la ragione per la quale morire
Saremmo rimasti a Milano un ultimo giorno nel quale Leonida ci vietò categoricamente di chiamare i nostri cari e di uscire dalla suite che aveva preso per noi due. Restammo in quel posto così tanto lussuoso tutto il giorno.
Pavimenti in marmo lucido venivano coperti in svariati punti da enormi e raffinati tappeti color rosso scuro dai bordi oro.
Nella suite era presente perfino una grossa colonna conquistata per tutta la lunghezza da delle piante rampicanti.
I muri erano ocra, spennellati da varie sfumature chiaro scure che si abbinava ai tessuti di belle dei divanetti imbottiti. Qualsiasi cosa in quella suite costava più di quanto avrei mai potuto sperare di guadagnare nella mia vita. Restammo esterrefatte, tutto stava accadendo così velocemente al punto che metabolizzare ogni informazione era impossibile. La mia mente non sapeva più su cosa soffermarsi ed effettivamente aveva bisogno di una pausa.
Per questo, mentre Cielo a passo incerto si avviò verso la camera, io mi fiondai sul frigo e come tanto speravo, dentro ci trovai degli alcolici e che alcolici.
Bottiglie di pregiato Don perignon lasciavano posto poi ad alcune coppe di moet o altre marche che non conoscevo. Nel ripiano in basso trovai anche delle comunissime bottiglie di coca cola e acqua, rigorosamente in vetro.
Presi una bottiglia di Don perignon e andando verso la cucina mi affannai alla ricerca di un cavatappi, soltanto per rendermi conto minuti più tardi che si trovava affianco al frigo, attaccato con una calamita.
"dannazione." Sbottai tornando per afferrarlo e così iniziai a bere direttamente dal collo della bottiglia, come il peggiore degli ubriaconi.
"quanto può costare una cosa simile?" sentii dire Cielo con una voce flebile, apatica.
"non ne ho idea..." Risposi mentre sentii girare la testa per via della gran quantità d'alcol ingurgitata in così poco tempo.
Lei scrollò la testa e andò verso il bagno.
"ho... ho bisogno di farmi una doccia o un bagno."
Risposi annuendo e quando sparì dalla stanza mi guardai attorno.
Un letto enorme, pieno di cuscini e a baldacchino, tende bianche e oro erano legate ai quattro pali in oro che formavano lo scheletro del baldacchino stesso.
Uno di quei letti che le bambine sognano di avere da grandi, quello che ti fa sembrare di essere una stramaledetta principessa.
Restai seduta al bordo di esso, piegata in avanti con la schiena e poggiai i gomiti sulle cosce mentre reggevo la bottiglia con tre dita, quando non la impugnavo adeguatamente per bere.
Io da sola, nel giro di pochi minuti avevo mezzato un intera coppa di spumante da oltre cinquecento euro. La testa girava ed era esattamente ciò che volevo, più girava e più bevevo perché non volevo passasse più.
Intanto sentii Cielo piangere nel bagno, presi fiato ma poi restai zitta, lasciai la bottiglia per terra e mi stesi sul letto. Dio quanto era comodo.
Mi ritrovai a pensare che in altre circostanze, io e Cielo in quel posto ci saremmo divertite come matte. Probabilmente avremmo fatto un casino di sesso ma mentre pensai a ciò mi soffermai, rimproverandomi. Era morta una persona, Samuel. Il mio ragazzo e tutto quello che riuscivo a pensare era fare sesso con un'altra persona.
Cioè nello stesso momento Cielo stava piangedo disperata, la vista di un morto l'avrebbe probabbilmente segnata a vita. Come se non bastasse l'avevo incastrata con Leonida distruggendole completamente la vita. Per me invece era l'ennesimo corpo morto. Niente di più, niente di meno. Era questo... ciò che più mi spaventava.
Lo vedi Cheese? Tutto ciò che tocco va a pezzi.
Se c'è qualcosa di bello, anche la minima traccia so che è solo questione di tempo prima che un mio errore la spazzi via.
Quindi quando tu mi dici che ti sei innamorato di me, che non c'è mai stata nessuna di così importante nella tua vita... Capisci perché non voglio?
Tu, così come Cielo per me siete una boccata d'aria, come se per anni sono stata imboccata a cucchiaini di merda e voi due giungete in mio aiuto per scambiarla con la nutella.
Sentii Cheese sussurrare con tono triste, come se si fosse rassegnato ma poi tornò normale, non riuscii a distinguere nessun tipo di emozione da lui ma entrambi, staccandole per poco dai nostri fucili, muovemmo le nostre mani per afferrarle. Una stretta che durò pochi secondi ma che però significava molto. Sentivo che mi diceva qualcosa come "io ci sono, qui al tuo fianco".
Ecco perché Philippe Martin, alias Cheese era la persona più importante che io abbia mai conosciuto e si, nonostante la situazione complicata con Cielo e la nostra vita professionale. Io amavo quel dannato francese. Solo non era il caso, non in quella vita almeno.
"tra poco dovremmo fare fuori qualche cattivo" sussurrai guardando Joky che sorrideva dondolando, lo strinsi appena e in quel momento notai del movimento. Quando ormai era L'alba, un ultimo elicottero S'avvicinò alla villa e svariati uomini scesero rapidamente per entrarvici.
