il mare d'inverno
Stava piovendo parecchio quella mattina e sentendo quel letto così morbido decisi di non alzarmi se non per andare in bagno e tornare poi sotto le calde coperte, girandomi verso Matteo che intanto russava.
Ripensai alle sue parole, all'impeto che usò per dirmi quello che provava, poi però la mia mente venne occupata ancora una volta da quella sabbia rossa e dai pezzi di lamiera che si fondevano sopra d'essa.
Stava diventando il mio pensiero fisso. Non potevo fare a meno di pensarci, quasi in modo maniacale e per quanto mi sforzassi di restare in quel momento, mi domandavo quali danni potesse causare quel liquido rosso.
Quel fumo rosso continuava a vilupparsi su se stesso nella mia immaginazione. Era in grado di coprire tutto il resto e farmi dannare in cerca di una semplice risposta: che cos'era?
Intanto la pioggia batteva sulla finestra con un ritmo quasi armonioso, quest'ultima era ricoperta da uno strato umido di condensa. Sentivo la testa pesante, un po per il post sbornia e un po per la stanchezza in generale ma guardai il telefono, erano le otto del mattino.
mezz'ora dopo avremmo dovuto fare colazione ed uscire dall'hotel per il nostro ultimo giorno in Sardegna.
Non era una vacanza, quindi non aveva senso restare troppo a lungo.
Quando finalmente Matteo si svegliò iniziammo quasi subito a punzecchiarci in modo giocoso, tanto per mantenere allegra una mattinata davvero cupa e narcolettica.
Mi divertivo davvero un casino a prenderlo in giro e lui faceva con me altrettanto e così, speravo che via via, quella sbandata gli sarebbe passata, in modo che non soffrisse più per me.
Uscimmo dopo una colazione nella quale, mangiammo e bevemmo davvero qualsiasi tipo di cosa.
Per fortuna fui previdente come sempre, quando si trattava di preparare una valigia e con me avevo un ombrello nero abbastanza grande da coprirci entrambi. Il punto era capire dove andare visto che non aveva un posto e la pioggia non cessava.
Tutta costa Rei appariva diversa ai miei occhi, ogni colore che d'estate brillava ora sembrava più spento, così come le poche persone che camminavano lungo i marciapiedi fradici, evitando di farsi bagnare dallo schizzo sollevato da qualche macchina di passaggio.
Gli alberi venivano sferzate dal vento e quando raggiungemmo il lungo mare, lo trovammo furioso.
Enormi cavalloni esplodevano contro gli scogli così tanto violentemente che di tanto in tanto potessi sentire come del vapore acqueo gelido avvolgermi il viso.
Alla fine trovammo riparo sotto il tetto di un baracchino. Questo aveva delle colonne di legno scuro, la parte sopra rivestita con bamboo e legno chiaro.
I tavoli, anche questi in legno avevano due grosse panche avvitate ai lati e la sua superficie composta in diverse assi era stata vandalizzata da scritte coi pennarelli o con le chiavi.
Frasi come: Forza Inter o Debora ti amo. Solite cazzate scritte dai ragazzini troppo poco rispettosi delle proprietà altrui.
"quando hai fame dimmelo che andiamo a cercare un ristorante o qualcosa di simile!" gli dissi poggiando i gomiti sul tavolo e la testa sulle braccia. Lui mi carezzò la nuca, grattava dolcemente le sue dita massaggiandomi. Era davvero piacevole e restai quindi a farmi coccolare in quel modo. Onestamente, mi mancava della dolcezza.
"non preoccuparti, sono le dieci e abbiamo mandato in banca rotta l'hotel per quanto abbiamo mangiato" commentò ridacchiando.
"sei un ciccione" risposi. Lui tolse la mano così lo guardai, esattamente come farebbe un gatto quando il suo padrone smette di carezzarlo.
Lui si indicò piegando le braccia all'interno, facendo scorrere i palmi delle mani su e giù, rivolti verso l'alto.
"ciccione io? Ma non vedi questo bellissimo fisico da insetto stecco?!" replicò.
Esplosi dal ridere tentando di afferrargli una mano così da rimetterla sulla mia testa.
"ah certo, prima mi da del ciccione poi vuole i grattini!".
"ovvio" fui pronta a ribattere mentre mi rilassai ancor una volta per quelle dolci attenzioni.
