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Stavo guidando da un po', pensando a nulla e verso nessuna direzione precisa.
Sapevo solo che dovevo cercare un posto riservato poiché mi dovevo cambiare, quel vestito non era per niente comodo, però allo stesso tempo, era quello che piaceva agli uomini ed io dovevo fare di tutto pur di accontentarli.
Sorpassai White Street e mi inoltrai su una stradina che non dava segni di sbocchi su altre strade principali, dove ogni giorno, ad ogni ora, folle di macchine si accalcavano per arrivare prima di altri, solo che ancora non avevo scoperto dove.
Non la reputai una scelta minimamente pericolosa perché purtroppo per esperienza personale, sapevo di trovarmi nella parte sicura della città, dove non avvenivano sparatorie e quasi nessun spacciatore era presente.
E poi realizzai, ero abbastanza vicina ad una delle strade principali della città californiana.
Capii così, che quello avrebbe facilitato il lavoro che avrei dovuto fare quella sera e che non avrei dovuto camminare tanto.
In più la strada era gremita di motel e hotel, dai più costosi ai meno cari, evitandomi quindi la sensazione di smarrimento della mattina successiva.
Scesi dal posto di guidatore e mi rifugiai nei sedili posteriori, presi la piccola valigia che era stata posizionata sopra i tappetini per i piedi, ed estrassi da essa dei vestiti che potremmo considerare normali.
Indossai un paio di semplici jeans strappati a vita alta ed una canottiera nera, abbinata ad un paio di scarpe nere ed un giacchetto in ecopelle.
Sarei sembrata una semplice ragazza come tutte le altre, anche se sapevo benissimo di non esserlo.
Non era normale ciò che stavo facendo, ma infondo sfido chiunque a darmi una definizione di normalità.
Scesi di nuovo dalla macchina e dopo averla chiusa a chiave mi incamminai per andare al solito locale nel mi rifugiavo ogni giorno, dove, ad aspettarmi trovai come mio solito la signora Mery, una donna di mezza età sempre gentile e disponibile con tutti, la quale ormai mi trattava come se fossi di famiglia.
In cuor mio speravo che non avesse realizzato ciò che facevo per vivere, ma ero quasi sicura che qualche cameriera ficcanaso mi avesse vista in giro e glielo avesse riferito, apprezzavo però, che non mi avesse mai accennato nulla su quella parte della mia vita.
Non mi vergognavo di ciò che facevo anche perché mi serviva per sopravvivere.
Vi chiederete il perché non potessi fare un lavoro normale come la cameriera, la lavapiatti o semplicemente la commessa.
É la domanda che tutti si sarebbero posti, e molte volte lo avevo fatto anche io.
Il motivo? Il motivo era che sarei stata pagata una miseria e per poter raggiungere una determinata somma di denaro ci avrei impiegato anni e non potevo permettermelo, il tempo scorreva troppo velocemente ed il mondo purtroppo non si sarebbe fermato per me ed i miei infiniti problemi.
"Mery" urlai io, salutandola mentre entravo dalla porta, la quale sopra di essa era munita di uno di quei oggetti strani che, se toccati provocano rumore per avvertire l'arrivo di nuovi clienti.
Amavo quel posto e dopo la mia macchina lo potevo considerare come seconda casa, amavo tutto partendo dalla forma dei tavoli, il legno bianco lucido delle porte, dai tovaglioli, ai bicchieri per poi arrivare addirittura al modo in cui disponevano i cibi nei rispettivi piatti.
"Darcy, arrivo subito" disse lei, servendo dei clienti ad un tavolo non molto lontano da me.
Guardai in quella direzione e potei notare una coppia di ragazzi più o meno della mia età guardarsi e sorridersi felicemente, pensai a quanto erano stati fortunati ad essersi trovati.
Lei era bellissima, lunga e folta chioma di castani capelli le ricadevano sulle spalle, mentre per quanto riguardava lui non potevo dire nulla dato che mi dava la schiena, se non che aveva i capelli abbastanza lunghi e di un colore più scuro di quello dei capelli della ragazza.
Mi accomodai al mio solito posto e cioè all'ultimo tavolo vicino alla finestra.
Amavo il modo della disposizione del tavolo perché si trovava lateralmente agli unici vetri oscurati del locale e quindi tu, potevi guardare chiunque fuori e loro non ti avrebbero mai notata.
Mi piaceva stare lì ore intere, a fissare le persone che passavano ed a provare ad immaginarmi la loro vita, le loro ambizioni o semplicemente dove si stessero dirigendo.
Vidi Mery avvicinarsi.
"Cosa ti porto oggi?" mi chiese lei sorridendo.
