la festa di compleanno


Il vento si fece più forte nel giro di una mezz'oretta. Sopra di me, la tenda veniva sferzata violentemente e lo sfarfallante suono del suo tessuto bombardava le mie orecchie. Freddo e violento sbraitava minaccioso, quasi come volesse intimarci di andar via.

Iniziai a provare del formicolio sulle gambe, così le mossi lievemente per far circolare meglio il sangue. Stare fermi in un unico punto era molto più difficile di quanto si possa pensare. Il corpo infatti, poco a poco s'indolenzisce e in caso di pericolo, correre con le gambe addormentate diventava debilitante.

Quanto meno, non ero sola. Altrimenti quella notte sarebbe diventata ancor più lunga.

Cheese era una compagnia particolarmente fastidiosa ma raccontargli della mia vita, mi distraeva dal fastidio provato alle gambe e alla pressione sul busto.

Intanto, due chilometri a nord dalla nostra posizione, non era cambiato nulla. i tempi erano ancora maturi e non si vedeva altro se non le solite ronde.

"mi spiace che tu abbia subito bullismo, mi fai sentire in colpa." Commentò lui ridacchiando.

"in colpa?"

"si, da ragazzino, nell'orfanotrofio facevo il bulletto!" controbatté lui.

Senza guardarlo gli diedi un pugno leggero sulla guancia e lui finse di essersi fatto male.

"crescendo in un posto simile dovevo farlo, qualcun altro lo avrebbe fatto a me altrimenti."

fu la sua giustificazione a cui non diedi risposta.

Calò il silenzio interrotto soltanto dal vento e dalla tenda, tutto attorno a noi era così desolante. Completamente morto.

Deglutii appena spiando due dei contatti nella villa, questi stavano parlando tra di loro e quello a destra indicava all'altro, vari punti con la mano mentre il suo compare annuiva in continuazione.

Sentii improvvisamente la mano di Cheese poggiarsi appena sulla mia zona lombare, il tocco mi spaventò perché decisamente inaspettato ma per fortuna non sobbalzai.

"Cheese! Ma sei cretino?!" fu un uno di quei urli fatti a bassa voce. "mi hai fatto prendere un colpo!" aggiunsi.

"s-scusa Irish, non era mia intenzione!" Tolse la mano e poggiandola sulla canna del proprio fucile lo inclinò a destra di alcuni gradi.

"sei uno dei pochi che farebbe una cosa del genere, in un momento del genere!" dissi ridacchiando incredula ma subito dopo, avvertendo il bip della radio, tornai seria.

"Qui Irish, Delta a rapporto, Bighouse avanti" comunicai.

" Irish, aggiornamento" disse semplicemente. Voce tranquilla, quasi annoiata.

Guardando i disegni che Cheese aveva fatto, gli spiegai filo per segno quanti uomini vi erano a guardia, come fossero armati e il modo in cui giravano lungo la proprietà.

Come suggerito da me precedentemente, Bighouse ci ordinò di abbattere quelli sul doppio tetto non appena avremmo avuto luce verde.

Quando chiuse la conversazione tornammo al nostro silenzio.

Nel buio di una notte gelida, guardai il mio sottoposto per un attimo e lui fece altrettanto, abbozzando un sorriso un po da ebete che intravidi appena.

Passarono dieci minuti e lui riprese a parlare.

"comunque non ha finito la sua storia". Tornai con lo sguardo su di lui

"c'è davvero bisogno, sono diventata maggiorenne, mi sono arruolata, poi è successo quello che già sai ed eccomi qui! Fine!" usai un tono monotonale ed annoiato.

"no non così... dai alle medie non avete fatto dei balli scolastici? feste di compleanno o cose così?" mi domandò.

Sapeva davvero essere insistente e con tutte le probabilità, avrebbe continuato così per tutta la nottata. Lavorare con Cheese significava anche quello.

Così mi ritrovai costretta ad assecondare le sue manie da vecchietta impicciona.

Non indossavo abiti graziosi e gonnelle; Preferivo jeans, t-shirt o felpe prettamente maschili.

