Attacco al confine
"il punto è che se riuscissimo a creare un blocco in questi punti, avremmo più controllo di chi entra ed esce dal paese, qui è completa anarchia, per questo subiamo attacchi ogni dannato giorno." Mi illustrò proprio lui sulla cartina locale della zona.
La nostra base si trovava a sud di un piccolo villaggio situato al confine, non era molto grande ma essendo all'esterno della nazione, veniva puntualmente presa di mira dalle cellule terroristiche.
Come se questo non fosse già abbastanza problematico, le persone del posto avevano iniziato ad odiare i soldati, soprattutto quelli stranieri poiché, secondo loro erano la causa di tutti quegli attacchi.
Draghi voleva creare un cordone di sicurezza con checkpoint che controllassero le uscite e le entrate dal villaggio. Isolarlo per renderlo più sicuro e con esso anche la base stessa.
"il punto è che questi idioti vedrebbero la cosa come un tentare di imprigionarli e si rivolterebbero contro di noi" esclami continuando a guardare la cartina.
"esatto... aspetta" rispose lui facendo il giro del tavolo, si mise al mio fianco e girò la cartina. "dovremmo far capire a questa gente che non siamo qui per far loro del male, bensì il contrario" borbottò.
Entrambi ci trovavamo in un piccolo stanzino dalle pareti color caffè, oltre al tavolo vi erano alcune sedie e dei scaffali di legno scuro contenevano libri che quasi sicuramente nessuno priva da molto tempo. Concludevano l'arredamento alcuni armadi chiusi a chiave e un tappeto colorato sotto il tavolo.
"ma se non gli basta che proteggiamo le loro cose, cosa potremmo dare loro in gradi di convincerli?" la mia era una domanda lecita ma a quel punto arricciò le labbra e diede un pugno al tavolo facendolo traballare.
"è questo il punto, sto pensando di chiedere il necessario per installare la corrente elettrica, magari le condutture idriche, insomma facciamogli vedere che teniamo a loro". Draghi era parecchio nervoso, lo era quasi sempre ma le vene sulla sua fronte testimoniavano uno stress che andava ben oltre alla sua solita rabbia. Lo stress di restare in quel posto aveva reso tesi i nervi di tutto e bastava davvero un niente per farci infuriare, diverse furono le discussioni, punite dallo stesso Draghi con punizioni. Dovevano restare uniti, non azzannarci come animali alla prima parola detta in modo sbagliato.
"hey, sergente, vedrà che ci riusciamo, i superiori dovranno ascoltarla per forza" sussurrai, lui mi guardò e fece cenno di si con la testa, scendendo con lo sguardo sulle mie labbra.
"sergente io dov..." stavo per congedarmi ma mi baciò, proprio lui che per mesi tentò di distruggermi. Colui che più di tutti ripudiava la mia presenza a quel punto mi baciò, senza avermi mai lasciato segnali, non fece mai modo di farmi sospettare che provasse qualcosa eppure s'avventò sulle mie labbra con fare famelico premendo una mano sul mio seno.
Afferrai il suo polso togliendo la sua mano dal mio corpo, scioccata scostai il viso restando fronte contro fronte. Ero spaventata e confusa, quel suo atteggiamento poteva mettere a repentaglio le nostre carriere e mi domandai come un uomo così diligente potesse cadere in certe debolezze.
"ti voglio" la sua voce era profonda e grave, un tono smanioso ed eccitato, sembrò quasi ruggire con quelle parole mentre con la sua grossa mano mi afferrò la gola; una presa forte ma senza stringere troppo, mi fece mancare il fiato e dovetti sollevare il viso esalando un gemito.
Le sue mani forti smossero in me ondate di calore che trovarono rinnovato vigore quando sbottonandomi l'uniforme me la sfilò da dosso, sollevando la mia maglietta e lasciandomi in reggiseno.
