo, e di suo padre non c'era traccia, aveva preferito scendere le scale come le persone normali, fermandosi un minuto di più di fronte la porta della madre. Aveva appoggiato il palmo della mano sul legno chiaro, avvicinando poi la fronte e chiudendo gli occhi, immaginando la donna proprio davanti a lui. "Buongiorno, mamma" aveva detto, poi era sceso e si era incontrato con Tamara sul retro. Erano giunti ad un compromesso. Quella mattina sarebbero andati a scuola come ogni normale diciottenne, e poi all'uscita lei l'avrebbe fatto allenare al garage.
Ed ecco che in quel momento Harry si guardava intorno nella classe vuota, i banchi rovinati, le pareti stinte e dalla vernice scrostata, polvere negli angoli della stanza, mozziconi di sigaretta per terra e chewing gum appiccate sulla cattedra.
"Vieni" disse Tamara tirandogli la manica bianca, "quello è il tuo banco." Lo accompagnò fino all'ultima fila di banchi, mentre altri ragazzi iniziavano ad entrare nella classe, sbuffando e senza un libro in mano. Harry, appena si erano avviati verso la scuola, aveva chiesto a Tamara dove avrebbe potuto prendere un quaderno.
"Al negozio" gli aveva risposto intelligentemente, così si ritrovava a non avere neanche una penna in mano. Quel lunedì mattina avrebbe condiviso solo la prima ora con Tamara, poi sarebbe stato da solo.
Sicuramente non sarebbe sopravvissuto.
Il docente entrò in classe, e quando lo riconobbe, Harry sospirò felice. Era esattamente uguale al suo professore di inglese, però conoscendo quel mondo, chissà cosa nascondesse sotto quel volto spento e imbronciato.
La risposta non tardò ad arrivare.
E forse sarebbe stato meglio se non fosse arrivata per niente.
Tamara aveva la testa appoggiata sul braccio, gli occhi chiusi e il volto girato verso Harry. Il riccio si lasciò un attimo attrarre dalla luce proveniente dalla finestra accanto al suo braccio, quando il professore si schiarì la gola, iniziando poi a tossire come se avesse voluto sputare un polmone.
"Bene" disse con una voce così bassa che Harry faticò a sentire. Tutta la classe era assorta in tutt'altro mentre lui, dal fondo della classe, era l'unico dritto e con la testa girata verso il docente che teneva in mano una plica di fogli bianchi.
Tamara sbadigliò e alzò la testa, mantenendosela svogliatamente con un mano sollevata.
"Il lunedì è una giornata di merda, per cui collaboriamo così che finisca quanto prima."
Harry strabuzzò gli occhi, incredulo, controllando che Tamara stesse sveglia. In risposta, lei sbadigliò nuovamente.
"Facciamo questo compito così da mettere un voto e stare bene per un altro mese, ok?"
"Compito? COMPITO?!" Harry si girò verso Tamara, smuovendola per il braccio. "Come sarebbe a dire compito? Su cosa? Sono totalmente impreparato!" urlò il ragazzo tirandosi le ciocche dei capelli.
Tamara aprì la sua bocca in un ovale perfetto. "Stai scherzando, spero."
"Come fai ad essere così tranquilla?" le urlò Harry con gli occhi velati di preoccupazione. "Non so neanche cosa state studiando-"
"Credi che noi studiamo come te?" Scoppiò a ridere, mentre il professore iniziava a distribuire i fogli per file. Harry si fece prendere dal panico, il cuore che gli batteva velocemente nel petto e il sudore che aveva iniziato a colare dalla sua nuca. Un tiepido raggio di sole entrò dalla finestra, illuminando il suo banco proprio mentre il professore gli lasciava - svogliatamente - il foglio davanti. Con mani tremanti, Harry lo afferrò e lesse il titolo.
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"Dio" sospirò Tamara, portandosi una mano alla fronte. "E ora che cazzo posso scrivere su questo fallito?" Si girò verso di Harry e lo vide sorridere, cercando freneticamente una penna. Ne trovò una per terra, e mentre la stringeva con la mano destra, impugnandola forte come se fosse la sua arma da combattimento, si girò verso Tamara.
"Si potrebbe scrivere il mondo su questo "fallito", come dici tu" e abbassò la testa sul foglio, iniziando a scrivere rapidamente, con gli occhi ben fissi sulle righe attento a trascrivere qualsiasi cosa gli passasse per la mente, con la sua mano come unico mezzo per tradurre i pensieri in parole.
