Skal

 Dovevo cercare di non pensarci, presto qualcuno avrebbe avuto successo là dove io tempo prima avevo fallito. Il mio pensiero in quel momento era quello di presentarmi al colloquio con la testa sulle spalle.
Quando arrivai al negozio Il signor Motta era già all'interno, dietro il bancone stava pulendo il macchinario dove i tea venivano sceccherati, con la testa rivolta a destra parlava alla stessa ragazza che prese il mio Curriculum.
Capii che stessero parlando di quanto a caduto in Russia ma appena i campanellini tibetani annunciarono il mio entrare, smisero immediatamente e l'umo mi venne in contro già pronte con il braccio proteso verso di me.
Era un uomo basso e grosso. Mi arrivava si e no al petto mentre i suoi pochi capelli brizzolati che aveva in testa facevano il giro dietro la nuca lasciando in alto una lucente pelata.
Per finire, il suo labbro superiore era coperto da folti baffoni facendolo sembrare parecchio buffo anche per via dei suoi lineamenti molto grassi e tarchiati.
"eccoti qui, anche parecchio in anticipo, qui non c'è un ufficio ma possiamo parlare nel retro se non è un problema" Disse indicandomi il posto col pollice alla sua sinistra.
Dopo aver accettato salutai la ragazza e seguii l'uomo, non era di certo il colloquio più professionale del mondo e dovevamo stare in piedi ma quanto meno capii che ci saremmo sbrigati in fretta.
"ho letto dal curriculum che hai prestato servizio nel nono reggimento!" Questa fu la sua prima domanda a cui ovviamente risposi in maniera positiva e notai che l'uomo sorrise in maniera malinconica.
"quando ero giovane io prestavo servizio nel cento ottantaseiesimo della folgore, tanti anni fa ormai" confessò e sapere che l'uomo fosse stato un ex soldato fece sorridere anche me, pensai che probabilmente se fui chiamata così tanto in fretta lo dovevo anche a ciò e infatti i miei dubbi si dimostrarono certezza.
Il signor Motta mi disse che sebbene non avessi esperienze ero anche fin troppo qualificata per lavorare per lui ma che capendo il periodo di difficoltà avrebbe voluto darmi una mano e quindi decise di mettermi in prova pagata per due settimane. Insomma... Avevo finalmente trovato lavoro.
Ormai d'accordo non prolungammo la conversazione e poco dopo mi congedò, non prima di offrirmi un tea alla pesca con bubble alla fragola. Al settimo cielo per aver trovato finalmente un posto accetai, ancora una volta salutai la ragazza, mia prossima collega e il signor Motta che mi fermò poco prima che uscissi.
"qualche anno fa al telegiornale hanno parlato di due soldati tornati vivi dopo un gravissimo incidente aereo, gli unici due italiani sopravvissuti ed una era proprio una soldatessa dai capelli rossi, non è che sei tu?" domandò lui.
Sentii mancare un battito mentre le immagini dell'aereo che precipitava tornarono alla mia mente così come le urla dei miei compagni o il deserto nel quale rischiai di morire.
"Non penso che io sia l'unica soldatessa dai capelli rossi nell'esercito italiano" cercai di rispondere in modo ironico. "non sono io, mai precipitata da un aereo, giuro" Aggiunsi ancora con un tono ironico e spensierato. Tono che il mio viso di certo non aveva appena lasciai quel negozio, tornai a riflettere di quanta fortuna avessi avuto quella volta e quanto dolore dovetti attraversare per continuare ad andare avanti in ogni singolo giorno. Quella era la guerra più difficile di tutte, tentare di andare avanti a testa a alta e cuore forte, ritrovare sicurezza ogni giorno nelle cose quotidiane e affrontarle anche se una voce nella testa ti dice di fermarti, anche se vuoi solo sparire sotto le coperte e far lacrimare i tuoi occhi. Arrendersi a tutto quello significava perdere la guerra più importante ma difficile di tutte, quella della vita di tutti noi. Nonostante fossi scappata dall'esercito macchiata di vergogna dovevo comunque cercare di raccogliere ogni mio pezzo lasciato in giro e usarlo per ricostruire una nuova me in modo da non arrendermi anche quando certi ricordi tentavano di distruggermi dall'interno.
