la chiave


Non riuscivo a guardarlo in faccia, la fronte si corrucciò mentre cercai le giuste parole.

I suoi sentimenti non potevano essere ricambiati ed ero dispiaciuta per lui, gli avevo raccontato di essere un fantasma come lui che lottava contro il bullismo e subito dopo mi sarebbe toccato ferirlo.

"Io..." dissi fermandomi quando lui poggiò la sua mano sulla mia, un tocco che mi sorprese e finalmente il mio sguardo si poggiò sul suo, stava sorridendo con un velo leggero di tristezza.

"Pedro è uno dei miei più cari amici, come te lui mi sprona a migliorarmi. So che sarete una bella coppia e soprattutto so che non provi niente per me" Calò del silenzio, rotto soltanto dalle onde e le risate dei ragazzi che si tuffavano.

"Enrico mi dispiace" fu un sussurro che esalai restando accigliata.

"devi solo promettermi che qualsiasi cosa farai cercherai di essere felice, perché una ragazza come te se lo merita, almeno uno dei due fantasmi ha trovato qualcuno no? Uno e meglio di zero." disse lui.

Gli diedi un bacio sulla guancia e ci abbracciammo, lui mi strinse e sentii in quella presa un disperato bisogno di tenermi tra le sue braccia.

"Sei un bravo ragazzo Enrico, sono sicura che prima o poi troverai qualcuna che ti renda felice"

"Grazie" rispose semplicemente.

"Vedrai! Poi quando mi conoscerà sarà gelosa di me!" aggiunsi ridacchiando e lui fece altrettanto.

Poco dopo i suoi occhi brillarono, assunse la tipica espressione di chi aveva avuto un'idea e mi fece cenno d'avvicinarsi con la mano per sussurrarmi qualcosa.

Credimi Cheese, ogni volta che ci ripenso vorrei sprofondare sotto terra dall'imbarazzo ma entrambi ci alzammo e sollevate le braccia le battemmo a tempo.

"Pedro, Pedro, Pedro, Pedro pè! Sei uno scimpanzé!" cantammo intonando una canzone della Raffaella Carrà. Tutti si voltarono nel guardarci in un mix di imbarazzo e ilarità mentre lui fingendosi indispettito saltellò scoglio in scoglio per raggiungerci

"Io adesso vi ammazzo entrambi!" commentò e quando ci raggiunse afferrò i miei fianchi iniziando che poi solleticò ma restai immobile, squadrandolo con aria di sfida. Non soffrivo il solletico e capendolo, dondolò l'indice davanti al mio volto per poi accanirsi su Enrico.

"No! Ti prego, fermati! Fermati!" Sghignazzava il ragazzo cercando di sfuggire a quella tortura che non cessò fin quando s'accasciò sullo scoglio dove ci trovammo.

"quanto a te!" Mi indicò lasciando Enrico e avventandosi su di me, mi afferrò con forza sollevandomi sulla sua spalla.

Alla stregua di un sacco per le patate fui portata via mentre schiaffeggiò il mio sedere.

"E' ora di fare un bel bagnetto!" esclamò. Capii che mi stava portando dove ci si tuffava ed iniziai a dimenarmi divertita.

"No! No! No!" Fu inutile, ad un certo punto vidi il cielo e poi tutto buio quando mi ritrovai sott'acqua aprendo gli occhi nel momento in cui smisi di affondare.

Quando risalii in superficie notai che lui si era tuffato vicino a me così tentai di dargli qualche sberla abbinando alla maremma diversi aggettivi tra una minaccia di morte e l'altra.

Ed in fine, le mie parole vennero fatte tacere dalla sua bocca in un lungo e profondo bacio nel quale misi le mie mani dietro il suo collo.

Mossi la mano sinistra sulla parte alta del calcio mentre la mano destra tenette il bipode su cui poggiava il mio Mcmillan.

Intanto il vento stava rallentando ma ancora non c'era contatto visivo sul nostro obbiettivo, pregai che poco a poco scemasse e sebbene avessimo ancora molto tempo, un senso di ansia mi assillava costantemente.

"Irish, dovresti scrivere un libro! Mi piace come racconti!" sussurrò Cheese per poi imprecare.

Lo interrogai con un occhiata e lui fece spallucce sbuffando subito dopo.

"Eh... devo pisciare" sussurrò lui infastidito.

