15
Ormai si era fatta sera ed io non avevo avuto più nessun contatto da parte di Harry, come se non fosse mai esistito.
Così, quando avevo visto il sole tramontare avevo deciso che avevo aspettato abbastanza.
Avevo trascinato dietro di me la piccola valigia contenente tutte le mie possessioni, e con il cuore tra i denti avevo cominciato a camminare verso l'aeroporto di Los Angeles.
Non avevo ancora un biglietto ma ero sicura che sarei riuscita a comprarlo una volta giunta lì.
La macchina l'avevo parcheggiata nel parcheggio del Moonlight, con la speranza che, magari sarei ritornata un giorno.
Anche se in cuor mio, speravo di non doverlo fare mai più, perché quella città mi aveva fatto crescere e soffrire allo tesso tempo, così con le lacrime agli occhi mi ero avvicinata alla scrivania della compagnia aerea e avevo acquistato il biglietto per quella che sarebbe stata la mia nuova "Casa"
L'Australia.
Avevo passato i controlli di sicurezza senza alcun problema e dopo aver trascinato il trolley dietro di me per tutto l'aeroporto, ero finalmente riuscita a raggiungere la sala d'aspetto, che una volta arrivata lì, potei notare fosse gremita di gente.
C'erano bambini che correvano da tutte le parti, alcuni si erano addormentati sulle sedie ed altri stavano gustando qualcosa al piccolo bar.
Mi guardai intorno per svariati secondi, prima di notare una piccola sedia vuota, quasi corsi verso di essa, perché ero stanca morta a causa di aver camminato per dei chilometri buoni.
Tirai un sospiro di sollievo quando sentii le mie gambe cominciare finalmente a rilassarsi.
Era già passata un'ora e mi stavo annoiando a morte, così cominciai a girarmi i pollici mentre osservavo attentamente tutte le persone che stavano aspettando il volo per Sydney, proprio come me.
Nella mia mente non poteva non passare il pensiero che Harry non avesse mantenuto la sua promessa e che, per chissà quale motivo, non si era più presentato.
Forse ci aveva ripensato, forse mi ero solo fatta film mentali, su quello che eravamo.
Ed io ero del tutto convinta che si fosse dimenticato di me, o almeno, lo ero stata fino a quando tre uomini alti e muscolosi, si erano avvicinati a me e avevano preso la mia valigia.
"Lei è la signorina Darcy?" aveva chiesto, il più vecchio di loro.
E a causa dello spavento, ero rimasta pietrificata, non sapendo ancora se fossi nei guai e non capendo ancora cosa stavo succedendo.
"Siamo stati mandati da Harry" aveva concluso uno dei tre, ed io finalmente potei tirare un sospiro di sollievo, anche se sapevo chiaramente che non dovevo esserlo.
"Io non posso andare, il mio aereo sta per decollare" annunciai brevemente, prima di strappare dalle mani di una delle guardie del corpo di Harry, la mia piccola valigia.
"Harry, non vuole venire" aveva detto il più giovane tra di loro, subito dopo aver portato un cellulare all'orecchio e avermi praticamente venduta.
Strabuzzai gli occhi quando disse "Ti aspettiamo" per poi chiudere la chiamata e cominciare a fissarmi dall'alto verso il basso.
Il cuore stava battendo più forte del normale ed io, pur non volendolo ancora ammettere, sapevo che fosse a causa sua.
Mi misi a sedere nuovamente, mentre pensavo a cosa gli avrei urlato una volta che lo avessi rivisto.
Dopo un paio di minuti notai l'atmosfera cambiare totalmente, mentre del chiasso di prima non ne rimaneva più alcuna traccia.
I tre possenti uomini si erano allineati accanto me e negli ultimi minuti avevo buffato più che nella mia intera vita, loro non avevano fatto altro che tirarmi occhiatacce e guardarmi male.
Le persone avevano cominciato a mormorare quando la porta si era aperta ed un Harry, più bello che mai si ero fatto spazio te le varie persone per passare.
Stava indossando un paio di occhiali da sole ed un cappellino messo al contrario, per non farsi riconoscere molto probabilmente.
Perché anche se non lo dava a vedere, lui rimaneva ancora uno dei personaggi più famosi della città, poiché primo erede di una delle case di alta moda più famose del mondo.
Lo vidi avvicinarsi sempre di più fino quando non fu di fronte a me.
Mi stava guardando dall'alto accigliato, non capendo perché non fossi andata con i tre uomini, che lui stesso aveva mandato.
Il punto è che non lo sapevo neanche io perché non avevo deciso di assecondarlo e basta.
Era sempre stato nella mia natura ribellarmi e lo stavo dimostrando in quel momento.
Aveva incrociato le braccia mentre, molto probabilmente aspettava che io esponessi il problema, solo che per punirlo, avevo deciso che non avrei aperto bocca.
"Mi puoi spiegare cosa ti succede?" chiese in un sussurro, per non farsi sentire dalle persone che ci stavano osservando attentamente.
Incrociai le braccia al petto proprio come lui e cominciai a fischiettare, come se non avessi sentito nulla di ciò che mi aveva chiesto, come se lui non fosse realmente in piedi di fronte a me.
"Darcy..." aveva ripetuto, perdendo un po' della sua pazienza e sapevo di starlo facendo impazzire, ma infondo non mi importava più di tanto.
