Chapter Twelve: I Understand
-Distorsione alla caviglia, ematoma alla spalla, rischio di leggera concussione al cranio...- Madama Chips elencava tutto ciò in tono quasi annoiato, ma d'altronde diagnosticare qualcosa di rotto o storto era il suo quotidiano.
-...e nient'altro. Sei stata fortunata signorina, molto fortunata. Da una caduta come quella sarebbe stato un gioco da ragazzi spezzarsi l'osso del collo!-
Le parole della Capo Infermiera non rassicurarono di certo la ragazza a letto, ma di sicuro la rasserenò il fatto di non essersi rotta nulla. Si stiracchiò la schiena, ma questo le provocò un forte dolore alla testa, che la costrinse a scivolare sul cuscino rivestito di lino. Non si preoccupava di nulla rispetto alle sue condizioni fisiche, ma di certo sarebbe stata una noia zoppicare per tutto il castello. Sperò che le cure di Madama Chips fossero davvero così portentose come le decantavano.
Ad un tratto la investì un treno in corsa: la cena a magione Malfoy! Non poteva mostrarsi debole e zoppicante di fronte a tutti quegli occhi pronti a giudicare lei e la sua famiglia.
Doveva assolutamente parlare con Draco, la cena sarebbe stata fra due giorni!
Contro i consigli di Madama Chips Aprilia fu investita dai suoi amici, che la invasero di domande sulla sua salute, raccontandogli poi di come avevano fermato i Serpeverde dal fare il malocchio.
Ma la mente di Aprilia era già contaminata da un morbo che le avrebbe impedito di dormire per tutta la notte seguente.
🗝
Non appena vide il sole sorgere, Aprilia si rese conto di essere stata sveglia per tutta la notte, in pensiero per come sarebbe andata la cena dai Malfoy. Sicuramente avrebbero anche dovuto danzare su qualche nota di balli antichi, seguendo tradizioni di migliaia di anni. Non si preoccupava dei passi che si sarebbe dovuta ricordare, almeno su questo sua madre l'aveva istruita per bene. Ma la sua caviglia? Come avrebbe fatto a nascondere una ferita? Come avrebbe nascosto il fatto di essere umana anche lei?
La ragazza si mise seduta, con le gambe penzolanti dal letto, e non appena il piede incriminato toccò terra, una fitta di dolore l'avvertì di procedere con cautela.
Si avviò a piedi scalzi e vestita solo di una camicia da notte verso l'uscita dell'infermeria. Si ritrovò davanti a degli enormi meccanismi che costituivano gli ingranaggi dell'orologio di Hogwarts. Ogni ticchettio scandiva i secondi, i minuti, le ore.
Il suo cuore, quasi fosse in competizione con le lancette dei secondi, iniziò a battere molto più velocemente e con profonda intensità.
Aprilia si dovette poggiare una mano sul petto per cercare di calmarsi. Quel 30 settembre scandiva una data che lei avrebbe voluto piacevolmente dimenticare: il 30 agosto il cuore di Ofelia aveva smesso di battere.
Sembrava quasi che quello di Aprilia volesse dimostrarle che invece lei fosse viva, a sopportare tutto quel dolore, e a non poter far altro che pregare che finisse il più in fretta possibile.
Si accasciò per terra, dietro gli ingranaggi, respirando a fatica. Lanciava sonori singhiozzi che cercava invano di sopprimere così come le sue emozioni. Ma sentiva montarle dentro il dolore, un tremendo dolore che la attanagliava da dentro con la sua presa d'acciaio, non intenzionata a lasciarla andare.
E stringeva, stringeva sempre di più nella sua morsa opprimente, nel suo buio senza luce, nelle sue acque profonde.
Aprilia stava man mano soffocando, la gola le bruciava, aveva voglia di urlare, di sentire le sue corde vocali ruvide a forza di strepitare.
Si accoccolò per terra, cercando di recuperare il senno, ma non c'era modo.
Lei doveva soffrire; la sua mente la stava punendo per non aver avuto canali di sbocco alternativi durante quel mese.
