un taglio al passato

Non parlammo più di quanto mi fosse accaduto, preferimmo goderci quei pochi giorni nei quali riuscivamo a stare vicini. Mamma sapeva che andavo da una mia amica per studiare in vista della maturità e questa, poteva essere definita una mezza bugia.

Nonostante avesse soltanto la terza media, Pedro infatti mi aiutava negli studi e lo faceva brillantemente, era veramente molto intelligente.

Quel suo lato mi faceva impazzire, forse più delle sue larghe spalle, l'ampio petto e la tartaruga sul suo ventre.

La domenica pomeriggio mi trovai seduta sul tavolo in cucina, lo guardai mentre si posizionò dietro di me, mani poggiate sul piano accanto i miei gomiti e mento che s'adagiò sui miei capelli

Era a petto nudo, indossava soltanto un pantalone grigio scuro.

"Spaccone" sussurrai togliendo gli occhi dai libri per sollevare la testa

"Mi adori per questo" sussurrò dolcemente "bacio alla spider-man?" aggiunse anche, così gli diedi un piccolo ceffone sul viso.

"Sei un cretino" risposi mentre lui si abbassò per baciarmi col viso in senso contrario al mio.

Non passavamo tutto il tempo in casa, quando ci andava facevamo una passeggiata in centro e quasi ogni sabato sera mi portava fuori a cena. Pedro era il mio stralcio di Sardegna lì a Firenze. Lo guardavo e ricordavo quei bellissimi giorni che sembravano sempre più lontani. Per questo Riusciva sempre a tirarmi su di morale, in pochi mesi mi convinsi di non poter più fare a meno di lui.

La domenica sera, quando in auto mi riportava a casa, sentivo sempre un senso di tristezza e malinconia. Dover affrontare un'altra settimana a scuola mi rendeva triste, impotente.

Una di quelle domeniche eravamo appena arrivati vicino casa mia, fuori la pioggia distorceva le luci di quella fredda notte e picchiava sul tettuccio come una melodia senza fine.

"Non voglio tornare a casa, dirò a mia madre che resto dalla mia amica, voglio stare un altro giorno con te" pigolai con un nodo alla gola.

"Tesoro non fraintendermi, fosse per me potresti restare da me tutto il tempo che vuoi ma devi finire gli studi prima, poi io domani mi sveglio presto per andare a lavoro, non ci sarei comunque tutto il giorno." Spiegò con un tono dolce.

Sospirai facendo cenno di si con la testa.

"Va bene, si ha-hai ragione, scusami." Borbottai torcendomi verso la portiera per uscire ma lui mi prese il braccio così mi girai a guardarlo.

"Elisa io ti amo". Lo guardai incredula, deglutendo e afferrandogli la nuca poggiai la mia fronte alla sua.

"Ti amo anche io Pedro... e sei la prima persona a cui io dico una cosa simile."

Mi afferrò le guance e ci baciammo, fu uno di quelli intensi, si strinse forte a me e cercando di salirmi sopra abbassò il mio sedile ma a quel punto lo allontanai sorridendogli.

"Sotto casa mia? Sei grullo? Poi lo sai che non sto mai sotto."

Fece segno di si, e si staccò per farmi sollevare.

"scusami, mi sono fatto prendere dal momento" nel dirlo mi carezzò il volto e io gli baciai il dorso della mano.

"Ora vado, ci vediamo settimana prossima, ok?"

"ok tesoro" sussurrò leggermente tanto piano che la pioggia quasi ne coprì la voce.

"ciao!"

"ciao"

Quando aprii la portiera e mi alzai lui si allungò dandomi una pacca sul sedere, così mostrandogli il dito medio corsi verso casa.

Altre due settimane passarono, mi trovavo come ogni mattina nel pullman diretto al terminal.

Da quando Pedro me lo donò, portai sempre con me il suo coltello ed ogni qual volta che venivo insultata o spintonata la tentazione di tirarlo fuori si faceva forte. Li guardavo uno ad uno e desideravo di fare loro del male, volevo ripagargli con la stessa moneta. Specie la stronza che mi tagliò i capelli e che ogni sacrosanto mattino mi derideva proprio per quello.