Tamara si fermò ad osservarlo, grattandosi un lato della testa. "Beato lui" disse fra sè, mentre continuava a guardare il foglio bianco. "Non so neanche dov'è nato."
Harry sollevò solo per un attimo la testa, il tempo di dirle "Stratford" a bassa voce, prima che venisse riassorbito dalla sua stessa testa.

Quando la campanella suonò ed Harry fu l'ultimo a consegnare il compito, Tamara lo prese per mano, accompagnandolo fuori.
"Sei stato l'unico della classe a scrivere cinque pagine piene" disse sorridendogli.
Harry si compiacque, gongolando. "Lo so, e me ne vanto, onestamente."
"Nerd di merda" disse Tamara mentre spiengeva una porta incassata nel muro.
Harry sorrise, poi iniziò a rendersi conto di cosa la ragazza stesse facendo. "Ehi, ma dove mi stai portando? Non abbiamo lezione insieme, adesso."
Tamara si girò solo un attimo verso di lui, e spalancò la porta, controllando che nessun altro si avvicinasse. Lo prese per mano ed entrambi uscirono all'aria aperta, il sole che li investì in pieno, accalorandoli leggermente. Harry si portò una mano sopra gli occhi per vedere Tamara allontanarsi lungo il recinto della scuola. "Ehi, ferma, torniamo dentro."
"No, Harry, non torneremo dentro."
Il riccio si bloccò sul posto, inchiodando. "Cosa?"
"Dai, sarà una giornata noiosa, andiamocene in giro."
"E se ci vengono a cercare?"
Tamara rimase con un piede alzato oltre il recinto e girò la testa verso Harry che intanto si era avvicinato. "Chi, Harry? Chi potrà mai venirci a cercare? A nessuno importa di noi in questo schifo di mondo. Quindi, ora, smettila di fare il leccaculo di quei professori falliti e vieni con me."
"Mi porterai al garage, vero?"
Tamara finì di scavalcare il recinto e atterrò con un tonfo dall'altra parte. "Non ancora." Esortò Harry a scavalcare come aveva appena fatto lei, ma il ragazzo era ancora fermo. Si girò e vide un albero.
"Tu mi farai uccidere, Tamara."
"Non finchè non troveremo un modo per rispedirti nel tuo mondo."
Harry si arrampicò sulla corteccia dell'albero, abbastanza alto perché potesse saltare senza problemi dall'altra parte. Si accertò che non arrivasse nessuno alle sue spalle, ma proprio mentre si manteneva ad un ramo per saltare egregiamente, ecco che quest'ultimo si spezzò proprio all'ultimo momento, facendo cadere Harry di faccia a terra. Tamara si inginocchiò per le risate, rotolandosi nell'erba alta e incolta e con il busto contratto per mancanza d'aria. La sua pelle si arrossò, mentre Harry si rimetteva in piedi spazzolandosi i jeans e la maglietta.
"Che caduta" disse, sbuffando e dalle gote arrossate per la figura appena fatta. Tamara si mise seduta, continuando a ridere e ad indicarlo. "Io, ti giuro, non ce la faccio" disse tra le risate, stringendosi le braccia intorno al busto per sostenersi.
Harry sorrise di nascosto per poi prendere una mano di Tamara e metterla in piedi, ancora arrossata in volto.
"Hai ragione, non posso morire finché non torno a casa mia."
Tamara iniziò a prendere dei grossi respiri, per potersi calmare totalmente. "Ora magari ti porto sul Tamigi e ti faccio tuffare per andare incontro al tuo riflesso. Sarebbe un'idea."
Harry aggrottò le sopracciglia. "Dici che dovrei specchiarmi?"
"Beh, sarebbe già una cosa."
Poi si guardarono a lungo negli occhi. "Nah" dissero poi insieme. Iniziarono a camminare l'uno accanto all'altra, gli occhi bassi sul terreno che calpestavano.
Poi Harry sentì il piede affondare improvvisamente in qualcosa di molle e puzzolente. Vide la sua scarpa nera lucida interamente ricoperta di..
"Merda!" urlò Tamara, indicandola.
Harry allargò le narici. "Non me ne va bene neanche una, incredibile!" sbottò alzando le mani verso il cielo sereno.
Tamara riprese a camminare, mentre Harry strisciava con il piede per terra per rimuovere quello schifo. "Meno male che non l'ho presa io, così che quelle scarpe di merda possano essere buttate."