In quei momenti pensavo alle cose più belle che conoscevo e nonostante il primo pensiero fu rivolto a Samuel, mi accorsi che in realtà non funzionava. Nonostante in passato mi aveva aiutato a diminuire l'alcol e tristezza arrivata a quel punto quando pensavo al mio ragazzo iniziavo a sentire un senso di oppressione che mi stava stretto e impediva ai miei polmoni di gonfiarsi al pieno delle loro capacità.
Raggiunta la stazione metropolitana del Duomo scesi in direzione dei tornelli ma quel senso di ansia continuò a crescere, incrementato anche dal suono che producevano i treni al loro passaggio, circondata da quelle mura mi sentivo in trappola e il fiato si fece sempre meno. Come se non bastasse iniziò a girarmi la testa mentre cercavo di calmarmi con lunghi respiri ma niente di tutto ciò serviva davvero se non tornare sui miei passi, oltre la scalinata.
Ancora l'ennesimo venditore mi si avvicinò e con un forte impatto afferrai il suo polso quando allungò la mano per lasciare sul mio braccio quel dannatissimo braccialetto.
"levati dal cazzo o ti ammazzo" urlai dandogli anche uno strattone.
Di colpo le persone attorno si voltarono verso di me, notai che alcuni ghignarono dell'accaduto mentre l'uomo sembrò parecchio irritato dal mio gesto e mi si avvicinò con fare ostile dandomi della puttana.
Io mi feci avanti, era poco più alto di me ma non mi spaventava.
"se voglio il tuo merdoso braccialetto vengo a chiedertene uno, altrimenti tu non mi devi toccare, hai capito?". Altri suoi compari si stavano avvicinando mentre le persone attorno a noi si soffermarono incredule.
Sicuramente avevo esagerato come sempre in quel momenti ma bastava davvero poco a scatenare un senso d'odio così profondo da lasciare sconcertata anche me. In quel momento io non volevo fargli male per dargli una lezione. Ogni mio pensiero mi diceva che nel caso avrebbe provato a minacciarmi avrei dovuto ucciderlo e stavo già prendendo le misure per poter colpire il suo collo.
Tutto ciò non avvenne, un uomo poco più alto di me con capelli grigi di media lunghezza si mise nel mezzo. Aveva una barba folta ma curata, occhi azzurri e vestiva con un abito che pareva essere costosissimo.
"vi prego signori, manteniamo la calma, non è questo un atteggiamento da mantenere in un mondo civile" disse con tono quasi ironico. Parlò italiano ma con un accento vagamente simile al francese.
Guardai l'intruso mentre spingeva con la mano sulla mia spalla per intimarmi di stare a distanza ed effettivamente quel suo modo mi fece rendere conto di quale casino avevo creato per così poco.
"ha iniziato lei, io non le ho fatto niente" si scusò l'uomo di colore.
Mi ero già voltata cercando di oltrepassare quell'anello di persone che si era formato, sentivo i loro sguardi puntati su di me ma non guardai nessuno di loro in faccia, troppo nervosa per poter restare sotto in quel posto trovai nella folla una via di fuga senza aggiungere parola alcuna.
Mi avviai a casa senza mezzi di trasporto, godendomi una passeggiata tra le vie urbane di milano.
Il tragitto da duomo a centrale impegnava un po' a piedi ma di certo non era un problema per me, aiutò perfino a calmarmi e quando raggiunsi il portone di casa ero già un'altra persona.
Le mie labbra tornarono a curvarsi verso l'alto in un ampio sorriso anche per via della chiamata che ricevetti.
"mi hanno presa!" Esclamai subito, era Cielo e lei fece un urletto felice.
Mentre parlavo con lei al cellulare salii le scale evitando l'ascensore altrimenti la conversazione sarebbe potuta saltare.
"sono felicissima! Sicchè a prendere bubble tea si va da te, ma fisso!" rispose lei divertita e io annuii poi sentii il suo tono diventare più teso, mi chiese se poteva farmi una domanda.
"anche due!" Rispondevo sempre in quella maniera quando qualcuno mi chiedeva quella cosa.
"io sono ignorante in materia per questo voglio chiederti; ho visto che è successo a San pietroburgo e ho seriamente paura, adesso cosa succede? Oltretutto non è che devi tornare?".
L'argomento era inevitabile, quel giorno che per me sembrava così normale; come uno qualsiasi della mia vita. In realtà sarebbe passato alla storia esattamente come accadde nella seconda guerra mondiale. I telegiornali purtroppo avevano ragione e rimuginandoci su... Mi sentii alle strette.
