non sei un eroe

"il sole è tramontato da lì, se seguiamo quella direzione raggiungeremo El beru Hagia troviamo un telefono così da poter chiamare le ambasciate" mentre lo disse indicò il sud dove avremmo dovuto dirigerci.

Ero combattuta, quanto avrebbero impiegato i nostri stati per attuare una perlustrazione? Allontanandoci verso sud perdevamo anche l'opportunità di essere avvistati dagli elicotteri.

Dall'altra parte invece c'era il rischio che la milizia ci avrebbe trovati o che i nostri superiori non avessero i permessi per una perlustrazione in suolo somalo. Il dubbio era snervante e alla fine, pensai che Alyssa avesse ragione.

Camminare era davvero faticoso nonostante l'antidolorifico aveva iniziato a fare effetto, Glauco cercava di muoversi come poteva per non darci ulteriore peso ma nemmeno dopo un centinaio di metri fummo costretti a rallentare.

Era nonostante tutto una bella mattina con il cielo aperto e azzurro, attorno a noi sabbia e rocce si estendevano a perdita d'occhio ed il primo sole scaldava la mia schiena.

Tutto il casino era sparito, lasciandoci in un desolante silenzio interrotto soltanto dai nostri gemiti affaticati e dai versi di dolore che Glauco emetteva di tanto in tanto.

Intanto il punto dove l'aereo precipitò si faceva sempre più lontano.

Fu perché curiosa di vedere quanta strada avessimo fatto che notai una cosa sconvolgente.

Non credendo ai miei occhi posi una mano sopra i miei occhi a mo di visiera, anche i miei compagni di sventura si girarono dopo essersi accorti di me.

Di colpo ci fermammo per guardare terrorizzati una colonna di fumo rosso, questa ricordava a regola un fungo atomico che si ergeva a chilometri verso l'alto. Per questo fummo in grado di vederlo.

Una colonna scarlatta dal fumo in costante e lento movimento.

Gli alleati avevano bombardato il sito dove quella notte operammo e il suono dei caccia si fece presto sentire. Due f-16 dell'aeronautica americana che sfrecciarono sopra le nostre teste a breve distanza, eseguirono una virata a sinistra per tornare indietro e

Sparire ad una velocità pazzesca.

Noi tre fummo scossi da violente sferzante di vento che mi fecero perdere equilibrio e per poco non cadetti in terra.

"ci avranno visti per forza" borbottò Glauco con voce indolenzita. Riprendemmo a camminare non potendo fare nient'altro.

"sicuramente ma non riesco a contattare nessuno" replicò Alyssa.

"nemmeno io, solo rumore bianco" continuai.

Era chiaro che almeno per quel momento dovevamo cavarcela con le nostre forze.

Ad un certo punto iniziai a camminare per inerzia, il mio corpo chiedeva riposo ma sentivo di poter ignorare quella richiesta, potevo costantemente mettere un piede avanti all'altro senza fermarmi.

Procedemmo lentamente e a strasciconi, spesso Glauco scivolava verso il basso così eravamo obbligate a fermarci e tirarlo in modo da affermarlo meglio.

"se non ci danno una licenza premio dopo questa cosa li ammazzo" commentò Alyssa. Cercò di sorridere ma era evidente quanto affaticata sia.

Sotto quella ghillie poi il calore doveva essere insopportabile ma scoprirsi nel deserto era un errore che nessuno di noi avrebbe fatto.

Per quanto camminavamo, difronte a noi non c'era nient'altro che il nulla; rocce e sabbia. Nient'altro.

"ti do una mano" rispose Glauco ridacchiando mentre io gli poggiai una mano sul petto per non farlo cadere in avanti.

"comunque tu devi una birra ad entrambe" dissi al ragazzo che in un segno d'affetto inclinò la testa verso di me, io feci uguale e ci trovammo tempia contro tempia.

"mi sa che vi devo più di una birra".

Tornammo in silenzio per non sprecare fiato, avevo la bocca secca e le gambe quando poggiavano tremavano ormai al limite, non percorremmo infatti più di una ventina di metri e crollammo tutti e tre per terra.

La sabbia era calda e sentivo il viso così tanto sudato che dovetti asciugarlo con la manica destra.

