un nuovo inizio

 Mi chinai per prendere il mio Smartphone nella borsa che avevo tra i piedi coperti solo da calze, durante i viaggi lunghi toglievo sempre le scarpe, quando possibile.
"devo fare una telefonata" esalai con un filo di voce, lui mi guardò giusto qualche secondo facendo cenno di si con la testa per poi abbassare i volume della radio.
Decisi che era giunto il momento di telefonare Matteo, raccogliere ogni mia gocci a di coraggio e affrontare quella cosa.
Più tempo sarebbe passato e più la mia paura di farmi viva sarebbe cresciuta, quella che lui mi avebbe odiato ogni giorno di più o peggio ancora, che più probabilmente mi avrebbe ormai messo nel dimenticatoio, insieme a tutte quelle conoscenze non troppo importanti per restare nella vita di qualcuno.
Il classico e ritmico suono del telefono contribuì ad accrescere un opprimente senso di ansia fin quando non rispose, a quel punto sentii il mio cuore esplodere.
Dicemmo entrambi "pronto" e poi calò un silenzio gelido.
"allora inizio a parlare io" Dissi con la voce rotta ma che cercava di essere allegra. " come stai?" presi tempo, volevo ponderare adeguatamente le mie parole.
La voce di Matteo invece sembrava monotono, molto bassa e apatica, rispose con freddezza alla mia domanda.
"va, tu invece?". Iniziai a sentire freddo ai polsi e si estese fino le spalle percorrendo la spina dorsale, un disagio così ingombrante che avrei voluto chiudere la chiamata e farla finita lì ma sarei andata fino in fondo.
"bene, mi sto trasferendo a Milano." Persi ancora tempo ma poi sospirai rattristita, era giunto il momento. "senti, Matteo io vorre..." Fui interrotta dal ragazzo.
"Non lo fare." tuonò seccato. Stavo per chiedergli cosa ma riprese a parlare. "non iniziare a dire che ti dispiace, che sei triste perché non ci vediamo. Lo hai voluto tu! Vieni a cercarmi per cosa? Perché possiamo tornare a fare i grandi amiconi fino l'arrivo del prossimo fidanzato? O lo fai solo perché non sopporti l'idea di sentirti in torto e colpevole? Non sopporti l'idea di avere la coscienza sporca?" Era veramente furente e mi lasciò senza parole.
"io non intendo..." Ancora una volta mi interrompette bruscamente.
"tu sparisci per non so quanto tempo, poi appari improvvisamente e ti aspetti che delle scuse bastino per farti accogliere ancora nella vita della gente, beh non funziona così. Almeno non con me, quindi se hai altro da dire... io dovrei continuare a studiare, domani ho un esame".
Avevo le lacrime agli occhi, silenziose e abbondanti percorsero le mie guance mentre un giramento di testa mi colse improvvisamente.
"b-buon studio Matteo" Non disse altro, agganciò il telefono e restai in silenzio nel mio pianto. Le spalle stravolte da violenti scossoni mentre nascosi il volto nel palmo della mano.
Sam accorgendosi si fermò non appena raggiungemmo un'aria d'emergenza fermandosi bruscamente e con la macchina ancora in moto prese il mio volto.
"hey... che succede?" domandò piegandosi verso di me, mi strinse e io feci altrettanto. Stretta a lui scoppiai in un pianto disperato per tutto il senso di colpa che sentivo.
"sono una persona di merda" Ripetevo ad alta voce con un tono rotto e stravolto da numerosi singhiozzi.
"no, non è vero Elisa sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto, non dire questo di te".
In quel momento lasciai andare ogni mio dolore attraverso la bocca, uno sfogo fin troppo necessario.
"non ho fatto altro che danni nella mia cazzo di vita, sono una sconosciuta per la mia famiglia, mio fratello sa appena che esisto, non ho mai avuto amici e l'unico che abbia mai avuto ora mi odia. Non sono nemmeno più una soldatessa perché non ho avuto la forza di fare quello che era giusto" lo dicevo a lui ma in realtà lo stavo dicendo a me stessa, un auto suplizio per punirmi di come avevo fatto sgretolare la mia vita senza nemmeno rendermene conto.
