Capitolo 39

Nella foto: Joshua Mullingar, Creed


I'm out of sight, I'm out of mind

I'll do it all for you in time

And out of all these things I've done

I think I love you better now, now.

(Ed Sheeran, Lego House)


Alexander's POV

Apro gli occhi, ma sono costretto a richiuderli a causa della forte luce che mi acceca. È come un lampo che appare proprio davanti ai tuoi occhi, o il biancore di una lampada da dentista. Le corde mi corrodono i polsi, ma non riesco a smettere di dimenarmi in cerca di cibo. Sono solo uno stupido spettatore che guarda se stesso far del male ai propri amici. Ricordo vagamente che, nel mio periodo in Croazia, un vampiro mi aveva parlato dei vari stadi che si attraversano quando stai per morire. La negazione è la prima, poi arrivano il dolore, l'accettazione, la pazzia, il distacco e poi la fine. Ottimo. Io ne ho già fatte cinque su sei, anzi, la quinta è in corso in questo preciso istante. Il dolore ai polsi e alle caviglie è quasi insopportabile, ma si confonde con quello che mi pervade il corpo, quindi posso dire di essere in armonia con me stesso.

"Sta calmo, Alex." Il rumore di vetri che battono gli uni con gli altri si aggiunge alla litania che Tania continua a ripetermi da ore. Non riesco neanche a parlare. Non faccio altro che battere i denti e dimenarmi come una lucertola a cui hanno tagliato la coda. Posso dire di non essermi mai sentito più umiliato e inutile di così. Provo di nuovo ad aprire gli occhi, questa volta in maniera più lenta. Sangue. Voglio solo un po' di sangue, e nessuno sembra essere intenzionato a darmene neanche una goccia. La mano fredda di Tania è un toccasana sul mio viso bollente, ma in un primo momento non capisco cosa voglia fare. Vedo solo ombre sfocate, ma capisco che Elisa ha lasciato la stanza quando quell'aroma di cannella scompare dal mio naso. A negativo, insaporito dalla magia.

"Liberami subito, Covach!" urlo, senza riuscire a fermarmi. Le immagini diventano sempre più nitide, e adesso riesco a distinguere bene anche i contorni. La neo-vampira ha in mano una boccetta di vetro, ricolma di chissà quale schifo di pozione.

"Non essere così maleducato."

"Vaffanculo!"

"Ecco, appunto. Ti costerebbe tanto stare fermo?"

"Quanto vorrei farti fuori." Un brivido mi scuote la spina dorsale, e il mio corpo smette di muoversi, ritornando per un attimo in mio possesso. Smetto di muovermi e mi rilasso sul letto in cui mi hanno portato e legato. Tania è un drago con i nodi, e l'incantesimo di segregazione fatto da quella fottutissima streghetta mi sta facendo dannare.

"Poi dovresti vedertela con me, amico." Ecco. Ci mancava solo uno dei coglioni.

"Spero che tu abbia del sangue con te." La minaccia insita nella mia voce non ha l'effetto sperato, anche perché non credo di essere molto credibile in questo stato.

"Sei in crisi d'astinenza, eh? Non appena guarirai ci faremo una grassa mangiata, ma adesso devi rimanere a digiuno." Questo tono da mamma premurosa mi sta seriamente stancando. Quanto vorrei che sbattesse quella testa di cazzo!

"Dammi del sangue, o te ne pentirai." Ringhio, più incavolato e nevrotico che mai. Caleb si piazza davanti a me, poggiando le braccia e il mento sulla testiera.

"Se solo sapessi quanto è divertente." Borbotta, scuotendo la testa. Mi voto verso la candela poggiata sopra l'armadio, il più lontano possibile da me. Tutte le luci della casa sono spente e le tende tirate, ma quella mi sta dando alla testa.

"Almeno puoi spegnere quella maledetta candela?" chiedo, cercando di essere un po' più gentile. Il risultato è che sembra che mi abbiano tirato un calcio nelle palle. Caleb fa spallucce e soffia sulla piccola fiamma, spegnendola del tutto. La mia stanza cala nel buio più completo, e la mia vista si attiva quasi subito.

"A quest'ora i ragazzi dovrebbero essere nel cimitero. Speriamo che Rick abbia ragione." Mormora lui, sedendosi dal lato opposto rispetto a Tania.

"Aiutami a fargli aprire la bocca." dice lei, indicandomi con un dito. Pronto? Io sono ancora qui! Caleb mi fissa intensamente per qualche istante, prima di fare un piccolo sorriso.

"Scusami, Flinn. Sai che ti voglio bene."

