"siamo una famiglia"


Non fu bello il giorno dopo però, mi svegliai con una forte nausea che mi costrinse ad alzarmi dal letto. Percorsi il tragitto tra il mio Bungalow ed i bagni pubblici sull'orlo di vomitare e raggiunto il primo lavandino rimettei violentemente.

Un signore di mezza età uscì da una delle docce e guardandomi con disappunto se ne andò via. Sospirai per poi lavarmi la faccia, ero ancora in pigiama.

"buon giorno colazione" sussurrai ironicamente battendo due volte il palmo sulla ceramica del lavandino.

Nonostante non fossi al massimo della forma, decisi di andare a correre. Tanto non avrei più chiuso occhio. Lo avrei fatto in spiaggia, così da rendere più arduo l'esercizio e anche perché non volevo perdermi chi sa dove, non conoscendo il posto.

Indossai un top sportivo nero e dei pantaloncini rossi con scarpe da ginnastica e calzini ai piedi, All time low nelle cuffie collegate al telefono nella mia tasca. Quella musica mi dava la giusta carica e ne avevo tanto bisogno.

simili a quella dei Greenday, il gruppo da me citato non aveva fatto grande successo in Italia. Io li conobbi per puro caso, girando su Youtube.

La spiaggia era bellissima, ancora disabitata e fresca, il sole emergendo dal mare dipingeva di rosa l'acqua ed il cielo con sfumature via via sempre più chiare. Gli alberi invece, danzavano trasportati da leggerei soffi freddi e due barche a vela ormeggiate in un porticciolo di legno, dondolavano perpetuamente. Tutto attorno si sentivano gli uccelli cinguettare all'impazzata e quando iniziai a correre, il mio naso venne investito dalla salsedine pungente.

Correre sulla sabbia era davvero faticoso, i miei piedi sprofondavano sul terreno irregolare ma era ciò che cercavo. Una sfida ardua con me stessa che dovevo superare!

Sentii la sabbia colpirmi ripetutamente i polpacci, entrarmi nelle scarpe ma senza pensarci continuai a correre controllando il respiro. In quel frangente pensai allo sbarco in Normandia, tornando a quei testi narrativi dove gli alleati dovettero correre sulla sabbia sotto il fuoco continuo delle mitragliatrici Tedesche. Quanta fatica, quale sforzo immane avanzare in una condizione simile, appesantiti dall'equipaggiamento e costretti a scavalcare i cadaveri dei loro compagni, esplosioni ed urla a rintronarli. Altro che Jogging.

In solo mezz'ora iniziai a sentire il sudore scivolare dalla fronte lungo il viso, anche perché il sole divenne sempre più caldo fin dalle prime ore del mattino.

Guardando il mare decisi che mi sarei premiata con n bagno alla fine mentre a quel punto, la sabbia cominciò ad attaccarsi sui polpacci per via del sudore.

Ti ammetto che in quella volta stavo faticando parecchio ma fu una bella idea.

Non ero stata l'unica ad averla però, mi sentii tirare una spalla all'indietro e quando mi girai infastidita vidi Pedro che indossava maglietta e pantaloncini delle Juventus, un polsino nero sulla destra e scarpe grigio scuro.

Mi parlò salutandomi con la mano ma le cuffie sommersero la sua voce, dovetti quindi togliere una cuffietta ed assunsi una faccia confusa

"Cosa?!" domandai quindi, lui ripetette con tono divertito.

"Non pensavo fossi una che s'allena" mi disse scandendo bene le parole e alzando la voce.

Piegai la testa annuendo in senso positivo mentre ripresi fiato, per non spezzare l'allenamento corsi sul posto.

"Beh si, mi alleno parecchio in realtà."

Mi guardò da testa a piedi dopo tale risposta, fu parecchio ambiguo perché non disse nulla.

Il mio ventre era scoperto quindi nel suo scandagliarmi mi fece sentire in imbarazzo.

"Beh... si nota no?" sussurrò con evidente tono d'apprezzamento.

"Stamattina ho vomitato per quello schifo d'erba" ringhiai cambiando totalmente argomento e mentre lui ridacchiò io gli diedi una spinta alla spalla, ancora imbarazzata per via di quel complimento velato.

"Dai, prova a starmi dietro... e a non vomitare!" esclamò riprendendo a correre mentre roteando una mano mi faceva cenno di seguirlo.

Iniziammo quindi a correre fianco a fianco, i nostri passi si muovevano in sincronia e sinceramente fu bello avere compagnia durante gli allenamenti. Modulando il respiro ne tenetti un po' per parlare con lui, una cuffia dondolava sul mio petto mentre l'alta ancora restò dentro il mio orecchio. Linkin park a quel punto, come sempre.

"Gli altri non corrono?" domandi con voce altalenante.

Lui mi guardò e se la rise di gusto.

Guardai le sue labbra carnose inarcarsi per mostrare quei denti bianchi in un sorriso che trovai davvero carino.