"Cielo, non so dirti di preciso cosa accadrà ora, sicuramente i responsabili verranno fermati con ogni mezzo ma tu devi stare tranquilla ok? Quanto riguarda me, io ormai non faccio più parte dell'esercito. Sono esattamente come te" Cercai di tranquillizzarla visto che dalla voce pareva essere davvero tanto tesa.
Così cercai di portare la conversazione verso altri temi, mi raccontò d'aver visto ancora il ragazzo del sito d'incontri e che quella volta non fecero niente, solo una semplice uscita.
La lascia parlare, facendo da buona ascoltatrice e di tanto in tanto aggiungevo qualche ironico commentino così che poco per volta la ragazza si calmò.
Quando entrai in casa Samuel Non era in casa quindi mi stesi sul divano recuperando un sacchetto di patatine alla pizza per terra, vicino il divano stesso. Tolsi la molletta gialla che lo chiudeva e nel parlare con la mia amica iniziai a mangiarne alcune.
Erano quel tipo di patatine che lasciavano le briciole sulle dita, non so tu ma a me davano parecchio fastidio.
Restai così, in un limbo nel quale sapevo di dover fare qualcosa ma non avevo voglia di fare niente. Sommersa come mio solito da mille pensieri che rendevano pesante la mia testa e quando decisi di distrarmi giocando alla playstation, cosa molto usata in quel periodo. Il mio telefono squillò.
Capii che fosse mia madre perché avevo impostato la marcia imperiale di Star Wars come suoneria soltanto per lei.
"hey ma'! Come stai?" Domandai tranquillamente.
"Tuo padre è appena andato via di casa, Dovresti chiamarlo sai che lui non lo farà. Io sono qui con Leo. Stava disegnando e mi ha chiesto di te.".
Quello che più fece male di tutta quella conversazione fu il tono della voce che mia madre aveva.
Spento totalmente, aveva perso vitalità e sembrava parlare ad inerzia come se in realtà non fosse presente. In qualche modo, nel profondo. Sapevo che fosse colpa mia o comunque ero parte di ciò che l'aveva resa in quel modo.
I miei si erano separati e io lo venni a scoprire per telefono, senza che effettivamente avessi potuto fare qualcosa ma anche se fossi stata lì, sarebbe servito a cambiare ciò che accadde tra loro? Perchè continuavo ad ostinarmi in quel pensiero che io potevo risolvere tutto?
"lo chiamerò e mamma... sei sicura di questa scelta? Cioè non si può risolvere in qualche modo? Ti voglio bene, vi voglio bene e vorrei poter essere una figlia migliore di così." Mi spiegai con la voce commossa e rattristata.
"Elisa non c'è verso, non voglio più vivere in casa con una persona che praticamente non c'è ma. Va bene, lavora tanto ma anche nei giorni in cui è con noi... non è con noi. Non gioca mai con Leonardo non mi guarda nemmeno. Va bene così" Spiegò lei e messo in quella luce mi resi conto di quanto in realtà somigliassi tanto a mio Padre. Non sapevo come prendere quella realizzazione perchè per quanto gli volessi bene, anche per me c'è stato poco e niente ma effettivamente stavo facendo esattamente quello che mio padre fece per anni.
In un certo senso questo mi aiutò a comprendere meglio le ragioni di papà, lavorava lo faceva con impegno per portare soldi in casa ma poi pensa che lo stesso faceva mia madre con turni davvero proibitivi in ospedale, eppure era sempre amorevole quando stava con me.
Non sapevo dove la mia lancetta della ragione stesse puntano e con tutta probabilità, nessuno aveva torto. Semplicemente doveva andare così per quanto doloroso.
"non insisto oltre allora, dovete vedervela voi. Hai bisogno di qualcosa mamma? Comunque poi passami la mozzarellina, per favore." dissi sollevandomi, restai seduta sul divano, testa verso il soffitto.
"ti ho detto tante volte di non chiamarlo così, comunque non ho bisogno di niente, male che vada qualche volta vieni a trovarci, fallo per tuo fratello". Si sentiva che fosse disillusa anche nei miei confronti, non pretendeva da me come aveva sempre fatto, non aveva risposto alle mie scuse, esattamente come Matteo mesi prima, liquidò la cosa aggiungendo più cenere nel mio passato del quale in qualche modo volevo correre ai ripari ma avevo la sensazione che fosse impossibile.