Lo sentii sbuffare una risata così sollevai gli occhi per guardarlo, chiedendogli spiegazioni anche solo con lo sguardo. Il bello di noi due era che potevamo anche non parlare, ci capivamo senza problemi.
"è buffo vederti così dolce sapendo che poi vai in giro ad ammazzare la gente".
"guarda che non sono un sicario" esclamai contrariata dalla sua descrizione.
"si ma non cambia, l'unica differenza è che il sicario lo fa per soldi e se viene beccato finisce in prigione, tu lo fai ubbidendo a degli ordini quindi non ti viene fatto nulla, alla fine, si tratta sempre di uccidere persone".
Mi sentii attaccata da quelle parole così scivolai all'indietro mettendomi dritta sulla schiena.
"le persone che uccidiamo, meritano di morire!" quasi urlai, puntando l'indice sul tavolo.
A quel punto Matteo mi guardò come se provasse tenerezza nei miei confronti.
"perchè?". Fu una domanda così assurda che mi lasciò senza parole.
"perchè decapitano innocenti in nome del loro dio, uccidono chiunque viene aiutato dagli alleati e terrorizzano il mondo con le loro minacce. Qualcuno deve pur fare qualcosa, vanno eliminati tutti quanti".
Lui restò in silenzio qualche istante, si guardò attorno come a cercare le parole.
"c'era una persona che diceva cose come, vanno eliminati tutti quanti, aveva un orribile baffetto sotto il naso e una discutibile frangetta". Nel dirlo mosse l'indice tra la bocca e il naso.
Sbuffai abbassando la testa.
" cristo Matteo, cosa cazzo centra Hitler adesso? Qua si tratta di gente che per i loro ideali ammazzano persone".
Lui mi indicò sospirando, chiuse gli occhi un attimo ma non gli diedi il tempo di parlare.
"cosa?!" Domandai confusa.
"anche tu ammazzi per i tuoi ideali, dunque perché i tuoi sono giusti mentre i loro sbagliati?".
Non volevo credere a quello che mi stava dicendo, io non ero come loro.
Sbattei forte i pugni contro il tavolo facendolo tremare violentemente.
"porca puttana! io non decapito i bambini perché vanno contro i miei ideali, ma che cazzo stai dicendo!? Hai voglia di farmi incazzare!?"
Probabilmente si aspettava una mia simile reazione.
"io non voglio difenderli, non dico che sia giusto ciò che facciano, dico solo che come tu combatti per difendere le persone da persone simili. Loro combattono per quello in cui credono, usando la violenza come deterrente. Il metodo e le idee possono non piacere ma alla fine è la stessa cosa".
Non accettavo che il mio migliore amico mi paragonasse ad un Jihadista, non dopo quanto quei bastardi mi avessero fatto soffrire.
"senti Matteo... tu non c'eri, hanno decapitato un mio compagno davanti ai miei occhi. Devo anche ricordarti perché siamo qui? Perché uno di loro ha sparato in testa all'amico che siamo andati a trovare ieri! Che cazzo di argomentazioni sono queste?!".
Mentre io diventavo sempre più furibonda lui appariva triste, voleva parlare ma probabilmente sapeva già che mi avrebbe ferita ancor di più.
"e tu non hai ammazzato qualche amico? Qualche padre di famiglia o il figlio di qualcuno?" Esclamò fissandomi negli occhi.
"per questo mi fa schifo la guerra, non voglio che tu debba tornare ad uccidere! Ci arrivi a capire che non ha senso?!".
"no Matteo... sei tu che non capisci, se vedessi quello che ho viso io non staresti ad argomentare ciò che è giusto o sbagliato. Se solo vedessi la crudeltà di quelle persone, ciò che senti al telegiornale o leggi non rende nemmeno un quarto dell'idea" Sospirai allontanandomi verso la spiaggia.
"e adesso dove vai?!" mi domandò.
Io intanto avevo già tolto la maglietta, non importava che piovesse.
"a rinfrescarmi le idee" risposi mentre tolsi le scarpe.
Mi spogliai finché non rimasi in intimo, Questo era lilla con dei bordi in pizzo. Le onde sulla spiaggia arrivavano con meno potenza visto che venivano tagliate dagli scogli posti artificialmente.
