Libertà
Sembravano essere quattro ragazzi apposto. Insomma non era affatto male, oltre ad essere in vacanza avevo trovato da subito dell'ottima compagnia.
Poter parlare, scherzare e ridere con qualcuno era liberatorio! Inoltre potevo essere chi volevo, insomma loro non sapevano di quanto disastrosa fosse la mia vita davvero.
Decidemmo di uscire dal campeggio così da mostrarmi alcuni punti interessanti, passammo anche difronte una discoteca che guardai incuriosita. Alcuni ragazzi stavano facendo la fila per entrare, mentre degli enormi buttafuori controllavano loro i documenti.
"Una sera di queste ci andiamo! Sarà divertente!" Esclamò Pedro.
La mia preoccupazione maggiore era fare colpo su tutti loro, quindi sebbene l'idea non mi piaceva affatto, feci buon viso a cattivo gioco.
"Va bene!" Esclamai prontamente.
Nel mentre Thomas mi si affiancò, prima strofinò l'indice sotto il suo naso e poi mi rivolse parola.
"Ci sei mai stata in una discoteca?"
"Beh, si. Una volta per il compleanno di un mio amico" Mentii.
Si sentiva la musica perfino fuori e guardando il posto mi venne un po di ansia.
In realtà non sapevo nemmeno come fossero fatte all'interno.
Allontanandoci raggiungemmo presto il lungo mare e lì. Dove la strada si fece più larga Thomas e Francesco iniziarono a spintonarsi. Le loro grida e le risate facevano eco e dei ragazzi più grandi notandoci, ci presero in giro. I due si prendevano a pugni ad ogni macchina gialla parcheggiata o che passava, io li guardavo divertita aspettando di vedere chi dei due per primo avrebbe ceduto.
"Secondo me, uno che compra una macchina gialla deve essere un sadico bastardo!" disse ridacchiando Francesco
Lo guardai attendendo una spiegazione, come gli altri del resto.
"Cosa?!" domandai divertita e stupita, lui mi sorrise di rimando prima di parlare.
"Cioè... se compri un auto gialla, sai già che al tuo passaggio la gente si prende a pugni tra di loro" rispose.
Calò per poco un silenzio imbarazzante ed incredulo interrotto poi da Pedro e il suo accento sud americano.
"Amico mio... davvero, tu hai bisogno di uno bravo" esclamò ridacchiando.
Poi lo stesso ragazzo s'avvicinò maggiormente a me, mise le mani in tasca e stringendosi sulle spalle mi guardò, mi sentii in soggezione ma aspettai che mi parlasse.
"Macchina gialle a parte, tu Elisa da dove vieni? Intendo in quale città toscana?"
Mi si arricciò il naso quando sorrisi, compiaciuta del fatto che avesse riconosciuto il mio accento. Sebbene questo fosse piuttosto marcato
"Si sente tanto eh?" Domandai divertita e lui con me.
"Già, parecchio!"
"Beh sono proprio di Firenze, maremma maiala" l'imprecazione finale fu autoironica.
"Quanto è piccolo il mondo, io sono di Prato" controbatté rapidamente Pedro ridacchiando.
Strinsi lo sguardo in un occhiata interrogatoria, volevo capire se mi pigliasse in giro e probabilmente lo capì, infatti ridacchiando sollevò le mani verso il cielo.
"Sono serio, vivo a prato!" replicò. La cosa era strana e divertente, andata via dalla toscana mi ritrovai a conoscere un ragazzo che se pur non italiano, viveva ad un ora da casa mia.
"Sicché in realtà sei cinese!" Battutaccia dovuta all'alto numero della popolazione Cinese in quel paese.
Infatti lui si fermò fingendosi offeso e mi indicò muovendo appena il braccio.
"Ah ah! Divertente!"
Ci fermammo ad una gelateria che a detta loro, sarebbe stata la più buona del mondo. Mi ricordò il bruto evento con Riccardo ma non dissi nulla.
Dentro era tutto completamente bianco se non per delle righe azzurro pastello, vendevano i gusti classici ma alcuni di loro erano bizzarri.
Notai anche il gelato alla birra e sebbene mi facesse schifo il suo sapore, mi sembrò interessante e buffo il fatto che qualcuno ne avesse fatto un gelato.