Tornò a baciarmi e lo assecondai per qualche istante prima di staccarlo bruscamente quando un barlume di buonsenso tornò alla mia mente, avevo il fiato pesante e mi girava la testa indecisa se concedermi a lui o meno. Non provavo nulla nei suoi confronti ma la carne era debole, scossa da calde ondate che inebriandomi mi fecero fare pensieri decisamente non consoni.
"Chiudi la porta... se ci beccano siamo fottuti" Annaspai e lui s'avviò, proprio in quel momento però Il caporale maggiore Fini entrò con delle cartelle alle mani.
"Signore dovrebbe ve..." Aveva la testa bassa poiché le fissava ma sollevandola mi vide in reggiseno e sobbalzò.
"...cosa sta succedendo qui?!" domandò retoricamente, non ci voleva un genio a capire cosa stava accadendo e in quel momento, capii che la mia carriera avrebbe potuto infrangersi.
Draghi che gli era vicino si impettì, intento a far leva sui suoi gradi, restai a guardare la scena, rivestendomi mente un velo di vergogna s'attorcigliò su di me. Mi venne quasi da piangere maledicendo la stupida che ero.
"ci si rivolge così ad un superiore?" Ruggì Draghi e l'altro si ridimensionò chiedendo scusa.
Dal mio canto tornai coi piedi in terra e dopo aver sistemato l'uniforme tornai a guardare, per finta, la cartina. Non osavo guardare Fini negli occhi.
"Caporale venga fuori con me" Gli ordinò lui sparendo oltre la porta qualche secondo dopo.
Una volta da sola il senso di colpa esplose nelle mie viscere come un ordigno, furiosa mi piegai in avanti sbattendo ripetutamente il pugno sul tavolo.
"porca troia!" Sbottai, mi sentivo ridicola, volevo essere riconosciuta come una eroina per il lavoro che facevo ma ero soltanto una deficiente.
"stupida!" urlai ancora furente. "stupida!"
Mi sentii una poco di buono, ceduta ad una debolezza così evitabile, di cui col senno di poi non avevo bisogno. Alla fine, forse Draghi sarebbe riuscito a farmi andare via ma trascinando se stesso con me. Era ironico e frustrante allo stesso tempo. Tra l'altro con tutti i soldati che avrebbero potuto vederci, proprio quell'idiota di Fini.
Dovevo sapere cosa stava accadendo così mi affrettai nell'uscire anche io e li trovai uno di fronte all'altro; Fini attaccato al muro e Draghi che con la testa bassa sembrava sussurrargli qualcosa, non lo toccava direttamente ma gli impediva di andare via con un braccio sulla parete in modo da bloccarlo.
L'altro faceva semplicemente cenno di si con la testa, mostrava un atteggiamento spaventato e sottomesso.
Quando si accorsero di me Draghi gli diede un colpo sulla spalla e l'altro lanciandomi uno sguardo disorientato se ne andò via lasciandoci soli.
Eravamo all'aperto, il sole bruciava sulla pelle, gli altri ragazzi stavano preparando le loro armi poiché a breve avrebbero iniziato i vari training. Questi sarebbero dovuti essere supervisionati da Draghi in persona che infatti aveva una certa fretta, anche se nessuno ci avrebbe disturbato probabilmente non saremmo riusciti a finire quello che avremmo iniziato.
"non parlerà" tentò di rassicurarmi, non mi fidavo poiché troppo agitata. Ne valeva della nostra Carriera e reputazione.
"sei sicuro? Che gli hai detto?" domandai infatti.
Lui fece cenno di no con la testa, tornando severo come sempre. "sicuro, non parlerà"ribadì,
Non mi fu dato sapere cosa gli avesse detto anche se sospettai una minaccia bella e buona, certo era che Fini aveva in mano le nostre vite e quel sentimenti di ansia non mi abbandonò dal quel momento.
Strinse forte la mia gola per tutta la giornata, tentare di distrarmi lavorando era inutile e di tanto intanto mi guardavo attorno per vedere se tornassero dalla ronda.
Così tanto disperata che arrivai a sperare la morte del caporale Fini, del resto sarebbe stato facile, bastava un colpo ma mi feci schifo, ancor di più a trovarmi in quei pensieri.
