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"Harry hai visto? Possiamo andare lì..." gli chiesi supplicante, mentre indicavo in lontananza il piccolo supermercato di Richmond.

Avevamo deciso di partire subito dopo che ero uscita dal bagno, poiché ormai non avevamo più neanche dove dormire.

Di certo non saremmo andati dalla receptionist a spiegargli che avevamo rotto entrambi i letti e che desideravamo un'altra camera.

Così come dei piccoli fuorilegge, ce n'eravamo semplicemente andati, con la consapevolezza che sicuramente il proprietario del Motel ci avrebbe maledetti mentalmente, una volta capito il perché eravamo letteralmente scappati via.

Non avevo intenzione di partire per chissà quali montagne sperdute senza prima aver fatto rifornimento di cibo.

Non avevo più intenzione di morire di fame durante il viaggio che avrebbe concluso lì, il viaggio stesso.

Lo sentii sbuffare, però mi assecondò e parcheggiò l'auto nel parcheggio del market.

Avrei voluto urlargli quanto lo amavo per aver fatto quello che gli avevo chiesto, mi morsi la lingua subito dopo, perché era anche solo difficile pensarlo, figuriamoci dirlo ad alta voce.

Lo vidi tendermi la sua carta di credito e dopo aver provato a negare con la testa, ed aver visto l'espressione sulla sua faccia, avevo capito che non era il momento per discutere dello stesso problema.

Anche perché ero stanca di combattere contro di lui ogni volta.

Sbuffai a mia volta prima di uscire dall'auto e sbattere la portiera della sua nuova macchina.

Perché Harry Styles non era stato in grado di affittare semplicemente una macchina, perché lui l'aveva fottutamente comprata, quel giorno a Sydney.

Uscii dal supermarket circa una mezz'ora dopo e lo trovai appoggiato alla macchina intento a fumarsi una sigaretta mentre mi guardava truce.

"Pensavo ti avesse inghiottita" dichiarò lui, prima di allungare le sue braccia e prendere le due grandi buste che a stento riuscivo a sollevare.

"Pensi sia abbastanza?" chiesi sarcastica, consapevole di aver comprato mezzo negozio.

Il punto era anche non si dovrebbe mai andare a fare la spesa quando si ha fame, perché si rischia di comprare di tutto.

"Non ero al corrente di andare in guerra" aveva sussurrato lui, prima di sentire il suono della sua risata fare eco nel parcheggio.

Dio, ero così innamorata di quel suono.

Ero così innamorata di lui, se solo avessi mai trovato il coraggio di ammetterlo per prima a me stessa e poi a lui.

"Andiamo?" chiesi euforica, perché non vedevo l'ora di riabbracciare mio padre.

Lo sentii annuire e prima di salire a bordo, frugai in una delle buste ed estrassi la mappa e la penna che avevo comprato.

"E queste?" Chiese curioso Harry.

"Ti sei dimenticato di aver spaccato il tuo telefono, genio?" chiesi, prima di allacciarmi la cintura e cominciare a guardare la mappa.

Tirai una breve occhiata ad Harry, che si era appena messo gli occhiali da sole.

"A pensarci, non mi hai raccontato neanche il perché..." aggiunsi, ed era vero.

Non mi aveva parlato del suo scatto d'ira ed io non riuscivo a concepire cosa fosse riuscito a farlo scattare così, perché generalmente era una persona abbastanza tranquilla.

Non mi aveva più risposto, ma non ero arrabbiata, come potevo esserlo dopo tutto ciò che era successo tra di noi?

Andava bene se non voleva dirmi ancora tutto, infondo neanche io lo avevo fatto.

Per le seguenti tre ore, avevamo canticchiato e imprecato ogni volta che prendevamo una strada sbagliata, poiché era dannatamente difficile differenziare le strade su una piccola mappa.

Se solo lui non fosse stato così idiota da spaccare il suo cellulare, sarebbe stato il tutto molto più facile e ci saremmo risparmiati un sacco di nervi.

"Altri due chilometri e dovremmo arrivare" chiarii io, più sicura che mai.

A causa della velocità con la quale Harry aveva imboccato la stradina sterrata, il pacchetto di patatine che avevo in braccio, insieme alla mappa e al pennina, caddero a terra, causando il casino più totale.

"E che cazzo, Harry!" avevo quasi urlato, perché frustrata che le patatine più buone che avessi mai mangiato si fossero rovesciate a terra e per di più alcuni pezzi erano entrati nelle mie scarpe.

"Scusa..." provò a dire lui, ma gli lanciai un'occhiataccia.

Lo vidi posare di nuovo lo sguardo sulla strada prima di sentire l'auto fermarsi bruscamente.

"Che stai facendo?" chiesi, non guardando attraverso il parabrezza, perché intenta nel provare a salvare almeno alcune patatine.

"Guarda tu stessa!" aveva detto lui, visibilmente frustrato.

E quando poggiai lo sguardo di fronte alla macchina, capii che qualcosa non era andato per il verso giusto, visto che un piccolo boschetto ci si era presentato davanti e capii così che ci trovavamo ad una decina di centimetri da una grande e possente quercia.

Ormai il sole stava tramontando e a stento si potevano notare gli alberi che per poco non ci avevano uccisi, eravamo stati tremendamente fortunati che Harry se ne fosse reso conto.

Strizzai gli occhi per guardare un cartello attaccato alla grande quercia, le parole erano cancellate quasi del tutto, a causa degli anni che avevano cominciato a farsi notare.