La certezza che quel tipo di attacco non ricapitasse anche dai Malfoy non c'era, anche se Aprilia si stava accertando di assorbire ed attutire ogni emozione, nella speranza di non dover più rivivere cose del genere. Almeno non in un lasso di tempo breve.
Dopo una mezz'ora si costrinse a rimettersi in sesto, ma ritrovare la forza per reagire a tutto questo non era semplice. Piegò le braccia, una per una, pensando attentamente ad ogni movimento. Poi le gambe, attenta alla caviglia. Si aggrappò alla ringhiera dietro gli ingranaggi, dove si era nascosta. Poi, passo dopo passo, rientrò in infermeria, sperando di riuscire a dimenticare tutto almeno per qualche ora.
🗝
Il professor Rüf era davvero noioso. Nonostante tutti l'avessero avvertita di ciò, Aprilia era testarda, e voleva dargli il beneficio del dubbio, ma dopo un quarto d'ora, anche per il sonno arretrato, stava lottando per tenere le palpebre alzate. Si era seduta accanto ad Hermione, che prendeva appunti febbrilmente, e che cercava di scuotere l'amica, nel vago tentativo di far seguire anche lei.
Ma niente da fare: quel fantasma era capace di far addormentare anche i muri.
A fine lezione, il trio insieme ad Aprilia, si riversò nel corridoio invaso dagli studenti diretti verso le classi successive, e proprio questa, notò i soliti occhi di Serpeverde su di sé, ma era troppo stanca per badarci.
Anche se notò qualcos'altro.
-Ehi, Hermione- disse.
-Si?- Rispose lei senza staccare gli occhi dal manuale che stava consultando.
-Ma che è successo a Malfoy?-
Nel gruppo dei Serpeverde che aveva visto, infatti, su quel viso etereo ed algido appartenente a Draco, spuntava una grossa chiazza violacea sullo zigomo destro.
-Colpa di Ron- sbuffò lei contro l'amico, che subito s'impettì.
-Ne vado fiero. Quel figlio di papà aveva iniziato ad insultare di nuovo la mia famiglia, ma stavolta ha esagerato.-
Fu Harry, chinandosi verso l'orecchio di Aprilia per non farsi sentire dal rosso, a spiegarle che Malfoy aveva iniziato a dire a Ron di Ginny e Dean Thomas.
-Sembrava quasi che volesse che lo prendessi a cazzotti, quella malalingua.- aggiunse Ron, contento di aver procurato a Malfoy almeno metà del dolore che gli voleva infliggere.
Aprilia allora iniziò ad intuire tutto. Malfoy aveva trovato il modo di sottomettere gli appartenenti alla casata per tenerla d'occhio. Ma perché? Era una cosa a dir poco spaventosa. La sensazione che tutti gli occhi fossero puntati su di lei si ricominciò a sentire.
La scacciò scuotendo la testa.
Iniziò a sentire qualcosa bruciare dentro, voleva delle risposte.
Senza dire nulla s'intrufolò nella folla di studenti, e diede un forte spintone a Malfoy, facendolo sbattere contro il muro.
Subito i suoi compagni tirarono fuori le bacchette, quasi velocemente quanto Aprilia, che l'aveva già puntata su Tiger, che a sua volta la guardava senza sapere cosa fare. L'avevano spiata, ma adesso ce l'avevano davanti, Draco non aveva detto loro cosa fare in questi casi.
Fu Malfoy stesso a dire loro di abbassare le bacchette e ad intimarli di lasciarli soli.
Quando anche la fiumara di gente fu dissolta, Aprilia puntò la bacchetta al petto del ragazzo, e parlò.
-Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?!-
-Potei farti la stessa domanda- mormorò Draco guardando la bacchetta.
-Perché ti sei fatto colpire da Weasley? Potevi anche trattenere le tue maldicenze contro sua sorella per qualche giorno, e invece adesso siamo entrambi infortunati e siamo costretti a farci vedere così da tutti quei dannati amici di tuo padre!- ringhiò lei.