"Che vuoi fa..." Caccio un grido quando stringe i nodi. La corda mi scava nella carne, ed io inizio a sanguinare copiosamente. Continuo a gridare per il dolore, e Tania mi ficca tutta la pozione in gola. Mi sento come una cavia da laboratorio. Sarà la terza cosa bizzarra che ingoio oggi, ma sanno tutte di pipì di gatto. Tossisco rumorosamente, mentre sento i polmoni andare a fuoco. "Cos'era?" chiedo, con un filo di voce. Il dolore alle articolazioni cessa, e anche la fame mi lascia in pace per un po'.

"Salvia e verbena. Distrugge almeno per un po' il tuo sistema immunitario." Ecco spiegato il bruciore, ma almeno in questo modo il mio corpo smetterà di farsi male da solo.

"Beh, suppongo che dovrei ringraziarti." Tania ridacchia, mettendo via la boccetta sporca.

"No. Sappiamo tutti che non lo farai mai." risponde, allentando nuovamente le corde. Riprendo a tremare come una foglia, ma cerco di non darlo a vedere, cercando di mantenere un po' di lucidità. Tania mi poggia nuovamente la mano sulla fronte, dandomi un po' di sollievo.

"La febbre aumenta ancora. LIZ!" La ragazzina entra, prendendo la posizione di un piccolo soldatino.

"Cosa succede?"

"Sta peggiorando velocemente. Prepara altra pozione." A questo punto di solito la bionda se ne va, ma adesso rimane ferma, a guardarmi con fermezza. E qui capisco che la pozione non servirà più a nulla. Capisco che forse il viaggio di Kirsten risulterà inutile. Capisco che non potrei vivere abbastanza per salutare i miei amici. E qui, per la prima volta nella mia vita, capisco che sto morendo veramente.


Kirsten's POV

I necrofagi ci circondano, ed io sono temporaneamente sotto shock. La ragazza davanti a me è proprio quella famosa Leila Addams che ha ammaliato il giovane Flinn. Che ha smosso i suoi sentimenti umani. L'amore proibito che si legge in tanti libri. Provo tristezza per lei, e mi chiedo come abbia fatto a ridursi in queste barbare condizioni. Ho visto un suo ritratto quando avevo dodici anni, ed ero andata a Bradford per scoprire qualcosa di più su Alexander. Ricordo di essere entrata nel salone di un vecchio castello, e di aver visto per prima cosa le pareti restaurate e il bellissimo camino proprio nel centro. Poi ho alzato lo sguardo, ed è stato allora che l'ho visto. Un quadro. Un banalissimo quadro, come ce ne sono tanti. Il pittore aveva raffigurato una ragazza bionda, con una complicata acconciatura e un vestito bianco. Era seduta su una sedia rossa e guardava alla sua sinistra, mentre la mano destra stringeva una penna di pavone. Ma c'era qualcun altro in quel quadro. Un ragazzo dall'incarnato più scuro, con i capelli lunghi e un vestito in broccato dorato che le teneva la mano libera, ma rimanendo sempre a debita distanza. Ero andata a leggere la targa sottostante, ma questa diceva solamente che il dipinto era stato trovato nella soffitta della casa, e ritraeva la signorina Addams con un nobile del posto. Ci avevo messo un totale complessivo di tre giorni per avere la certezza che quel nobile fosse proprio il vampiro che cercavo, e ne ero rimasta spiazzata, perché in quegli occhi freddi e neri che ero abituata a sognare ogni notte, adesso vedevo l'amore. Ed era stato quello a farmi scattare veramente. Sapere che l'essere che mi aveva rovinato la vita era stato felice, e probabilmente lo era tutt'ora mentre io soffrivo come un cane. Ero scappata da quella stanza e da quel quadro, senza mai dimenticare il viso di quella ragazza. O almeno così credevo.

"Kirsten! Attenta!" La voce di Coraline mi riporta alla realtà, ed io faccio appena in tempo a spostarmi prima che Leila mi salti addosso. Finisco per terra e rotolo, fino a sbattere la schiena contro una lapide lì vicino. I necrofagi mi passano accanto senza toccarmi, e si buttano sui vampiri presenti. Mi rialzo prontamente, raccogliendo fiato nei polmoni.

"VLAD!" Il biondo butta a terra uno di quei cosi, voltandosi e cercando la mia voce. "Rinchiudili in un cerchio di fuoco. Non bruciarli, o il sangue evaporerà." Grido, arrampicandomi sulla statua d'angelo di questa mattina e portando le mani a imbuto sulla mia bocca. Scendo di nuovo ed estraggo una delle mie siringhe, ficcandola prontamente nel collo giallastro di uno dei necrofagi. L'uomo cade subito a terra, cacciando bava e agitandosi come se avesse subito una scossa elettrica. I ragazzi tentano di spingere gli altri vicino a questo, ma non riesco ad aiutarli, perché vengo subito buttata da un lato, e la siringa mi vola via dalle mani, finendo qualche metro più in là. La necrofaga si butta sopra di me, tenendomi stretti i polsi e conficcandoci dentro le unghie nere. Mi soffia contro, ma anche nel buio più completo riesco a riconoscere la ragazza del quadro.