Sembrava molto affabile; solare più che altro, affettuoso. Saranno stati quei suoi modi e quella sua naturalezza di porsi, come se mi conoscesse da una vita.

Pedro per me era una di quelle persone che ti faceva stare bene anche solo l'idea di averlo nei paraggi.

Cheese mi guardò con sguardo ammiccante, cercai di capire che cosa volesse e aspettai risposta.

"Ci hai fatto sesso vero?" domandò divertito.

Restai spiazzata da quella sua frase, chiedendomi come facesse a trovare sempre un modo per farmi venir voglia di picchiarlo.

"Adesso fai anche gli spoiler? Guarda che smetto di raccontare!"

Quella frase però lo fece sorridere ancor più che prima, mosse il suo fucile di precisione ruotandolo di alcuni gradi.

"Niente, il campo visivo è ancora zero" sussurrò per poi guardarmi che intanto lo fissavo scioccata e innervosita.

Lui s'accorse e sgranò gli occhi chiudendoli poi due o tre volte in un espressione sorpresa.

"Che c'è?! Insomma dai! Tutti hanno capito che è così!" esclamò. Con quel tono un po pungente e saputello di chi credeva ed era convinto di qualcosa.

"Tutti chi? Ma sei scemo?" esclamai sempre più sconvolta, cercavo di capire che cavolo avesse Cheese che non andasse. Lui nel frattempo continuò a ridacchiare, guardando attraverso il suo mirino.

"Sto giocando Eli...Irish".

Ripresi a raccontare, dopo un lungo sospiro.

"chi? I ragazzi? Enrico, Francesco e Thomas? Se va bene quelli si svegliano alle undici!" esclamò Pedro mentre continuavamo a percorrere la lunga e interminabile spiaggia.

Erano le otto e un quarto e quasi tutta l'ora l'avevamo passata a correre ma non ero stanca, mi bruciavano le gambe però bastava ignorare quel dolore e continuare.

Nel frattempo le prime famiglie avevano già iniziato a occupare spazio con ombrelloni ed asciugamani, costringendoci a correre verso la riva per non doverli dribblare.

"Tu che fai a Firenze? Hai trovato lavoro?" mi domandò e fui molto confusa da quella domanda.

"Mh? Lavoro? Veramente io vo in quinta l'anno prossimo." Mi guardò stranito.

"cosa?! Sei seria?!" Esclamò con un tono alto e incredulo, la situazione mi divertì parecchio.

"Si guarda che ho diciassette anni! Quanti pensavi ne avevo?"

"Avessi" Mi corresse subito lui e alzai gli occhi al cielo.

"Si, avessi! Maledetto congiuntivo!"

"Non so, una ventina come me! Mi sento in colpa ad averti fatto provare l'erba, scusami!" Fu davvero rammaricato nel porgermi quelle scuse.

Feci spallucce e mentre la mia coda di cavallo sbatteva sulle spalle, mossi una mano orizzontalmente a sinistra e destra.

"Non preoccuparti, è tutto ok!"

"Beh, diciassettenne! Cosa studi allora?"

"Linguistico, giusto perché tengo alla mia sanità mentale" commentai ridacchiando e lui lo fece con me.

"E mi sbagli i congiuntivi? Ahia." Gli diedi un pugnetto sulla spalla mordendomi il labbro inferiore mentre esalai un vagito infastidito, poi lo ascoltai parlare.

"Io invece lavoro in un grosso magazzino, ho fatto la prima superiore ma poi ho lasciato, non faceva per me la scuola" Annuii a quel racconto. "Ho anche il calcio ma la paga della mia squadra non mi permette di vivere solo di quello" aggiunse.

Presi del tempo dopo il suo raccontarsi, quanto mi bastò per prendere fiato e poi lo guardai abbozzando un sorrisetto con la fronte che s'aggrottò dubbiosa.

"Scusa, ma quanti anni hai?" domandai quindi lecitamente.

"te l'ho detto prima, ho vent'anni!"

Fino a quel momento non avevo mai avuto a che fare con ragazzi più grandi di me se non di un anno o due. Pedro era tutta un'altra questione, il sapere che lavorasse lo mostrava ai miei occhi come un adulto.

Specie quando, parlando nella nostra corsetta, mi confessò che da un anno a quella parte sarebbe andato a vivere per conto suo. Fui colpita, non solo dalla sua età ma diede modo di farsi conoscere più maturo rispetto al ragazzino che fuma canne sugli scogli.

Dopo due ore di corsa ci eravamo allontanati parecchio rispetto alla posizione del campeggio, decidemmo quindi che avevamo corso abbastanza.

Notai il mio corpo imperlato di sudore, questo mi gocciolava dal naso e scivolava dalla mascella verso la gola e ancor più giù, solleticandomi l'incavo del seno.

Guardai Pedro piegandomi in avanti, le mani poggiate sulle ginocchia e gli occhi socchiusi, infastiditi dal sole.

"Io... io mi faccio un bagno ma ho il telefono" spiegai col fiato mozzato, le gambe bruciavano e i polpacci induriti facevano sempre più male.