Meglio se con nomi di band o titoli di film.

Ne avevo una nera con il logo di Star wars sul seno che intanto... beh! era diventato ancor più prosperoso, i miei capelli invece avevano superato in lunghezza la zona lombare.

Iniziai a vedermi bella, quello era il mio stile e non potevo esserne più felice.

In quel periodo, avevo lasciato da parte il sogno di diventare una soldatessa. Non perché non volessi più arruolarmi ma mi concentrai a pieno regime sullo studio. Smettendola quindi coi libri a tema militare che mi portavano via parecchio tempo.

Probabilmente mio padre sentì di aver avuto ragione e mia madre si rassicurò, oltretutto vedendo i voti alzarsi fu decisamente molto più contenta.

Non avevo smesso però di allenarmi, quattro volte alla settimana davo tutta me stessa per migliorarmi.

Le braccia, sebbene piccole avevano acquisito una buona massa muscolare. Il mio addome era piatto, delineato ai lati dell'ombelico e mi si era formata una tartaruga appena accennata.

Anche le gambe e i glutei erano ben rassodati. Un corpo del genere portò radicali cambiamenti anche alla mia vita sociale; I ragazzi avevano smesso di ignorarmi ma a quel punto ero io a non considerare loro.

Si avvicinavano con le loro facce da idioti cercando di attaccar bottone ma l'unico che degnavo d'attenzione era Matteo. Eravamo diventati inseparabili.

Tanto che, arrivati alle superiori, ci iscrivemmo allo stesso liceo. Un linguistico dove io ero considerata una delle più popolari mentre lui un idiota che non meritava di starmi affianco.

Quasi ogni giorno, dopo scuola uscivamo insieme per Firenze. A noi si univano Giacomo e Linda, due della nostra classe con cui avevamo fatto amicizia.

Il primo giocava a basket ed era magro come un chiodo ma altissimo, mi divertiva un sacco il suo neo sulla punta del naso ma non gli dissi mai nulla per paura di offenderlo.

La ragazza invece era bassetta e in carne, i suoi biondi capelli erano tenuti in un caschetto, era solita portare un cappello di lana nero nei giorni freddi e le sue guance diventavano rosse ciliegia.

Quei due si erano fidanzati grazie a me. Quando mi resi conto che nessuno dei due avrebbe fatto il primo passo, riuscii a spronare entrambi.

Formavano una delle coppie più strane in assoluto per la loro diversità fisica, quello che però contava era che si volevano davvero molto bene.

Abile nel farmi gli affari altrui, la mia situazione sentimentale era invece un completo disastro. In realtà non mi interessava un ragazzo e ancor peggio, iniziai a sospettare che Matteo si fosse preso una sbandata per me.

Ero stata invitata a una festa di compleanno, un mio compagno di classe compieva gli anni e siccome aveva una grossa villa organizzava il tutto nel suo giardino.

Si chiamava Riccardo e sebbene non ci parlavo molto, aveva invitato tutta la classe così decisi di andare e praticamente costretta da mia madre, indossai anche un abito.

Per l'esattezza un tubino non troppo stretto, color verde smeraldo che s'intonava coi miei occhi e risaltava il rosso dei miei capelli resi ricci per l'occorrenza.

Non truccandomi mai ero impedita nel farlo, quindi senza vergogna ammetto che mi truccava mia madre o se non lo faceva lei, mi assisteva.

Le chiesi per la prima volta di mettermi il fondo tinta ma lei si fermò e mi disse testuali parole: "le le tue lentiggini sono un cielo stellato e quando vuoi guardare un cielo stellato le nuvole danno solo fastidio".

Poteva semplicemente dirmi di lasciar visibili le lentiggini e invece s'improvvisò poetessa.

In macchina poggiai la testa contro il vetro. Vi era silenzio, uno di quelli desolanti che rendeva le persone tristi. Questo nonostante stavo andando ad una festa, con in mano il mio mp3 e i Linkin park nelle orecchie.