"Leila, non farlo." la imploro, vedendola avvicinare i denti al mio collo.

"Intrusa." Ringhia contro di me.

"No. Voglio solo il tuo sangue. Mi basta qualche goccia." Lei non mi ascolta e affonda i denti nel mio collo. Grido per il dolore, ma non demordo. A quanto pare esseri come loro sono immuni alla verbena.

"Fallo per Alexander. Ti prego, ascoltami." La vedo staccarsi dal mio collo, e guardarmi con la bocca sporca del mio stesso sangue.

"Alex-ander?" chiede, inclinando la testa da un lato. Un lampo di consapevolezza le luccica negli occhi rosso sangue, in cui riesco a specchiarmi.

"Sì. Ti ricordi? Alexander Flinn. Il ragazzo che amavi." Lei scuote la testa, ancora sovrappensiero.

"Lui...è...morto." Dice, facendo fatica a dire una frase di senso compiuto. Devono essere secoli che non parla con qualcuno.

"No. E' un vampiro come te, ma adesso sta morendo veramente. Sei la sua unica speranza, Leila." Lei continua a scuotere la testa, strizzando gli occhi e gridando a sua volta. "Devi credermi. Lui è vivo. Quelli sono i suoi amici." Provo ad indicare gli altri con la testa, ma non li vedo più. Dove sono finiti? "Leila. Devi ricordarti di lui."

"Io...ricordo...qualcosa...lui...amava...me." Queste parole sono come un pugno nello stomaco, ma io sorrido, comunque soddisfatta.

"Sì, fantastico."

"Lui...stava venendo da me...quando...lui muore." Beh, sulla grammatica bisogna ancora lavorare, ma il senso è quello.

"E' proprio lui, Leila. Alexander. Il tuo Alexander. Gli rimane poco tempo. Sta morendo! Devi aiutarlo!" grido con tutto il fiato che ho in gola, e lei rimane immobile sopra di me. Improvvisamente viene sbalzata via, e io mi ritrovo improvvisamente più leggera. Simon l'ha presa per i capelli, e ha un paletto alzato sopra di lei. "No! Fermati!" Il vampiro le ficca il paletto nel cranio, poi si volta verso di me. Una striscia di sangue gli parte dalla fronte, percorrendogli l'occhio. I vestiti sono strappati e sporchi, ma lui sorride. Mi rialzo e gli corro incontro, chiedendogli cosa sia successo.

"Ne abbiamo uccisi la metà, e il resto è addormentato e circondato dal fuoco."

"State tutti bene?" chiedo, continuando a guardare gli occhi sbarrati di Leila.

"Un po' ammaccati, ma sì. Hanno morso Laurance e Derek, ma una volta a casa Liz potrà curarli tranquillamente." Tiro un respiro di sollievo, poi per la prima volta noto che Simon ha i capelli in disordine. Ridacchio facendoglielo notare, e lui sbarra gli occhi, mollando la testa della bionda.

"Mi serve del gel. È questione di vita o di morte." Gli metto una mano sulla schiena, spingendolo un po'.

"Muoviti. Raggiungiamo gli altri e finiamola con questa storia." Trasciniamo il corpo fino al cerchio di fuoco abbastanza ampio, dove i ragazzi sono seduti a terra, completamente esausti.

"Questi drogati sono forti." Mormora Laurance, premendo un pezzo di stoffa strappata sul morso ricevuto sul collo. "Ora mi verrà il raffreddore." si lamenta, avvicinandosi di più al fuoco. Con quella luce riesco a vedere meglio le loro condizioni, e noto le ferite che si stanno rimarginando sui loro volti.

"Prendiamo il sangue da quella?" chiede Guido, alzandosi e venendo verso di noi.

"Sì. Deve essere il suo." Dico, senza dare ulteriori spiegazioni. Prendo la spada argentata e le incido il polso, cospargendolo con la mia mistura speciale in modo che non si chiuda. Riempiamo tutti e quattro i contenitori, poi le tolgo il paletto dalla fronte e la buttiamo insieme agli altri. Faccio per andarmene, ma vedo che gli altri non si muovono, e continuano a guardare il mucchio di corpi che iniziano a muoversi. "Che state facendo?" chiedo, senza capire. Vlad si volta verso di me, senza tradire alcuna emozione.

"E' la legge, Kirsten." In un lampo vedo il fuoco restringersi verso di loro, prima che i necrofagi prendano fuoco.