"ma che cazzo elisa! Aspetta!" esclamò lui.
Non restai ad ascoltarlo e dopo una corsa mi gettai nel mare gelido, così tanto freddo che sentii il torace stringersi. Nonostante mi mancò il fiato per qualche istante, subito dopo mi resi conto che immersa nell'acqua agitata vi era pace, i miei pensieri non avevano fatto in tempo ad immergersi con me. Quindi l'unica cosa che sentivo era il suono ovattato e scrosciante della pioggia che picchiava contro la superficie e il suono lento, appena percettibile del mio cuore.
Tutto attorno non c'era niente, solo acqua e sabbia bianca sotto di me. Sentivo le onde dondolarmi mentre restai immersa fin quando non dovetti emergere per prendere fiato. A Riva vidi Matteo che aveva aperto il mio trolley e da esso aveva tirato fuori un asciugamano che mi ero portata dietro.
"tu sei tutta matta! Ma puoi gettarti in mare con questo freddo per una discussione?" Urlò.
A quel punto mi accorsi che il gruppo di persone incontrato il giorno prima, era ancora lì, seduto al sicuro sotto una grossa tenda da campeggio. Ci fissavano parecchio divertiti e quello con la sindrome di tourette, di tanto in tanto esclamava "pollo".
Guardai loro e spostando lentamente lo sguardo verso Matteo mi tuffai ancora, quest'ultimo esclamò qualcosa ma non feci in tempo visto che ancora una volta mi trovai nel silenzio di quell'acqua gelida.
Avrei voluto che mi fossero cresciute delle branchie in modo da potermene stare per sempre avvolta in quella quiete.
I mie capelli si muovevano leggiadri, come lingue di fuoco danzanti, quasi mi avvolsero quando nuotai all'indietro. La morse gelida si faceva sempre più forte sulla mia pelle, riemersi soltanto per quello camminando lentamente verso la riva. Braccia conserte sotto il seno mentre la pioggia e il vento mi faceva avere violenti brividi.
Quando raggiunsi la riva Matteo mi avvolse con l'asciugamano.
"tu sei completamente pazza!" Esclamò preoccupato. "ti verrà una polmonite! Che ti è saltato in mente?" aggiunse ancora.
"avevo bisogno di silenzio" risposi guardandolo male, lui sbatté le mani su suoi fianchi per poi puntarmi con entrambi i palmi rivolti verso l'alto, le mani poste in obliquo. Le muoveva avanti e indietro.
"non puoi tuffarti in mare in pieno inverno solo per una discussione! ma che cazzo, Elisa!".
Facendo cenno di no con la testa mi chinai verso la valigia aperta e afferrai un cambio guadandomi attorno per trovare un posto dove cambiarmi.
"se vuoi puoi usare la nostra tenda, non c'è nessuno dentro guarda!" disse una delle ragazze di quel gruppo.
Così un'altra, magra e altissima si voltò di spalle.
"oh si perfetto, facciamo entrare gli sconosciuti nella tenda" esalò.
Questa aveva una pelle più bianca della mia; capelli a caschetto nero corvino, trucco pesante e tipici vestiti metal.
Il resto di quel gruppo sembrava davvero buffo, reso forse più strano dal ragazzo che continuava ad urlare "pollo" o dire parolacce.
La loro tenda arancione era così alta da poterci stare dentro in piedi, spaziosa come un piccolo salotto dove dentro vi erano i vari sacchi a pelo sopra dei lettini gonfiabili.
Dieci minuti dopo mi trovavo seduta con Matteo e quelle persone, ci venne offerta una sigaretta che io rifiutai.
"è bello fare il bagno con questo freddo?" Mi domandò quello più grande di tutti. Prima di rispondere guardai quei ragazzi chiedendomi cosa ci facessero con un uomo di un'età così diversa dalla loro.
"è stupendo... ma sto ancora gelando" risposi.
Avevo messo un jeans e sopra avevo una maglietta grigia, felpa rosa con cappuccio imbottito di pelo e un giubbotto con bottoni al centro, stesso colore del pantalone.
Per scaldarmi misi il cappuccio sulla testa visto che i capelli erano ancora umidicci.
"posso prenderti un capello?" domandò uno di loro imbarazzato.
Una domanda così malata detta in quel modo mi lasciò senza parole ma l'uomo lo guardò facendo cenno al ragazzo di fermarsi.