"hey mozzarellina!" Esclamai mutando voce quando sentii la vocina di Leonardo.
"Carota!" Rispose lui, ci chiamavano sempre così e la cosa più tenera era la sua erre moscia.
Soltanto la sua voce bastò per farmi stare meglio, sentii un caldo piacevole sul mio petto e le labbra senza che io avessi voce in capitolo a riguardo, si sollevarono in un largo sorriso.
"Come stai brutta bestiaccia? Fai il bravo con la mamma?" Domandai.
"si! Io sono bravo! Ora sto facendo un disegno così quando torni lo vedi, ci sei anche te!" Mi disse tutto felice.
"ah ma allora voglio proprio vederlo! Magari quando torno ti porto anche un regalo!".
Lo invidiavo, perché in tutto quel casino a lui bastava un regalo e tutto il resto era perfetto, di una vispa innocenza che mi faceva sciogliere il cuore.
Mi mancava come l'aria stringerlo a me e spupazzarlo, sentirlo sghignazzare. Avevo perfino nostalgia di quando intrufolandosi in camera mia prendeva i modellini per giocare e anche se partivo con l'intento di sgridarlo, finiva che giocavo con lui facendogli promettere che la prossima volta avrebbe chiesto il permesso.
Parlammo per almeno due ore, al punto che per continuare dovetti mettere il viva voce. Non con Leonardo, lui dopo dieci minuti si stancò e tornò a giocare ma mia madre voleva sapere come mi trovassi a milano.
Gli raccontai che il rapporto con Samuel aveva qualche problematica ma del resto, quale coppia non ne aveva? Fu anche tanto felice di sapere del mio nuovo lavoro dicendo "momentaneamente è perfetto" e ovviamente l'argomento non poteva che migrare verso l'accaduto in Russia.
Chiedevano a me, come se avessi potuto dare tutte le risposte, senza capire che ormai ero esattamente come loro e soprattutto, se prestassi ancora servizio non avrei potuto divulgare notizia alcuna.
Quando chiudemmo la chiamata mi accasciai sul divano, respirando a pieni polmoni mentre mi guardavo in giro prigramente.
Tutto taceva, un silenzio denso nel quale, riuscendo a concentrarmi su di esso non pensai a nient'altro trovandomi quindi in una sorta di bolla fuori dal tempo.
Stavo quasi per addormentarmi ma lo scatto della serratura mi fece svegliare.
"ben tornato amore" Dissi a Samuel con un sorriso ma lui non rispose, s'avvicinò verso di me e stendendosi mi salì sopra prendendomi per la gola, una presa stretta ma erotica. Dovetti alzarmi per non sentire quel senso di Claustrofobia che mi attanagliava quando qualcuno mi saliva sopra ma in pochi attimi le sue mani erano nei miei pantaloni, li abbassarono mentre io, confusa da quell'atteggiamento ressi il suo gioco. Non c'erano parole, aveva una faccia così concentrata e modi di fare molto eccitati.
Non perse tempo nemmeno a togliermi le mutande, semplicemente li scostò per poi penetrarmi, un gemito lasciò le mie labbra mentre le mie sopracciglia s'aggrottarono confuse e compiaciute.
Lo guardavo stare in ginocchio tra le mie cosce, ci fissavamo negli occhi ansimando ad ogni suo colpo di bacino sempre più impetuoso.
Quel suo fare invase il mio corpo di violente ondate di piacere che partivano dalla mia vagina, estendendosi ovunque, mi stava piacendo da matti e gli ansimi con cui riempivo la stanza ne erano testimoni.
Sollevò la mia maglietta insieme al reggiseno e strinse il seno destro mentre la mano sinistra mi teneva dal fianco.
Durò parecchio, la cosa che mi sorprese era che solitamente faceva cilecca, il suo membro s'ammosciava e non finivamo quasi mai, era un vero casino ma quella volta mi prese in modo rude, mascolino. Imponendosi su di me come del resto mi piaceva che fosse.
Quando tutto finì si sdraiò sul divano e girandomi gli restai sopra, come una gatta in cerca di coccole.
Il fiato pesante faceva gonfiare la mia cassa toracica mentre le gambe tremavano per l'orgasmo raggiunto.
Gli baciai l'angolo della mascella e guardandoci scoppiammo a ridere, una vera e sincera risata.
Non sapevo effettivamente il motivo ma non riuscivo a smettere, al punto che iniziai a lacrimare e nel mentre la mia fronte restava attaccata alla sua.
