Capitolo 40


Ho paura. E quando ho paura, la mia voce sono i fiori.

(Vanessa Diffenbaugh, Il linguaggio segreto dei fiori)


Kirsten's POV

Qualcosa mi pizzica il naso, provocandomi un solletico piacevole. Apro piano gli occhi, e la mia visuale è occupata interamente da uno sprazzo di colore bianco e rosso.

"Buon compleanno, sfigata." Scoppio a ridere sentendo la voce maschile felice in maniera spropositata, e scosto la macchia dal mio viso, guardando Alexander con occhi assonnati.

"Buon compleanno, idiota." Ribatto, facendo pressione sul suo petto. Lui si mette un attimo in piedi sul letto, prima di crollare seduto davanti a me, con le gambe incrociate e il sorriso a trentadue denti che appare tra quelli che individuo come fiori. "Sono per me?" chiedo, anche se la domanda può sembrare abbastanza stupida, e infatti...

"No. Ho un amante in zona e pensavo di passare a salutarla dopo averti visto. È ovvio che sono per te!" Non aggiungo che, se veramente avesse avuto un amante, avrei tagliato il collo sia a lui che a lei. Non mi va di guastare questa strana e anomala aria di allegria creatasi negli ultimi giorni. Prendo il mazzo di fiori e lo annuso, senza sentire alcun odore particolare. Ci riprovo, credendo di essere raffreddata, ma quando Alex comincia a ridere capisco che è fatta apposta. "Sono camelie. Non hanno odore." Camelie. Scelta strana per un mazzo di fiori, ma in fondo sto parlando con un vampiro intrappolato in un raggio di luce. Di cosa dovrei stupirmi?

"Sono bellissime." Altra risposta banale, ma veritiera. Alzo lo sguardo verso di lui, capendo che non si aspettava nient'altro che questa risposta. Il mio sguardo si ferma sul rigonfiamento che porta sotto gli occhi secchi e sui capelli spettinati da numerose passate di mano. "Non hai dormito neanche oggi?" chiedo, poggiando il mazzo sulle lenzuola rosa confetto del mio letto. Alex apre la bocca, pronto sicuramente a rifilarmi l'ennesima, stupidissima scusa sulla sua mancata sonnolenza, invece non disse nulla, limitandosi ad annuire.

"Ma non è niente di grave. I vampiri non necessitano propriamente di riposare." Vero solo per metà. Il limite di resistenza di un non-morto prima di avvertire il sonno è una settimana. Nel caso di Alexander, ne sono passate due. Ogni volta che gli chiedo il perché, lui evita il mio sguardo, si gratta la nuca e scoppia a ridere, rifilandomi una storia oscena. All'inizio accompagnavo anch'io le sue risate, poi però lui ha iniziato a diventare strano. Quasi...diverso. Ride troppo spesso per essere normale, come se gli angoli della bocca gli fossero rimasti incastrati in quella posa bizzarra a mezzaluna. Non mangia più molto, ma Richard e Liz lo hanno attribuito alla convalescenza e, visto che non c'erano casi con cui confrontarlo, a noi è anche parso normale. Ma adesso si sta sfociando nel ridicolo. Non dormo con lui per via degli attacchi che ha durante la notte. Lo vedevo guardarsi intorno, seduto sul letto, con gli occhi sbarrati e la schiena madida di sudore. Non volevo allontanarmi, ma i ragazzi mi hanno intimato di farlo. Comunque io gli ho consegnato un mazzo delle mie chiavi, in modo che possa entrare tranquillamente. Guardo l'orario sulla sveglia, sbarrando gli occhi quando leggo che sono le otto passate. La scuola. Il ritardo. Tutte cose di cui non mi sono mai dovuta preoccupare, ma che adesso sono le uniche a farmi contorcere lo stomaco dall'ansia. È uno degli effetti collaterali dell'essere una normale adolescente britannica. Alexander mi mette un braccio intorno ai fianchi, bloccando la mia corsa e ributtandomi tra le lenzuola. "No, cara mia. Tu e io oggi non andiamo in quel posto dimenticato dall'Universo." Dice, in tono esperto che mi fa quasi ridere.