Vedevo delle crepe ma le ignoravo, dicendomi che poi le avrei sistemate e che non erano così gravi ma quando tutto mi è crollato addosso era ormai troppo tardi e durante quel viaggio me ne resi conto davvero per la prima volta.
"no Elisa! Ma cosa stai dicendo? Tu sei di buon cuore ed è per questo che mi sono innamorato di te. Mi trasmetti forza e sicurezza, cazzo alle volte sembro io la donna dei due!" ridacchiò lui e tra le lacrime riuscii a far ridere anche me.
"e questo come dovrebbe farmi sentire meglio? Idiota!" replicai mentre lui asciugava le mie lacrime con il dorso del suo indice.
"prima di conoscerti avevo la mia band e la musica, certo ma la mattina mi svegliavo e sentivo un vuoto grosso come una voragine. Tu hai riempito quel vuoto. Non sarai la donna più femminile del mondo. Tiri dei pugni che mi distruggono la spalla e fai rutti più forti dei miei, ma ti giuro Ely. Te lo giuro con tutto il cuore, sei la cosa più bella che io abbia e se tornassi indietro a quella sera, fingerei mille volte ancora di essere il tuo ragazzo in quel bar".
Era piacevole sentirsi dire quelle cose oltre al fatto la precisazione dei pugni e dei rutti mi fece sorridere, voleva farmi capire che apprezzava anche i miei difetti e quello sedò un po' le mie lacrime. Stretta nel suo abbraccio caldo restai lì qualche minuto in silenzio ma mi domandai se a quel punto amassi davvero Samuel o era solo un mio modo per non sentirmi sola. Non riuscivo davvero a venirne fuori. Come fossi intrappolata in cespuglio di rovi che si attanagliavano su di me per non farmi scappare via, verso la luce e la calma dell'anima ormai persa chi sa quanti anni prima.
"adesso lascia perdere Matteo, capisco che ti faccia male ma scusami, posso capire anche perché sia così tanto arrabbiato con te. Quello che devi fare e lasciarti alle spalle la tua vita di prima e iniziarne una nuova, con me a Milano! Ok amore?".
Presi un profondo respiro cercando ci calmarmi e muovendomi verso la sua bocca gli diedi un lungo, languido bacio nel quale la mia lingua invase la sua bocca, cercando la gemella.
Durò interi minuti nel quali lui strinse il mio seno attraverso il tessuto dei vestiti fin quando non si staccò.
"ok.. ok smettiamo qui o finisce che lo facciamo in area d'emergenza" disse ridacchiando mentre si diede una sistemata, poi prese il mio mento e ci guardammo negli occhi.
"stai meglio?".
Sospirai appena e feci cenno di si "sto meglio".

Ripartì immediatamente dopo, alzando il volume della radio, essendo collegata al telefono lo staccò porgendomi il filo, così che potessi ascoltare della musica nel mio telefono.
Lo ringraziai mettendo i The White Buffalo, il mio gruppo preferito e mentre lo guardavo sorridere io inizia a cantare le loro canzoni, questo aiutò parecchio a distrarmi. Al punto che raggiungemmo Milano senza che nemmeno me ne resi conto.
Tutto sembrava avere un'atmosfera diversa, così strana e lievemente cupa, il primo approccio non era dei migliori ma restai comunque a guardare incuriosita le vie che percorremmo fino ad arrivare alla nostra destinazione.
Samuel ed io avevamo casa in corso Buenos Aires, vicino la stazione centrale, la strada era caratterizzata da una schiera infinita di negozi e da un affollamento ingente di persone.
Trovare parcheggio fu parecchio arduo e quando trovammo il primo spazio disponibile dovemmo tornare indietro a piedi almeno un centinaio di metri. Tutti ci guardavano poiché portavamo a testa due trolley più alcune borse adagiate su di essi in modo che non cadessero per terra.
Carichi come buoi raggiungemmo il portone col giusto numero civico, questo era in un edificio alto tre piani oltre i negozi che stavano alla base di esso. Colorato di un giallo con rifiniture a piastre rettangolari in granito tra una finestra e l'altra e sul limitare che divideva le abitazioni dai negozi sottostanti. Casa nostra si trovava esattamente sopra la Geox e difronte a noi c'era una fermata dei pullman.