Quella mattina però fu diversa, scesa dal pullman trovai lei e Riccardo a baciarsi sotto la tettoia del terminal. Loro mi guardarono e risero divertiti, lei mi fece anche il dito medio ma io sollevando il cappuccio della felpa nera che indossavo, diedi loro le spalle.

Impattai però contro uno che di rimando mi spinse facendomi cadere per terra tra le risate dei presenti.

Fui subito in piedi guardandoli in cagnesco; tre idioti cicciottelli dai capelli rasati ai lati e con delle orribili creste in stile moicano. Erano vestiti identici con giubbotto Adidas, jeans e Nike grigio scuro. Nessun tipo di personalità.

"Occhio a dove cammini troia" mi disse quello al centro mentre tutti ancora una volta, formarono in fretta un cerchio aspettandosi l'ennesima rissa.

"Vi sentite forti? Tre idioti contro una ragazza, non avete schifo di voi stessi?" esalai muovendomi verso di loro. Loro risero divertiti e poi quello in centro mi spintonò la spalla.

"Tu non sei una donna, sei una lurida cagna, una troia." esalò lui.

Decisi di averne avuto abbastanza, ridacchiai guardando in terra alla mia destra.

"Che cazzo hai da ridere?!"

Gli diedi una testata sul naso, colpendolo tanto forte che sbracciando fece qualche passo indietro. Lui urlò mentre sentii il suo sangue colarmi ai lati del naso.

Mentre quello in mezzo cominciò a lamentarsi gli altri due tentavano di soccorrerlo come meglio potevano e guardandomi attorno notai che tanti altri ragazzi accorsero contro di me, perfino Riccardo lasciò la sua fidanzatina per venire a picchiarmi.

Ero spaventata ma anche furente, non mi importava fossero tutti contro di me e nonostante il primo istinto fu quello di scappare, costrinsi me stessa a restare ferma.

Mi strattonavano cercando di farmi cadere con pugni e calci, se ci fossero riusciti mi avrebbero conciato male, urlai come un animale messo all'angolo, furiosa e stanca di quella situazione.

La rabbia fu incontrollabile e tirando fuori il coltello lo feci scattare dando un fendente a caso, sentii una certa resistenza sul manico, non vidi chi ma capii di aver ferito qualcuno, tutti si allontanarono e vidi Riccardo tenersi il braccio, emetteva gemiti di dolore mentre la sua felpa bianca si tinse di rosso sotto la manica. Gocce di sangue colavano ripetutamente a terra, sul cemento freddo.

"Cazzo... cazzo mi ha tagliato!" si lamentò dolorante mentre alcuni gli tolsero la mano per vedere il danno.

Vidi una grossa ferita sulla parte alta del suo braccio, un taglio che percorreva quasi tutto il suo avambraccio.

"Ma sei pazza?!" urlò uno, tra la folla vidi la ragazza di Riccardo muoversi rabbiosa verso di me.

"Io ti ammazzo psicopatica del cazzo" era la sua ragazza. Infilai rapidamente il coltello in tasca e guardando la ragazza le sorrisi.

"Si brava, vieni qui che mi risparmi la fatica di inseguirti!" risposi nel vederla avvicinarsi.

Una volta vicino tentò di darmi un calcio, io gli afferrai il piede e spingendolo verso l'alto la feci cadere di schiena. Accusò il colpo lamentandosi ma nel frattempo ero già salita su di lei, mi graffiò la faccia ma io la colpii al volto con un pugno, poi un secondo ed un terzo urlando come una bestia furiosa. Piangeva sempre più forte ed in poco il suo volto s'imbrattò di sangue ma più si lamentava più volevo colpirla. Mi stava piacendo vederla soffrire, sentirla piangere e chiedere aiuto con la voce rotta, terrorizzata. La gente prima scioccata dalla mia reazione, mi afferrò per separarmi da lei che accasciandosi su un fianco continuò a piangere e contorcersi.

"Lasciatemi brutti pezzi di merda!" Urlai riprendendo il coltello e tutti si allontanarono spaventati.