L'unico problema era che quella sera, non sapendo assolutamente cosa volessero fare quei ragazzi, ero uscita senza il portafoglio.
Fu Pedro a comprarmene uno nonostante le mie proteste, non era necessario e potevo fare senza ma lui rispose che se volevo essere loro amico avrei dovuto accettare senza tante storie.
Ne presi uno al kiwi e al frutto della passione.
Uscendo fuori dal locale salutammo i proprietari e leccando la parte verde del mio gelato i miei occhi si spalancarono.
"Cazzo! E' buonissimo!" Esclamai meravigliata. Avevano ragione, era veramente il gelato più buono mai assaggiato in vita mia.
Coi coni tra le mani continuammo a camminare sul lungo mare per poi svoltare a sinistra, una stradina sabbiosa che scendeva verso la spiaggia sfociando poi su di essa. Una piccola barchetta se ne stava poggiata contro un altarino dedicato alla madonna. C'era un forte, pungente ma piacevole odore di salsedine che veniva trasportato dalle onde.
Mi persi per qualche attimo nei miei pensieri, immergendo gli occhi in un cielo lentigginoso di stelle la cui luna tre quarti, spariva e compariva dietro delle grosse nuvole.
Il silenzio poi mi avvolse abbracciandomi, dandomi un senso di quiete che non provavo da troppo tempo, infatti le mie labbra si curvarono in un vero e spontaneo sorriso; semplicemente lì, in quel momento potevo definirmi felice e volevo non passasse davvero mai. Avrei voluto restare lì con quei ragazzi appena conosciuti che in quel momento mi sembravano essere i migliori amici di tutta una vita.
Percorrendo la spiaggia andammo a sederci su degli scogli che dividevano due diversi bagni, poco più in là altri ragazzi erano seduti a fumare erba, infatti il brutto odore venne portato sotto il mio naso dal vento fresco.
"Vi ricordate quando a Mauro gli è caduto un pezzo di cemento sul piede e non solo lui non si fece nulla, ma il pezzo si è spaccato a metà?" Sentii dire a quel gruppo.
Noi tutti sentimmo quel aneddoto straniti, quei ragazzi stavano praticamente urlando quindi era impossibile non sentirli.
"Li conosco quelli, sono i ragazzi del campeggio del fiore" disse Pedro facendo un cenno di no divertito.
Ancor più in là di quei ragazzi, si vedevano i galleggianti fluorescenti dei pescatori che saettavano rapidi nel buio.
Mi ero così tanto concentrata nel guardarli volare che quando un ragazzo dell'altro gruppo arrivò tra noi, io sobbalzai.
"Ragazzi volete da fumare?" Disse. Non lo vedevo chiaramente in volto per via della scarsa luce ma riuscii a notare le sue mani che andarono verso il suo marsupio, tenuto però come tracolla.
Sentii un brivido lungo la schiena, tutto ciò mi diede parecchio fastidio ma cercai di stare calma.
"Vai, fammi vedere quanto hai!" Rispose Pedro.
Fui sorpresa in negativo quando gli comprò l'erba ma restai in silenzio, salutando appena il tipo quando se ne andò.
"Tu hai mai fumato?" Nel farmi quella domanda, Pedro teneva la mano a coppetta iniziando a sbriciolare l'erba.
"Si io ho... no ragazzi, mai fatto" provai a mentire anche in quell'occasione ma non me la sentii, probabilmente il mio tono era preoccupato, come l'espressione del mio viso.
"Hey, tranquilla! Prova!" fece Thomas, così mi girai verso di lui che mise una mano sulla mia spalla agitandola appena.
"Non so Pedro! Se le prende male poi è un casino! Guardala, Sembra abbia visto un fantasma!" aggiunse Francesco mentre Enrico semplicemente stava in silenzio a fissarmi con quel suo facciotto tondo.
"Boh ragazzi, a dire il vero non saprei!"
Il ragazzo brasiliano annuì passando una sigaretta a Francesco che spezzò. Tenette il tabacco in mano aspettando che il suo amico distribuisse l'erba su di esse. Il tutto venne poi coperto da una cartina bianca.
Restai zitta tutto il tempo, guardandomi attorno mentre Francesco unì i palmi delle mani girandoli di colpo. Quando le riaprì, aveva posizionato erba e tabacco nella cartina e potette rotolare il tutto con un vecchio biglietto dei bus come filtro.