"Nicolò, non mi sembra il caso" Lo rimproverò e l'altro mordendosi il labbro fece un passo avanti per poi tornare indietro e sparire nella tenda.
"ma che gli piglia?" Domandò Matteo chiedendolo per me.
L'uomo quindi sorrise facendo spallucce, notai una fede sul suo anulare e dal portamento mi sembrò fin da subito una persona affabile.
"Purtroppo Nicolò è autistico, quindi ha diverse fissazioni, tra queste i capelli rossi" Sospirò guardandomi. "chiede sempre un capello a chi possiede i capelli rossi, purtroppo non capisce che questa cosa mette a disagio le persone".
Guardai il resto dei ragazzi, effettivamente visti con più attenzione mi accorsi che ognuno di loro aveva qualcosa che non andava. L'uomo si accorse che stavo guardando i suoi ragazzi.
"Mi chiamo Franco, loro sono: Matilda, Giovanni, Elia, Debora e poi c'è Nicolò che è andato in tenda".
Presentò tutti dalla sua sinistra alla destra per poi porgermi la mano.
Matilda era "la ragazza dark" che continuava a guardarci male. Giovanni invece colui che continuava a dire "pollo".
Sulle braccia Di Debora notai diverse segni, capii che aveva o avesse avuto problemi con la droga, anche per il fatto che di tanto in tanto si grattava sui polsi.
L'unico che proprio non capii cosa avesse fu Elia.
"sono uno psicologo, tutti loro sono ragazzi sotto le mie cure. Stiamo facendo un viaggio zaino in spalle come parte della terapia per tutti loro". Spiegò mentre strinsi la sua mano, una presa forte e ferrea, forse quasi invadente.
"io sono Elisa, piacere mio ragazzi".
Si presentò anche Matteo con la stretta di mano mentre i ragazzi si sedettero in semicerchio rivolti verso di noi ma poi Elia s'alzò e si sedette ancora qualche secondo dopo.
"anche voi non siete di qui, lo capisco dall'accento, cosa vi porta qui?" Domandò.
"un mio caro amico che abitava in questa città è venuto a mancare e quindi sono venuta a salutarlo, Matteo mi ha voluto accompagnare per non lasciarmi sola". Spiegai cercando di ignorare educatamente gli urli e i movimenti bruschi che Giovanni lanciava o faceva.
Elisa lo spinse facendoli il verso del silenzio e l'altro lo spinse a sua volta fin quando Franco non li fermò con un braccio voltandosi verso di loro.
Bastò un semplice sguardo per farli smettere.
Quelle che seguono sono le frasi scritte da un giovane paracadutista ANPd'l con la grandissima volontà di diventare un soldato. Rispetterò la sua volontà di restare in anonimo ma lo ringrazio per aver partecipato e anche per tutti i complimenti che hai fatto su Redwind.
" L'aereo ti aspetta, il motore acceso, l'odore di kerosene, L'aria che ti spinge via. Entri nella carlinga, il DL aggancia le funi di vincolo e l'adrenalina sale.
Decolli, sei in volo su un aereo senza porta e sotto di te passano i campi, le strade. Vedi le macchine piccolo piccole e poi " un minuto al lancio!"
Accendi il cervello e l'adrenalina sale ancora. "motore" "alla porta!"
hai i piedi nel vuoto e poi "via" sei nel vuoto, ti senti libero e il paracadute si apre.
hai superato tutto quello di cui molti hanno paura, questo ti classificherà come "pazzo"
ma voglio essere "pazzo" e farlo fino in fondo, fiero di esserlo.
preferisco decidere io cosa voglio fare della mia vita invece che non fare niente ed aspettare che le cose succedano. Non sono il tipo di persona che aspetta passivamente. Io voglio fare il soldato, anche per questo sono classificato pazzo ma preferisco essere un pazzo che una persona milliccia che si lamenta di quanto è difficile la vita con l'aria condizionata in ufficio a bere caffè.
non sono un super eroe no, sono una persona normale ma voglio aiutare le persone che non possono farlo da sole e sono fiero di di quello che voglio fare. Anche se mi dovrebbe costare la vita.
Se il mio sacrificio servisse a qualcuno sono disposto a farlo, non importa se quest'ultimo mi stia simpatico o meno"
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