"Io vi ammazzo tutti!"

Girando su me stessa, nel centro di un cerchio di ragazzi, puntavo la lama ancora imbrattata di sangue verso tutti loro. In realtà ero spaventata a morte e infatti tremavo come una foglia ma quando gli altri mi diedero spazio poggiai la pianta del mio piede sul corpo della ragazza che mi tagliò i capelli.

Nessuno osò avvicinarsi e guardando tutti un'altra volta mi chinai per tagliarle i capelli col coltello.

"Se qualcuno di voi pezzi di merda, oserà anche solo dirmi una parola fuori posto..." guardai la ragazza che cercava di spingermi via.

"Vi prego fermatela... vi prego" piagnucolò mentre ciocca dopo ciocca la stavo rendendo quasi pelata.

"...Questa sarà la fine che farà, dovete fare finta che io non esista. Mi dovete ignorare altrimenti io giuro che da oggi farò male, molto male a chiunque. Sono stanca di voi bastardi!" ringhiai.

Mi fermai soltanto quando sulla testa di quella ragazza ci furono soltanto delle piccole ciocche, alcune più lunghe di altre ma sembrava quasi pelata.

"Bel taglio" sussurrai lanciandole i capelli addosso per poi lasciarla lì a terra.

Guardai Riccardo che stava soffrendo in silenzio, mi avvicinai tanto che i nostri nasi si sfiorarono, lui però abbassò lo sguardo.

"Quanto a te, brutto pezzo di merda. Io ti ho lasciato perché ti sei messo a spacciare e per colpa tua degli stronzi mi hanno spezzato un braccio, ho mentito per proteggerti dalla polizia!"

Alcuni, in atteggiamento più mite si avvicinarono, tentando gentilmente di farmi allontanare, li spinsi via.

"Fatevi i cazzi vostri!" Esclamai guardando Riccardo.

"hai da dire qualcosa? " gli diedi tempo per rispondere ma non disse nulla, restò a soffrire in silenzio mentre il suo braccio sanguinava.

"devi dire a queste pecore di lasciarmi stare, non ti azzarderai mai più a nominare me o il mio ragazzo o giuro che ti taglierò l'altro braccio" detto ciò gli sputai in faccia dandogli le spalle, ancora in mezzo al cerchio di persone incredule.

Restavano in silenzio, il mio respiro si fece pesante e frizzante nelle narici per via del freddo, guardai i volti di tutti ma nessuno osava mantenere il mio sguardo, abbassavano tutti la testa.

Soltanto gli occhi di una persona restarono nei miei, quelli tristi e dispiaciuti di Matteo che era lì, in silenzio ad assistere alla scena.

Stavo per parlargli ma ingoiai le parole quando non solo anche lui abbassò lo sguardo ma se ne andò, senza dire nulla.

Riccardo non mi denunciò, probabilmente per ricambiare il mio silenzio sulla questione dell'erba e le cose andarono meglio per me, niente più aggressioni. Vennero rimossi i video dei miei pestaggi su Youtube e quella a cui avevo tagliati i capelli, per molto tempo girò con un capello di lana standomi alla larga.

Alcuni iniziarono a fare i "lecchini" cercando di fare amicizia con me dopo essersi scusati, io li trattavo tutti in modo freddo e distaccato. Non ero affatto interessata nell'avere amicizie false, anzi... non volevo proprio avere a che fare con nessuno di loro, tranne uno.

Aspettai quindi l'intervallo e mentre tutti uscivano nei corridoi, sollevai la sedia e la portai verso il banco di Matteo sedendomi nella parte opposta al ragazzo; petto poggiato sullo schienale, mani conserte sul banco e cosce allargate.

Lo fissai in silenzio e lui inizialmente fece finta di non vedermi, il suo modo d'aggrottare le sopracciglia mi faceva capire quanto fosse infastidito dalla mia presenza.

"Mi dispiace"

Dopo le mie parole lui fece cenno di si col volto che assunse un'espressione scettica.

"Lo hai detto un sacco di volte." Il tono della sua voce era piatto, assente. Non mi guardò nemmeno in faccia concentrandosi invece sui libri.