"chi sei tu? Dov'è il mio ragazzo?" dissi divertita e lui spinse la mia testa per dispetto ma poi mi baciò dolcemente.
"mi dispiace che in questi giorni abbiamo discusso, sono stato tutto il tempo in sala registrazioni e pensavo che se ti perdessi morirei, sei la cosa più bella che io abbia. Quindi non vedevo l'ora di tornare a casa da te" Spiegò lui. Improvvisamente, tutti i rancori per quel suo atteggiamento aggressivo svanirono. Mezzi nudi abbracciati su quel divano ci eravamo ritrovati e non potevo che esserne felice.
"se ogni volta mi scopi in questa maniera allora devo farti incazzare di più" Scherzai e lui ridacchiò chiedendomi con lo sguardo se fossi seria.
"che porcona!"
"la tua..." replicai.
Quella serata con Samuel ci riscoprimmo romantici e amanti passionali, fu per me sorprendente perché riuscivo a vederlo con la stessa luce nella quale lo vedevo prima di convivere quando non lo avevo tra i piedi ventiquattro ore su ventiquattro.
Forse era quello il problema; stai con una persona con cui non litighi quasi mai ma appena si condividono gli spazi, tutto cambia, noti cose che prima ti erano sfuggite. Senti fastidi che prima non sentivi ed è a quel punto che l'amore può rafforzarsi o completamente distruggersi. Io e lui eravamo su un filo molto sottile ma quella serata diede a quella tensione un brusco arresto.
Facemmo anche il secondo round... in doccia. Almeno ci provammo ma se la prima era andata divinamente la seconda fu un totale disastro. Non importava, andava bene così.

Il giorno dopo essendo domenica decidemmo di andare in parco sempione con gli altri della band, ci eravamo messi d'accordo per un picknick nel quale chiunque avrebbe portato qualcosa.
Io e Sam eravamo gli addetti alle patatine, lui esagerò. Come sempre!
Avevamo buste di patatine di qualsiasi gusto e colore, non gli importò se gli dissi che non saremmo mai riusciti a mangiarle tutte.
"vorrà dire ci resteranno delle scorte per quando torneremo a casa".
"Si certo, se per un mese vuoi vivere di patatine hai fatto bene"
Risposi io facendo un cenno di no con la testa.
I Soldi non mancavano, con la band che racimolava ascolti su ascolti gli introiti erano sempre maggiori ma comunque avrei preferito che Samuel si responsabilizzasse con le spese.
Cristo, senza accorgermene stavo lentamente diventando mia madre!
Gli altri ci stavano aspettando difronte l'entrata di castel sforzesco, imponente castello dall'alta torre centrale. Vi era una grossa fontana che eseguiva delle coreografie con gli spruzzi d'acqua dove ai bordi molti turisti si sedevano per scattare una foto o lanciare una moneta alle loro spalle. Fontana sbagliata idioti.
Tutto attorno invece vi erano vialetti e giardini mentre guardando l'entrata, sulla destra vi era si dell'erba ma in una ripida discesa che finiva in un corridoio erboso ai piedi delle mura. Lì alcuni ragazzi avevano trovato ristoro e altri ancora si rotolavano dal pendio ridendo e urlando.
Ovviamente Samuel propose di farlo ma tutti, io compresa lo mandammo a quel paese.
Ci incamminammo invece oltre l'enorme entrata, ammassati tra una folla di persone: alcuni si fermavano a guardarsi attorno altri invece camminavano spediti. Noi facevamo parte del secondo gruppo che si arrabbiava con quelli del primo per l'ingorgo che creavano.
Oltre l'entrata vi era uno spiazzo molto vasto, pavimentato in pietra liscia e quel tipo di cementazione composta da tanti sassi, onestamente non so nemmeno se avesse un nome specifico ma mi dava troppo fastidio camminarci sopra.
"ma qui dentro ci sono patatine per un esercito!" Squillò cielo prendendomi a braccetto.
"nah, i soldati mangiano di più!" risposi facendole un occhiolino e lei sghignazzò per poi indicarmi un punto, quando guardai notai un pugno ragazzi dai baschi neri. Alcuni stazionavano vicino ad un autocarro Iveco VM90, altri invece camminavano nella piazza.
"guarda, ci sono i tuoi colleghi!" Disse ironicamente e io gli abbassai la mano.
"abbassa sta mano grulla" risposi imbarazzata.