-Sapevo che eri stupida, ma non credevo fino a questo punto.- disse lui. Un lampo d'odio attraversò come una freccia gli occhi di Aprilia, la quale non fece in tempo a fare nulla, che si ritrovò il polso stretto da Malfoy stesso.
-Secondo te cosa avrebbero pensato le altre famiglie vedendoti così malconcia? Che i Morgan non sono in grado nemmeno di tenere la loro unica figlia al sicuro, figurati se prenderebbero anche solo in considerazione l'idea di fidarsi di voi. Se dobbiamo fare la coppia almeno mostro anche io qualche segno di lotta, così possiamo dire di averle prese e date per far valere il nome delle nostre famiglie.-
Draco mentre parlava avvicinava il viso della ragazza tramite il polso, e la fissava con i suoi occhi gelidi, il suo tono era autoritario e di rimprovero.
-E poi come altro avresti spiegato l'origine di quella storta?-
-Distorsione- lo corresse lei in un borbottio, vergognandosi di farsi fare la paternale da un suo coetaneo.
-Pensi che avrebbe giovato all'immagine di una famiglia Purosangue il fatto di aver rischiato la vita per salvare un lurido Mezzosangue Corvonero?-
Aprilia, spazientita, strattonò il proprio polso, afferrando a sua volta quel del ragazzo, arrivando a pochi centimetri di distanza dal viso di Draco.
-Io non sono la mia famiglia. Se una persona è in pericolo ed io la posso salvare, sta pur certo che lo farò, Mezzosangue o Purosangue che sia. Non vorrò mai la morte di nessuna ideologica classe sociale, e se speri che giudichi sia me che te dei Purosangue e che ci collochi mentalmente su un piedistallo d'oro, sta pur certo che non accadrà mai.-
Lasciò la presa dal braccio del ragazzo, ma nessuno dei due accennò a volersi allontanare l'uno dall'altro. Era in corso una battaglia di sguardi, e di certo chiunque sarebbe ipoteticamente passato in mezzo a loro due sarebbe morto sul colpo.
Malfoy ad un tratto ghignò.
-Sei di un'incoerenza che mi è difficile comprendere, Morgan. Con Pansy hai utilizzato il tuo nome per elevarti al di sopra di lei, e adesso mi dici che "tu non sei la tua famiglia"?-
Aprilia si allontanò di poco, assottigliando gli occhi.
-Utilizzo il nome della mia famiglia quando vedo che non c'è nessun altro modo di comunicare con una persona, come è appunto successo con Pansy Parkinson.-
Il silenzio piombò su di loro, solo i loro respiri s'incontravano. Aprilia aveva leggermente la testa alzata verso l'alto per fissare Draco, che si era perso in quel celeste acquoso e luminoso che erano gli occhi della ragazza.
Lei abbassò lo sguardo.
-Sei intelligente, Malfoy. Ti prego di ascoltare ciò che ti dico, quando ti parlo, e soprattutto di comprendere.- fece con voce quasi arrendevole.
La riposta arrivò dopo una breve pausa.
-Lo sto già facendo, Morgan.-
Aprilia lasciò un risolino quasi esasperato, e senza guardarlo scosse la testa. -No. No, io non.. non credo tu potrai mai capire. Ma grazie lo stesso di averlo detto.-
-Si vede che non mi conosci affatto.- soffiò lui, alzandole il mento con un paio di dita.
-Non starei qui a perdere tempo a parlare in mezzo al corridoio se non mi importasse niente di te. E se mi importa di te significa che ti capisco, quindi ti prego di seguire le mie orme e di leggere tra le righe quando ti parlo.-
La ragazza arrossì, togliendo il mento dalla presa dolce del mago.
-Dobbiamo collaborare, trovare il modo di far credere alle altre famiglie che- deglutì, in imbarazzo -siamo una coppia.-
Draco ridacchiò, spezzando l'aria tesa che si era creata -Ti vedo in difficoltà anche solo a dirlo.-
-Oh, sta zitto.- fece lei, dandogli uno schiaffo sul petto, non nascondendo un sorrisetto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top