Calò un freddo silenzio nel quale guardai fuori dalla finestra, raccogliere le idee in quel momento mi sembrava impossibile.

"Il punto è..."

"Il punto è che mi hai abbandonato non appena il primo idiota ti ha dato attenzioni, quando sono stato io il tuo primo amico, ero io a farti sorridere quando non c'è nessuno per te ma Riccardo era il più popolare della classe, ti ha fatto diventare amico di tutti... begli amici eh?" Finalmente mi degnò di uno sguardo sebbene quei occhi mi stavano pugnalando.

"Senti, ho sbagliato. Sono stata una vera stronza con te e non te lo meritavi, non tu!" mi fermai un attimo socchiudendo gli occhi.

"In vacanza ho conosciuto dei ragazzi, erano fantastici, loro non litigavano mai e tra di loro dicevano di essere una famiglia. Ti giuro Matteo che avrei voluto averti lì con me. Sei il mio migliore amico e ti voglio un casino di bene quindi ti prego, dammi una seconda possibilità" restai in silenzio, fissandolo e implorandolo con gli occhi.

Restò a fissarmi con fare serio, poi sbuffò e alla fine mostrò un sorriso che mi fu contagioso.

"Giuri che però non tagli anche me?" fu bellissimo sentirlo scherzare, come se un peso gigantesco sul mio ventre si fosse sciolto di colpo, permettendomi di respirare meglio.

"In realtà volevo farlo!"

"Non penso sia il modo migliore per..."esclamò ma si zittì quando piegandomi in avanti lo abbraccia. Lo strinsi forte, quasi stritolandolo, mento sulla sua spalla mentre la destra carezzò i suoi capelli.

Potevo sentire il calore del suo corpo ed il battito del cuore contro il mio petto, lentamente mi abbracciò a sua volta e restammo così per un bel po' di minuti.

"Ecco... così va meglio" esalò con tono felice.

Sai cheese, voi due vi sareste piaciuti, due idioti! Probabilmente nella stessa stanza insieme mi fareste impazzire.

Le cose andarono via via sempre meglio ma dovevo impegnarmi costantemente nello studio, prepararmi in vista della maturità.

Più ci pensavo, più forte diventava quella scomoda sensazione d'ansia che mi contorceva le budella, speravo in un buon voto ma sapevo che non lo avrei preso solo sperando, lasciai da parte gli allenamenti e i libri studiando fino alle due di notte, anche oltre. Infatti crollavo addormentata ogni volta in cui mi trovavo a non far nulla, come viaggiare in pullman o aspettare la cena.

Le settimane scorrevano tutte uguali e ad una velocità assurda nella routine di una qualsiasi ragazza delle superiori.

Gli unici momenti di svago erano durante il fine settimana con Pedro o dopo la scuola con Matteo, quest'ultimo mi raccontò che finite le superiori sarebbe andato a studiare medicina e odontoiatria.

Voleva diventare dentista per lavorare nello studio del padre e un giorno ereditare l'attività.

Gli dissi in modo giocoso che quando sarei diventata un soldato e avrei perso uno o due denti, Avrei saputo a chi rivolgermi.

Uno di quei giorni mi domandò se davvero ero sicura della mia scelta, se diventare un militare fosse veramente l'unica mia vocazione.

"Hai una media del nove, potresti andare all'università anche tu, non per forza in italia! Coi voti che prendi potresti concorrere a qualche borsa di studio, scusami ma saresti sprecata con un arma in mano mentre un vecchio pazzo ti grida in faccia" disse. Eravamo andati ad un bakery café dopo la scuola.

Un posto stimolante per studiare mentre sorseggiavamo cioccolata bianca calda accompagnata da ciambelle ripiene.

"Non c'è niente che mi piaccia. Vedi, tu vuoi semplicemente ereditare l'attività di tuo padre, fare quello che faceva lui: guarire la bocche delle persone sempre nello stesso posto" sospirai per poi bere un po.

