sapore d'amarena


Giunse L'estate del 2009 che portò con sé cose inaspettatamente belle.

Come ti dicevo prima, io e Riccardo avevamo rotto sebbene lui continuasse ad insistere sul tornare insieme, promettendomi di aver chiuso con l'erba.

Decisi di non perdonarlo, questa scelta portò i suoi amici a non parlarmi più. Anche a scuola la gente smise di cercarmi. Capii in quel momento che tutta la popolarità di quel periodo, così come quelle finte amicizie, erano dovute soltanto al fatto che stavo con Riccardo.

Mi sentii una stupida e cosa peggiore, anche con Matteo il legame era ormai spezzato in modo irreparabile.

Non ci furono firme sul mio dannato gesso, nessuno si curò di me e le occhiatacce tornarono presto a circondarmi.

L'unica soddisfazione erano gli studi, avevo una media dell'otto con la quale fui promossa in quarta e ricordo che da subito iniziai a pensare all'esame di maturità che avrei dovuto affrontare l'anno seguente.

Faceva parecchio caldo, e sotto di me lo specchio dell'acqua scintillava riflettendo il sole. Mi trovavo a poppa di un battello, poggiata sul parapetto a gettare gli occhi sul confine dove il mare ed il cielo si toccavano. Stavo andando in Sardegna con la mia famiglia e viaggiare su un battello mi entusiasmò, a mio padre un po' meno visto che inizialmente diventò bianco per la nausea. Ovviamente lo presi in giro.

Eravamo diretti verso un paese chiamato Costa Rei che a detta di mia madre aveva un mare bellissimo, come tutta la Sardegna del resto. Mi parlò anche di una spiaggia la cui sabbia era tinta di rosa e sebbene mi sembrò una cosa tanto strana non vedevo l'ora di poterla vedere coi miei occhi.

Visto il caldo cuocente indossavo una canottiera giallognola che lasciava scoperto l'ombelico, sopra uno short jeans e all star nere ai piedi. Avevo raccolto i miei lunghi capelli in una coda di cavallo ed un filo di eyeliner contornava i miei occhi.

Conobbi due gemelli, non ricordo i loro nomi, tanto meno i loro volti ma ricordo che mi stavano parecchio simpatici nonostante avessero avuto molti meno anni di me.

Uno dei due metteva a dura prova la mia pazienza riempiendomi di domande, io gli rispondevo educatamente mentre l'altro, proprio come mio padre, si sforzava di non vomitare per il mal di mare.

Non passò molto tempo prima che senza riuscire a trattenersi, vomitò così tanto forte che dovetti balzare all'indietro per non farmi macchiare le scarpe.

Per fargli passare il brutto sapore dalla bocca, i suoi genitori gli diedero un chupa-chupa che ovviamente diedero anche a suo fratello, chiedendomi se ne volessi uno anche io. Mi infischiai della regola "non accettare caramelle dagli sconosciuti". Aveva un buonissimo sapore d'amarena che in qualche modo si mescolava all'odore di salsedine.

In quel momento, tornando a guardare l'orizzonte. Mi sentii felice, libera.

Il cielo era di un azzurro intenso, libero da qualsiasi nuvola se non per qualche scia lasciata in lontananza da degli aeroplani di linea che poco a poco si sfaldava

Una leggera brezza fece sventolare la mia coda come una bandiera e un brivido leggero percorse la mia spina dorsale.

Nessun pensiero rivolto alla scuola, a Riccardo o Matteo.

c'ero solo io e la natura; quel mare così tanto bello da volercisi tuffare, quel cielo limpido e il garrito in lontananza di qualche gabbiano.

Arrivammo in campeggio carichi di borse e sacchetti ma prima di poter entrare in casa ci fermarono per prendere le nostre generalità. Non vedevo l'ora di poter posare tutto e rilassarmi, mi sentivo un mulo.

C'era una lunga strada principale dalla quale si diramavano altre stradine ricoperte di ghiaia, in entrambi i lati i bungalow formavano una schiera. Alcuni di questi erano completamente coperti da dei teloni di plastica ma altri erano invece aperti ed io curiosa ne guardavo le verande, salutando con un sorriso se incrociavo lo sguardo coi rispettivi proprietari.