"Irish a Bighouse, chiedo il permesso di rompere il silenzio radio, passo".
Comunicai sentendo un certo senso di tensione sempre più crescente.
"qui Bighouse. Avanti Irish, permesso accordato, passo" Rispose Bighouse, niente meno che Leonida.
Il cervello di tutta quell'operazione oltre che il finanziatore.
"Delta ha contatto visivo con un nuovo velivolo al cui interno vi erano una dozzina di uomini, presumiamo sia l'ultimo. Passo".
Così mentre Cheese appuntava tutto sui nostri fogli io continuai quella tiritera obbligatoria con Leonida. Come sempre, nonostante tutto il tempo passato, il suo fastidioso accento mi infastidiva, anche attraverso la radio.
"Roger Delta, Tenete duro e state pronti, Mustang e Sausage sono in dirittura d'arrivo, tempo stimato: un ora. Passo e chiudo".
L'adrenalina salì in circolo e iniziai a sentirmi calda, mi ero preparata con gli altri per un mese intero cercando di non pensare ai miei famigliari, mio Fratello o papà, che alla fine non chiamai più.
Il loro bene così come quello di tutti dipendeva da quello che sarebbe successo da lì a poche ore e sebbene per tutta la notte mi ritenetti pronta, al sapere che era ormai ora d'agire mi sentii in agitazione.
Era normale, capitava a tutti. Dovevo però controllare il mio respiro e calmarmi; sebbene fosse parecchio fastidioso Leonida di era affidato a me perché credeva nelle mie capacità, tutta la squadra credeva in me e io non li avrei mai delusi.
Erano passato solamente un mese eppure sentivo di essere legata a quasi tutti i componenti, loro erano la mia forza. Gli Spartans; Un gruppo decisamente sgangherato e fuori da tutte le righe. Gente con cui mai avrei mai pensato di avere a che fare che però si rivelò la mia seconda famiglia.
Fu leonida a chiamarci così, noi eravamo i suoi spartani. Come ci ripeteva sempre e gli spartani combattono fino alla morte al fianco del loro Leonida.
Fu così, che riuscii a calmarmi, pensando a loro e poi, in mio soccorso giunse Cheese, come sempre.
"Quindi è così che poi ci siamo conosciuti eh? Mi ricordo quando sei arrivata, tutta incazzata e tetra. Quando ti ho vista ho pensato; ecco, questa è una rompi coglioni e la cosa bella è che avevo ragione!"
Sospirai divertita e invece di rispondere a tono, mi concentrai sul movimento dei nuovi arrivati per capire dove si sarebbero posizionati e quanti di loro invece sarebbero entrati all'interno.
"ti amo" risposi.
Probabilmente per lui fu come essere folgorato durante una giornata di sole.
Sicuramente non era il modo migliore per tenerlo distante ma pensai che se uno di noi morisse durante quel giorno, non mi sarei pentita di non avergli confessato i miei sentimenti.
"si, tu sei l'essere più fastidioso e insolente che io abbia mai conosciuto, ti prenderei a calci dalla mattina alla sera ma non ci posso fare niente, ti amo".
Calò il silenzio, certo che come situazione era assurda. Fin troppo e quel silenzio la rese ancor più strana.
"Caporale Mazzoli, solo lei riuscirebbe a provarci con un suo sottoposto durante una missione così importante."
Me l'aveva fatta, ancora una volta e dovetti trattenere le risate, quel piccolo Francesino non lo sopportavo per niente.
"bastardo" ribadii.
In una notte, in una sola notte ero riuscita a raccontargli tutta la storia della mia vita e sebbene fu stancante parlare così tanto, ricordare mi aiutò.
Mi fece rivivere molte gioie e tristezze, riuscii a sentire ancora una volta quel senso di patriottismo che ormai avevo dimenticato per vergogna e mi ricordò appunto per cosa combattevo.
Ogni sorriso, ogni lacrima, ogni rissa a scuola. Le prime volte a letto con Pedro e poi tutta la mia carriera militare finita in malo modo. Tutto questo era la mia ragione per morire.
Perché come dissi a quel bastardo di Draghi, non puoi dire di essere viva se non hai uno scopo per il quale sei disposto a morire. E lo sapevo bene, quella frase mi scorreva costantemente nelle vene, mi permetteva di guardami lo specchio la mattina quando avevo iniziato ad odiare me stessa.
Non avrei permesso ad uno sconosciuto di portarmi via tutto questo, di trascinare il mondo in un conflitto così tanto violento che sarebbe stato in grado di cancellare, non solo la mia storia ma quella di tutti. Persone innocenti che vorrebbero soltanto condurre una vita tranquilla. Ero di nuovo pronta a morire per qualcosa.
AVVISO DA PARTE DI SIGRID:
Questo capitolo è molto più breve degli altri ma per un motivo ben preciso.
Come penso abbiate capito ci avviciniamo alle battute finali per primo romanzo che compone la trilogia Redwind.
Quindi senza farvi troppo spoiler vorrei semplicemente lasciare gli ultimi capitoli all'operazione finale, concentrarmi su quella per concludere così la storia e riprendere poi col secondo romanzo.
ALLORA AL PROSSIMO CAPITOLO!
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