"Smettila di scherzare, Flinn. Dobbiamo andare a scuola." Anzi, devo, ma preferisco che ci sia anche lui accanto a me.

"E' il nostro compleanno. Diciotto e quattrocento anni non si festeggiano una seconda volta." Non posso obbiettare a questa logica, ma lui non me ne da comunque il tempo. Mi afferra per un braccio, facendomi scendere dal materasso e fiondare in bagno. "Muoviti. Ho una sorpresa per te." Grida dall'altra parte della porta. Alzo gli occhi al cielo e sorrido al mio riflesso. Diciotto anni. Ora sono maggiorenne. Adulta. Libera dalla custodia tutelare di mio zio. Mi sciacquo la faccia e lavo i denti in tempo di record, infilandomi la maglietta mentre corro a trovare un paio di scarpe decenti. Opto per un paio di Vans che mi ha comprato Coraline, e le infilo velocemente, andando nell'entrata. Alex è davanti a me, appoggiato alla porta. Faccio passare lo sguardo sui jeans portati bassi, per poi passarli sulla felpa lunga e blu, con la scritta Calvin Klain in rosso acceso. Siamo vestiti in maniera simile, tranne per la mia giacca di pelle nera, messa sopra il maglione bianco e a collo alto.

"Sono pronta." Annaspo, aprendo le braccia e scivolando con i piedi sul pavimento in parquet. Alexander mi osserva bene, ed io faccio la stessa cosa, notando però che ha le mani strette a pugno, e muove piano le dita da destra verso sinistra.

"Fantastico. Andiamo." Dice, mostrandomi ancora i denti e facendo un cenno con il braccio. Annuisco ed apro la porta, per poi richiuderla alle nostre spalle. Prima che possa dire qualcosa, mi sento afferrare sulle spalle, mentre due mani mi sorreggono il sedere. Urlo piano per la sorpresa e mi guardo intorno chiedendomi per la prima volta se in questo condominio abitino anche persone normali. Tania è a scuola, e credo che Coraline sia andata al Rifugio, come ogni mattina da una settimana a questa parte. Non mi ha mai detto perché lo faccia, ma i ragazzi iniziano ad escludere sia me che Alex dalle loro conversazioni, dipingendosi falsi sorrisi sulla faccia quando ci vedono entrare, spesso accompagnati da schiene dritte e fischietti indifferenti. Stanno tramando qualcosa. Lo sento. Sono talmente aggrovigliata nei miei pensieri, che non mi accorgo neanche che Alex non si è ancora mosso. Mi sporgo per vedere il suo sguardo, ma è assente. Privo di qualsiasi emozione. Gli schiocco due dita davanti e lui si riscuote, mentre io sento i muscoli che ritornano a lavorare sotto la mia pancia e le mie gambe. "Scusa, mi ero incantato."

"A cosa pensavi?" chiedo, prima di ricevere uno di quei soliti sorrisi inquietanti.

"Che non hai messo le Camelie in un vaso."