Numerosi alberi torreggiavano alti tra i tetti, andando a formare diversi punti d'ombra fresca nelle stradine.

Alcuni bambini sfrecciavano ridendo con le biciclette, altri si inseguivano con pistole d'acqua. Ragazzi più grandi invece camminando parlavano tra loro o altri sedevano tutti raggruppati.

Mi sentii emozionata all'idea di passare del tempo in un posto simile, almeno lì avrei voluto fare amicizia con qualcuno.

Mentre camminavo vidi qualcosa sfrecciarmi davanti la faccia, una macchia grigiastra che saettò seguito da un rumore assordante alla mia destra mi fece saltare.

Abbassai lo sguardo e notai un pallone di cuoio che stava lentamente rotolando verso i miei piedi ma non fece in tempo a cercare chi l'avesse calciato perché il proprietario attirò la mia attenzione.

"hey, scusa! Potresti ridarci il pallone?" Disse un ragazzo mulatto e ricciolino, dietro di lui vi erano altri all'incirca della mia età, in attesa del loro pallone.

Ridacchiai incredula e per restituirgli la palla la calciai ma questa andò molto più a sinistra di dove si trovavano loro.

"bella mira!" disse scherzoso il ragazzo e a quel punto mi sentii in imbarazzo.

"ragazzi, fate attenzione a dove tirate!" urlò burbero mio padre, abbassai la testa e sistemando meglio la grossa valigia sulla mia spalla, continuai a camminare.

"scusatelo, è semplicemente fatto così" aggiunsi scappando via imbarazzata.

Arrivammo finalmente al nostro bungalow e mentre mio padre tolse il telo io gettai la valigia e tenendo gli altri sacchetti in mano mi sedetti per terra. Fortuna che davanti casa un albero creava una chiazza d'ombra, sentire ogni tanto un soffio di vento fresco sulla pelle sudata era veramente piacevole.

"finalmente!" Esalai quando, barcollando per la valigia entrai dentro il bungalow.

Si trattava di un ampio monolocale con veranda, un piccolo cucinino ed una roulotte nella quale vi erano due grossi letti matrimoniali. Eravamo stati avvertiti della mancanza del bagno, avremmo quindi dovuto usare quelli comuni.

L'arredamento era essenziale ma comodo; un divano, alcuni quadri, una lunga cassettiera che fungeva anche da piano per poggiarci diverse cose. Un ventilatore e un'altra cassettiera alla sinistra della porta che dava sul cucinotto. C'era una sola finestra coi vetro satinato che affacciava sulla veranda. Su questa si trovava un tavolo e quattro sedie di plastica ed un divano a dondolo.

"questo è mio!" dissi indicandolo.

"ok certo!" Esalò sarcastica mia madre. "disfate le vostre cose che poi andiamo in spiaggia" continuò a dire mentre entrando nella roulotte mi guardai attorno; tra i matrimoniali c'era un grosso armadio e difronte a questo una scarpiera. Ogni letto disponeva di una luce al neon attaccata ad una fila di armadietti lungo la parete.

"dammi un attimo!" risposi mentre stavo già riempiendo l'armadio con i miei indumenti, invadendolo per buona parte.

Uscita dalla roulotte mi ero già cambiata e invece dell'intimo indossavo un bikini rosso con un pareo bianco.

Il primo giorno fu davvero uno spasso, erano anni che non mi divertivo così tanto. Mi madre restò quasi tutto il tempo in spiaggia a prendere il sole, io e mio padre invece restammo a mollo quasi tutto il tempo. Giocai con lui a pallavolo ma finimmo col lanciarcela addosso di proposito.

Quello fu il vero motivo della mia felicità, aver trovato un momento, un singolo e raro momento con mio padre. Non è mai stato un genitore molto presente ma in quel momento stavamo ridendo e scherzando assieme, era strano ma anche tanto piacevole.

"Posso chiederti una cosa?" Mi domandò ad un certo punto, tenendo la palla tra le mani.

Riprese quel suo tono tipicamente serio ed io, inarcando le sopracciglia mi immergetti fino alla gola.

"Dimmi babbo" esalai curiosa.

"Mettiamo che ti prendano nell'esercito e finisci la ferma per un anno, dopo dove ti piacerebbe andare?"

