resterò in piedi

 Draghi tossì ancora, più forte di quanto avesse fatto in precedenza, diventò rosso in viso ma invece che godere nel vederlo in quello stato, mi preoccupai chiedendomi che cosa avesse.
Nel trovarmi in quel pensiero domandai a me stessa se fossi impazzita, cosa mi importava? Anzi se si fosse ammalato non avrebbe potuto lavorare e quindi avrei avuto vita più facile.
"Mazzoli, alla fine dell'esercitazione andrai a pulire tutte le armi del corso e quando avrai terminato pulirai i bagni, una mansione più adatta!" Sibilò ma ancora una volta risposi prontamente.

"sergente non mangio da tre giorni" mezza bugia, non sapeva delle focacce.
Fece cenno di no con la testa ed un passo indietro, respirava pesantemente col naso mi fissava dritto negli occhi.
"allora non hai capito..." Poi si fermò e diede a tutti gli altri l'ordine di tornare a correre, tutti tranne me.
"se riesci a buttarmi per terra oggi ti faccio mangiare" spiegò mettendosi in guardia.
Dovevo combattere per il cibo? Lo avrei fatto!
Scattai verso di lui, avrei dovuto prima colpirgli lo stomaco, farlo piegare ed indebolire prima di gettarlo in terra.
Optai per un calcio, lo avrei colpito alla pancia con la punta e fu un colpo abbastanza rapido, ciò nonostante parò il colpo così ritirando la gamba tentai di colpirlo in faccia ma lui prese il mio braccio e girandomi me lo piegò dietro la schiena.
Ero immobilizzata in quella presa e lui strattonava il mio arto causandomi parecchio dolore, per liberarmi gli diedi una tallonata sullo stinco e girandomi provai a colpirlo in faccia con un gancio.
Lui intercettò il mio pugno, fece leva col suo corpo e facendomi fare mezzo giro in aria mi scaraventò per terra. Mi aveva appena battuta ma quando stavo per rialzarmi lui si inginocchiò su di me, vidi annebbiato quando un suo poderoso pugno mi raggiunse lo zigomo, poi l'angolo alto della bocca tra quest'ultima e il naso.
Cercavo disperatamente di spingerlo via, urlando dolorante ad ogni pugno che mi dava sul viso.
Non la smetteva più di colpirmi nonostante gli gridavo di togliesi da me, chiedendogli cosa diamine stesse facendo. La mia faccia veniva piegata a sinistra o a destra, in base alla direzione dei pugni.
Vidi il mio sangue schizzare ad ogni colpo mentre poco a poco sentivo di svenire, col dita provai a graffiargli il viso, scalciavo come una matta ma l'ennesimo pugno mi lasciò inerme.
Restai a bocca spalancata a boccheggiare per il forte dolore, le braccia caddero al suolo, non contento mi colpì ancora e restai con la testa piegata verso destra.
"ecco ciò che meriti stronza insolente, non ti azzardare ma più a contraddirmi o ti ammazzo!" Ringhiò lui mentre io sputai un molare per terra.
Se ne andò lasciandomi lì, in balia di tutto il male fisico che stavo provando. Così tanto forte da impedirmi ogni movimento, Guardavo la mia mano che aprivo e chiudevo lentamente senza un apparente motivo. Dovetti sputare del sangue che aveva riempito la mia bocca mentre altro colava lungo i lati della mia faccia, fin dietro le orecchie o verso i capelli.

Il giorno dopo ci fu il primo esame, io ci arrivai a stomaco vuoto e con una cinquantina di ore sveglia consecutivamente. Non solo, avevo un occhio viola, un labbro spaccato ed un sopracciglio aperto oltre a lividi paonazzi sul viso e alcuni cerotti.
Nessuno fece domande, fui fissata da chiunque incontrassi ma a nessuno importava davvero cosa mi fosse accaduto.
Decisi quindi di stare zitta e sempre più incerta riguardo la mia volontà di restare nel nono mi recai nel luogo dove avremmo fatto l'esame.