"NO!" grido, buttandomi verso di loro. Guido e Rick mi bloccano con le braccia, ed io guardo il corpo di Leila bruciare con gli altri, contorcendosi per il dolore. Il rosso delle fiamme mi illumina metà del viso, come se volesse chiamare i miei capelli a sé, credendo di aver perso un pezzo. "Perché?" chiedo, dimenandomi con una pazza. Non hanno fatto del male a nessuno! Derek si avvicina a me e mi fa rimettere dritta, prendendomi le spalle e fulminandomi con gli occhi azzurri.

"Ascolta. Sarebbero morti comunque prima o poi. Abbiamo l'ordine di uccidere quei cosi se ce li ritroviamo davanti, e lo abbiamo fatto. Fine della discussione." Ritorno calma dopo lo shock iniziale, ed usciamo dal cimitero, tornando al Motel e cambiandoci velocemente, prima di risalire in macchina e ripartire a tutto gas verso Canton.

"CE L'ABBIAMO FATTA!" grida Josh, alzando le braccia al cielo. Dalla macchina parte un urlo che sconquassa la Stratford addormentata, ed io mi guardo un attimo indietro, ripensando a quello che la bionda mi ha detto. Lui la amava. Forse dovremo dirgli che lei era viva per tutto questo tempo.

Non ci provare.

Mi volto verso Vlad, che scuote velocemente la testa.

Non prenderà mai quel sangue, se saprà da dove proviene. Per lui quel capitolo è chiuso da tempo.

Annuisco, tenendo strette le provette in una mano. Questa volta è Richard a guidare, e noi scivoliamo veloci sulle strade, incuranti dei limiti di velocità.

"Rick! Non sei in Germania. Qui le strade hanno l'autovelox!" urla Derek, aggrappandosi alla maniglia sul finestrino.

"Abbiamo fretta, Guilleron. E poi tu sei già morto. L'unica che dovrebbe lamentarsi qui è Kirsten." Sentendo il mio nome mi riscuoto, sbattendo un attimo le palpebre per ricordarmi dove mi trovo.

"Metti il piede sull'acceleratore e datti una mossa. Sta albeggiando e non abbiamo più molto tempo."

"State tranquilli. Saremo a casa entro le otto." Dopo qualche minuto passato in silenzio, Rick accende la radio per non addormentarsi. Passa da una stazione radio all'altra, superando numerose canzoni finché finalmente non si ferma ad una in particolare. "Ehi, Kirsten. Questo potrebbe essere il tuo inno." Dice, girando la manopola del volume. Non capisco cosa voglia dire, finché la canzone non ha inizio.

One way, or another, I'm gonna find ya...
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way, or another I'm gonna win ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha


Gli tiro un calcio al sedile, e lui scoppia a ridere, iniziando a cantare come un pazzo. "Dai ragazzi. Cantate anche voi. Qui sembra un mortorio." Guido, Coraline, Vladimir e James si rifiutano in massa, mentre gli altri iniziano a canticchiare debolmente, trascinati dalla musica. Dopo qualche secondo, però, anche loro seguono Richard. Quando la canzone termina, Guido ci osserva.

"Non ci avevate mai detto di essere dei talenti musicali." Laurance lo guarda male, sbuffando.

"Tu e Stefano mi avete trasformato in un bar clandestino nel 1923. Sapevi benissimo che sono capace di cantare, visto che era quello il mio lavoro." Il moro ci pensa un po' su, poi annuisce.

"Oh, già. Bei tempi quelli." Alza lo sguardo, tornando con la mente in quei giorni.

"Anche noi cantavamo nei bar. Era divertente." Dice Josh, lasciandomi di stucco.

"Già, ma Alexander era un guastafeste. Non gli andava mai di accompagnarci." Borbotta di rimando Derek, passandosi una mano tra i capelli e finendosi di legare una fascia intorno al morso che ha ricevuto sulla gamba.

"Diceva che non voleva rendersi ridicolo. Sai che è un tizio orgoglioso." Lo difende Rick, smettendo di cantare.

"Lo so, ma si è rifiutato anche di provare una delle canzoni che avevo scritto. Avrebbe potuto fare uno sforzo."

"Aspettate." Li interrompo, mettendo le mani avanti. "Volete dire che Alex non ha mai cantato davanti a qualcuno?" chiedo, stupefatta. È impossibile. Quando ha cantato per me sembrava così a suo agio. Era come se gli uscisse spontaneamente dalla gola.

"Quando era piccolo il padre gli fece prendere lezioni di lirico, ma non gli è mai piaciuto molto." Vlad ridacchia, sistemandosi meglio sul sedile.