Vivere con un senso di colpevolezza ed ansia rendeva quelle giornate ancor più tese, se sentivo i ragazzi parlare di sesso pensavo mi stessero prendendo in giro, che la voce ormai si fosse sparsa ovunque e capiamoci, in una base al confine kurdo tra soli uomini e una sola donna, il sesso era un argomento piuttosto ricorrente.
Cercavo di auto convincermi che Fini non avesse detto niente, altrimenti ci sarebbero stati provvedimenti immediati. Doveva per forza essere così ma il dubbio mi divorava l'anima, io dovevo sapere cosa Draghi avesse detto al Caporale Fini. Pensavo sarei stata meglio e così, quattro giorni dopo l'accaduto, presi di petto la situazione e senza farmi notare affiancai il Caporale quando uscimmo dalla mensa.
Nel vedermi affiancarlo s'irrigidì e restò con lo sguardo fisso.
"Mazzoli, ho già detto a Draghi che non parlerò, lasciami in pace". La situazione si fece strana, l'uomo era fin troppo teso. Qualcosa mi stava sfuggendo e volevo vederci chiaro.
"che ti ha detto il Sergente?" domandai camminando all'esterno della base quando ormai il sole andava a morire donando alle tenebre ciò che circondava la base. Solo dei neon gettavano la loro fredda luce tutto attorno, illuminando sia la base che fino a venti metri oltre i recinti.
"davvero Mazzoli è tutto ok, voi fate la vostra vita ed io la mia, lasciami in pace". Stava per andarsene quando allungando una mano lo bloccai per la spalla. Lui scollò violentemente il corpo scacciandomi.
"hey!" sentii urlare, un uomo della sua squadra si scorse della situazione e si mise nel mezzo, indossava il casco con il visore, un arx160 tenuto a tracolla, sorretto dal sotto canna con la mancina.
"ci sono problemi?" domandò guardandomi infastidito.Guardai Fini e poi l'uomo che stava aspettando una mia risposta, esalai lievemente e feci cenno di no con la testa.
"nessun problema, signore" sussurrai dopo aver porso il gusto saluto visto che innanzi avevo il sergente responsabile dell'altra squadra.
e quindi lui diede una pacca al Caporale facendogli poi cenno di andare e lui mosse un passo per seguirlo."abbiamo ricevuto l'ordine di una ronda nel villaggio, si sono visti spostamenti di veicoli sospetti, ti voglio pronto in cinque minuti" esclamò per poi indicarmi.
"Caporale, non so quali problemi ha col mio uomo da pensare di poterlo trattenere in quel modo ma se hai delle lamentele puoi riferirle direttamente a me o al maggiore. Intesi?". Annuii e così i due si allontanarono.
Quella notte, dovetti dare il cambio per montare di guardia al posto del cecchino appartenente all'altra squadra.Non ero stanca quindi nonostante avessi già fatto le mie ore, non pesò farne alte.
Di notte vi era una quiete desolante, a parte alcuni uomini Kurdi di guardia ai cancelli non vi era nessun movimento e la noia sopraggiunse in poco tempo, per questo iniziai a pensare ad alcune canzoni che sembravano suonare fedeli all'interno della mia testa. Quello era il mio unico modo per avere della musica e siccome ni aiutava parecchio più di una volta mi trovai a canticchiare: dal rap al rock, amavo anche il blues ed il country. Sebbene da piccola ascoltassi soltanto rock, avevo imparato ad apprezzare diversi gusti musicali e artisti sia italiani che esteri. Il mio gruppo preferito però erano i the white Buffalo che mi ricordavano sempre Alyssa. Lei che in quel poco mi era entrata nel cuore,ogni volta che mi tornava in mente poi non riuscivo più a pensare ad altro come una ragazzina innamorata nonostante fossi sicura della mia sessualità. Stare attenti comunque era d'obbligo, non potevo semplicemente starmene lì a farmi i cavoli miei ma nonostante da lontano si udirono i ticchetii tipici degli Spari, nelle mie vicinanze non accadeva nulla. Il silenzio più totale che durò per tutte le quattro ore, fin quando non mi diedero il cambio e assonnata andai a dormire.