Questo consisteva in una prova di mimetizzazione; avevamo un tempo limite per raggiungere una postazione di tiro ma per raggiungerla avremmo dovuto percorrere un tragitto nell'erba in campo aperto. Due osservatori controllavano costantemente il posto coi binocoli, quando sarebbero stati convinti d'aver visto qualcuno, avrebbero fischiato.
A quel punto chiunque aveva l'obbligo di fermarsi; nel campo vi era un quarto istruttore con un bastone bianco dalla punta rossa, simile a quello per ciechi. Gli osservatori tramite radio gli avrebbero impartito delle precise indicazioni che avrebbe eseguito alla lettera, così facendo avrebbero potuto far toccare col bastone uno dei partecipanti, scovandolo! Se questo accadeva, il candidato sarebbe stato escluso dall'esame.
Qualora qualcuno fosse riuscito in tempo a raggiungere la postazione di tiro, avrebbe dovuto sparare contro dei bersagli posti a quattrocento metri di distanza ma a quel punto gli osservatori avrebbero tentato di trovarlo tramite il quarto col bastone. Se ci riuscivano, il candidato sarebbe stato escluso ma se invece non fossero riusciti a trovarlo allora avrebbero sollevato due cartelli, ognuno di essi con due lettere al loro interno.
Bisognava riuscire a leggere almeno un cartello e sparare un secondo colpo, a quel punto si aveva superato l'esame e si calcolava punteggio aggiuntivo in base ai due colpi sul bersaglio.

La pittura facciale bruciava nelle ferite ma era indispensabile applicarla su tutto il viso, così come preparare la Ghillie legando ad essa dell'erba presente nel campo. Stanca morta mi domandavo come avrei potuto superare quella prova senza addormentarmi non appena mi fossi stesa sul terreno.
Certo l'adrenalina aiutava ma avevo bisogno di dormire, non pensavo ad altro che al corso e al letto mentre presi posizione.
Anche se l'esaminatore col bastone ci avrebbe visto non saremmo stati squalificati, era dagli osservatori che dovevamo nascondere la nostra esistenza.

La pazienza e l'accortezza erano la parola chiave per riuscire in quel test.

Ogni movimento sbagliato poteva smascherarmi, vi erano degli alberi sulla destra, quelli che delimitavano la pozza d'acqua lercia mentre sparsi in giro e alcuni alberelli venivano smossi dolcemente dal vento.

Passare vicino quelli sarebbe stato rischioso, questo perché colpendoli li avrei smossi e le loro chiome avrebbero subito un colpo di frusta, si sarebbe capito che non era il vento.
Gli esaminatori lo avrebbero sicuramente notato e a quel punto avrebbero fischiato, quindi gli alberi erano da evitare come la peste.

Anche perché uno dei due coi cannocchiali era proprio Draghi che immaginavo non vedesse l'ora di eliminarmi.

Le prime decine di metri fu abbastanza facile, evitai di andare dove l'erba fosse eccessivamente alta poiché muovendomi l'avrei agitata e non solo, trascinandomi l'avrei schiacciata creando quindi una linea che conduceva dritta verso di me.

Cercare di non farsi vedere non era l'unico problema, infatti dovevo anche capire dove andare per evitare di allontanarmi alla postazione di tiro.
Del resto, con la faccia schiacciata al terreno era difficile orientarsi e sollevarla costituiva un grave pericolo.
Un fischio investì le mie orecchie, una frazione di secondo prima di sollevare lievemente la testa.

Qualcuno era stato già visto!
"calma... calma, non sei tu, non sei tu" sussurrai a me stessa mentre la tensione mi congelò le vene.
Sentivo di poter morire in quel momento e quando sentii i passi dell'esaminatore avvicinarsi strinsi forte gli occhi pronta ad imprecare.
Era a non più di dieci metri da me e si stava avvicinando, tre metri... un metro! Pensavo potesse sentire il mio cuore battere come un tamburo ma poi, entrò nel mio campo visivo, quindi mi aveva sorpassata senza nemmeno vedermi! Restando congelata lo guardai sollevare il bastone, fare un giro di novanta gradi e poi lo abbassò.