"Per carità il dentista è un ottimo lavoro ma non fa per me, io non voglio starmene sempre ferma a fare sempre la stessa cosa. Voglio vivere proteggendo chi non può farlo, essere un punto di riferimento se qualcuno ha bisogno di aiuto, contribuire nel mio piccolo per questa maledetta Italia o se mi toccherà, qualsiasi altro paese."

Lui annuì, bevette il suo te e dopo qualche secondo di silenzio disse la sua.

"Solo che l'esercito non è l'unico modo per renderti utile, se è questo ciò che vuoi."

"Ma è il mio modo! Darò anima e corpo per questo ideale, alla fine non puoi dire di essere vivo se non hai uno scopo per il quale sei disposto a morire giusto?".

"Ho capito, solo non condivido mi dispiace. L'esercito e le armi, la violenza... non mi piacciono per niente".

Così gli afferrai la mano e sorrisi dolcemente.

"hey! Tranquillo ok? Non mi accadrà niente e ti faccio una promessa" cerai di rassicurarlo.

Mi guardò in volto con maggior interesse.

"dimmi"

"se mi accorgerò che la vita militare non fa per me, allora mi iscriverò in università"

Fu tanto felice di quelle mie parole e il pomeriggio trascorse nella solita tranquillità di sempre.

Avrei compiuto diciotto anni a febbraio e al mio compleanno, il ventisette per l'esattezza, c'erano pochi ma buoni amici; Matteo, Giacomo, Linda e ovviamente Pedro.

Organizzammo qualcosa in casa, un diciottesimo abbastanza triste pensai ma poco importava.

Mia madre preparò una grossa torta e per l'evento vennero anche i miei zii e mio nonno.

I primi due non li sopportavo, soprattutto mio zio, il fratello di papà.

Come lui era grassoccio e stempiato, uno di quei fastidiosi individui convinti di essere simpatici con squallide e vecchie battute delle quali ridevano solo loro.

Ovviamente mi mise in imbarazzo coi miei amici che mi guardavano chiedendomi chi cavolo fosse quell'idiota che intanto aveva poggiato le sue grasse mani sulla spalla di Pedro e Matteo.

Il mio ragazzo ed il mio migliore amico, conoscendosi iniziarono ad andare d'accordo e la cosa mi fece tanto piacere.

Era fatta, dopo aver aspettato tanto finalmente avevo diciotto anni e non ci fu regalo più bello.

Anche perché i miei come regalo di compleanno mi dissero di avermi pagato la scuola guida, sai che bel regalo.

La coppia mi regalò una felpa di Star wars, per quanto solitamente i vestiti facevano schifo come regalo, apprezzai davvero il gesto, amavo quel film.

Pedro invece mi regalò una collanina, questa aveva la parte bianca dello ying e yang, quando me la mise al collo mi fece vedere che lui stava già portando quella nera.

"Ho pensato che fosse un bel regalo, schifosamente romantico ma bello" disse come se si stesse scusando.

Io lo abbraccia ringraziandolo, dandogli anche un bacio a stampo.

Matteo non aveva niente in mano ma attirando l'attenzione su di se sollevò l'indice verso l'alto agitandolo.

"Il mio regalo non potevo impacchettarlo, ma l'ho lasciato fuori dalla porta prima di entrare, vado a prenderlo" disse per poi avviarsi verso la porta.

Non volevo crederci quando lo vidi, restai scioccata e anche se gli altri restarono un po interdetti io mi mossi rapidamente andandogli incontro e lo abbracciai fortissimo.

Matteo in mano reggeva il vecchio fucile col quale da piccolini giocavamo e rivederlo mi fece quasi piangere.

"Era in garage, stavo per buttarlo ma poi mi sei venuta a chiedere scusa, lo hai fatto davvero e ho pensato di regalartelo, così se andrai in posti tipo L'Afghanistan potrai difenderti dai cattivi!" sussurrò lui ridacchiando.

Fu quello il più bel regalo di compleanno che ma ricevetti, al di là di; collane, videogiochi e altre cose. Quel semplice fucile, vecchio e scheggiato fu davvero la cosa più preziosa che abbia mai avuto.

Era un simbolo, un modo che Matteo usò per dirmi: guarda ti regalo il nostro passato, questa volta prenditene cura.

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