Canticchiavo il pezzo sussurrando quando ad un tratto la cuffia sinistra mi venne strappata via dall'orecchio. Feci in tempo a vedere la mano di mia madre ritirarsi per tornare sul volante.

La guardai parecchio infastidita e allargando le mani in una tacita richiesta di spiegazioni, cercai di recuperare l'auricolare che penzolava sul mio seno.

"ti stavo parlando Lisa" spiegò senza guardarmi, concentrata alla guida mentre un fulmine squarciò il cielo.

"cosa?" le domandai quindi mentre la canzone continuava sul mio orecchio destro.

"che hai?" mi domandò semplicemente, dandomi una rapidissima occhiata. Feci quindi spallucce sprofondando sullo schienale del sedile.

"niente, perché?" ribattei quindi con tranquillità e lei assunse una strana smorfia che accentuò le rughe che aveva ai lati delle labbra..

"Non parli mai delle tue cose, adesso stai andando ad una festa e non mi sembri proprio in vena"

effettivamente non aveva tutti i torti, non ero proprio dell'umore quindi abbozzai un sorrisetto nervoso.

"mamma il festeggiato nemmeno mi conosce, mi ha invitato solo perché sono carina..." spiegai per poi far volteggiare la mano destra con aria di superficialità.

"... che poi, carina è un parolone".

Lei ridacchiò, la guardai un po offesa e confusa cercando di capire perché cavolo stesse ridendo.

"sei passata da voler diventare un soldato e farti le paranoie sull'aspetto" Commentò sembrando felice di ciò.

"guarda che voglio ancora arruolarmi" è vero, da un po' di tempo avevo lasciato perdere quel pensiero ma era comunque divertente vedere l'espressione di disappunto sul volto di mia madre.

Non ci furono altre parole, restammo in totale silenzio fin quando non arrivammo a destinazione.

Il festeggiato abitava in una città chiamata Prato, poco distante da Firenze. Al nostro arrivo aveva già iniziato a piovere così, dopo aver salutato mia madre in modo frettoloso, uscii dall'auto e corsi verso il cancello.

"hey sono elisa!" esclamai sollevando un braccio quando Riccardo aprì la porta di casa. Mi affrettai ad entrare e una volta al sicuro dalla pioggia, mi diede il benvenuto.

Aveva una mascella lievemente squadrata, capelli mossi e biodi con occhi verdi come i miei.

Faceva arti maziali miste e lo si notava dal suo corpo tonico, le braccia nettamente più muscolose delle mie.

"accomodati! Ci siamo quasi tutti!" Mi disse facendo uno schiocco con la bocca.

"permesso..." esalai lentamente, le mani reggevano il suo regalo.

Non lo conoscendolo bene optai su qualcosa che più o meno piaceva a tutti i ragazzi; un gioco della play station 3. Comprai fifa 2007 che acquistai insieme ad un Call of duty per me stessa, usando i soldi risparmiati delle paghette e piccoli lavoretti.

Lui lo prese in mano, dal suo sorrisetto pensai che avesse già capito cosa nascondesse quella carta gialla e azzurra.

"benvenuta alla mia festa!" disse sussurrando mentre si chinò in avanti per baciarmi una guancia.

"grazie" esalai in risposta "ah si... auguri!" aggiunsi nervosamente.

Casa sua aveva un arredamento di mobili scuri vecchio stile, pavimento in parquet e dei muri color pesca dai quali, in vari punti, sporgevano delle pietre levigate e piatte dando a quell'abitazione un clima caldo e rustico molto accogliente. La sala era enorme, vi era perfino un camino sul quale era stata affissata la testa imbalsamata di un cervo con palco enorme.

Accanto a quel camino vi era una porta mentre sulla destra rispetto l'entrata se ne trovava un'altra. Tutte di legno scuro come i mobili.

un'altra particolarità era che nel mezzo di quella sala c'era una colonna, questa era tinta come i muri e su di essa si trovavano svariati quadretti con foto di famiglia.

Era presente tutta la mia classe in più gente che non conoscevo. Accorgendosi di me, Matteo mi venne incontro e ci abbracciammo.