Dopo aver aderito ai miei impegni da giardiniera junior, finalmente il vampiro si decide a muoversi, attraversando le case e le vie insolitamente affollate e piene di festoni post-festività natalizie. Alla fine, anche se con ritardo, ho appeso un festone alla mia ringhiera e ho comprato un piccolo albero di natale, anche se in confronto agli addobbi al neon dei negozi la mia casa sembra un po' miserina. Non mi importa. Non festeggio il Natale dalla morte dei miei, e quando Phil si presentava da me con un regalo, era quasi sempre un nuovo paletto per gli allenamenti o un libro sulla sottile arte di uccidere un non-morto. A volte mi chiedevo se li comprasse in una normale libreria, e che faccia facessero i commessi mentre passavano il prodotto in cassa. Solo una volta aveva cambiato schema, e mi ero ritrovata Cory davanti. Stringo la presa su Alexander a quel ricordo, alzando la faccia per farmi frustare dal vento veloce. Finalmente ci fermiamo in una zona inoltrata del bosco, che non ho mai visitato prima. Ho notato che abbiamo seguito a ritroso il percorso del fiume vicino, passando anche vicino al dirupo do dove sono caduta mesi prima. Rabbrividisco al pensiero, e dico ad Alex di fermarsi, lottando contro il rumore rombante del vento. Lui frena di colpo ed io scendo giù, sporgendomi dal precipizio di almeno cento metri. Un braccio gelato mi si posa sulla spalla e Alexander si sporge quanto me, ma senza quella paura che fa formicolare le dita dei piedi.

"Perché mi hai afferrata?" chiedo, senza guardarlo in faccia. È più o meno lì che è iniziato tutto. L'arrivo del Lupi e di Brooke sembra lontano anni luce, ma in realtà è ancora lì, nascosto tra le foglie come il cadavere del licantropo che aveva attirato Alex.

"Sapevo che sarebbe successo." Dice, scrocchiando le nocche delle dita.

"Che vuoi dire?" Non so perché ad un tratto mi interessi tanto, ma scopro che mi sto facendo questa domanda da quando è accaduto tutto. Mi stringo nelle braccia, strofinandole sulle maniche del giubbotto nero. Alexander sospira, prima di abbassare la testa.

"Quando avevo diciannove anni, mia sorella minore è caduta da un dirupo simile a questo, solo più alto. Io mi sono lanciato e le ho fatto da scudo. È stato il momento in cui Vlad mi ha fatto bere il suo sangue." Fin qui non ci sono pecche nel suo racconto, ma non capisco cosa c'entri con la mai caduta. "Il fatto è che, quando ho iniziato a cadere, ho visto te al posto di mia sorella." Sbarro gli occhi e mi sbilancio, rischiando di cadere di nuovo. Alexander mi afferra prontamente per il braccio, continuando a guardare a terra. Il formicolio ai piedi parte, inondandosi per tutte le gambe, ed io rivedo la scena della caduta proprio davanti a me, e il bozzolo freddo che mi ha protetto. Ripenso agli eroi nei film e nei libri. Ragazzi perfetti, con vite tormentate e assurde. Guardo Alex, che mi ha trascinato di nuovo sul terreno sassoso. Non è perfetto neanche lontanamente. Non ha gli occhi azzurri come Derek, Josh e Vlad. Non ha la sensibilità di Caleb, né l'umorismo di Rick. Ha solo la metà del fascino di Guido, e il doppio della sua crudeltà. Neanche io sono l'ideale di ragazza da copertina, con le gambe troppo muscolose e il fisico medio-alto. Ieri mi è persino comparso un brufolo sulla fronte, ma Coraline è riuscito a nascondermelo con un ciuffo improvvisato che non mi tocco mai, neanche quando i capelli mi pungono le ciglia. "Inquietante, vero?" ride, riuscendo finalmente a guardarmi. Alzo le spalle.

"Già. Chissà come è successo." Chiedo a me stessa, con un debole sorriso. Alexander mi guarda con un sorrisetto compiaciuto.

"Camelie." dice soltanto, prima di riprendermi in braccio e lasciarsi alle spalle quel posto per arrivare a destinazione.