"al diavolo" sbottò Glauco togliendosi la ghillie suite. Rimase quindi con solo una maglietta a mezze maniche color sabbia.

Legò quindi in vita la sua ingombrante veste mimetica.

La pelle mediterranea del ragazzo era così tanto bagnata che sembrava essere uscito da una vasca.

Anche quella di Alyssa non era da meno.

Entrambi Sembravano essersi liberati da un grosso peso e mentre annaspavano presero le loro borracce. Anche io come loro ma brevetti una quantità così piccola che mi servì solo a umettare la bocca.

"non voglio morire in un fottuto deserto" La voce di Glauco mancò per qualche secondo nel dire quella frase.

"smettila di fare il coglione, non muori qui" ribattei rapidamente.

Respiravo lentamente e con la bocca spalancata mentre sotto l'uniforme mi sentivo fradicia, il caldo era così forte da tirare la pelle del mio viso, mi stroncava il respiro e personalmente, guardando Glauco mi chiedevo se avessi potuto trasportarlo ancora a lungo.

Ero forte, alta un metro e ottanta ma lui, nonostante fosse alto circa come me, aveva spalle larghe ed il suo corpo era largo almeno due volte in più del mio. Alyssa poi aveva una corporatura simile alla mia.

"non hai intenzione di abbandonarmi vero?" mi domandò, probabilmente lo chiese accorgendosi che lo fissavo.

Innervosita dalla frase gli diedi un pugno sulla spalla facendomi male il polso.

"non azzardati nemmeno a pensare una cosa simile" mi alzai dopo avergli risposto e guardando Alyssa mi fece cenno di sì con la testa.

"scusami, è voglio rivedere la mia ragazza" mugugnò lui mente sistemai il suo braccio destro sulle mie spalle.

Alyssa prese una una piccola bussola e dopo averla osservata la ripose.

"volevo accertarmi che non stavamo sbagliando direzione" spiegò riprendo a camminare.

Nel silenzio mi concentrati sul suono dei miei passi che affondavano, le mie gambe diventavano sempre più pesanti mentre il sole stava raggiungendo il punto più alto e caldo.

Eravamo seriamente in pericolo e come segno premonitore camminano al fianco di un uccello mummificato, ridotto così male da non poterlo distinguere.

Iniziai a chiedermi se quanto accaduto quella notte avesse fatto notizia o chi di dovere aveva già insabbiato tutto quanto, quindi, compreso il nostro coinvolgimento.

La mente vagava da un problema l'altro, la paura di non farcela in quel deserto lasciava quindi spazio a quesiti riguardo quel liquido e coltre rossa. Anche la nostalgia di casa pretendeva uno spazio nella mia mente.

Io non avevo un ragazzo da rivedere ma un amico si. Anche un posto dove tornare oltre a casa.

Volevo parlare coi genitori di Enrico, dire loro quanto volessi bene a loro figlio.

Volevo mangiare ancora il pollo che mamma preparava e non in un dannato sogno.

Insomma avevo troppe ragioni per accasciarmi al suolo e lasciarmi morire. Avrei voluto conoscere la famiglia Marti, dare loro le mie condoglianze e raccontar loro che uomo fu per me. Avrei tenuto per me il dettaglio che mi vedeva come una figlia.

La ricetrasmittente di Alyssa di colpo produsse un rumore screcciante.

"presto" mi disse soltanto affidando Glauco alle mie mani, ne approfittai per sedermi facendo scendere pian piano il mio commilitone.

"sergente Clovet a rapporto, base mi sentite?"

Urlò praticamente.

Dopo qualche secondo di silenzio si udì ancora lo stesso suono e nella confusione riuscii ad udire una voce anche se non si capì niente di quanto disse.

"sono il sergente Alyssa Clovet, Squadrone G, Delta Force degli Stati uniti d'America, con me ci sono il caporale Elisa Mazzoli e Glauco Di Gennaro della sesta squadra appartenente al nono reggimento col Moschin della folgore italiana, necessitiamo di un'estrazione immediata, siamo a nord di El beru Hagia, in somalia"

Fece silenzio per poi riprendere a parlare.

"siamo sopravvissuti, ripeto, abbiamo bisogno di un estrazione immediata a nord di El beru Hagia, siamo feriti e stanchi" quella di Alyssa era praticamente una supplica e noi restammo in silenzio, speranzosi di sentir risposta.