Il numero di poliziotti e militari nelle strade era significativamente aumentato ma del resto c'era d'aspettarselo.
I voli per la Russia erano stati bloccati così come ogni forma di trasporto, a quanto pare non si avevano più notizie dallo stato sovietico e mentre tutta lente comune si divertiva al parco la tensione globale era probabilmente salita alle stelle.
Mi pento amaramente di non aver potuto dare il mio piccolo contributo che anche se sarebbe stato insignificante, non mi avrebbe fatto sentire in colpa.
Come poteva il governo russo tacere sugli accaduti del suo paese in un momento come quello? Il mio pensiero si soffermò su quel fatto ma la mia vita da ragazza qualsiasi pretendeva le mie attenzioni o meglio... Cielo pretendeva le mie attenzioni.
"ma mi stai ascoltando?!" Esclamò ancora muovendo la sua mano davanti i miei occhi, fu come svegliarmi da uno stato di trance.
"oh? No, mi dispiace..." avevo un tono confuso e colpevole e lei sorridendo fece cenno di no.
"si può sapere perché di tanto in tanto ti incanti? Ti giuro sembri andare in catalessi" lei invece sembrava così confusa ma guardandosi attorno mi fece cenno di aumentare il passo così ci staccammo dagli latri che intanto parlavano tra loro.
"ho fatto vedere una tua foto al tipo che ho conosciuto nel sito di incontri!" Confessò ridacchiando.
Non fu affatto piacevole, la squadrai male per qualche secondo prima di rispondere.
"cosa hai fatto?!" Domanda retorica solo per farle capire il mio dissenso.
"ma si! Ha detto che sei carina e senti un po'..." Smise di parlare avvicinandosi al mio orecchio.
"ti va di fare una cosa a tre?".
Scoppiai a ridere, dovetti proprio fermarmi piegandomi in due dalle risate e quando mi risollevai, dal suo sguardo capii che era seria.
"cielo, ti voglio bene ma tu ti rendi conto che con quello successo in russia si rischia la guerra vero? Come riesci a pensare a certe cose in un momento come questo?" domandai ancora tra delle risate di assoluto stupore. "oltretutto sono fidanzata, che proposte sono?" aggiunsi ancora.
Lei fece una fintissima faccia offeso incrociando le braccia tra di loro.
"Ma vedrai che sistemano tutto e poi, fare una cosa a tre e divertente, tu sei l'unica con cui farei una cosa simile!".
La sua superficialità mi diede non poco fastidio, presi fiato per rimproverare quel suo atteggiamento ma pensando che sarebbero state parole sprecate, lasciai perdere. Mi concentrai sul resto.
"comunque Cielo, non tradisco Samuel. Sarà anche divertente ma non voglio, mi dispiace"
Calò un silenzio imbarazzante nel quale davvero non sapevo che altro dire, oltretutto non facevo Cielo così perversa da chiedermi una cosa simile. Ero completamente spiazzata ma tutto si rivolse quando i gemelli, scherzando tra loro cominciarono a prendersi a cazzotti.
La gente che passava li guardava straniti mentre loro, uno alla volta si colpivano sulla spalla più forte che potevano. Ad ogni colpo bestemmiavano maledicendosi tra risate.
"posso provare io?" Dissi guardando David, quello più grosso. Un modo per far passare quel momento di momentaneo imbarazzo con Cielo
"Sei sicura?" Fu la risposta giocosa del ragazzo che poi guardò Samuel, quest'ultimo diventò scuro in volto ingelosendosi. Stupido idiota, avevo appena rifiutato una cosa a tre per lui che si ingelosiva soltanto per dei cazzotti sulla spalla. Voi uomini sapete essere davvero dei coglioni alle volte.
"Certo che si! Andiamo ti concedo il primo!" Nel dirlo mi fermai, ormai eravamo arrivati nel parco dove da uno spiazzo di ghiaia si estendevano svariati vialetti lungo tutto il parco.
Sulla sinistra un chiosco verde scuro vendeva da bere e mangiare mentre un po' prima, alcuni artisti di strada si esibivano con musica rock anni ottanta.
Di fronte a noi, a non più di cinquanta metri si trovava oltre l'adeguata recinzione, un lago circondato da alberi. Molta era la gente che avvicinandosi scattava foto tutta felice.
In quello scorcio di pace, David che era decisamente più largo e muscoloso di me, prese le misure col suo pugno verso la mia spalla ma poi si fermò ridacchiando.