Indossava una camicia azzurra e dei jeans stracciati sulle cosce con all star blu ai piedi, i capelli come sempre tirati su col gel come fosse un porcospino.

Inizialmente la festa doveva tenersi in giardino ma dato il temporale, fu spostata all'intero.

Ventitré persone in una sala, anche se enorme, erano davvero tante.

La musica a tutto volume copriva la maggior parte dei rumori mentre il tavolo col buffet era costantemente affollato. Riccardo non si allontanò da me cercando continuamente di attaccare bottone, non mi accorsi che ci stava provando e con una scusa alcuni ragazzi riuscirono ad allontanare Matteo.

L'idea che qualcuno potesse interessarsi a me sembrava impossibile eppure stava accadendo, proprio in quel momento.

Riccardo mi passò una birra, guardai titubante il suo vetro verde mentre lui mi fissava sornione.

"Che c'è? Non dirmi che non hai mai bevuto" mi domandò, fu abbastanza imbarazzante. Guardai altrove portando la mano destra al gomito sinistro e subito dopo lo fissai sorridendogli.

"Effettivamente no, mai" fui convinta che dopo tale risposta avrebbe messo via quella bottiglia, invece l'avvicinò ancor di più.

"dai prova, c'è sempre una prima volta no?" Mi disse.

Sapevo che non potevo, mia madre me lo aveva ripetuto tutto il giorno "non bere, non bere o ti spezzo le gambe".

Fu mentre pensai a quelle parole che portai il collo della bottiglia sulle mie labbra rosee e carnose facendo scorrere in bocca l'alcolico ambrato; Era disgustoso, amaro e secco. Un sapore orribile che fece accartocciare il mio viso dal disgusto.

"Ti piace tanto la birra eh?" domandò ironicamente Riccardo che successivamente mi fece cenno di seguirlo.

"tantissimo!" fu la mia risposta col viso ancora deformato dal disgusto.

Seguii il biondo che mi portò da alcuni suoi amici. Uno era alto coi capelli praticamente a fungo tutti ricurvi da un lato, aveva degli occhiali da sole sulla testa, ancora oggi mi chiedo cosa gli servissero.

Poi indossava una maglietta nera attillata e jeans chiari.Salutò Riccardo pugno contro pugno mentre a quel punto il biondo poggiò una mano sulla mia zona lombare. Ebbi un sussulto ma restai li dove mi trovavo.

"Jacopo, Elena, Marco. Lei è Elisa, una mia compagna

di scuola!" disse lui presentandomi ai suoi amici.

Strinsi la mano uno ad uno dicendo ripetutamente un timido "piacere".

Elena era riccia, ma davvero tanto riccia e aveva un seno ancor più prosperoso del mio. Indossava una camicetta bianca e una gonnella nera con delle calze fumé.

Marco invece era praticamente vestito uguale a Jacopo, maglietta nera attillata e jeans chiaro, con la differenza che non aveva gli occhiali e che i suoi capelli erano tenuti in alto col gel.

"Tesoro ma hai dei capelli troppo belli" disse lei allungando una mano per prendermi una ciocca, io guadai la ciocca smossa dalle sue dita affusolate e sorrisi guardandola.

"ti ringrazio, le mezz'ore passate ad asciugarli ne valgono la pena" dissi scherzosamente.

Affianco alla finestra, tutti e tre iniziarono a fumare e quella volta rifiutai quando mi proposero di provare.

Non ero come loro, non mi interessavano i loro argomenti ma sorridevo fingendo di divertirmi e di stare bene.

I loro gusti musicali erano pessimi, mi trovai bene solo quando cominciarono a parlare di videogiochi, si stupirono quando raccontai dei giochi che apprezzavo.

I due ragazzi amavano Call of duty e parlando di videogiochi quella a sentirsi un po tagliata fuori probabilmente fu Elena che seccata si guardava attorno.

Fino a quel momento Riccardo non aveva tolto la sua mano dalla mia zona lombare, me la carezzava e io un po stranita dalla cosa non sapevo come comportarmi, per questo decisi di allontanarmi con la scusa di prendere qualcosa al buffet.