Pregai che qualcuno ci parlasse ma la risposta fu ancora del rumore bianco che copriva una voce troppo bassa e confusa.

"mi ricevete?!" insistette ma da quel punto in poi ci fu solo silenzio.

Abbassai la testa mentre lei imprecando si mosse prima a destra, poi a sinistra in cerca di un punto dove la sua ricetrasmittente prendesse.

Ma probabilmente era stata danneggiata durante l'impatto.

Con l'umore sotto i piedi facemmo altri due minuti di pausa per poi tornare a camminare sempre più affaticati e nonostante il tempo passava difronte a noi non vi era che deserto a perdita d'occhio, fu demoralizzante, mi aspettai ad un certo punto di poter intravedere uno scorcio di civiltà ma poi questo non accadeva e le energie per trasportare Glauco, aldilà delle motivazioni, era sempre meno.

Facevamo una ventina di metri e poi ci fermavamo. A quel ritmo saremmo morti per un insolazione ancor prima di raggiungere El beru Hagia. Non c'erano molte possibilità se non quella di essere trovati da una squadra di ricerca. Il fatto di non avere fede in un dio mi debilitava perché in quei momenti così disperati non avevo niente a cui fare affidamento se non me stessa. Ma "me stessa" era umana e le sue gambe cedettero.

Fu così che il deserto mi sconfisse, trascinai Glauco con me e il mio viso si appiccicò al suolo.

Boccheggiavo come un pesce fuor d'acqua, stanca morta mente della sabbia volava via leggermente ad ogni respiro.

Alyssa cadde prima sulle ginocchia poi si mise praticamente a quattro zampe.

Le gambe non rispondevano ai miei comandi, bruciavano e formicola ano e per quanto mi pregavo si sollevarmi, il mio corpo era pietrificato. Sentivo che un singolo movimento delle gambe avrebbe potuto causarmi forti dolori.

"andatevene" ansimò Glauco. Io girai gli occhi per guardarlo male.

"caporale Mazzoli, per portarmi con voi... lei e il sergente Clovet state morendo, è vero... voglio, voglio vedere la mia ragazza... ma per questo non mi sento di condannare anche voi due" fece fatica a parlare, più di una volta si dovette fermare a respirare.

Alyssa si sollevò e mi domandò di tradurre, lei esalò un lungo sospiro abbassando le spalle.

"è brutto da dire, farò la parte della stronza ma.. Ha ragione" quelle

Parole fecero molto più male del dovuto visto che a proferire fu la donna che più stimavo in vita mia.

Mi raccolsi cercando quanto meno di sedermi e per farlo dovetti ignorare il dolore che invadeva il mio corpo a partire dalle gambe.

"non puoi dire che ha ragione, che persona sei se lo lasci qui a morire?!" sbottai e lei diventò rossa in viso.

"L'ho portato sulla mia spalla come fosse un fratello, ho fatto chilometri affaticandomi esattamente come te, potevo fregarmene ma sono rimasta ad aiutarvi"

Stavo dimenticando che in casi estremi, l'istinto di conservazione prendeva il sopravvento su qualsiasi altro pensiero e che la donna difronte a me aveva una figlia. Tutti però avevamo da perdere.

Restai a fissarla, per qualche secondo non staccai i miei occhi dai suoi mente stringevo i denti tra loro.

Indicai Glauco con un braccio teso.

"ma se lo lascio qui muore, che razza di persona sarei se facessi una cosa simile!" urlai in faccia all'Americana. Dovetti poi abbassare lo sguardo quando mi sentii afferrare il polso.

"santi elisa, io apprezzo quello che stai dicendo, ma sei una persona, smettila di fare l'eroina, cosa ci diceva il sergente Marti?" domandò lui.

Sospirai dando un pugno al suolo.

"non voglio dei rambo mancati e gente che pensa di fare l'eroe nella mia squadra" risposi seccata.

"quindi perché stai facendo l'eroe? Sei una persona prima di un caporale, capisci che se resti qui muori anche tu? Pensi che in paradiso poi potrò guardarti in faccia?".
Non avevo davvero idea di cosa fare, quale decisione prendere, guardai verso l'orizzonte e poi il mio sniper che mi fece cenno di si con la testa. Tutto stava ad una mia scelta.

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