24
Dopo aver finito la doccia, ero uscita ed avevo trovato con mia sorpresa i cambi poggiati sopra il lavandino, eppure io non li avevo portati, perché stanca com'ero, mi ero totalmente dimenticata.
La consapevolezza che Harry era entrato in bagno senza il mio consenso si era fatta spazio tra i miei pensieri e mi aveva fatto arrossire le guance, perché anche se sapevo non mi avesse vista nuda, si era comunque potuto fare un'idea.
Mi guardai allo specchio e un sorriso involontario spuntò sulla mia faccia, quando avevo pensato alla reazione che molto probabilmente Harry aveva avuto.
Cambiai velocemente i vestiti ed uscii dalla stanza per trovare Harry poggiato al muro, proprio accanto alla porta.
Lo sentii tossire subito dopo, prima di passarmi accanto e prendere il mio posto nella piccola doccia.
In quel momento capii che aveva visto.
Senza pensarci troppo, mi ero distesa nel piccolo letto, l'unico che ancora non avevo distrutto.
Promisi a me stessa di restare sveglia, perché desideravo parlare con Harry, solo che il suono dell'acqua che scorreva leggero sul suo corpo, mi aveva presa talmente tanto che in pochi minuti sentii le palpebre cominciare a diventare sempre più pesanti, fino a non riuscire più a tenerle aperte.
Così mi addormentai.
Mi risvegliai subito dopo tutta sudata, e senza pensarci troppo provai ad alzarmi, solo che non avevo calcolato che il letto fosse così piccolo e a causa dei miei movimenti bruschi, Harry era caduto a terra con un tonfo assurdamente forte.
Avevo avuto un altro incubo e capii che il subconscio mi stesse giocando brutti scherzi.
Molto probabilmente era dovuto al fatto che i traumi del passato stavano ritornando a galla, una volta che la vicinanza tra me e mio padre diminuiva, come a volermi ricordare chi ero e cosa avevo fatto.
"Cosa cazzò è successo?" aveva sussurrato Harry e anche se ci avevo provato veramente, non ero riuscita a soffocare una risata.
Lo vidi poggiare il gomito a terra ed alzare lentamente la testa per guardarmi confuso e irritato allo stesso tempo.
"Vuoi una mano?" chiesi sarcastica, come aveva fatto anche lui con me, quando una situazione simile era successa anche a me.
"Posso fare anche da solo, grazie per avermi provato ad uccidere" commentò lui prima di alzarsi da terra e sedersi sul letto accanto a me.
Lo vidi rimanere per alcuni secondi in silenzio.
"Hai avuto un altro incubo, non è così?" chiese in un sussurro, prima di voltarsi per guardarmi negli occhi.
E anche se per un secondo avevo pensato di mentire spudoratamente, capii che quello non sarebbe servito a nulla.
Annuii brevemente prima di riempire i miei polmoni di aria, provando a calmare i battiti accelerati a causa della sensazione di impotenza che avevo vissuto nel mio incubo.
"Quando mi vorrai raccontare, sarò qui, sono sempre qui Darcy..." confessò lui, prima di prendere le mie mani e stringerle tra le sue, come a volermi confortare, come se volesse provare a calmare i miei demoni interiori.
Ci pensai qualche minuto, arrivando alla fine alla conclusione che Harry avrebbe dovuto sapere almeno quello.
Così dopo aver stretto forte la sua mano, mi prepari a parlare.
"Tutto quello che ti sto per raccontare, e accaduto esattamente due anni fa..." cominciai a dire, e capii dall'espressione che aveva sul viso, un misto tra confusione curiosità, che non si aspettava che gliene parlassi davvero.
Lo vidi sorridermi di sbieco, come a volermi dare la forza necessaria per rivivere il momento che aveva inevitabilmente cambiato la mia vita per sempre.
Così con una morsa di dolore nel cuore e un'espressione triste, ricominciai a parlare.
"Avevo appena finito gli esami di maturità, perciò ho tardato più del dovuto ad arrivare a casa. Quel giorno sembrava essere uno come molti altri, non mi era successo nulla che mi facesse sospettare la tragedia che era avvenuta in mia assenza..." mi fermai per qualche secondo, perché sulle mie guance avevano cominciato a cadere lacrime di dolore puro.
Lo sentii sospirare profondamente, prima di allungare una mano per cancellare le lacrime dal mio viso, mentre mi guardava, come a volermi leggere dentro, provava a fare suo il mio dolore
Perché si sa che il dolore condiviso, fa sempre meno male.