"Vorrei un hamburger con patatine, per favore" risposi io chiudendo il Menù.
"Oggi non sei a dieta?" chiese lei ulteriormente.
"No, oggi finalmente giorno libero" le risposi sospirando.
"Penso che tu non debba fare la dieta, sei bellissima così come sei" mi complimentò lei ed io sorrisi ampiamente, poiché sentire certe cose mi faceva sentire così bene.
"Ma questa bellezza la devo pur mantenere in qualche modo, non pensi? E questo è il prezzo da pagare" le dissi io, alzando le spalle e riabbassandole subito dopo.
"Strano che tu non abbia trovato ancora un ragazzo..." sospirò, per poi accennare con la testa al tavolo che avevo guardato precedentemente.
"Si, li ho visti anche io e penso siano bellissimi" risposi, con gli occhi quasi lucidi, perché anche se non lo volevo ammettere, li invidiavo da morire.
Inutile provare a negare che, non sentissi il bisogno di avere qualcuno accanto, non c'era bisogno di provare a spiegare come la solitudine mi stava mangiando viva e stava spegnendo la luce che avevo negli occhi.
Trovavo tremendamente difficile il non poter confessare a qualcuno i segreti che non mi facevano dormire la notte, era estremamente triste non avere qualcuno che mi potesse aiutare ad uscire da quella situazione, nella quale nessuna ragazza di vent'anni si dovrebbe trovare.
"Già..." aveva risposto Mery, mentre con un tovagliolo puliva le poche briciole che erano presenti sul tavolo al quale mi ero seduta poco prima.
"Comunque penso non sia ancora arrivato quello giusto, presumo..." confessai ciò che veramente pensavo della mia situazione sentimentale, anche se dovevo ammetterlo, non avevo nemmeno avuto tempo da investire nel cercare la mia anima gemella.
"Non ti scoraggiare, mi raccomando..." detto quello si sistemò il taccuino dentro la tasca e dopo essersi pulita le mani sporche di non sapevo cosa sul grembiule, se ne andò verso la cucina, per far cominciare a preparare ciò che avevo ordinato.
Dopo circa una mezz'ora osservai che la coppia di prima si era alzata e si stava dirigendo verso l'uscita, io per rispetto nei confronti di non so chi, evitai di guardarli, magari li avrei potuti infastidire e non volevo che ciò accadesse.
Il pranzo fu squisito e anche la giornata potevo ammettere che non fosse andata così male come mi sarei aspettata.
Stavo ritornando alla macchina per cambiarmi, erano ormai le dieci di sera passate e dovevo cominciare assolutamente a lavorare.
Scelsi una minigonna in lattice bianca abbinata ad un top crop nero ed un paio di scarpe blu elettrico con il tacco, aumentai il trucco che era già presente sul mio viso, aggiungendo eyeliner nero e mettendo anche un filo di matita nera sulla lima inferiore dell'occhio.
Misi in evidenza le mie gote con un fard rosa acceso ed inoltre diedi una passata di rossetto rosso sulle mie labbra carnose.
Mi scompigliai i capelli e mi avviai verso la strada principale, sperando che quella serata sarebbe andata bene.
Non c'erano così tante macchine come mi aspettavo ma una riuscì ad attirare la mia attenzione.
Non ebbi nemmeno il tempo di appoggiarmi ad un muretto che essa si fermò di fronte a me, i finestrini oscurati della Range Rover nera si abbassarono notevolmente, ed una testa si poté notare comparire pian piano dietro ad essi.
Un ragazzo bellissimo mi si presentò davanti, occhi verdi come smeraldi vivi e carnagione nella media, né troppo chiara né troppo scura, capelli castani scuri in piccole onde gli sfioravano le spalle, non erano troppo lunghi difatti gli si addicevano molto.
"Buonasera" disse lui ammagliandomi con il suo bellissimo sorriso, che fece comparire anche le fossette ereditate alla nascita.
"Buonasera" sussurrai io, ammaliata da quello che mi si era presentato davanti.
"Faresti a me, comune mortale, l'enorme favore di onorarmi della tua compagnia stanotte?" Non fu molto diretto, infatti mi sembrò molto educato a differenza di molti altri che erano venuti prima di lui, ma potei capire benissimo cosa intendesse.
Raggiunsi l'altro sportello mentre sentivo il rumore dei finestrini che si rialzavano.
"Comunque prendo cento all'ora" aggiunsi io con tono freddo e fermo, odiavo quella parte, l'essere usata per dei stupidi soldi.
"Non sono un problema i soldi" ammise lui, per poi mettere in moto ed avviarsi verso la meta a me ancora sconosciuta.
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