Mi guardavo attorno, un sole tiepido scaldava appena il mio viso mentre sollevando lo sguardo verso la cada giallognola mi resi conto di quanto fosse cambiata la mia vita e che da quel momento sarei stata un'altra persona. Faticavo davvero a crederci ma dovevo accettarlo e infatti entrata nel portone sospirai appena.
"che c'è?" Domandò Samuel. Lui era entusiasta e lo si sentiva dal tono della voce, io un po' meno ma cercavo di fare buon viso a cattivo gioco, non volevo essere ogni volta la guasta feste.
"niente tesoro, mi fa strano essere qui, ecco tutto." Risposi raggiungendo l'ascensore in attesa che questo giungesse.
Nell'attesa una coppia sulla mezza età raggiunse l'atrio dalle scale e guardandoci ci fecero un saluto quasi impercettibile, freddo e distaccato. Salutai altrettanto e in quel momento arrivò l'ascensore; uno di quelli vecchio stile, stretti con la doppia porticina oltre quella esterna.
All'interno si stava a malapena, specie con tutte le cose che avevamo dietro, una moquette rosso scarlatto copriva il pavimento mentre le pareti erano in legno lucido con segni più scuri a forma di v. Impiegò poco tempo a raggiungere l'ultimo piano, si era creato il classico intenso silenzio d'ascensore e fui parecchio felice di uscire da quel buco che odorava di stantio.

Casa nostra era... beh piccola e mansardata, aperta la porta di casa ci si trovava subito in una sala discretamente grande dove un divano letto era poggiato contro il muro a sinistra, abbinato ad una di quelle lampade lunghe con un cilindro di plastica bianco. Difronte la porta d'entrata si trovava una finestra in diagonale dalla quale si intravedeva solo il cielo e la punta dei palazzi più alti.
Sulla destra invece si trovava una scrivania preceduta da una composizione di due armadi poggiati su altrettante cassettiere e nel mezzo di essi, vi era lo spazio per un televisore che però non avevamo.
Per finire, il bagno e la cucina erano raggiungibili tramite una porta affianco a quella d'entrata; il primo era difronte alla suddetta porta mentre la seconda si estendeva sulla sinistra, abbastanza spaziosa per cucinare ma sicuramente non per mangiare.
"beh... mangeremo sul divano" disse lui ridacchiando, minuti dopo senza nemmeno disfare le nostre valige stavamo già battezzando il nostro nuovo divano, se capisci quello che intendo. Mentre il resto della giornata lo passammo ad oziare, Sam sapeva essere davvero pigro e un procrastinatore provetto. Un lato molto opposto al mio ma che in certe occasioni riusciva ad influenzarmi.
Uscimmo soltanto per l'ora di cena quando andammo a mangiare fuori, mi disse di vestirmi bene e lui stesso indossò una camicia bianca ed una cravattina nera sopra un pantalone dello stesso colore.
"posso mettere l'uniforme allora?" dissi scherzosa e lui mi guardò storto ma in modo totalmente complice.
Dopo una doccia calda indossai un abito nero che scendeva fino a metà cosce; il resto delle gambe era avvolto da delle collant nero fumè e queste entravano in un paio di stivaletti neri dalla suola alta. Restai in bagno qualche minuto, giusto il tempo di dare ai miei occhi un po' di spessore con dell'eyeliner e alle mie labbra una passata di rossetto dal colore scuro e caldo. Truccarmi davanti ad uno specchio era una cosa che mi risultava sempre così strana ma vedendo il risultato finale mi sentii piuttosto bella e ciò mi fece provare un senso di piacere che coccolò le mie spalle e curvò le mie labbra in un lieve sorriso. Mi pentii anche d'aver tagliato i miei capelli mentre cercavo di dargli una sistemata, essendo tanto corti li avrei scompigliati con una passata di gel sia al ciuffo, piegato verso destra che sulla nuca sollevandoli. Quanto meno avevano un aspetto decente e femminile nonostante la loro cortezza.
Ero perfino tentata di togliere il piercing sul sopracciglio ma decisi invece di lasciarlo lì dove si trovava e quando uscii dal bagno, Samuel restò imbambolato a guardarmi.