Mi svegliai alle sei del mattino e dopo aver fatto una rapida doccia fredda indossai la mia uniforme e andai a recuperare la seconda, lasciata in quella che chiamavamo lavanderia. Nonostante fosse ancora umidiccia la tolsi dallo stendino a chiazze arrugginito posto sul muro rossiccio di quella zona.
Fortuna che essendo l'unica donna, la mia uniforme non stava a nessuno, altrimenti avrei dovuto far attenzione perché il furto di equipaggiamento era purtroppo cosa risaputa, soprattutto in posti come quello in cui mi trovavo.
Ai tavoli della mensa, nel fare colazione, ascoltai il racconto dell'altra squadra riguardo l'attentato avvenuto quella notte. I nostri tavoli erano disposti uno affianco all'altro, quindi ascoltarli non era poi così difficile.
Riuscirono senza feriti ad abbattere una dozzina di presenze ostili sopraggiunte a bordo di diversi pick up.
La mia squadra avrebbe preso il suo posto quel giorno stesso ma uno dei miei soffriva di dissenteria già dal giorno prima, quindi al tavolo con noi c'era anche il caporale Fini che mangiando la sua fetta di pane sporca di burro e marmellata fissava me ed il sergente.
Il suo insolito modo di essere teso aveva catturato l'attenzione, mi accorsi di varie occhiate nei miei confronti e di seguenti sguardi o risatine. Pensai che sapessero qualcosa e cercai quindi di restare calma, più naturale possibile ma quando guardai verso il sergente Draghi, anche lui stava fissando gli altri ragazzi facendomi cenno di no con la testa quando poi ni guardò.
Non avevo davvero idea di come avremmo risolto quella situazione del cazzo ma cercai di non pensarci.
"vado a prepararmi" esalai sollevandomi dal tavolo.
"dovresti finire la colazione Mazzoli" esalò Draghi.
Feci cenno di no con la testa, il nervoso mi stava chiudendo lo stomaco. "negativo, non ho fame" ribadii e lui diede un pugno sul tavolo.
"caporale maggiore Mazzoli, finisci la tua cazzo di colazione, ora".
Tornai seduta seduta riprendendo a mangiare, forzatamente.
Tre quarti d'ora ero pronta ad operare, indossando la mimetica desertica, occhiali bellici ed un cappello da pescatore legato con dei laccetti sotto il mento.
Al petto un Kevlar leggero con tasche per il trasporto di serbatoi già pronti, gomitiere e ginocchiere. Guanti color sabbia ed ovviamente anfibi ben stretti. Operando in una zona urbana non mi sembrava il caso di indossare una ghillie.
Al contrario dell'altra squadra stavamo andando nel piccolo paese per attuare il piano del sergente Draghi, quello di provare una trattativa per la messa in sicura del paese e di buona parte del confine. Con il mio international awm sulle spalle, tenuto con una mano sul calcio, mi avvicinai ai lince con il quale ci saremmo spostati e salii nei posti dietro del secondo.
Razazi era il capo di quel villaggio. Un uomo che amava la sua gente, a suo dire, che però sembrava non importarsi che l'isis venisse a pretendere giovani ragazzi per la loro causa. Non si faceva aiutare per paura o semplice orgoglio. Del resto noi eravamo invasori per lui. Per quanto sarebbe stato arduo, convinto lui, il resto delle persone o almeno la maggior lo avrebbe seguito. Dandoci quindi più sicurezza nell'isolare quello stramaledette villaggio. Certo muoverci armati non era il migliore dei modi per presentarsi ma il rischio era troppo alto per mantenere le apparenze. Tanto che io e il secondo cecchino ci saremmo posizionati in due punti strategici dove potevamo avere visuale sulla casa di Razazi così da prevenire attacchi da parte dei terrorosti, tra l'altro, gli altri Col Moschin avevano affrontato un conflitto a fuoco proprio all'interno del villaggio, quindi non era da escludere l'eventuale aggressione da parte dei residenti.