"Torrent Creek 1 Km!" lessi velocemente, prima di osservare la piccola freccia che indicava il cartello e capii in quel momento che avremmo dovuto continuare a piedi.

Un kilometro non era neanche relativamente tanto, eppure mi spaventava l'idea che molto presto sarebbe diventato tutto buio.

E chissà quali cose nascondessero quei boschi, sperduti nel nulla.

"Andiamo?" Chiese Harry, poi si tolse la cintura ed aprì lo sportello.

"Cosa fai?" chiesi di rimando, perché anche se l'emozione era tanta, sentivo qualcosa tenermi sul posto, forse la paura dell'ignoto.

"Vuoi venire o rimani qui?" Chiese lui alzando le spalle subito dopo.

"Non vorrai dirmi che hai paura..." continuò subito dopo.

Chiuse il suo sportello ed aprì il mio, facendomi sussultare.

Ero terrorizzata all'idea di vedere mio padre dopo così tanti anni, avevo paura perché non sapevo che reazione avesse avuto una volta che mi avrebbe rivista.

Mi passò per la mente quello che la cameriera mi aveva confessato a Richmond.

Perché raccontava che io fossi morta?

E oltre a tutte quelle paure, c'era anche quella che magari non ci saremmo mai neanche arrivati a casa di mio padre.

"Grande e coraggiosa Darcy, spero vivamente che tu non sia davvero spaventata. Hai passato cose peggiori di questo è in più ci sono io..." Aveva detto Harry, mentre mi slacciava la cintura e mi tirava fuori dalla macchina contro il mio volere.

"L'ultima volta che ho controllato, non eri chissà che quale supereroe..." sussurrai, lottando contro le mille sensazioni negative che mi facevano rizzare i peli sulle braccia.

Lo vidi guardarmi truce, prima di prendermi per mano e cominciare a camminare tra i fitti alberi.

E anche se in altri momenti mi sarei fermata ad osservare il panorama, le foglie secche degli alberi, il fruscio del vento e uno dei tramonti più belli che avessi mai visto, quella volta non fu il caso.

Harry si trovava ad un paio di passi da me, mentre la strada di fronte a noi era in leggera salita, facendomi faticare non poco.

Sentii un piccolo rumore e corsi letteralmente vicino ad Harry, dove strinsi forte la presa sul suo braccio, sicura che molto probabilmente gli avrei lasciato il segno delle mie unghie sulla pelle.

"Hai sentito?" chiesi in un sussurro, per non farmi sentire da qualsiasi cosa avesse provocato quel rumore.

"Smettila Darcy, sono sicuro che non sia nulla..." aveva risposto lui, per poi stringere forte la mia mano ed incrociare le mie dita alle sue.

Sentii il freddo dei suoi anelli sulla mia pelle calda e provai a pensare che sarei stata al sicuro fino a quando lui sarebbe stato accanto a me, solo che un altro rumore si sentì e sembrò essere pure più vicino di quello di prima.

"Harry..." cominciai a dire.

"Ho sentito anche io questa volta" ammise lui, eppure non sembrava spaventato come me.

Pochi secondi dopo, un piccolo cerbiatto sbucò da uno dei grandi alberi che si trovava di fronte a noi.

Tirai un sospiro di sollievo e il cuore ricominciò a battere.

Sentii Harry ridere silenziosamente ed io imprecai perché si stava chiaramente facendo beffa di me.

"Non è divertente..." dichiarai piano, perché non era giusto che io fossi così terrorizzata e lui no.

Mi fermai per pochi secondi ad ammirare la maestosa bellezza di quel piccolo cerbiatto dagli occhi grandi, sembrava così indifeso.

Ci muovemmo accanto a lui piano per non farlo spaventare, e anche perché temevamo che sua madre fosse nei paraggi e fino a quando si trattava di un semplice cucciolo non ci trovavamo in pericolo.

Camminammo per un altro po' prima che il suono di un piccolo fiume cominciasse a sentirsi più forte e coprì gran parte degli altri rumori.

Notai che a pochi passi da noi la salita finiva e non sapevo ancora cos'altro ci avrebbe riservato.

Harry mi tirò dietro di lui e con un passo più grande degli altri, scavalcai la differenza di livello tra la salita e quello che c'era dopo.

Mi accovacciai su me stessa e abbracciai le mie ginocchia, in un tentativo vano di riprendere fiato e calmare i battiti accelerati del mio cuore a causa dell'affanno che stavo sentendo in quel momento.

Guardai Harry, per notare che lui non mostrasse nessun segno di stanchezza.

"Facevo palestra..." dichiarò lui, come ad avermi letto nella mente.

"Oh tesoro, questo lo avevo notato..." sussurrai maliziosamente, facendo chiaramente riferimento a tutte le volte che avevo toccato i suoi addominali scolpiti.

Un breve ricordo di quello che era successo quel pomeriggio tra di noi, mi fece arrossare le guance, mentre un piccolo calore attraversava il mio corpo.

Lo vidi guardarmi leggermente spaventato da quello che avevo appena ammesso, ma la mia attenzione fu catturata da qualcosa dietro di lui.

Una piccola casetta di legno se ne stava a pochi metri da noi e quando capii di essere così vicina a mio padre sentii le gambe cominciare a tremarmi leggermente.

Eravamo finalmente giunti a destinazione.

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