"Non lo avete mai sentito?" Inclino la testa di lato quando i Creed confermano i miei pensieri. "E come fate a sapere che è bravo?" C'è un attimo di silenzio generale, poi Derek si inginocchia sul sedile, guardandomi con divertimento.

"Beh, chi non canta sotto la doccia?" dice, alzando le spalle.

"Ma lui ha cantato davanti a me." I ragazzi mi guardano, prima di scoppiare a ridermi in faccia. Josh sta addirittura lacrimando, e Guido è caduto all'indietro, tenendosi la pancia dalle risate. Ringhio per la rabbia e stringo i pugni, fulminandoli tutti con lo sguardo. "Smettetela! È vero!"

"Senza offesa, Kirsten" Derek riemerge dal sedile, asciugandosi un occhio con teatralità "ma, per quanto possa amarti, Alex non canterebbe mai davanti a nessuno. È più forte di lui. Detesta essere umiliato, e cerca di evitare le situazioni spiacevoli."

"Sto dicendo la verità, e posso dimostrarvelo." Lo sfido, socchiudendo gli occhi. Lui porta una mano in avanti, agitandola e continuando a ridere.

"Lascia stare. E' una battaglia persa. La gente canta quando è felice, e Alex...beh...diciamo solo che un tipo piuttosto complicato." Apro la bocca, ma la richiudo prontamente vedendo i loro sguardi. Non riuscirei mai a convincerli di quello che è successo. Mi toccherà passare per una bugiarda. Mi scaldo le braccia con le mani e guardo fuori dal finestrino, notando che il verde delle periferie sta lentamente prendendo piede oltre i bordi della strada. Tra poco dovremo essere di nuovo in quel paesino tra le montagne, e potrò dare la cura a quell'usignolo mancato. "Mystic, a questo punto spero che rimarrete per la festa di Alex." Esclama dopo un po' il brunetto, guardandoli con quei due innocenti occhi azzurri. Guido ricambia con lo stesso sguardo, solo più duro e crudele. E pensare che la prima volta che l'ho visto stavo per saltargli addosso.

"Manca solo una settimana. Forse potremo prenderci qualche altro giorno di vacanza. Che ne dite, ragazzi?" Il resto del clan si guarda per qualche istante, poco convinto.

"Ma Guido, dovremo dire agli altri che tuo frat..."

"Coraline. Avremo tutto il tempo per piangere sulla sua tomba, ma ormai siamo qui. Perché perderci una festa grandiosa? E poi tu adori i compleanni."

"Beh, se la metti così allora okay." Dice, torturandosi una ciocca di capelli biondi. D'istinto mi giro verso di lei e le metto una mano sulla spalla, poi guardo il moretto, che però adesso sembra improvvisamente affascinato dal paesaggio circostante. Abbandono ogni speranza di farlo ragionare e mi siedo di nuovo al mio posto, chiudendo gli occhi. Passa una buona mezz'ora, ed io inizio a sentire un lieve dolore ai polsi, nei punti in cui Leila ha stretto la presa.

"Quanto manca ancora?" chiedo, impaziente di arrivare a destinazione. Mi massaggio le parti lese, attendendo una risposta.

"Una mezz'ora. Tranquilla, siamo in perfetto orario." Dice Rick, fermandosi ad un semaforo. Comincio a sentire anche un piccolo disturbo allo stomaco, che piano piano va a prendere il resto del corpo, come se si stesse espandendo a macchia d'olio sui miei muscoli. È solo un fastidio da niente, ma mi da sui nervi. Agito una mano davanti al viso, iniziando a sudare.

"Voi non sentite caldo?" chiedo, continuando a sventolarmi. Domanda stupida da fare a dei morti. Rick guarda il contatore digitale davanti a lui, alzando un sopracciglio.

"Kirsten, fuori ci sono tre gradi." Dice, tornando con lo sguardo sulla strada. Mi tolgo il giubbotto, rimanendo con il maglione e continuando a farmi vento. Oddio, sto entrando in menopausa a diciassette anni? Che traguardo!

"Stai bene?" chiede Coraline, vedendomi agitata.

"Sto scoppiando dal caldo, e ho male dappertutto. Devono essere le botte che ho preso oggi." Lei annuisce e si morde il polso, porgendomelo e dicendomi di bere. Faccio come mi dice, sperando che il fastidio passi in fretta. Mi asciugo le labbra scarlatte e lego i capelli in una coda di cavallo alta.

"Va meglio?"

"Un po'." Mento spudoratamente. Per farmi contenta Rick accende l'aria condizionata, ma io sono come impazzita e mi tolgo anche il maglione, ringraziando Dio mentalmente per avermi fatto indossare una T-shirt sotto.