Alexander's POV

Sospiro e la lascio andare, chiudendole gli occhi con i palmi delle mani a qualche metro dalla mia sorpresa. Sono stati i ragazzi a suggerirla, dicendomi che avrebbe rilassato anche me. Ho fatto finta di essere convinto e mi sono lasciato aiutare nella preparazione di questa cosa. Ora, mentre sento l'umidità aumentare nell'aria, non sono più convinto che sia una buona idea rimanere solo con lei. Kirsten inizia a sospettare qualcosa delle mie notti insonni, e adesso posso tranquillamente far cadere la mia bocca in un arco all'ingiù finché lei non mi vede. Mi guardo intorno, sempre più nervoso. Gli alberi si muovono. Loro devono essere acquattati da qualche parte qui in mezzo, tra i tronchi e la vegetazione. Nascosti, pronti a farmi impazzire. Rivogliono Kirsten, e per averla mi stanno togliendo il sonno e la pazienza, ma non sanno ancora con chi hanno a che fare.

"Alex, si può sapere dove siamo?" chiede, cercando di forzare la presa che ho sui suoi occhi. Sbatto le palpebre e le ombre svaniscono, mentre gli alberi tornano al loro posto.

"Quanta impazienza." Dico, in tono scherzoso. Tolgo le mani quando il calore diventa quasi insopportabile, e il rombo della cascata copre tutti i suoni circostanti. Avvicino le labbra doloranti al suo orecchio, guardando oltre la nebbia artificiale. "Eccoci qui." sussurro, togliendole le dita dagli occhi. Kirsten li apre e spalanca la bocca, senza riuscire a muoversi. La sua capacità di muoversi si azzera, e rimane incantata dalla cascata proveniente dalla sorgente del fiume, che si riversa, oltre che nell'acqua, in un piccolo laghetto un po' più in là. È da lì che viene il calore. L'acqua è portata ad una temperatura confortevole, nonostante gli sprazzi di neve che le albergano intorno. In questo mi hanno aiutato Vlad e James, fornendomi il fuoco e proteggendolo in modo che non si spenga neanche in fondo al lago. Io avrei potuto anche fare il bagno nell'Artico, ma ho pensato che Kirsten non avrebbe gradito le temperature pungenti di metà inverno.

"Hai costruito delle terme in mezzo al bosco?" chiede, stupita. Credevo avesse capito che non c'è niente che mi sia impossibile, a parte scacciare i fantasmi che mi perseguitano da quando si sono accorti che gli ho presi per in giro e che non ho la minima intenzione di lasciarla andare. Che mi facciano pure impazzire. A me non importa. Non se posso godermi questi momenti con lei. In santa pace. Nascosti dalla nebbia e dal caldo.

"Non è niente di che." Dico, con finta modestia, ma Kirsten è già andata avanti, e ammira la luminescenza del fuoco che illumina il fondale. Ci sono almeno venti ceppi accesi, sparsi in modo da illuminare tutta la vasca. Mi tolgo la felpa e i pantaloni, rimanendo il boxer e guardando la sua schiena accaldata. Posso sentire il sudore che gocciola sulla schiena, e penso che con una bella strofinata potrei pulirla io. Scuoto la testa e prendo la rincorsa, passandole accanto e urlando quando faccio un potente salto in aria. mi alto di altri tre metri, poi cado nell'acqua con un tonfo. Il caldo è terapeuta, e quando riemergo le faccio un segno con il braccio, dicendole di venire da me. "E' caldissima!" dico, facendo qualche bracciata e immergendomi di nuovo. Lei ride e scuote la testa, ma dopo un po' la vedo spogliarsi e tuffarsi in acqua con me, producendo un alto schizzo. Guardo il punto in cui è svanita bell'acqua bollente, vedendola riemergere rossa e sorridente. Mi guarda e si immerge ancora, riaffiorando a pochi centimetri da me. "Allora? Che te ne pare?" chiedo, leggendo già la risposta nei suoi occhi estasiati. Mi schizza e si immerge ancora, mentre io la seguo, scendendo in profondità come lei. All'improvviso si gira e mi afferra per le spalle, baciandomi con la bocca aperta. Approfitto dell'occasione per farla respirare un po', usandomi come se fossi una bombola di ossigeno. Intreccio le sue gambe alle mie e continuo a baciarla, sempre più a fondo, sempre più voracemente. All'improvviso sento qualcosa premermi sulla nuca, in contrasto con le temperature bollenti intorno a me. Mi stacco, voltandomi per capire cosa sia, ma non vedo nulla. Poi capisco. Sono qui. Sotto l'acqua. Annidati nel vapore. Guardo Kirsten, che mi restituisce un'espressione preoccupata, anche se buffa con le guance piene d'aria. Le prendo il braccio ed inizio a risalire sempre più su, ma la superficie sembra inarrivabile. Improvvisamente un rumore acuto mi infilza il cervello, ed io lascio la mano di Kirsten, prendendomi la testa tra le mani e iniziando ad agitarmi. Guardo in basso e vedo i fuochi spegnersi, inondandomi di oscurità. Il rumore cessa, ma con lui, anche Kirsten è sparita dalla mia vista. Provo ad urlare, ma i suoni sono schiacciati dalla pressione dell'acqua. Nuoto per cercarla, sperando di vederla. Di toccarla, ma di lei non c'è traccia. Risalgo in superficie come un fulmine, gridando a pieni polmoni il suo nome.