"Letteralmente di merda" affermò Harry, e Tamara si bloccò, girando su se stessa e sorridendo al ragazzo, circondandogli le spalle con le sue mani.
"Hai detto una parolaccia, sono emozionata."
Harry se la scostò seccato di dosso e riprese a strisciare il piede in mezzo all'erba. "Allora?" iniziò, per cambiare discorso. "Dove andiamo?"
Tamara scosse le spalle, sebbene il suo viso mostrasse sempre un sorriso divertito.
Harry si stava trovando davvero molto bene con lei. Aveva dimostrato fin da subito di essere una ragazza per bene, sebbene il suo aspetto fisico non lo dimostrasse per niente. Aveva una compagnia di cui si sarebbe potuto discutere molto, ma in fin dei conti era da sempre stata disponibile per lui, rivelandosi pian piano una buona amica. Certo, la sua Tamara, la Tamara che amava, la mancava come l'aria, ma quella ragazza dal sorriso malandrino - nonostante le fosse diversa - gli ricordava di averla, dall'altra parte, per cui non era mai fisicamente solo. Pensava sempre a tutto quello che aveva lasciato, e prima o poi sarebbe riuscito a tornare da tutti loro, dal suo amore che sperava stesse bene, che Harry la trattasse come meritava.
"Vieni da me?" Tamara lo portò con i piedi per terra, uscendo finalmente sul marciapiede contro cui Harry continuò a strisciare la suola della scarpa.
"Non vorrai mica-"
"No, quanto sei porco." Sorrise, accostandosi al ragazzo, per poi allontanarsi nuovamente sentendo la puzza giungergli alle orecchie. "Anche se una sveltina-"
"Quanto sei porca."
"Senti, è il tuo corpo a ricordarmi che è da due giorni e mezzo che non scopo, non è colpa mia. Mi manca Harry."
"Tieni il conto, wow."
Tamara gli assestò un pugno sul braccio. "Comunque i miei non ci sono perché si sono trasferiti, e io non ho voluto seguirli, quindi ho casa libera."
"Perché ti hanno lasciata qui?"
Tamara si rabbuiò un poco, abbassando lo sguardo e ingoiando a vuoto. "Te l'ho detto, a nessuno importa qualcosa. Persino ai miei era indifferente che li seguissi o meno. Sono sola, Harry. Sola in questa vita di merda" terminò, con la voce incrinata sull'ultima parte.
Per la prima volta, il ragazzo si avvicinò a Tamara e la vide piangere.
Quella ragazza si era dimostrata forte del primo momento in cui si erano incontrati, spavalda, sempre con la battuta pronta. Non riusciva a vederla così.
Non avrebbe mai pensato che un giorno gli avrebbe pianto davanti.
Si avvicinò e la strinse a sè, forte contro il petto. Era tanto forte quanto debole, era una ragazza dalla corazza dura che riusciva a mantenere sempre in piedi, ma era stanca, non avrebbe retto per sempre. Una piccola crepa, e sarebbe crollata come un castello di carte.
Pianse silenziosamente, chiudendo gli occhi e sentendo l'odore del suo Harry permeare la maglietta di quel ragazzo dolce che la stringeva forte, come se non avesse mai voluto abbandonarla.
"Non sei sola, Tam. Hai Harry, e nel frattempo hai anche me. So che siamo in minoranza in questo mondo così grande, però non ti lascerò, non ti lasceremo mai, mi hai sentito? Queste braccia saranno sempre qui a stringerti, sono fatte per te."
Lei si scostò e si asciugò le lacrime, tirando su con il naso e con il mascara nero colato sulle guance morbide. "Grazie" disse in un sussurro, poi si schiaffeggiò piano, facendo riapparire un breve sorriso. "Ma qui stiamo vivendo un problema ben peggiore, non dobbiamo preoccuparci del mio."
"Puoi parlarmi di qualsiasi cosa tu voglia, ok? Così come ci sei per me, anche io voglio fare qualcosa per te."
Tamara strinse le labbra, annuendo. "Va bene."
"Adesso andiamo" disse Harry porgendole il braccio. Tamara, sorridendo, glielo scostò, nonostante avesse ancora gli occhi lucidi.
"No, puzzi di cacca, sparisci." E si allontanarono verso casa di Tamara, in silenzio, ma con la loro presenza a coprire qualsiasi mancanza, almeno per il momento.

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