"Evvai! Spogliarello." esclama Guido, ricevendo solo occhiatacce. Chiudo un occhio e mi detergo il sudore dalla fronte. Coraline mi porta una mano alla fronte, ma la stacca subito.

"Mamma mia! Kirsten, tu scotti."

"E' impossibile. Il tuo sangue avrebbe dovuto guarire anche un'eventuale influenza." Dico, toccandomi a mia volta. È vero. Sono rovente e ho dolori dappertutto. Chiudo gli occhi per calmarmi un attimo, sentendo le voci farsi più attutite. Quando li riapro però una scena mi passa davanti, come se fosse una macchina sull'autostrada. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, e mi porto una mano alla bocca mentre James mi scuote per le spalle. "Alexander. Cazzo! Rick, accelera!" grido, allungandomi verso di lui e indicando l'acceleratore.

"Cosa hai visto?" chiede Josh, improvvisamente allarmato.

"Non ne sono sicura. Credo fosse..." Vengo interrotta dallo squillare fastidioso di un telefono. Derek afferra il suo smartphone e guarda il nome lampeggiante.

"E' Caleb." Dice velocemente, prima di rispondere. "Ehi, amico... aspetta, calmati e dimmi che sta succedendo." Il sorriso gli scompare al volto con una lentezza straziante, mentre i miei dolori e il caldo cessano di colpo. Faccio un respiro di sollievo, prima di sentire una voce nelle orecchie.

KIRSTEN!

Mi guardo intorno, cercando di capire chi mi abbia chiamato. Sono tutti concentrati sulla chiamata di Derek, e nessuno sembra aver aperto bocca. "Cosa? E' impossibile! Avevamo ancora tempo!" grida Derek ad un tratto, e vedo i suoi occhi farsi lucidi e riprendere un guizzo di vitalità. "Ti stai sbagliando!"

"CAZZO DEREK, NON C'E' NESSUNO SBAGLIO! STA MORENDO! LE POZIONI NON HANNO PIU' EFFETTO!" La voce di Caleb supera la cornetta e arriva anche alle mie orecchie, spezzata e furiosa.

"Ma noi siamo ancora lontani. Quanto tempo rimane?" Fissiamo tutti il telefono, senza sentire la risposta. "E' troppo poco. Noi non..." Derek si passa una mano sul viso, fermandola sugli occhi. "Digli di aspettare! Fa qualcosa. Noi siamo lì tra pochissimo."

"Derek, lui... non apre più gli occhi." Il mio respiro si fa più pesante. Non può essere. Dopo tutta questa fatica lui non può morire! Me lo deve! Lo deve a tutti noi! Strappo il telefono dalla mano di Derek, sentendo le lacrime che premono per uscire. Non questa volta.

"Caleb! Metti il telefono accanto all'orecchio di quel coglione. ORA!" Lui non protesta, e sento delle interferenze nel segnale, prima che mi dia il via per parlare. "Alexander, so che puoi sentirmi razza di rincretinito. Apri gli occhi e parlami, hai capito? O quando arrivo lì facciamo i conti." Grido al telefono, attirando l'attenzione degli altri. Sento qualcosa muoversi dall'altro capo.

"Sei sempre così gentile, tesoro." La sua voce è quasi irriconoscibile per quanto è flebile, ma non posso confondermi. È lui. Mi ha risposto. La mia bocca si apre in un sorriso, ed istintivamente inizio a ridere come una pazza, alzando un pollice per indicare agli altri che parla ancora.


Alexander's POV

"Rimani sveglio ancora un po', okay? Noi siamo vicino a Canton." Dice, usando un tono più rassicurante. Ridacchio, ma i polmoni mi fanno talmente male che ci rinuncio.

"Non ce la faccio più. Ho sonno." Sbadiglio, parlando sempre più lentamente. Le palpebre sembrano piombo, e Caleb continua a tirarmi schiaffi da mezz'ora. Magari lo riammazzo dopo il pisolino.

"Ascoltami. È importante che tu rimanga sveglio. Parla con me. Che sta indossando Tania?" Tipica domanda da ragazze. Cerco di concentrarmi su Covach, provando a mettere a fuoco la sua figura girata.

"Ehm...una gonna a vita alta, con i poise bianchi. Una maglietta blu e delle calze nere. Potresti mettere anche tu una gonna ogni tanto." Dico, sapendo di farla infuriare. C'è una piccola pausa dall'altra parte.

"Scordatelo. Piuttosto il martirio." La sento ridacchiare, ma è tesa. Vorrei che tornasse in fretta. Non mi interessa se ha la cura. Mi basterebbe dirle addio.