"KIRSTEN! KIRTSTEN!" Vengo preso dal panico, ma cerco di calmarmi, concentrandomi su cosa fare. Trovare Kirsten. Devo farlo. Scendo di nuovo, provando a guardare oltre la coltre di tenebre che accoglie il fondo. Kirsten, rispondimi. Le mando un messaggio mentale, sperando che lo senta. Raggiungo il fondo, con la pressione che mi fa sanguinare le orecchie. Non c'è. Perché le ho lasciato la mano? La vista mi si annebbia, e gocce nere si aggiungono ad altre gocce nere, che diventano più pesanti e melmose. Riemergo ancora, mentre capisco che adesso gli spiriti si divertono a far riemergere vecchi incubi. Ricordo la continuazione, rivedendo la Portatrice che strappava il cuore a Kirsten, dopo averlo fatto con tutti i miei amici, ma quando mi guardo intorno non vedo niente. L'acqua è ancora trasparente, e il vapore ricopre il paesaggio circostante. Prima che possa tornare giù, un fischio mi fa voltare. Con la coda dell'occhio vedo una massa di capelli rosso e bagnati che si unisce alla terra umida. Sbarro gli occhi e nuoto velocemente verso la riva, uscendo e sporcandomi di foglie secche, neve sciolta e terra. Vado a carponi verso il corpo immobile, e tasto il collo con due dita. Non c'è polso. "No!" mi mordo al di sotto della mano e glielo premo sulle labbra chiuse. "Andiamo, bevi. Devi bere se vuoi stare meglio." La incito come se fosse una bambina, ripetendomi la bugia che ho sempre detto a lei. Andrà tutto bene.

"Ti sei divertito a prenderci in giro, Flinn?" Alzo lo sguardo, incontrando quello scuro del padre di Kirsten. Carl.

"E' tua figlia! Come cazzo hai potuto farlo?" grido, con voce inclinata. La stringo più forte, accarezzandole le guance pallide e fredde.

"Io voglio che lei sia felice, e se per farlo dovrò tenerla con me, allora sarà così." Scuoto la testa, guardandolo con odio.

"Lei è felice con me." Dico, tirando su con il naso e sentendo le vene del collo tendersi e pulsare. Il fantasma scuote la testa, poi si avvicina a Kirsten. Gli soffio contro, ma lui non è spaventato, e continua a guardare la figlia che lui stesso ha ucciso.