"Una volta arrivata a casa, tutto quello che riuscii a sentire fu il silenzio più totale, il silenzio più chiassoso della mia vita. Per questo lo odio. In casa nostra non è mai regnato, neanche nelle situazioni più serie e difficili, siamo sempre stati una famiglia assordante..." ammisi, mentre un leggero sorriso si formava a causa dei pochi ma piacevoli ricordi che ancora custodivo dentro di me.
"La televisione era perennemente accesa, mio fratello che giocava ai videogiochi e imprecava ogni volta che non gli riusciva qualcosa, la radio in cucina che suonava sempre, eppure quel giorno non udii nulla di tutto ciò. La casa non mostrava alcun segno di quello che era realmente accaduto, ho cercato mia madre, ho urlato a squarciagola il nome di quello stronzo di mio fratello, eppure quella volta non ricevetti alcuna risposta" dissi, mentre un singhiozzo cominciava ad uscire fuori ed Harry di fronte a quello, mi tirò sulle sue gambe e mi abbracciò.
"Se no te la senti, non continuare..." aveva sussurrato al mio orecchio, mentre mi cullava tra le sue braccia.
C'ero ormai dentro e se non gli avessi raccontato tutto in quel momento, probabilmente non lo avrei mai più fatto.
Gli avevo accennato tempo prima di cosa si trattasse, eppure non gli avevo spiegato i dettagli.
Così dopo aver preso un altro respiro profondo e dopo aver calmato i miei singhiozzi, avevo ricominciato a raccontare del momento più buio e orrendo della mia vita.
"All'inizio ho pensato che magari non fossero in casa, e da stupida quale ero e sono, ho semplicemente poggiato lo zaino di scuola sul divano e sono corsa in bagno per lavarmi le mani. Una volta aperta la porta, un odore metallico invase le mie narici, non risco ancora a capire come abbia fatto a non svenire a causa di tutto il sangue che c'era nel piccolo bagno. C'erano impronte di mani su tutte le quattro pareti del bagno, schizzi sullo specchio e nella piccola vasca..." mi fermai, perché ancora mi faceva male ammettere quello che ormai era accaduto e che non sarei mai riuscita a cambiare.
Forse non avevo ancora metabolizzato l'idea dei fatti prima di quel momento.
Poiché mai ne avevo parlato con qualcuno, non avevo mai raccontato a nessuno la mia versione dei fatti, nessuno l'aveva nemmeno voluta ascoltare.
Avevo solo fatto una breve dichiarazione alla stazione di polizia, dopo che essi erano venuti per cominciare le indagini e da allora, non avevo più riaperto quel cassetto dei ricordi, li avevo lasciati vagare nella mia mente, senza una meta precisa.
Ritornavano alcune volte quando meno me lo aspettavo, trasformandosi in quelli che io definivo incubi.
"C'erano i corpi di mia madre e mio fratello, ammassati uno sopra l'altro come se non fossero stati umani, completamente irriconoscibili, pieni di tagli e buchi dappertutto.
La vasca piena per metà di liquido rosso fuoco. Ciò che rende il tutto più tragico è che, in realtà dall'autopsia è emerso il fatto che in realtà non siano morti a causa delle ferite causate dall'arma bianca, se non che, fossero stati strangolati e poi ridotti in quello stato" finii il mio racconto, tremolante tra le braccia di Harry che aveva sussultato ogni qual volta avevo aggiunto dettagli macabri sull'evento più traumatizzante della mia vita.
Non disse nulla, semplicemente continuava a cullarmi tra le sue braccia mentre il suono del suo battito rimbombava nelle mie orecchie, perché per tutto quel tempo ero rimasta con la testa contro il suo petto.
"Sei la persona più forte che abbia mai conosciuto Darcy" ammise lui, mentre prendeva il mio volto e cominciava a lasciarmi dei piccoli baci a stampo dappertutto.
Sulla fronte, sul naso, sulle guance rigate dal pianto.
"Fa male Harry, fa così male..." avevo sussurrato, mentre un'altra scarica di disperazione faceva ricominciare a tremare il mio corpo e nuovi singhiozzi cominciavano ad uscire dalla mia bocca, trasformandosi in un pianto liberatorio, perché mi pentivo di non aver raccontato nulla a nessuno prima di allora.
Perché anche se emotivamente ero scarica a causa di tutte le tremende sensazioni che avevo potuto rivivere nel ricordare gli accaduti, sentivo nello stesso tempo di essermi tolta un peso dal cuore, sentivo la realtà essermi sbattuta in faccia e ricordarmi che ero sola, che non avevo più nessuno.
"Ci sono Darcy, ci sarò fino a quando tu me lo permetterai" dichiarò lui, come se fosse stato in grado di leggermi nei pensieri.
Lo strinsi a me con tutta la forza che avevo in corpo, perché forse aveva ragione, forse non ero più sola, perché c'era lui accanto a me.
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