Gli osservatori avevano fatto fuori il primo di noi che parecchio rattristato lasciò il campo.
Non avevano impiegato molto e questo mi fece capire quanto davvero difficile sarebbe stato non farsi scoprire. Il mio compagno fu sorpreso nelle mie vicinanze, per questo restai congelata sul posto. Anche quando fecero il secondo fischio, quello che serviva a farci muovere ancora.
I muscoli si erano irrigiditi così tanto che pensai di non riuscire più a muoverli, mi terrorizzava perfino l'idea di chiudere le dita dei piedi all'interno degli scarponi

In quel momento iniziò a prudere la cicatrice sulla spalla oltre che i vari tagli sulla faccia, era sempre così, nei momenti in cui non ci si poteva grattare ogni prurito si presentava come fosse un dispetto. dovevo muovermi! Stare ferma per sempre non avrebbe risolto niente e il tempo sarebbe scaduto.

Iniziai molto lentamente a strisciare con la faccia contro il terreno, una tecnica usata dagli Sniper parecchio famoso.

Consisteva nella normale strisciata militare ma tenendo la testa alta un nemico avrebbe potuto discernere la mia silhouette anche se indossavo la ghillie.

Il sopracciglio, lo zigomo, la guancia e parte del mento strisciavano sul terreno umidiccio, aprendolo lievemente al loro passare. Sentivo la terra sporcarmi, staccare i cerotti e sporcare i tagli sul mio viso.
Alcuni di essi si aprirono aumentando il bruciore che già provavo ma dovetti resistere.
Sembrava di essere finita in qualche girone infernale descritto da dante o una punizione fin troppo cruda.
I denti si stringevano tra loro mentre il mio corpo si muoveva lentamente in avanti facendomi sentire il suono stridente dei fili d'erba che si muovevano.


Fu così che guadagnai diversi metri dopo i quali mi fermai, dovevo fare il punto della situazione e capire dove mi trovasi rispetto alla postazione di tiro.

Questa si trovava a ore dieci rispetto la mia posizione, inclinai il mio corpo verso quel punto così da poter raggiungere l'obbiettivo e mentre mi aggiustai, un secondo fischio invase il campo. Ferma immobile un'altra volta, non vedevo l'esaminatore col bastone, questo era un bene e infatti minuti dopo udii il fischio del via.

Prima di muovermi ricontrollai la posizione del mio obbiettivo attraverso il mirino, poi senza un vero perché mi trovai a puntare il fucile verso i due esaminatori. Tra questi potevo vedere il Sergente Draghi, aveva lo sguardo serio e gli occhi coperti da un grosso cannocchiale.
Tolsi lentamente la sicura al fucile e portai la croce del mirino sulla testa del sergente.
Respirai lentamente, la bocca lievemente aperta mentre la mano destra portò il suo indice verso il grilletto, niente più insulti o punizioni gratuite. Avrei goduto nel vedere la sua testa andare in pezzi ma decisi di rimettere la sicura al fucile.

Chiunque sapeva dell'astio che quell'uomo provava nei miei confronti e di quanti torti esso mi avesse fatto, se l'avessi ucciso ogni sospetto sarebbe ricaduto su di me immediatamente.
Ero tra tutti quella con più motivi di volerlo morto, non ci sarebbero stati dubbi a riguardo così continuai ad avanzare.

Un lento verme nel suolo che si muoveva ad intervalli regolari, sempre più vicino al suo obbiettivo ma anche agli esaminatori.