"ma se esci con quello scollo ti guarderanno tutti le tette" Disse lui imbambolato mentre strinse quella di sinistra, schiaffeggiai la sua mano per poi sistemare lo scollo che non era eccessivo ma mostrava effettivamente quanto generosa fosse stata la natura col mio seno.
"ma piantala idiota" fu la mia risposta poco prima che lui aprì la porta.
Avremmo cenato in un ristorante giapponese, a giudicare dalle foto viste nel sito internet era abbastanza chic e la cosa bella era che lo chef cucinava direttamente al tavolo.
Con noi ci sarebbero stati gli altri componenti del gruppo: David e Andrea, i due gemelli che si occupavano di Chitarra e basso. Poi c'era Cielo la batterista ed infine Marco il tastierista.

Samuel era il frontman e seconda chitarra... io una fan. Scherzo, era carina la loro musica ma se non fossi stata col cantante sicuramente non li avrei ascoltati.
Tutti loro erano vestiti in maniera elegante, come suggerito da Samuel quindi mi sentii a mio agio messa in tiro in quel modo.
Rimasi delusa nel sapere che David e Andrea non erano identici, adoravo i gemelli ma comunque tutti e due avevano capelli neri, occhi scuri e mentre il primo aveva lunghi capelli ed una folta barba, l'altro li teneva corti e con un pizzetto in ordine e curato. Insomma, David sembrava essere un vichingo mentre Andrea un ragazzino.
Cielo invece, nome decisamente singolare ma difficile da dimenticare. Aveva i capelli nero pece e lisci come la seta, diventavano viola a metà della loro lunghezza e fucsia sulle punte, lunghi fino alle ginocchia. Tanto da farmi invidia, li avevo sempre voluti lunghi in quel modo.
Il suo trucco nero era eccentrico, esagerato ma la rendeva davvero bella, aveva perfino indossato una lente color ghiaccio solo sull'occhio destro ed i suoi abiti neri composti da: retine, fibbie e laccetti erano ornati da borchie e bottoncini a forma di pentacolo. Stivali alti fin sotto le ginocchia, di pelle lucida e calze a rete che si infilavano in una gonna larga nella parte più bassa.
Per finire C'era poi marco, uno di quelli che vedi la prima volta e capisci quanto possa essere buono e solare, alto forse due metri ma con un piacevole sorriso sempre stampato sul volto, portava degli occhiali con montatura larga, due piercing neri agli angoli delle labbra inferiori, un septum e tre orecchini lungo la parabolica di ambo le orecchie. Indossava una camicia bianca dalle maniche arrotolate che mostravano le sue braccia completamente tatuate. Sopra la camicia portava un gilet nero e dei pantaloni dello stesso colore.
"ti sei vestito davvero da pinguino!" disse Samuel quando lo vide:
Marco sorrise masticando una gomma, mi diede una rapida occhiata e poi rispose.
"te lo avevo detto, ho troppo stile zio" capii che con quel suo atteggiamento non si prendesse sul serio e infatti sorrisi guardando i due scherzare tra loro.
"ragazzi, lei è Elisa, la mia ragazza".
Quando mi presentò strinsi la mano di tutti loro, sapevo già i nomi visto che Samuel me ne aveva parlato e a giudicare dalla risposta di David, fece lo stesso con me.
"la soldatessa eh? Mai conosciuto una donna soldato!" esclamò con una voce molto grave e profonda.
"beh, c'è sempre una prima volta no?" risposi tentando di essere simpatica ma la vera sorpresa fu Cielo e soprattutto la sua vocina, mi aspettavo un tono calmo, serio invece al contrario dei suoi abiti, quella ragazza sembrava fosse un'esplosione d'arcobaleno.
"piacere di conoscerti cara, Samuel ci ha parlato tanto di te, continuavamo ad insistere che non sarebbe dovuto venire qui senza di te!" esclamò abbracciandomi. Fui spiazzata dal suo modo di essere ma non dispiaciuta, anzi.