Quella domanda mi fece battere forte il cuore. Saltai fuori dall'acqua emozionata perché per la prima volta qualcuno stava prendendo seriamente la mia volontà.

"Mi piacerebbe entrare nella Folgore" lui sorrise e poi lanciò la palla nelle mie vicinanze così che dell'acqua mi schizzò in faccia.

"Non dire alla mamma che ti ho detto questo ma Elisa; se davvero è ciò che vuoi fare allora impegnati, perché figlia mia sappi che questa strada non sarà tanto facile".

Avrei voluto abbracciarlo ma annuii soltanto.

Quella stessa sera, dopo mangiato mi sdraiai sul divano a dondolo. Tra il viaggio e la giornata al mare ero stanca morta, mi piaceva molto quella sensazione di stordimento e stanchezza anche perché cullata dall'oscillare del divano.

Stavo giocando con un Gameboy, te li ricordi? .

Ero però così tanto stanca che mi addormentai con il gioco sul petto e nemmeno me ne resi conto. Fu un tonfo sul parapetto della veranda a svegliarmi, sobbalzai ed il Gameboy cadde per terra.

Lo raccolsi imprecando e guardando fuori vidi il gruppo di ragazzi del pallone.

"Dormivi?" Domandò uno dei quattro, quello mulatto e ricciolino. Il tonfo lo aveva provocato lui poggiandosi sul parapetto con gli avambracci. Indossava una maglietta di calcio della nazionale brasiliana con pantaloncini neri.

"Emh... ciao?" Che tipo, piombò a casa facendomi svegliare e nemmeno mi salutò. Gli altri tre invece rimasero in disparte, visibilmente imbarazzati.

"Ciao a te rossa! sai, ti abbiamo vista stamattina e poi sei nella casa dove solitamente viene a stare un nostro amico." Non capii dove volesse andare a parare ed infatti la mi fronte s'aggrottò mentre mi avvicinai al parapetto.

"Oook, e quindi?" domandai allungando le mie parole, la sua risposta mi spiazzò ma non capii se in modo positivo o negativo.

"Quindi pensavo che magari potresti unirti a noi, veniamo qui in vacanza da quando siamo piccoli ed è divertente se sai dove andare e cosa fare!" Fece qualche passo indietro e con la mano mi suggerì di uscire in strada, io guardai il gruppetto piegando lievemente il viso.

"mamma?!" urlai in modo che mi sentisse.

"dimmi" la sua voce era ovattata all'interno del Bungalow.

"Vo a fare una passeggiata!" Restai un po' in silenzio in attesa che il Boss diede il suo verdetto.

"Mi raccomando Elisa non fare troppo tardi, ok?"

"ricevuto".

Uscita per strada, il ragazzo mulatto mi indicò con un sorriso.

"fammi indovinare, sei Elisa!"

Ridacchiai porgendogli la mano "ma che intuito! Come hai fatto?" risposi stando al gioco e mi presentai con tutti.

I loro nomi erano: Enrico, Thomas, Francesco e Pedro.

L'ultimo era il simpaticone con la maglietta del Brasile, sembrava più grande rispetto agli altri mentre il più piccolo invece era Enrico, un ragazzo cicciotto dai capelli mossi .

Girammo per il campeggio ed ognuno di loro si raccontò un po' a me come io feci con loro. I quattro erano così diversi tra loro, stili di vita e gusti totalmente differenti. Eppure sembravano essere un gruppo davvero tanto affiatato.

Capii che Enrico era considerato la "mascotte" del gruppo. Veniva preso in giro ma senza odio e lui ogni volta rispondeva a tono. Gli piacevano i fumetti e sembrava imbarazzato nel rivolgermi la parola.

Francesco invece; capelli neri con un ciuffo che andava sulla destra, era dei quattro quello che diceva più idiozie. Raccontava un sacco di battute stupidissime o commentava in modo stupido quasi tutto quello che vedeva e sentiva.

Thomas invece si mostrò piuttosto calmo e pacato, indossava diversi braccialetti di pelle e una maglietta dei Nirvana che attirò la mia attenzione.

Per finire, Pedro era Brasiliano e cliché dei cliché giocava a calcio. Mi restò accanto per tutta la passeggiata e mi confessò che quella mattina, aveva calciato la palla verso di me per attirare la mia attenzione.

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