Fischiarono una terza volta, poi una quarta ed una quinta; più il tempo passava, meno di noi restavano in gara. Non avevo idea di dove fossero gli altri ma sapevo che a me bastavano soltanto altri cento metri. L'ultimo sforzo era anche il più doloroso e teso, non vedevo l'ora di sparare e poter finalmente passare l'esame. Tutta la stanchezza e il dolore erano spariti, lasciando spazio solo ad una crescente tensione.
Ogni volta che muoveva in avanti un braccio temevo di sentire il fischio ma questo non arrivò mai e finalmente, per prima raggiunsi la postazione.
Sotto la canna e la volata del mio fucile vi era uno strapiombo e a trecento metri da me il bersaglio attendeva soltanto di esser colpito.
Il vento soffiava verso est ed io mi trovavo a fissare il nord, tenetti in considerazione ciò mentre mi concentrai sulla mira, tutto quello strisciare mi aveva portato fin lì e non potevo di certo sbagliare un colpo così importante.
A ore due gli osservatori erano ignari di tutto, se ne stavano seduti vicino il bordo dello stesso burrone che aveva forma tondeggiante. Non era importante tenerli a bada, riempii i polmoni che poi svuotai e quando fui pronta esplosi il colpo spostandomi lentamente all'indietro ed inclinandomi sulla mia sinistra. Avevo fatto un centro preciso e pulito, semplicemente impeccabile.
Immediatamente gli esaminatori sollevarono i due cartelli e quello col bastone, s'avvicinò a me senza però guardarmi, fissava davanti a se.
"leggimi tutti e due o anche solo un cartello" disse.
Ancora una volta, portai il mirino verso gli osservatori, questa volta, senza brutti intenti.
"Echo e Bravo a sinistra, India e Hotel a destra" risposi a voce moderata.
Tramite CB l'esaminatore col bastone ripetette le mie lettere e sentii rispondere nonostante la voce fosse bassa e grattata, come sempre quando si comunicava in quella maniera.
"affermativo, le ha viste tutte e quattro!".
L'uomo alla mia destra sollevò il bastone e guardò in direzione degli osservatori.
"riuscite a vedere il cecchino?" Domandò quindi.
Tornai ad essere rigida, non volevo nemmeno respirare temendo di gonfiare la cassa toracica nel farlo mentre il bastone colpì il terreno a pochi centimetri da me.
"ve l'ha fatta!" Esclamò Soddisfatto l'esaminatore "guardate dov'è" aggiunse quasi ridacchiando.
Ancora non mi muovevo, nemmeno quando lui iniziò a toccarmi in vari punti.
"caviglie, zona lombare, spalle, testa, mirino, canna e volata" toccava con la punta del bastone le parti che elencava e poi mi diede il via con la mano.
Dovevo sparare una seconda volta, così gettai il mondo via dalla mia testa. Esistevo soltanto io, il mio fucile e l'obbiettivo.
Ancora una volta presi fiato e sparai, colpo meno preciso del precedente ma finì comunque nell'anello attorno al centro.