"Spero per te che non coli verso di me" risposi mentre lui inclinò le gambe a destra, lontano da me il più possibile. Aspettai qualche istante e quando ritornò in posizione lo guardai.

"Fatta tutta?" domandai ridacchiando e lui mi mostrò il pollice in risposta.

Parlare così tanto a lungo mi impastava la bocca ed oltretutto, più andavo avanti e maggiore era la nostalgia che provavo. Desiderando con tutto il cuore di poter tornare a quei attimi ormai persi nel tempo.

Ripensando tutte le cose; ai momenti spensierati, i primi amori, le dispute a scuola, le amicizie perdute e le esperienze, mi ritrovai nel gioco dei se. Mettendo in discussione con me stessa vari eventi della mia vita.

Con chi avrei fatto l'amore per la prima volta se non avessi conosciuto Pedro? Cosa sarebbe successo tra me Matteo se non avessimo mai litigato? E se i tizi che cercavano Riccardo non lo avessero picchiato sarei rimasta con lui? Quindi poi con Pedro cosa sarebbe successo?

"Irish, sei stranamente silenziosa" sussurrò lui. Quella sua parlata Francesina mi riportò al presente.

"Guarda che tra i due quello che parla di più sei tu!" Lui sbuffò sarcasticamente.

"Tesoro è da quando ci siamo appostati che mi assili con la storia della tua vita!" Esalò lui sarcastico. Si, era proprio una merdaccia.

"Sai che sei la persona più sgradevole che abbia mai conosciuto in vita mia?"

Non era vero, nel corso della mia carriera militare non avevo mai conosciuto un uomo come lui.

In realtà lo invidiavo alle volte, sembrava che niente potesse scalfire quel suo atteggiamento positivo e bonario.

Mi ritrovai a sorridere immaginando come potesse mai essere una relazione con lui e che, visto il suo continuar chiedere, gli avrei concesso un appuntamento quando tutto sarebbe finito.

Ci si imbatte nelle persone più assurde, particolari e stravaganti ma poi quelle che ci restano dentro sono quelle che con semplicità riescono ad entrare nei nostri cuori. Come in possesso di una chiave perfettamente combaciante, in grado di aprire con gentilezza il lucchetto delle catene in cui ci serriamo per non sentirci vulnerabili.

Tentare di sorprendere in modi eccentrici, fare il buffone ed esagerare, altro non era che un tentativo di scassinare quel lucchetto. Io la vedevo così ed era per quello che tenevo le distanze da lui.

Eppure Philippe, alias Cheese era in possesso di quella chiave, ero io a non permettergli di usarla.

"Questa ha fatto male al mio cuoricino" rispose alla mia pugnalata verbale.

"Povero piccolo" Lo sfottei sorridendo in modo malvagio. "Comunque non ho mai scritto pensato di scrivere un romanzo, quando lo trovo il tempo?"

"Che donna impegnata" controbatté lui sarcasticamente controllando il suo fucile, del resto non potevamo fare molto finché quella maledetta tempesta non sarebbe passata.

Mi fissò e io fissai lui, durò qualche secondo finché mi decisi a parlare per prima.

"Mi dici qualcosa o ci fissiamo come due idioti?" domandai lievemente nervosa da quel contatto.

"Stavo aspettando che riprendessi a raccontare, ora sono curioso di sapere del tuo ritorno a casa, Come è andata con Pedro? E Riccardo lo ha saputo? Comunque non sei cambiata a quanto pare, fai stragi di cuori e picchi le persone, con la differenza che ora sei anche armata." Si fece una risata mentre io gli diedi un lieve calcio sul ginocchio, sapeva davvero essere fastidioso quando mi stuzzicava

"Non ero quella che ti stava assillando?"

Lui sollevò lo sguardo al cielo ed esalò per poi tornare a guardarmi.

"lo so, lo so! Però sei così annoiata che faccio uno sforzo"

"guarda che sei proprio un pezzo di..." mi interrompette.

"su su! Racconta altrimenti la storia non va avanti!"

Va bene, basta che stai zitto! Comunque sia...

Non hai idea del casino che venne fuori, in quei anni Facebook iniziò davvero ad andare di moda, mi ero iscritta solo perché Pedro e gli altri aveva un gruppo chat, così avrei potuto sentirli quando sarei tornata a Firenze.