Io mi guardai attorno spaventata, se qualcuno li avrebbe beccati ci sarei finita di mezzo anche io e la cosa non mi entusiasmava affatto. Morsi dolcemente il labbro quando Thomas fece scivolare la mano dalla mia spalla al mio braccio, non mi dava fastidio quel contatto.
Lo guardai e lui sorrise, solo a quel punto notai il Piercing nero in basso a sinistra rispetto le sue labbra.
"Hey rossha, sta tranquilla ok? Non stiamo facendo niente di male" spiegò sorridendo in modo affabile.
Non mi diedero tempo di rispondere che Pedro allungò due dita verso di me e tra queste vi era proprio la canna che fumava sotto il mio naso.
"Prova! Almeno ti rilassi un po" Dalla sua bocca stava uscendo ancora del fumo e la sua voce uscì più arroccata.
"No, non mi va grazie" risposi prontamente ma lui l'avvicinò ancor più alla mia bocca "andiamo non è male! Vedrai che ti piacerà!"
Thomas nel frattempo mi restò accanto, forse un po' appiccicoso in quella circostanza, la sua mano carezzava il mio braccio lentigginoso grattandomelo dolcemente con le unghie.
"Dai Pedro smettila! Se non vuole è inutile insistere" lo guardai piegando un angolo della mia bocca in un sorriso.
"Che effetto fa?" domandai curiosa poggiando il mento tra le ginocchia tenute in alto, strette tra le mie braccia.
Pedro allargò le braccia in un movimento molto delicato, guardò verso il mare e sembrava cercasse le parole.
"E' rilassante, ti senti calma e un po stordita, il cuore batte più forte ma è normale, potresti iniziare a ridere come una scema. Dai prova, solo un tiro." Mi convinse.
Nonostante non fossi completamente sicura di quello che stessi facendo, incerta afferrai la canna. Tutti loro mi fissarono, perfino Enrico e Francesco che parlavano tra loro, si ammutolirono per guardarmi.
"ragazzi così mi mettete ansia però" esalai ridendo per stemperare la tensione.
Maledetta me che mi feci convincere! Sentii un bruciore scendermi dentro la gola, una sensazione strana che mi fece mancare il fiato, infatti iniziai a tossire violentemente e la vista s'appannò per le lacrime che mi scesero.
"E brava Elisa!" gridò divertito Pedro mentre Thomas smosse ancora la mia spalla.
"Tranquilla, la prima volta è sempre così!" Commentò lui mentre ancora io tossivo senza riuscire a fermarmi.
Allontanai quella robaccia porgendola al ragazzo Brasiliano ma lui afferrando il mio polso riportò la mia mano vicina al petto.
"No no! Con un tiro non fa niente!" esclamò ridacchiando mentre io già sentivo un sapore disgustoso in bocca e mi salì una sete enorme.
"Dai dacci un taglio Pedro!" Esclamò ridacchiando Thomas prendendo ancora le mie difese ma ancor prima che l'altro potesse ribattere io presi un po' di fiato e feci un altro tiro.
Non ottenni un risultato diverso dal primo, maledicendomi ancora di più per tutti i colpi di tosse che fecero eco su quella scogliera.
Pochi minuti dopo iniziai a sentire la testa leggera, il corpo divenne pesante e caddi in uno stato di completo estasi nel quale non riuscivo a smettere di ridere. Era come se la vista ritardasse qualche secondo rispetto al movimento della testa facendomi vede tutto annebbiato e confuso.
Minuti dopo, tutti e cinque eravamo in piedi ed abbracciati cantavamo "e Raffaella è mia" di Tiziano Ferro a squarcia gola.
Era quella libertà, la gioia di essere giovani suppongo. Poter fare qualche piccola cazzata senza pensare al peso delle conseguenze, volgere il viso contro la luna e cantare!
Un canto che per quanto probabilmente rivisto con gli occhi di ora parrebbe imbarazzante. Avevo appena conosciuto quei ragazzi eppure sembravamo amici di vecchia data e cantare con loro, mi aiuto a sfogare ogni singola frustrazione, insicurezza e tristezza.
Ecco perché consideravo quel momento, felicità! Il rendermi conto per la prima volta davvero di poter essere libera, senza l'ansia di dovermi difendere o la frustrazione nel sentirmi sola. Era bellissimo, lo era davvero.
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