"non ci riesco, non voglio picchiare una donna!" disse ridendo imbarazzato.
In tutta risposta io mi colpii la spalla, un sorriso allargava la mai bocca mentre il resto del gruppo guardava la scena con curioso interesse.
"secondo me in realtà Elisa è Terminator e quindi David ora si spacca il braccio!" Commentò Marco a cui feci un occhiolino con tanto di lingua fuori, stretta dagli incisivi.
"dai stupido frocio, colpiscila!" lo incitò Andrea, certo non fu molto carino il suo commento ma quanto meno pensai avesse usato quella parola tanto per e non perché secondo lui fosse offensiva. Se così fosse non sarebbe stato affatto carino.
Servì però a convincere David a colpirmi che riversò un pugno contro la mia spalla, la botta fu violenta e dovetti fare due saltelli su una gamba per non rovinare in terra.
Faceva male ma ridevo nel mentre.
"ahia bastardo!" replicai avvicinandomi, era il mio turno e volevo assicurarmi di colpirlo su un nervo.
Presi quindi le misure mentre tutti gli altri restarono in trepidante attesa.
Scaricai l'aria col naso mentre sferrai il colpo, un gancio vero e proprio che non spostò il ragazzo ma gli fece assumere immediatamente una smorfia di dolore afferrandosi con la mano opposta il braccio.
"Porca troia!" sbottò soltanto in un sofferente e sofferente sorriso.
Tutti esultarono il mio nome, soprattutto il Andrea che evidentemente era felice di vedere il fratello soffrire. Il punto era che il pugno di David fece un male cane anche a me, infatti lo muovevo in modo circolare assumendo espressioni dolorose.
"cristo mi hai smontata!" dissi divertita e a quel punto Marco fece una faccia perversa.
"e bravo David che l'ha smontata!" disse infatti dando alla frase tutt'altro senso.
Misi una mano davanti agli occhi, imbarazzata più che mai.
"oh Marco, ma ti sembran' cose da dire?!". Ovviamente Samuel non prese bene la cosa ma lo calmai andando da lui e baciandolo.
"dai amore, sta scherzando. Fattela una risata che cazzo!".
Anche gli altri gli dissero la stessa cosa, che oltretutto non avrebbero mai potuto mancarmi di rispetto.
Raggiungemmo un buon posto all'ombra di uno dei tanti alberi, dove vi era erba morbida per stare comodi.
Distesi i vari asciugamani iniziammo ad apparecchiare quel picnick, quando finimmo e David mi allungò una birra con tanto di occhiolino, ancora una volta Samuel mi guardò male.
"ah ma questa è quella sarda! Dio è la migliore" replicai ignorando il mio ragazzo mentre feci battere la bottiglia marrone contro quella del ragazzo.
Stavo per dire il classico "salute!" quando lui, spiazzandomi esclamò "Skål!"
Lo guardai stranita e lui sollevando le sue spesse sopracciglia mi guardò con una finta aria saccente.
"significa salute, Donna!" disse per poi ridacchiare, nemmeno lui riusciva a mantenere quella faccia da sapputello.
Ad un tratto Marco mise in mezzo una di quella casse bluetooth ridacchiando, questo attirò l'attenzione di tutti.
"oh ragazzi, ve la ricordate?" dopo aver fatto quella domanda si sentì a tutto volume i'm always here di Jimi Jamison, la sigla di Baywatch.
Scoppiammo tutti a ridere.
"da piccola lo guardavo sempre!" Esclamai e arrivato il ritornello ci mettemmo a cantare come i dioti.
Quella scena mi ricordò molto la notte in Sardegna con Pedro e gli altri m ovviamente ricordai anche di Enrico e ciò smorzò quel momento di pura serenità.
Perchè non potevo essere serena come tutti? Ogni volta un mio ricordo era pronto a pugnalarmi le budella facendomi sanguinare.
Cercai di cantare fingendo di essere ancora tranquilla, non volevo rovinare quel momento chiudendomi in me stessa o allontanandomi.
C'era già tanto casino con il fatto della Russia, non mi sembrava corretto dare a quei ragazzi ulteriori pensieri. Soltanto per questo, cercai di essere felice.
Sai, ti sembrerà tanto strano ma se ti sto raccontando tutta quella bella giornata è solo per una ragione ben precisa.
Fu infatti quel giorno che conobbi Bighouse per la prima volta.

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