Mi lanciai sulle pizzette e salatini riempiendo poi un bicchiere con della coca cola, finalmente qualcosa di buono da bere. Fu in quel momento che notai Matteo, era praticamente da solo, tutti attorno si divertivano e lui fermo, seduto sul divano.

Mi sentii in colpa per lui così riempii un secondo piatto e un secondo bicchiere.

Dovetti fare miracoli per non far rovesciare tutto ma riuscii nell'impresa sedendomi sul bracciolo alla sua sinistra.

"Cos'è quel muso?" Gli domandai sorridendo mentre porsi il piatto.

"No ma va, niente!" Rispose lui ma era palesemente una bugia quindi gli diedi un pugno sulla spalla e lui ridacchiò massaggiandosi poi la parte lesa.

"Dico davvero Elisa, è tutto ok, non eri con i tuoi nuovi amici?" Con quella frase capii quale fosse il suo problema e ciò mi diede parecchio fastidio.

Era geloso, essendo la sua migliore amica potevo anche capirlo ma non meritavo quel tono aggressivo da parte sua.

"Ma che cazzo?!... sai che c'è, vaffanculo e io che vengo pure a cercarti".

Lo lasciai solo sul divano tornando da Riccardo e gli altri che intanto continuavano a parlare tra di loro.

"Ma stasera?!" sentii dire a Jacopo.

Guardando il gruppetto sorrisi spaesata e domandai a cosa si riferisse ma non mi fu concessa risposta.

" va be'. Ragazzi voi ascoltate i Green day?" domandai mettendo le braccia conserte.

"io li adoro! Sono stato al loro concerto un'anno fa! Ho anche la maglietta autografata da Billy Joe!" Rispose entusiasta.

"maremma che invidia! Vorrei andarci anche io!"

Lui ridacchiò per poi indicarmi appena con l'indice.

"guarda, l'anno prossimo tornano in Italia, se ti va ci andiamo assieme!"

Annuii rapidamente in risposta. "sarebbe davvero ganzo!"

Inizialmente quei ragazzi mi erano sembrati degli idioti totali ma conoscendoli meglio, mi ci trovai bene. Era bello poter fare nuove amicizie anche se la scenata di Matteo mi aveva innervosita.

La festa andò avanti e ci fu sia il taglio della torta che lo scarto dei regali.

Ventitré regali non erano certo pochi, tutti più o meno belli o carini, quando scartò il mio domandò chi glielo avesse fatto tutto sorpreso.

"qui!" Dissi timidamente alzando la mano, così venne verso di me per abbracciarmi, stringendomi poi le guance.

"Pensa che avevo già in mente di comprarlo, menomale che non l'ho fatto" esclamò.

"Già, menomale" aggiunsi io mentre mi massaggiai le guance dopo che lui le lasciò libere.

Tra la gente sentii un commento sussurrato "sono carini".

Feci finta di non sentire, anche se effettivamente eravamo stati tutta la serata insieme e lui aveva tenuto il suo braccio sulla mia schiena.

Capii in quel momento che ci stavano scambiando per una coppia o qualcosa di simile!

Mentre mangiammo la torta ci sedemmo tutti in torno e a qualcuno venne la brillante idea di giocare a non ho mai.

A turno una persona diceva qualcosa che non aveva mai fatto e se qualcun altro l'avesse già fatta allora avrebbe dovuto bere.

Non avevo mai baciato nessuno ma avevo picchiato qualcuno quindi diedi un sorso di coca cola, rifiutandomi di farlo con la birra come alcuni facevano.

"Non mi sono mai presa una cotta per nessuno" confessai al mio turno. Molti alzarono il bicchiere, Matteo compreso ma non ci stavo parlando quindi non gli domandai per chi.

Una della classe la sparò grossa dicendo di non aver mai fatto sesso orale, io spalancai gli occhi mentre Elena bevette e quando Jacopo si mise a ridere la ragazza gli diede uno schiaffo.

"cazzo ridi" disse divertita.