Fui taggata in ogni foto che venne scattata durante quei giorni, ci riprendevano sulla spiaggia o sul lungo mare e in alcune di quelle io ero seduta proprio su Pedro.

Avevo iniziato una relazione con lui, Vivendo ad un ora di distanza potevamo vederci.

Gli altri quattro invece mi mancarono già dopo averli salutati per l'ultima volta, ci abbracciammo tutti e mi commossi.

Formammo un gruppo chat per restare in contatto ma in questo mancava Enrico perchè a casa sua non c'era internet.

Un altro utilizzo di Facebook erano i giochini al suo interno, che usavo per passare la noia. Altrimenti cercavo pagine con vignette divertenti o gruppi dove si parlava di armi e della vita militare.

Mi aggiungevano un sacco di ragazzi che nemmeno conoscevo, anche uomini molto più grandi. infatti non ne accettavo nessuno.

Tra queste trovai la richiesta di Riccardo che ingenuamente accettai, non sapendo che così facendo Avrei scaturito un susseguirsi di eventi disastrosi.

Solitamente mia madre mi portava a scuola in auto ma in quel periodo lavorava il mattino quindi avrei dovuto arrangiarmi coi pullman. Salita mi accorsi che quelli della mia scuola mi fissavano indignati. Cercai di non dar troppo peso alla cosa e poggiando lo zaino sulle cosce, sedetti accanto ad un ragazzino con un mp3 in mano e delle cuffiette alle orecchie dalle quali sentii debolmente della musica Rap.

Chiusi gli occhi riposando per tutto il viaggio e scesa dal pullman, mi accorsi di Riccardo in una delle piazzette del terminal.

Volevo evitarlo così cercai di camminare seguendo il fiume di ragazzi ma me lo trovai davanti comunque, non lo degnai di uno sguardo e mi mossi a sinistra ma lui mi prese di peso sbattendomi contro il muro alla mia destra. Bloccandomi con l'avambraccio sul petto ed una mano sulla gola.

"Te la fai coi negri... eravamo fidanzati e tu mi hai fatto le corna con un negro di merda!" mi disse mentre cercai di afferrargli la faccia per fargli male e togliermelo di dosso.

Lui mi prese per i polsi portandomeli alla gola, le mie braccia formarono una croce e in quella posizione respiravo a fatica.

"Non toccarmi, io ti ho lasciato perché ti sei messo a spacciare senza dirmi un cazzo!" ringhiai e in tutta risposta mi diede una ginocchiata sulla pancia, un dolore lancinante mi sconvolse dal ventre facendomi gemere mentre lui strattonandomi mi gettò per terra. Rotolai sul cemento e quando provai ad alzarmi mi calciò sul ventre.

"puttana sta giù" mi urlò sputandomi addosso.

Restai lì, sul cemento freddo con le mani che tremavano ed il fiato smezzato. Gli occhi gonfi di lacrime e lo sguardo colmo d'odio.

Gli altri ridacchiarono riprendendomi coi telefonini, esultavano per Riccardo e insultavano me.

Nessuno mi aiutò nonostante restai per terra diverso tempo agonizzante, dovetti raccogliermi e lentamente, in silenzio, camminare verso scuola.

Pensai che se Pedro lo avesse saputo sarebbe andato da Riccardo per spaccargli la faccia ma il mio ego mi impedì di farmi aiutare, non ero la principessina da salvare.

I video fecero il giro della scuola e tutti mi deridevano quando mi vedevano, Riccardo aveva fatto spargere la voce che io non solo lo avevo tradito ma aveva scoperto "cose brutte su di me".

Per colpa sua la gente si era convinta che io facessi sesso orale a pagamento, soprattutto con quelli più grandi.

Era solo il primo giorno e già volevo abbandonare la scuola, mandare tutto all'aria. L'unico motivo per cui non lo feci fu l'idea di arruolarmi dopo aver guadagnato un buon voto all'esame di maturità.

Le vessazioni non cessarono col passare dei giorni. Chiunque mi disgustava e si prendeva gioco di me. Il fine settimana quando mi vedevo con Pedro fingevo che tutto andava bene. Ed era vero, stare con lui mi dava la forza che altrimenti non avrei avuto.