"chi è il nostro vincitore?" Domandò soddisfatto Draghi attraverso la ricetrasmittente.
L'esaminatore col bastone stava per rispondere ma sollevandomi gli feci cenno di poter parlare, così lui premette il tasto..
"Sono Il caporale Mazzoli, sergente Draghi, ha visto che bel lavoro?" domandai quasi sul punto di ridere, mi ero avvicinata alla spalla dell'uomo con la radio perché l'altro potesse sentirmi adeguatamente.
Non rispose ma sollevai una mano verso gli osservatori mentre mi incamminai, dovevo raggiungere la loro posizione e andare nella tenda che si trovava dietro, ad aspettare gli altri miei colleghi.
Fui la prima nonostante la stanchezza che in quel momento si fece sentire sulle spalle, non vedevo l'ora di sedermi e sicuramente, avrei approfittato del tempo che rimaneva agli altri per riposare.
Draghi mi tenette sotto tiro con gli occhi quando gli passai alla sua sinistra, lo guardai anche io sollevando la testa visto che i due erano in piedi in una torretta d'osservazione.
Il mio sguardo lo stava sfidando apertamente, poteva picchiarmi, togliermi il sonno e tenermi affamata per farmi andare via ma io avrei combattuto per il mio posto, quella era la dimostrazione che aveva trovato pane per i suoi denti. Sarei stata sempre la prima fin quando non avrebbe potuto fare altro che ammettere la mia bravura.
Quando sorpassai la torretta lo sentii tossire violentemente e l'altro osservatore gli domandò se andasse tutto bene, effettivamente, continuava a tossire in quel modo preoccupante.
Poco importava, raggiunta la tenda trovai quelli che si erano fatti beccare.
"Mazzoli, sei stata tu a sparare?" domandò uno, era Federico, il ragazzo con cui sparai il primo giorno.il suo tono era triste e rassegnato.
"già, alla faccia di Draghi" replicai io e lui abbassò la testa prendendosela con le mani.
"io questo addestramento non lo supero" Confessò lui, così gli diedi un pugno sulla spalla sedendomi al suo fianco.
"se dici che non lo superi allora non lo supererai, idiota!" risposi.
Una volta ferma, anche se sudata e con la ghillie suite, sentii molto freddo. Gennaio era veramente gelido e nella tenda non vi era niente per scaldarci.
Restai stretta a me stessa mentre il mio respiro si condensava e saliva come fumo verso l'alto. Il mio corpo iniziò a tremare in un naturale tentativo di scaldarmi ma la stanchezza mi stordì fino a farmi addormentare.
Potevo sentire il mio corpo dondolare e le voci soffuse dei miei colleghi che parlavano tra loro, queste erano però lontane, ovattate e in un certo senso, mi calmarono e mi aiutarono ad addormentarmi.
Non mi importava che il Sergente Draghi mi avrebbe sgridata, in quel preciso momento non mi importò di nulla se non dormire un po.