Avevo luce rossa fino nuovo ordine e speravo che la situazione non sarebbe mai cambiata.
Dovetti salire sul tetto piatto di una delle tante abitazioni, questa aveva dei muri giallognoli ai quali mancavano pezzi di intonaco. Usai i tampini sul retro, dove i proprietari non furono in grado di vedermi. Sembrava poter crollare da un momento all'altro viste le condizioni in cui riversava ma da quella casa potevo avere un ottimi visuale del fianco ovest direttamente nell'ufficio spazioso di Razazi, esattamente cento quaranta metri. La sua casa era di un viola prugna molto scuro, disposta su due piani ed il primo era interamente occupato dal suo ufficio. Potevo guardarne interno tramite un paio di finestre rettangolari; tappeti a coprire i pavimenti e arredamento di legno scuro con una scrivania grossa a penisola innanzi una libreria piuttosto scarna di libri. Quello che più di tutto attirò la mia attenzione fu un fucile bullpup Steyr Aug, giaceva sulla scrivania sul suo fianco sinistro ed il serbatoio era già all'interno.
"Bravo ad Alfa, passo" esalai soltanto per chiedere il permesso radio al Sergente Draghi mentre questi ormai stavano per entrare. Potevo vederlo avvicinarsi alla porta accompagnato dagli altri, così sbirciai ancora tra le finestre del suo ufficio, l'uomo stava sistemando le sue vesti grige e andò versò la scrivania nascondendo sotto di essa il fucile.
"Avanti Bravo, fai in fretta perché poi entriamo, passo" rispose.
"è armato, presumo sia un Steyr Aug, lo ha nascosto dietro l'angolo sinistro della sua scrivania, destro per voi, passo" parlai più velocemente che potevo cercando di scandire bene le parole così da non doverle ripetere.
"ricevuto Bravo, se solo si abbassa per cercare di prenderlo tu e Charlie avete luce verde, ricevuto? Passo" ordinò lui e dopo aver confermato entrambi tornammo in silenzio radio.
Così mi concentrai sull'uomo, quella sua lunga barba grigia e la sua espressione irritata. Non sembrava per niente contento di ricevere la nostra visita ma quando i ragazzi giunsero nel suo ufficio scortati da due uomini, il suo aspetto mutò e mostrò un largo sorriso. Non si spostò dalla sua poltrona e quando Draghi raggiunse l'altro lato i due si strinsero entrambe le mani in un gesto di pace.
Vegliai su di loro con l'occhio costantemente all'interno del reticolo e il centro di esso, puntato sul busto di Razazi, dalla mia angolazione potevo colpire il suo cuore con estrema facilità.
Dopo pochi minuti l'uomo sembrò diventare irrequieto, Draghi muoveva un braccio nel suo continuare a parlare, come se stesse indicando tutto il villaggio. Continuarono a parlare per diversi minuti nei quali verso la fine Razazi continuava ad indicare la porta d'uscita con il suo braccio, il pieno di Draghi stava andando a rotoli per la testardaggine di quelle persone.
"se ora si abbassa lo ammazzo" sussurrai quando mi resi conto che la discussione si faceva via via sempre più accesa.
All'improvviso sentii un fragoroso boato, uno scoppio così forte che fece tremare le mie viscere, alle mie ore undici una coltre rossa si stava innalzando esattamente dove si trovava il piccolo mercato. Riconoscere quella nube non fu difficile,da lontano poteva vederla estendersi tra i palazzi che poco dopo collassavano su loro stessi, sollevando a loro volta banchi di polvere che si mischiavano e poi sparivano nella nube rossa.
All'interno dell'ufficio, avendo avvertito il boato, Draghi si spostò verso le finestre dal lato dell'altro cecchino. Fissava pietrificato quella nube che pur essendo distante, temevo ci avrebbe raggiunti.
Un secondo scoppio avvenne poco più distante ed un terzo molto più vicino.