"Esagerata." Dico, ma la parola è spezzata da un colpo di tosse. Caleb mette il vivavoce e poggia il telefono accanto alla mia testa. Sono stato slegato e coperto per bene, visto che stavo letteralmente congelato. Ormai non sento più le gambe, come se fossi paralizzato, e la febbre aumenta ancora. Non credevo fosse possibile stare così male. Almeno le allucinazioni sono sparite, o almeno credo. Non ne ho da ieri.

"E Caleb? Josh vuole sapere se ha toccato la sua chitarra." Sento il telefono muoversi, e poco dopo la voce del biondo mi perfora i timpani.

"Giuro che se ha fatto qualcosa a Tiffany lo imbottisco di verbena." Scoppio a ridere vedendo la faccia scandalizzata di Caleb.

"No. Non ha fatto niente. L'ho tenuto d'occhio tutto il tempo." Questa risposta mi fa meritare una botta sulla testa da parte del mio amico. Dopo una dura lotta, Kirsten riesce a riprendere possesso del telefono.

"Hai degli amici insopportabili, Flinn."

"E lo dici a me? Qui c'è Cal che continua ad imbottirmi di medicinali."

"Sei un ingrato." Sibila l'interessato, facendomi ridere ancora. Sento anche gli altri ridere e non posso fare altro che pensare che se la caveranno anche senza di me. Succederà come ai Mystic. Caleb, essendo il secondo più anziano, prenderà le redini dei Creed. Andrà tutto bene. "Ehi, amico, non dormire. Resta con noi." Lui mi schiaffeggia ancora, e giuro che se non fosse per i dolori lo avrei già dissanguato a morte.

"Mi lasciate da solo. Cinque minuti." Imploro, e Caleb annuisce, allungando un pugno che riesco a ricambiare.

"Ciao, Alex. Ci vediamo dopo." Dice, prima di uscire con Tania da quella porta. Sorrido e mi avvicino al telefono.

"Kirsten."

"Dimmi." Respiro per calmarmi, chiudendo gli occhi e sentendoli bruciare.

"Sto veramente morendo dal sonno."

"Non stare sempre a lamentarti. Andrà tutto bene. Me lo hai detto tu." Beh, mentivo.

"Ti amo."

"Alexander... ti prego. Aspettami." Sorrido e scuoto la testa, stupito di fronte a tanta determinazione. Perché lo sono ancora? Lei è Kirsten. Se si trova la parola "testardaggine" sul vocabolario, probabilmente ci sono le nostre due foto.

"Buonanotte, Kirsten." Chiudo gli occhi e tutti gli avvenimenti di questi ultimi mesi mi tornano alla mente. Quella mattina nel liceo, l'arrivo dei Lupi e dei Portatori, le battute, le stronzate, i miei amici, i Mystic, tutti i pericoli, le volte in cui abbiamo rischiato di rimanerci secchi. Ce l'abbiamo sempre fatta, ma questa volta un pezzo è rimasto indietro. Forse per un vampiro non è possibile tornare ad essere umano, altrimenti il gioco non sarebbe divertente. Siamo creature malefiche, fuochi spenti, ma Kirsten è riuscita a riaccendere anche quell'unica scintilla rimasta viva tra la cenere. Non mi è dispiaciuto averla incontrata, perché con lei ho iniziato a vivere di nuovo. Morire non mi fa più così paura. Sono scappato dalla morte per così tanto tempo, che mi ero dimenticato quanto fosse bella quella luce bianca. Assomiglia ad una porta spalancata in mezzo ad un bosco. Mi guardo intorno, beandomi del verde che mi circonda.

"Alex." Aggrotto le sopracciglia e guardo giù, sentendo i pantaloni tirare. Una bambina di non più di quattro anni mi sta guardando, tendendomi una mano. La guardo attentamente, senza capire cosa voglia, poi una lampadina da 500 watt mi si accende nel cervello, ed io collego subito quel nomignolo assurdo che nessuno pronunciava più da secoli.

"Jennifer?" chiedo, sbarrando gli occhi. La piccola annuisce, ed io la prendo in braccio, facendola girare più volte e iniziando a ridere. Ora mi sento meglio. Il dolore è scomparso. Posso muovermi, e non ho più fame. Mi tocco la bocca con la mano, e sento i miei denti tornati normali. Faccio la prova per far uscire i canini, ma le mie dita incontrano solo il vuoto. Guardo il mio stomaco alzarsi e abbassarsi, e in un primo momento ne rimango spaventato, prima di ricordarmi come si fa a respirare. Sono un umano?

"Mi sei mancato tanto, fratellone." Mi porta le braccia intorno al collo e mi stringe forte, interrompendo i miei pensieri.

"Anche tu, pulce." Alzo lo sguardo dal suo abbigliamento bianco latte, e vedo altre due ragazze vestite allo stesso modo, di diversa statura ed età. La più bassa mi abbraccia a sua volta, mentre l'altra rimane a guardarmi, con le braccia conserte.