Una volta fatti tutti i convenevoli entrammo all'interno del ristorante, io a braccetto con Sam dietro tutti gli altri. Guardandoli e sentendo i loro discorsi pensai che magari, quelle persone appena conosciute potevano benissimo diventare miei amici, persone a cui volere bene e finalmente, sentirmi parte di un gruppo che perdurasse nel tempo. Così da non dover vivere per forza nel passato alla ricerca di momenti felici ma viverli nel presente, col sorriso sul viso nonostante tutto.
Esattamente come nelle foto, il locale era parecchio caratteristico. Ogni tavolo diviso da dei separé che ricordavano le classiche porte a ventaglio Giapponesi, si trovavano bambù vicino le pareti e perfino gli omini dei sanitari indossavano kimono e ombrellini.
L'accoglienza fu ottima e lo chef che avrebbe cucinato per noi si presentò col nome di Eizo; un uomo sulla quarantina con quel classico sorrisetto felice e affabile.
"è un piacere avervi qui questa sera" disse e il suo parlato non era nemmeno tanto male, insomma aveva una forte cadenza nipponica ma era perfettamente comprensibile.
Seduti al tavolo mi sedetti tra Cielo e Samuel, alla sua destra si trovava David mentre Marco e Andrea si trovava a capotavola, ai fianchi dello chef.
"allora Elisa, come ti sembra Milano? Ci sono qui da poco ma giuro che la sto amando" Esclamò Cielo mostrandomi un ampio sorriso con le sue carnose labbra dipinte di nero.
Non avevo visto praticamente nulla se non la via dove abitavo, per qui feci spallucce prendendo un po' di tempo. Lei non mi staccò gli occhi di dosso e quella sua lente catturava spesso la mia attenzione.
"in realtà non ho visto molto, siamo arrivati e dopo aver sistemato un paio di cose era già ora di uscire" dissi mentendo, non volevo dirle che avevamo passato l'intero pomeriggio a fare sesso o stando stesi sul letto senza fare niente.
Samuel ci guardò e muovendo poi lo sguardo verso lo Chef che preparava la piastra fece un mezzo sorrisetto.
"magari qualche volta possiamo uscire insieme, se ti va".
Cielo sembrava essere davvero tanto espansiva ma non mi diede fastidio, invece apprezzai molto quella sua proposta. L'ipotesi di avere finalmente un'amica mi rendeva felice. Non ne avevo mai avuta una del resto.
"certo, va bene!" Esalai e ancora una volta notai Samuel guardarci e sorridere.
"icché tu ridi?!" domandandoglielo gli diedi una gomitata sul braccio e lui in risposta pizzicò appena l'angolo della mia mandibola.
"sono contento che state facendo amicizia, tutto qui" spiegò lui.
Mentre parlavamo si presentò una cameriera per chiederci cosa avremmo voluto da bere, quasi tutti presero una birra. Era da tanto che non ne bevevo una e da quando stavo con Samuel mi ero data una regolata con l'alcol, visto che negli ultimi tempi stavo davvero esagerando.
Però, in quel momento tra, possiamo dire amici, mi venne un'innocente voglia di bere; non era un voler annegare i pensieri ma godermi una semplice birra in compagnia.
"una anche per me" dissi alla cameriera quando Samuel ordinò una ichnusa, immediatamente mi guardò.
"cosa?" domandai visto che col suo sguardo mi sentii come messa sotto giudizio, lui sembrava invece stranito o deluso. Non lo avevo mai visto in quel modo.
"non è meglio una cocacola?" domandò lui.
Ridacchiai incredula per quelle sue parole, mi fece sentire incapace di prendermi cura di me stessa, una sensazione così odiosa che dovetti contenermi dal non alzarmi e andarmene.
"cosa sono Sam? Una bambina?" stavo bruciando dentro ma tentai per amor del quieto vivere di camuffare il tutto con tono ironico.
"no, certo che no ma lo dico per il tuo bene... lo sai no?".
Aveva ragione ed era bello che si preoccupasse per me ma non ci vedevo niente di male, infatti guardai la cameriera che a giudicare dalla sua faccia non aveva capito una virgola del nostro discorso.
"due birre grazie" ribadii.
"due bille?" rispose con voce confusa la cameriera e così confermai con un pollice rivolto verso l'alto.
Samuel non l'aveva presa proprio bene ma feci finta di niente. Non volevo mi trattasse come un'alcolizzata, non lo ero.




Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top