A quel punto il ragazzo si tolse i pantaloni, restando coi boxer, avvicinandosi.

"Dammi!" esalò porgendo il palmo verso l'alto.

Inizialmente fui titubante ma dopo essermi guardata attorno gli diede telefono e cuffie che lui avvolse dentro i pantaloni e poi lasciò sulla sabbia.

"L'ultimo che arriva è una schiappa" Esclamò di colpo cominciando a correre.

"E che cazzo, non vale così!" Urlai inseguendolo e quando riuscii ad affiancarlo entrambi cercammo di far cadere l'altro, spallate e spintoni erano il modo migliore e tra le risate mi ritrovai di petto sulla sabbia.

Lui si voltò e quando si rese conto che non mi ero fatta del male, ridendo colpì la sabbia col piede, gettandomela addosso.

Arrivò per primo in acqua e io lo raggiunsi qualche attimo dopo, tuffandomi di testa.

Sott'acqua tutto divenne silenzioso e calmo, potevo vedere i raggi del sole oscillare nei flutti, la sabbia tanto bianca da sembrare neve.

Quando riemersi passai le mani sul mio corpo per togliere via la sabbia rimasta che pizzicava sulla pelle.

"Mi hai fatto cadere, bischero!" esclamai schizzandogli l'acqua addosso mentre mi avvicinai, intenta a vendicarmi.

"Io?! Fare cadere te?! Ma se nemmeno ti reggi in piedi rossha!" Rispose divertito e quando ci trovammo faccia a faccia stringemmo le nostre mani, entrambi cercammo di piegare le braccia dell'altro in una vera e propria prova di forza.

"Maremma maiala! Ora ti getto di sotto, vedrai!" agguerrita posizionai un piede dietro i suoi polpacci per poterlo piegare all'indietro e farlo cadere.

Ero forte ma lui lo era di più, farlo sprofondare sarebbe stato arduo ma non mi arresi, ringhiavo guardandolo in cagnesco mentre lui rideva di gusto.

"Però! sei forte, questo te lo concedo! Ma...." con uno scatto mi venne contro abbracciandomi nella zona lombare, esalai un vagito per quella stretta improvvisa e a lui li bastò quel momento per sollevarmi per poi gettarmi di testa in acqua.

Completamente immersa vi fu ancora silenzio, il movimento del mare muoveva la mia coda di cavallo come una lingua infuocata.

Quando emersi sentii l'acqua scivolare sul mio viso e un po' in bocca, facendomi sentire il salato sulle labbra.

"Maledetto" Non mi arresi e tornai alla carica con più foga.

"Certo che sei testona" aggiunse lui divertito, pronto a difendersi dal mio attacco.

Finsi di volergli afferrare i polsi e quando lui tentò di intercettare le mie mani, mi abbassai colpendogli il ventre con una spallata, sentii Pedrò emettere un versetto e aiutata dall'acqua sollevai le sue gambe.

La sua schiena impattando creò un enorme schizzo d'acqua e io mi ritrovai a cadere in avanti sopra di lui.

Per un istante che durò minuti interi, mi trovai faccia a faccia con lui, i nostri nasi si sfioravano e lui sorrise guardandomi le labbra.

"Così impari merdaccia!" sussurrai.

"Ah imparo eh?" rispose lui senza distogliere gli occhi dai miei, sentii anche la sua mano stringermi la schiena e lenta andò ad afferrare la mia nuca ma in quell'istante scattai all'indietro, alzandomi.

La mia attenzione fu catturata dal suo petto e poi dal ventre delineato da una tartaruga. Se ne stava tranquillo sotto il pelo dell'acqua, un corpo atletico e sexy che mi fece girare la testa. Mi sentii scaldare tra le gambe e sulle tempie, il fiato si fece più pesante e la mia testa viaggiò verso lidi non proprio casti.

Restava lì a rilassarsi, reggendosi con gli avambracci.

"Dai siediti scema!" disse schizzando dell'acqua verso di me col piede.

Mordendomi il labbro inferiore mi sedetti sulla sabbia, lasciando che l'acqua mi coprisse fino le spalle e raffreddasse i miei bollenti spiriti.

"Se non devi andare da qualche parte coi tuoi genitori, ti va di venire a casa di Francesco stasera?" mi domandò mentre si spostò al mio fianco.

"E mi inviti tu?" domandai sorridendo in modo confuso, lui fece un broncio di accondiscendenza con tanto di spallucce.

"Siamo come una famiglia, quindi non ci vedo nessun problema" spiegò lui.

Quelle parole; come una famiglia. Mi lasciarono di stucco.

Ero cresciuta senza nessun amico, perdendo l'unico che avessi mai avuto. Per questa ragione all'idea di poter frequentare quelle persone ed essere loro amica, mi commossi al punto che le mie labbra carnose s'inarcarono in un broncio e scoppiai in lacrime, fu improvviso e mi imbarazzai al punto da girarmi per non farmi guardare da Pedro.

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