In pochi secondi, dando rapide occhiate attorno a me, mi resi conto di essere circondata da quella nube mortale, sembrava essere diversa dall'ultima volta. Infatti non si sollevava di molto verso l'alto ma in verticale sollevandosi pochi secondi dopo. Così era in grado di colpire un area molto più vasta e infatti un villaggio piccolo come quello in cui mi trovavo venne significativamente distrutto. Erano pochi i palazzi ancora in piedi, quelli che ancora si potevano vedere, che non avevano avuto la sfortuna di essere stati inghiottiti.
A complicare la situazione, Razazi s'abbassò; non mi importava se fosse spaventato quanto noi o se avesse intenzioni ostili, avevo ricevuto un ordine e lo eseguii con freddezza.
Il colpo lo raggiunse all'altezza del cuore, scaraventandolo contro la scrivania che venne imbrattata del suo sangue.
"si era abbassato verso l'arma, passo" spiegai rapidamente.
"ricevuto Bravo, ottimo lavoro ora torna qui che dobbiamo correre alla base, passo e chiudo" mi ordinò ancora.
"Charlie ad Alpha, ho contatto visivo con numerosi tango, convergono verso la vostra posizione lungo le vie non interessate dal gas, passo" sentii annunciare in cuffia dal secondo sniper.
Istintivamente controllai le vie sotto la mia postazione, accorgendomi di numerosi uomini in movimento; ak47, kefiah, vesti larghe color cachi e pantaloni bianchi o neri.
"Bravo ad Alpha, anch'io conto diversi contatti, una ventina in rapido avanzamento, scontro stimato tra quattro minuti, passo "
Così come per gli uomini avvistati da Charlie, anche quelli sotto di me erano passati lungo le vie non colpite dai gas.
Era un attacco poderoso e coordinato, sembravano avere un preciso obiettivo e, a giudicare da dove si dirigevano, probabilmente li avevo anticipati uccidendo Razazi al loro posto.
"ricevuto, Bravo e Charlie, sicuramente puntano a Razazi, ci spostiamo coi lince, li lasciamo entrare e quando raggiungono l'ufficio avete luce verde, noi li bloccheremo dall'entrata, passo e chiudo."
Il piano del sergente era semplice e chiaro, un imboscata a tutti gli effetti.
I tango si muovevano da due lati opposti e presto i due gruppi avrebbe raggiunto l'ingresso che s'affacciava lungo una via che lo percorreva in senso orizzontale. Per questo, nascondendo i Lince nella parte posteriore dell'abitazione non li avrebbero mai visti.
Andò tutto come previsto, i terroristi entrarono nell'abitazione e poco dopo li vidi comparire al primo piano.
Notarono immediatamente sia la finestra rotta che il cadavere di Razazi ma era già troppo tardi. Colpii il primo alla base del collo mente un secondo di loro cadde poco dopo. Il gruppo si allarmò e mentre tentavano di nascondersi dalle finestre, avevo già ricaricato il prossimo colpo col quale raggiunsi il petto di un altro.
Nascondersi in quella stanza era impossibile poiché seppur io non avessi più contatto visivo, a giudicare dai due colpi in rapida successione, il mio collega li stava bersagliando al punto da costringerli in una disperata ritirata, li vidi correre verso l'uscita ma a quel punto si trovarono bloccati da Draghi che li respinse verso il primo piano, i colpi d'arma da fuoco riecheggiavano nell'aria così come le urla. In trappola come topi e colpiti da tre lati differenti erano ormai destinati a morte certa. Morirono dal primo all'ultimo nel giro di qualche minuto, nonostante tentarono una disperata difensiva.
La quiete tornò presto e mentre restai guardinga, la coltre scarlatta iniziò a ritirarsi; qualsiasi cosa fosse stata inghiottita dal fumo, ora non c'era più. Solo macerie sciolte ed informi coperte da una colte porosa e vagamente simile a neve ma tinta di un rosso spento. Il vento soffiando, la portava via con se tingendosi del suo colore.
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