Fui svegliata da un pugno sul gomito che mi fece sobbalzare, immediatamente tolsi il cappuccio della mia ghillie guardandomi attorno, fu Federico a colpirmi e guardando verso l'entrata della tenda campii perché.
L'esame era finito e i vari esaminatori stavano tornando con tutti gli altri.
"grazie" sussurrai, la sua risposta fu un occhiolino ed una stretta leggera alla spalla, almeno i miei compagni non mi odiavano, apprezzai molto quel suo gesto.
Mi alzai mostrando il saluto fin quando Draghi non diede riposo andando verso la lavagnetta, tutti lo fissavano e come sempre, prese tempo per guardarci male, evitò però il mio sguardo.
"Ceglie, Emiliani, Mazzoli, Orsini e parisi. Di venti soldati solo cinque sono riusciti in questo esame. Questo vi fa capire quanto arduo sia questo percorso. Ribaldi e Trento, se il vostro prossimo esame non sarà perfetto sarete matematicamente estromessi".
Fece una pausa prima di annunciare il mio cognome nella prima lista, sentii la frustrazione nella sua voce ma questo mi fece capire che sarebbe andata sempre peggio.

Così fu, le settimane dopo furono anche più dure di quanto le altre non lo erano state, scandite da tempi sempre più stretti e impossibili.
Era raro perfino trovare il tempo di andare al bagno e spesso ci andavo di nascosto per non farmela addosso dopo ore. Tramite costanti scuse riusciva sempre a farmi saltare le ore nelle quali sarei potuta uscire, quindi focacce e sonnellini sulle panchine sparirono rendendo più drastiche le mie condizioni.
Nelle brevi docce che potevo fare perdevo un numero preoccupante di capelli che vedevo sparire nello scarico. Le dita bruciavano da quanto le avevo rosicchiate e le pochissime volte in cui mi veniva permesso di dormire, crollavo in un sonno così profondo da costringere ai miei compagni di svegliarmi a strattoni.
Soprattutto durante la mattina sentivo di poter svenire in qualsiasi momento, mi ammalai di raffreddore e la febbre salì. Non l'avevo misurata ma la sentivo nelle ossa e nelle articolazioni, così forte da stordirmi eppure fui costretta a lavorare e addestrarmi come tutti gli altri.
Le mie prestazioni erano così scarse, il mio aspetto così malconcio che i ragazzi del corso chiesero al sergente di lasciarmi riposare almeno fin quando non mi sarebbe passata la febbre.
Fummo puniti tutti quanti con svariati chilometri di corsa abbinati a flessioni e altri esercizi, sapevo fin da subito che non sarei riuscita a fronteggiare un simile sforzo, non nelle condizioni in cui versavo.
Quel giorno pioveva a dirotto, ancora. Tremavo e non fui sicura ma credo di aver avuto delle allucinazioni, una figura incappucciata mi stava guardando da una finestra della base.
Una mano poggiata sulla finestra e un sorriso rattristato, era impossibile che qualcuno si fosse introdotto così tanto facilmente e infatti quando distolsi lo sguardo per poi cercarlo ancora, la figura era sparita.
Durante la corsa, dopo nemmeno mezzo chilometro nel quale ero indietro di diversi metri rispetto il gruppo, sentii le orecchie fischiare e vidi tutto nero.
Mi svegliai in infermeria, avvolta da calde coperte con tremori in tutto il corpo, stavo così male che perfino deglutire si rivelò una tortura. Boccheggiavo guardando il soffitto mentre la testa era colpita da impulsi di dolore, come tante esplosioni che si espandevano verso l'esterno.
A quanto pare ero caduta di faccia sull'asfalto procurandomi altre ferite oltre quelle del pestaggio e un violento mal di testa, fortuna che il colpo non causò una commozione cerebrale ma il male fu dissipato solo da un antidolorifico, un placebo, sospettai e una tacchipirina per la febbre.
Starsene in infermeria aveva i suoi vantaggi, potevo dormire quanto volevo e mi servivano due pasti al giorno più la colazione. Quella settimana in cui fui ricoverata ne approfittai quindi per riprendere un po di forze.
Dormivo quasi tutto il giorno, mi svegliavo di tanto in tanto pensando a quanto la cosa potesse infastidire Draghi.
Alcuni del mio corso mi fecero visita ogni tanto dicendomi che però dovevano fare in fretta perché chiunque sarebbe stato punito se sorpreso a farmi visita.
Impiegai circa sei o sette giorni prima che il medico mi diede l'ok di tornare in servizio, non sapevo se questo mi rese felice o ancor più in tensione per quello che avrei dovuto sopportare ancora.
Fu il pensiero di essere rimasta indietro nel corso a darmi la grinta, il rimettermi in carreggiata e superare quel dannato corso. Sarei morta piuttoto di farcela, di non darla vinta a chi non mi riconosceva il giusto valore.