"Se adempirai al tuo compito, la terremo in vita, ma se proverai a barare, allora la porteremo con noi." dice tranquillamente, come se mi stesse chiedendo cosa mangiare. Si alza, accarezzandole i capelli con una mano. "A te la scelta, vampiro." Se potessi ucciderlo ancora, lo farei, e quasi mi dispiace di non poter sentire la sensazione del suo collo che si spezza sotto le mie mani. Guardo Kirsten. Sembra che stia dormendo. Le accarezzo le labbra con un pollice, togliendole il mio sangue nero di dosso. Quando torno a guardare Carl, spero che venga travolto da tutto il mio odio, che non ho mai provato per nessun'altro. ora capisco cosa sentiva Kirsten verso di me, e non credevo potesse essere un'emozione così travolgente. So che non la lascerà morta. Sta solo bleffando. Glielo si legge nello sguardo. La vuole lontana da me, ma io conosco un modo per stenderlo. Una sola frase. Una condizione semplice, che mi sarebbe dovuta venire in mente giorni fa.

"Se tu la uccidi, io me ne vado con lei."


Kirsten's POV

Due labbra si poggiano sulle mie, spingendomi aria nei polmoni. Sento una pressione sul petto e apro gli occhi, mettendomi a carponi e vomitando acqua calda. Prendo un profondo respiro, annaspando.

"Kirsten. Stai bene?" Alexander. È la sua voce. Mi volto verso di lui e lo vedo seduto accanto a me, con il sollievo spalmato addosso. Annuisco e mi passo una mano intorno alla gola, sporcandomela di terra. Anche lui è macchiato di foglie e terriccio umido, ma non mi dispiace quando mi abbraccia. Odora di umido e terra bagnata, ed è caldo. È la prima volta che lo sento caldo contro la mia pelle, ed è una bella sensazione...almeno credo. È strano.

"Cosa è successo?" ricordo solo che Alex mi ha lasciato la mano, ed io mi sono sentita trascinare verso il fondo. Alex è diventato solo un punto in mezzo all'oscurità, e poi tutto è svanito. L'aria è scomparsa ed io sono svenuta. Mi era sembrato di vedere qualcuno tenermi per la caviglia e nuotare verso il fondo, ma qui non c'è nessuno.

"Una corrente troppo forte deve averti trascinato giù. Sta tranquilla. È tutto finito." Sussurra al mio orecchio, accarezzandomi i capelli bagnati.

"Beh, bel modo di festeggiare un compleanno. Una botta di vita è quello che ci vuole." ridacchio contro la sua spalla, e lui fa la stessa cosa, prima di smettere e guardarmi negli occhi.

"Kirsten, c'è una cosa che devo dirti..." dice, prendendomi le mani e alzandole all'altezza del suo petto. "Vedi... io ho..." Qualcosa mi fischia vicino all'orecchio, e all'improvviso vedo Alex sbarrare gli occhi, e il suo corpo cadere in avanti, appoggiandosi al mio.

"Ehi, che ti prende?" dico, stendendolo a terra e guardandolo. Mi copro la bocca quando vedo che ha un paletto conficcato esattamente al centro del petto, e che il sangue ha preso a sgorgare copiosamente. "Oh mio Dio!" sussurro, afferrando il legno e cercando di estrarlo. Lui è ancora cosciente, ed urla di dolore ad ogni millimetro che tiro fuori.

"Non ti conviene farlo, Kirsty." Raddrizzo la schiena, e vedo Alexander che cerca di guardare oltre la mia figura, contorcendosi per gli spasmi. Mi volto lentamente, trovandomi davanti un uomo abbastanza alto, con un arma complessa intorno al polso, a cui poco prima doveva essere assicurato il paletto che ha trafitto il mio ragazzo. Lo guardo dal basso verso l'alto, spaziando dal jeans a sigaretta, al maglione, agli occhi ghiacciati e finendo con la massa di capelli rossi. E' lui. Sapevo che prima o poi sarebbe tornato, e lo aspettavo. Alex riesce a riconoscerlo, e lo vedo mentre cerca di muoversi.

"T-tu. P-pezzo di merda." Fa fatica a parlare a causa del paletto, ed io gli faccio segno di non sforzarsi, accarezzandogli i capelli.

"Finalmente sei arrivato, zio Phil."

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