Un brutto giorno però, appena scesa dal pullman ancora mezza addormentata, fui assalita da un gruppo di ragazze e ragazzi. Un imboscata vera e propria nella quale iniziarono a colpirmi con schiaffi e calci, urlando e insultandomi. Cercai di difendermi e istintivamente chiesi anche aiuto, spaventata da quella calca furiosa. Diedi anche io qualche pugno, spingendo per liberarmi e scappare ma fui gettata per terra e nonostante i miei tentativi di liberarmi.

"adesso te la do io una sistemata!" disse divertita una avvicinandosi con un paio di forbici mentre i ragazzi più grossi mi tenettero ferma.

"giuro che se lo fai te la faccio pagare..." pigolai spaventata.

"certo! Tommy, riprendimi mentre glieli taglio!" rispose lei.

Iniziai a piangere e digrignare i denti mentre scuotevo la testa, mi dicevano di stare ferma ma io mi dimenai il più possibile urlando come una matta mentre sentivo quella stronza tagliarmi i capelli.

"ecco!" Disse vittoriosa quando finì, tenendoli in mano come un trofeo davanti la telecamera del telefono.

"così e come si trattano le puttane!" disse per poi gettarmi i capelli addosso.

Quando si allontanarono mi sollevai restando seduta sull'asfalto, avevo la vista appannata per il pianto a singhiozzo nel quale mi ritrovai. La bocca distorta in un'espressione dolorante, il viso arrossato e la fronte corrucciata.

Desiderai tanto vedere la mano di qualcuno porgersi verso di me, mi sentii così sola e affranta ma la cosa peggiore era che tutta quella cattiveria fu scaturita da qualcosa di cui non avevo colpa.

Guardai i miei capelli tra le mani e il mio piangere si fece più forte, pensando a quanto c'era voluto per farli crescere così tanto. Li lasciai cadere e mi toccai la testa per farmi un idea di cosa fosse rimasto. Erano corti fino la base del collo ma con un taglio informe.

"giuro che li ammazzo..." borbottai alzandomi e fu proprio in quel momento che tra la folla vidi Riccardo che mi fissava con aria soddisfatta. La sua lingua gli gonfiava il labbro inferiore sulla sinistra.

Restai a fissarlo negli occhi con le braccia distese lungo il corpo, un po' di capelli ancora tra le mani.

"Bello il nuovo taglio" Esclamò salutandomi per poi andarsene insieme agli altri che mi guardavano e ridevano.

Saltai scuola tornando a casa con lo stesso pullman che qualche minuto dopo ripercorse la strada al contrario.

A mia madre non dissi quanto mi fosse accaduto, lei avrebbe parlato col preside e peggiorato la mia situazione, quanti i capelli inventai di volerli tagliare perché avrei voluto un caschetto, ammettendo poi di aver sbagliato a provarci da sola.

Mi portò dalla parrucchiera il giorno stesso che sistemò quel che poteva in un caschetto corto e scalato con due lunghe ciocche ai lati di una frangetta, scendevano di poco oltre la mandibola.

Il mio rancore cresceva ad ogni insulto, risata o colpo che ricevevo, sfogato poi a casa negli allenamenti in cui la mia vista veniva annebbiata dalle lacrime.

Le corse infinite per non pensare ad altro, fin quando le gambe troppo stanche non riuscivano più a reggermi e mi accasciavo in terra, anche sotto la pioggia. I giorni seguenti a certe corse zoppicavo coi muscoli indolenziti, ovviamente per quelli della mia scuola ero reduce da rapporti anali.

Arrivò poi il weekend come sempre, felice di rivedere Pedro che mi venne a prendere in motorino fuori da scuola.

Mi strinsi a lui, volevo soltanto sparire nelle sue braccia in quel momento e lui mi abbracciò ma sentii qualcosa di strano, una sorta di freddezza.

Quel suo atteggiamento provocò in me un senso d'ansia che tentai di placare una volta arrivati a casa sua.

"Amore che c'è?" domandai prendendolo per le braccia, tentando di baciarlo, lui si ritrasse.

Mi guardava in modo serio e nervoso.

"Come mai hai tagliato i capelli?" cambiò argomento e non sapevo davvero cosa pensare.

"mi... mi andava di cambiare, ti piacciono?" provai a sorridergli, volevo solo stringerlo ma lui restò gelido.

"Devi dirmi nulla?".