Mentre tutto ciò accadeva Matteo s'alzò, io lo guardai e lui semplicemente disse ai presenti di aver bisogno di un po d'aria quindi uscì fuori. Stavo per chiamarlo ma mi si bloccò la voce in gola.

"Ma che cazzo di problemi ha?" domandò Jacopo ridendo e anche gli altri risero fui l'unica a non farlo.

Il gioco durò un bel po' e quando ci stancammo, uscii fuori trovando Matteo davanti la porta.

Era rannicchiato su se stesso con la testa bassa e le braccia conserte sulle ginocchia.

"Hey... basta dai, vieni dentro" gli dissi cercando di tirarlo su ma lui s'irrigidì scrollando le spalle bruscamente per allontanare la mia mano.

"Lasciami stare Elisa... Lasciami stare" mi disse con la voce rotta.

"Ma che cazzo, solo perché sto facendo amicizia? Lo sai meglio di chiunque altro cosa ho sofferto, tu sei mio fratello cazzo, dovresti essere felice per me e se tu..." fui interrotta dalle sue parole.

"Elisa, vattene." sibilò non lasciandomi altre chance, ero dispiaciuta e allora non capendo perché si comportasse in quel modo, lo lasciai solo.

Tornata dentro Riccardo mi chiamò, sospirai e quando mi avvicinai mise il braccio dentro sulla mia schiena e io mi poggiai alla sua spalla.

"Ma guardateli" commentò Elena ridacchiando ammiccante.

Imbarazzata mi staccai di poco diventando rossa almeno quanto i miei capelli.

"No, cioè... Insomma era così tanto per" borbottai imbarazzata ma tutti, eccezione fatta per Riccardo trovarono una scusa per andarsene.

A quel punto si che diventò davvero imbarazzante, soprattutto quando mi trovai tra il muro e lui che sistemò una mia ciocca di capelli con le dita, fissandomi negli occhi.

" Ti osservo da un bel po' sai? Non capisco perché una bella ragazza come te che dovrebbe essere super popolare e piena di amici, se ne sta per conto suo." mi disse prendendomi i fianchi.

A quel punto anche un'ingenua come me capì che Riccardo ci stava provando, quindi deglutii nervosamente, il cuore prese a battermi forte e mi sentii calda.

"E' che... insomma è che..." lui ridacchiò intenerito dal mio nervoso e sfiorandomi il mento, carezzò poi la guancia sinistra col pollice.

"Rilassati, non voglio mangiarti eh!" Commentò divertito, mi liberai in una risata per sfogare l'ansia di quel momento così nuovo.

"Una volta ho fatto sbattere la testa di un mio compagno contro le macchinette, maremma vedessi! Aveva sfondato il vetro e perso sangue dal naso" dissi fissandolo negli occhi e questo lo spiazzò davvero tanto. Restò a bocca aperta in un sorriso meravigliato e mi indicò.

"Tu?! Tu hai fatto questo? Piccoletta come sei?" mi disse prendendomi in giro, effettivamente senza un contesto era una cosa assurda da raccontare e mi domandai perché mai lo avessi fatto.

"Purtroppo ero sempre presa di mira, derisa e offesa, arrivai a quel punto per esasperazione" quello che gli confessai lo fece rattristare.

"Se qualcuno prova a farti del male lo gonfio" sussurrò.

"Ma non c'è bisogno, insomma..." risposi ridacchiando "so difendermi da sola!" aggiunsi poi.

Lui sorrise avvicinandosi ma poi divenne serio.

"Vieni con me..."

"Dove?" Domandai legittimamente.

"Tu vieni"

Non sapevo che intenzioni avesse ma decisi di seguirlo finché non raggiungemmo camera sua.

La mia mente iniziò a viaggiare facendomi provare un brivido lungo tutta la schiena e inevitabilmente la pelle divenne d'oca.

C'era silenzio. Uno di quelli densi e profondi nei quali facendomi camminare al contrario, manteneva gli occhi dentro i miei.

I miei polpacci impattarono sul letto e cadendo di schiena mi ritrovai sdraiata, lui sopra di me.

Sentivo freddo, il mio corpo fremeva mentre il cuore sembrava quasi esplodermi in petto.