Avevo desiderato avere un qualsiasi contatto con lui per tutta la giornata e quando finalmente si era fatto vedere, sentivo di non avergli più nulla da dire.
"Puoi smettere si fare così" aveva chiesto, prima di abbassarsi di fronte a me, per guardarmi in faccia, per attirare la mia attenzione.
Sentii le sue mani poggiarsi sulle mie ginocchia e le sue dita stringere leggermente la presa su di esse, come a volermi svegliare e ci era finalmente riuscito.
Perché con un semplice tocco come quello, era riuscito a risvegliare ogni cellula presente nel mio corpo, mentre la pelle d'oca si faceva spazio.
Sospirai profondamente ed incastrai finalmente i miei occhi nei suoi.
"Non vengo da nessuna parte, con te." avevo scandito bene le parole e l'espressione seria che avevo messo su, gli aveva fatto capire che non avrebbe vinto quella discussione.
"Darcy, mi dispiace se ti ho ferita...so che stai aspettando delle scuse, ma devi capire che non sono mai stato bravo con questo genere di cose..." spiegò lui in un sussurro.
Sospirai fortemente ma decisi comunque di non parlare, anche se l'espressione che aveva sul viso mi aveva fatto già cambiare idea, anche se lo avevo già perdonato, non lo avrei fatto lasciar vincere così facilmente.
Scossi la testa in segno negativo e misi su un broncio, allorché lui tese le sue braccia verso di me e stese le mie, incrociò le mie dita alle sue e per un secondo pensai quasi di star per svenire perché avevo sentito come se il mio spirito stesse abbandonando il mio corpo.
Le mie ginocchia avevano leggermente cominciato a tremare ed io speravo solo che lui non se ne accorgesse.
"Se vuoi andare, l'aereo ci sta aspettando" aveva concluso lui, prima di lasciare la presa su di me ed alzarsi nuovamente in piedi.
"Quale aereo?" chiesi curiosa in un sussurro.
"Il mio jet privato" rispose lui sicuro, come se fosse una cosa che sentivo tutti i giorni, come se non ci fosse nulla si speciale.
Odiavo il fatto che di tanto in tanto sventolava la sua ricchezza di fronte ai miei occhi, non ero mai stata ricca e mai avrei voluto esserlo.
Avrei preferito restare povera per tutto il resto della vita, mangiare solo pane e bere acqua, se quello significava rimanere una persona umile e non montarmi la testa.
Scossi la testa nuovamente, in segno negativo e lo sentii subito dopo sbuffare pesantemente.
Capii così che gli avevo fatto completamente perdere le staffe.
O avrei accettato o se ne sarebbe ritornato a casa, lasciandomi sola.
Spinsi lontano da me quel pensiero, perché in realtà non era ciò che desideravo.
Non volevo affrontare quell' esperienza da sola, lo volevo accanto a me a tutti i costi, perché mi stavo irrimediabilmente innamorando di lui e potevo solo sperare che provasse anche lui le stesse cose, perché non ero sicura di riuscire a sopravvivere se non fosse stato così.
Le emozioni che provavo quando eravamo vicini, mi stavano mangiando viva ed ero così terrorizzata.
Lo vidi girarsi ed andarsene con occhi tristi, così capii in quel momento che lo avrei perso definitivamente, se non avessi reazionato in qualche modo e se non avessi messo il mio orgoglio da parte.
Mi alzai velocemente e corsi dietro di lui, sicura del fatto che lui avesse odiato il fatto di aver fatto una scenata di fronte a tutte quelle persone.
Lo presi per il braccio e lo feci voltare verso di me.
"Vuoi venire con me?" avevo chiesto flebilmente.
Un cipiglio si formò sul suo viso prima di sentirlo annuire.
"Manda qualcuno a prendere la tua valigia, perché se vuoi venire con me andremo con quello" conclusi, prima di indicargli il grande aereo dietro le finestre della sala d'aspetto.
Lo vidi strabuzzare gli occhi e capire che o faceva come dicevo io o poteva andarsene.
"Non ho mai viaggiato su uno di quei cosi economici..." aveva chiarito, mentre continuava a guardarmi come se fossi impazzita totalmente.
"C'è sempre una prima volta per tutto" spiegai velocemente, prima di allontanarmi da lui e andare a risiedermi sulla sedia.
Lo vidi pensarci per qualche secondo prima di avvicinarsi a uno dei tre uomini che avevano assistito a tutta la nostra discussione.
Subito dopo se ne andarono e lui si avvicinò a me sbuffando.
"Smettila" sussurrai io, tirandogli una gomitata nelle costole.
"Ahia" quasi urlò lui, prima di lanciarmi un sorriso.
"Non sarà così male..." provai a spiegargli, mentre continuava ad alzare e abbassare il ginocchio nervosamente.
"Sarà il viaggio più lungo della mia vita" aveva sussurrato, prima che l'uomo che precedentemente lo aveva chiamato, era ritornato per portargli una valigia, molto più grande della mia e aveva teso la mano per passargli un biglietto e i suoi documenti.
Lo vidi leggere prima di me e sbuffò nuovamente.
Io lo guardai prima di cominciare a ridere perché avevo appena capito il perché della sua reazione.
Gli avevano appena preso un volo in economy class.
"Magari questo viaggio lo avrebbe fatto ritornare con i piedi per terra" pensai, prima di sentire la voce metallica annunciare che ci dovevamo dirigere alle porte dell'aereo.
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