Dopo quella domanda assunsi uno sguardo spaesato, cercando di capire a cosa alludesse, avevo la coscienza pulita, non lo avrei mai tradito.

"Certo! Ma ti pare?" provai ad avvicinarmi ancora ma lui si fece lontano ponendo le mani davanti.

Mi si stava spezzando il cuore e lo guardai trafficare nelle tasche, le svuotò e mi disse con i gesti di seguirlo.

Fui portata davanti il suo pc, si collegò su Youtube e a quel punto capii.

"Quindi non è per questo?" esalò indicando il video che mi ritraeva mentre mi vennero tagliati i capelli.

I commenti sotto chiedevano chi fossi e perché mi stavano facendo quello, alcuni commenti erano divertiti, altri indignati. Notai due o tre commenti di qualcuno che evidentemente mi conosceva è trovò divertente dire mio nome e cognome pubblicamente.

"Da quanto va avanti questa cosa?" mi domandò girandosi a guardarmi.

"amore, scusa se non te l'ho detto ma..."

"Elisa, porca puttana! Io sono il tuo ragazzo, il tuo ragazzo!" Sbraitò ed io abbassai la testa.

"Mi... mi dispiace io non volevo farti preoccupare" borbottai a testa bassa.

"Che uomo sono se permetto che facciano questo alla mia donna?! Poi perchè? Cosa ti sta succedendo a scuola?" La voce di Pedro era alta, le vene della sua fronte più accentuate.

"ll mio ex, ha messo in giro la voce che io l'ho tradito con te, ti chiama negro e dice che mi prostituisco." Svuotai il sacco con tono umiliato e testa bassa. Mi sentii inutile, debole.

Lui Contenette la rabbia, lo notai da come arricciò le labbra facendo cenno di si con la testa.

S'alzò di colpo e andò verso la porta.

"Andiamo, dimmi dove abita, lo apro quel figlio di puttana" esalò lui. Scattai verso di lui abbracciandolo da dietro e lui si fermò di colpo.

"Per favore... voglio solo stendermi a letto, non ne posso più di questa merda e l'unica mia ancora di salvezza sono i momenti belli con te." Sussurrai col viso immerso nella sua felpa.

"Elisa ma come posso stare qui senza far nulla? Ti ren..."

"Per favore Pedro, ti scongiuro portami a letto."

Si convinse e girandosi mi prese in braccio, portandomi poi a letto dove però sfogò la sua rabbia in un atto carnale molto più irruento del solito.

Una volta finito restammo nudi sotto le coperte, abbracciati stretti. Mi baciava la fronte e giocava coi miei capelli corti.

"Ti donano" sussurrò lui carezzandomi i capelli.

"Grazie"

"Aspetta, ti do una cosa" si allungò verso un mobiletto vicino al letto, aprì il primo cassetto e mi porse un coltello a serramanico.

Lo girò per mostrarmelo da entrambi i lati per poi premere il pulsante sull'impugnatura.

Si sentì un suono metallico quando la lama uscì facendo un giro di cento ottanta gradi, era nera col filo argentato, lunga almeno otto dita. Era piuttosto spaventoso.

"E questo?" Domandai, lui rispose prima con delle spallucce.

"In brasile può sempre tornarti utile, purtroppo" Chiudendolo me lo passò e mentre lo guardavo dubbiosa lui si fece più vicino, baciandomi la spalla.

"Se premi quel pulsante la lama esce fuori, come ho fatto io prima, poi per rimetterla dentro devi spingerla dalla parte non tagliente"

"che sono grulla da spingere dalla parte tagliente?" controbattei.

"forse un po'!" rispose ridendo per poi mordermi sulla clavicola.

"Ahio! Stronzo."

Sollevando il braccio sopra la mia testa aprii la lama, feci roteare il coltello e poi la richiusi.

"Te l'ho dato solo per spaventare ma se devi proprio usarlo, mi raccomando non affondare mai e non mirare al volto. Puoi ammazzare qualcuno con un coltello simile"

"Niente affondi e non si mira al volto." Nel ripetere quelle parole gli volevo far capire d'aver afferrato il concetto.

In un primo momento non fui molto convinta di prenderlo con me ma poi capii che forse mi sarebbe servito e l'idea di averlo in tasca mi avrebbe fatto stare meglio, più al sicuro.

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