Il giorno dopo entrando nella mia camera, mi bloccai sul posto scioccata dal casino che trovai. il letto era stato squarciato, cotone e spugna erano sparsi ovunque. Il mio armadietto riverso per terra con
L'intimo; sia reggiseni che mutande erano stati tagliati così come i vestiti sparsi in tutta la stanza. Anche il mio cellulare non fu risparmiato, infatti era per terra, quando lo raccolsi mi accorsi dello schermo completamente scheggiato, sistrutto.
Mi balzò alla mente che all'interno dell'anta avevo attaccato varie foto; alcune con matteo, altre coi miei genitori e una di Leonardo.
Queste erano per terra ridotti a pezzetti, raccolsi quello che restava cercando invano di riavvicinare i pezzi, tra tutte le cose quella era la più dolorosa.
Come se il Sergente avesse toccato in qualche modo la mia famiglia, non avrebbe dovuto permettersi.
"che figlio di puttana" esclamai mentre i miei compagni di stanza mi aiutarono a sistemare quello che si poteva sistemare, sollevammo l'armadio e raccogliemmo i vestiti sparsi ovunque.
"adesso devo ricomprare tutto quanto, cazzo" Imprecai ancora dando un pugno al fianco dell'armadietto che rientrò nel punto colpito.
"mi dispiace Mazzoli, il sergente dovrebbe smetterla" esalò Parisi.
Non era un problema economico, avrei potuto comprare il necessario e comunque, ero sicura che mia madre mi avrebbe caricato la postepay così da permettermi di comprare nuovi indumenti.
La questione era di principio, un uomo grande e grosso come lui, con la posizione che ricopriva non doveva permettersi di fare certe cose. Era un uomo o un bambino capriccioso?
"vado a fargli il culo" ringhiai andando verso la porta ma i tre ragazzi nella stanza mi fermarono con la forza.
"dai siediti, non fare cazzate!" mi dissero allarmati dal mio modo.
Io scrollai il mio corpo per liberarmi dalla loro presa, guardando ognuno di loro.
"sono davvero stanca di tutto questo schifo, merito meglio di questo! Ero nella squadra che collaborava coi Delta Force perché sono stata riconosciuta come una delle migliori porca puttana! Ho passato l'inferno e come ringraziamento ricevo una medaglia di cui non me ne faccio niente ed un calcio nel culo! Il rispetto è ciò che voglio! Ciò che merito!" Urlai aprendo la porta mentre l'altra mano strinse il mio seno sinistro.
"ma ho le tette, quindi gente come Draghi pensa di potermi trattare di merda solo per questo!".
Tentarono di afferrarmi ancora ma strattonando il braccio mi mossi via, nonostante iniziarono ad inseguirmi, tentando di non farmi andare dal Sergente.
Fortuna per me, fu lui a trovarci in quel modo, si dipinse un sorriso parecchio sadico sul suo viso.
"cosa cazzo ha da ridere? Lo trova divertente?!" Tentavo di avvicinarmi ma gli altri mi trattenevano quindi per camminare dovetti trascinarmeli dietro.
"non mi faccia mangiare, non mi faccia dormire, mi spacchi ancora la faccia se vuole ma non si azzardi ma più a toccare le mie cose! Ha strappato foto a cui io tenevo, ha toccato la mia famiglia! Lei è solo un pezzo di me..".
Mi fermai poiché lui diventò rosso in viso ed iniziò a tossire violentemente, in quel periodo gli capitò parecchio, era anche peggiorato in quella settimana nella quale non lo vedetti.
Si piegò su se stesso, sembrava stesse soffocando e dopo un ennesimo colpo di tosse, vidi uno schizzo di sangue uscirgli dalla bocca e schiantarsi sul pavimento. Subito dopo esalando un rantolo cadette in terra accasciandosi sul fianco.
"porca puttana..." sussurrò qualcuno dei ragazzi mentre mi lasciarono per avvicinarsi all'uomo. Dal canto mio, restai rigida, sollevai la testa e fissai la scena del Sergente in preda a quella violenta tosse che lo stroncò. la montagna era appena crollata sotto i miei piedi e provai sadico piacere nel vederlo così debole e vulnerabile, sorrisi.
"Caporale, la prego ci aiuti" mi disse uno di loro ma io restai ferma in trance, non sapendo cosa fare. Sapevo di dovermi muovere ma la mia mente me lo impediva, volevo vederlo morire.
Qundo però Tossì sangue una seconda volta, la mia mente venne colpita dai ricordi delliraq, a quel punto davanti gli occhi non avevo più un sergente stronzo che mi odiava ma un compagno che richiedeva aiuto immediato.
Del resto Anche lui era un Col Moschin, anche se mi odiava e il sentimento era reciproco, Draghi era comunque un fratello.
Aiutai i tre ragazzi a sollevare l'omone, pesava veramente tanto ma in quattro riuscimmo a muoverlo abbastanza in fretta verso l'infermeria, allarmando gli altri.
Fummo cacciati non appena lo adagiammo in un letto e fuori dall'infermeria ci guardammo scioccati,
la tosse era cosa abbastanza comune e leggera, ma vederlo tossire sangue era tutto un altro discorso.
"porca troia non ho mai visto nessuno tossire sangue!" esclamò uno dei tre.
"no infatti, nemmeno io" Rispose un altro.


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