Avvicinò le labbra alle mie e quando mi baciò, ricambiai.

Le nostre bocche danzavano, la mia decisamente meno esperta della sua.

Mugugnai nel sentire la sua calda e viscida lingua che cercò la mia, proprio non sapevo come muoverla e per fortuna, durò poco.

"Voglio che tu sia la mia ragazza" mi disse e la mia risposta fu un semplice "va bene" spaesato e spaventato, preda di quelle emozioni... Ero proprio una stupida quindicenne!

Continuai a baciarlo stringendomi a lui, in camera sua iniziò davvero a fare caldo mentre una sua mano afferrò il mio seno destro. In quel preciso momento mi mancò il fiato, soprattutto quando cercò di aprirmi le gambe.

"Riccardo fermati" lo avvisai la prima volta, staccandomi dal bacio ma lui andò a baciarmi il collo massaggiandomi il seno.

Mi sentii spaventata, il cuore non batteva più emozionato ma dal terrore, una paura che non avevo mai provato. Sentii il fiato mancarmi e un senso di claustrofobia mi avvolse, un po' come quando ricevevo degli abbracci ma molto, molto più forte.

"Riccardo fermati dai..." gli dissi ancora ma lui non mi ascoltava e il mio senso di disagio aumentò a dismisura tanto che il mio corpo reagì da solo, colpii in pieno volto il ragazzo con un cazzotto e mentre urlò sorpreso dal dolore riuscii ad alzarmi. Mi allontanai subito dal letto e poggiandomi alla scrivania iniziai a respirare con lunghi bocconi d'aria. Fissavo il pavimento cercando di capire cosa mi fosse appena accaduto ma scoppiai a piangere singhiozzando, senza un apparente motivo. Lacrimoni che sgorgavano verso il mento e gocciolavano sulla scrivania mentre le mie spalle si sollevarono di scatto.

Non riuscivo a smettere e lui si posizionò d'avanti a me, testa bassa e aria colpevole.

"Hey...hey! Scusami, io non pensavo che..."

"No, non è colpa tua, era bello baciarti" spiegai piangendo.

"Dai, ora non piangere, torniamo giù..." sussurrò.

Così dopo esser riuscita a calmarmi tornammo in sala.

Buttai giù un sorso di coca cola e poi uscii con lui, respirare aria fresca mi aiutò a stare meglio.

"Guarda che non volevo fare sesso" disse lui guardandomi e ancora una volta feci segno di no con la testa, spaventata da quella orribile sensazione.

"Credimi Riccardo, non mi stava dando fastidio, è stato bello come primo bacio ma se mi sono sentita male non è per colpa tua!" cercai di spiegargli mentre lui mi abbracciò, con una mano sulle mie spalle e mi diede un bacio sulla testa.

"Va bene Elisa, è tutto ok,ma vuoi provare ancora a stare con me?" mi disse facendomi ridere così alzai lo sguardo e come risposta gli diedi un bacio a stampo.

"Beh, lo prendo per un si?" disse lui con tono stupido.

Probabilmente Matteo si era fatto venire a prendere dato che non li rividi più.

La serata ormai volse al termine, ed io consapevole che una volta tornata a scuola tutto sarebbe cambiato, mi chiedevo se Matteo sarebbe rimasto mio amico.

Dunque crescere significava quello? Il dover cambiare vita, amicizie e comportamenti? Un pensiero troppo profondo per cose così stupide come quelle e pure nella mia testa avevano la massima importanza.

Sicuramente non sarei più stata sola sul banco a disegnare Joky e non sapevo come mi sarei dovuta comportare con Matteo non appena lo avrei rivisto. Se all'andata sembravo triste, al ritorno sembrava mi avessero ammazzato il gatto.

Anche quando mia madre mi domandò cosa fosse successo le feci cenno di no con la testa rimettendo la cuffietta nel mio orecchio.

Era troppo imbarazzante doverne parlare con lei, sebbene fui felice di avere un ragazzo sentivo che qualcosa non andava e non capivo cosa fosse.

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