"Ti avevo detto di non uscire, quel giorno. Guarda in che situazione ti sei cacciato." Lascio andare Rose e Jennifer, incamminandomi verso mia sorella maggiore a testa bassa. Già, ora ricordo. Quando morii a causa di un colpo di pistola stavo andando da Leila. Prima ricordavo vagamente quell'avvenimento, invece adesso è limpido nella mia mente. Ogni cosa.

"Scusami, Genevieve."

"Non hai capito niente, fratellino. Credi di cavartela così a buon mercato, adesso?" La guardo senza capire, aggrottando le sopracciglia. Lei alza gli occhi al cielo e guarda verso la porta bianca, dalla quale appaiono altre quattro figure. Riconosco la prima coppia e rabbrividisco vedendo i volti dei miei genitori. Mia madre apre le braccia e mi guarda, con il sorriso sulle labbra. Mi avvicino piano, e quando sono ad un passo da lei, si inclina verso di me e mi abbraccia senza dire nulla. Mio padre mi passa una mano tra i capelli, guardandomi con severità.

"Ti sei dato alla pazza gioia, figlio mio." Dice, con rimprovero. Ma guarda tu se devo essere sgridato anche in punto di morte! Perché è questo che mi sta succedendo. Sto morendo, ed è una sensazione piacevole malgrado tutto.

"Già." Abbasso lo sguardo, incapace di mantenere il suo. Non lo sapevo fare neanche da vivo. I due tizi accanto a loro si avvicinano ancora, guardandomi con un misto di incredulità e pace. "Vi conosco?" Domanda stupida. Mentre li sto vedendo al mio capezzale, devo per forza conoscerli.

"Direi di sì, Flinn. Se non fossimo morti, saremo i tuoi futuri suoceri."

"EH!?" Oh mio Dio! Un momento. Ho detto quella parola con la D. La lingua non si inceppa e non brucia. La gola è apposto. Dio. Dio. DIO! Ah-ah! Finalmente. Mi era mancata questa parola. Aspetta, Alex. Torna alla realtà. Stai parlando con due delle tue vittime. Ora ricordo dove li ho visti. Prima in quell'appartamento a Stratford, e poi nelle numerosi allucinazioni di questa settimana. Erano pieni di sangue, e volevano me. Volevano uccidermi con le loro mani, proprio come avevo fatto io con loro.

"Siamo i genitori di Kirsten e James." Dice l'uomo, dando ragione ai miei pensieri.

"Ehm, voglio iniziare col dire che mi dispiace per avervi mandato qui, ma non ero in me quel giorno." Inizio, alzando le braccia per difendermi.

"Sappiamo tutto, e in parte è colpa nostra." Il signore davanti a me guarda a terra, sospirando. "Non siamo arrabbiati con te, tranquillo, ma lo saremo se adesso non torni dritto da dove sei venuto. Nostra figlia ci ha fatto questa richiesta, e noi dobbiamo accettarla."

"Non capisco..." dico, guardando le mie sorelle. Sorridono e annuiscono, quasi volessero darmi il loro consenso. Ma per cosa? La donna si avvicina a me e mi mette una mano sulla spalla.

"Kirsten ha sofferto fin troppo. Non puoi morire anche tu, ragazzo. Abbiamo visto come la rendi felice, e noi non avremmo potuto fare di meglio. Torna da lei e dille addio di persona." Caccio un sorriso pulito e a trentadue denti, prima di capire il significato delle ultime parole.

"Dirle addio?" chiedo, facendo un passo indietro. L'atmosfera inizia a cambiare, e da calma e limpida sembra sporcarsi, perdendo un tono di lucidità. La porta si allontana improvvisamente da me, ma è l'unica cosa che si muove.

"Sì. Sappiamo che la ami, ma James ha ragione. Tornerai in vita e potrai rimanere con il tuo clan, ma ad una condizione. Fa la cosa giusta." Sbarro gli occhi e scuoto la testa, dimenandomi.

"Non potete chiedermi questo." Ringhio, irritato. Preferisco morire che tornare a vivere senza di lei. Non se ne parla. Il mio pensiero va per un attimo ai ragazzi rimasti al Rifugio. Davanti a me vedo passare i volti di Caleb, Derek, Joshua e Richard, che ridono e mi incitano a muovermi. Di andare da loro, che mi stanno aspettando ma io sono sempre troppo lento nel prepararmi. Un ricordo, forse. Oppure è stato questo strano posto. Stanno tentando di farmi il lavaggio del cervello. Devo resistere.

"Alexander, sappiamo che è difficile, ma è il vostro destino. Non potete cambiarlo. Non farla soffrire ancora, per favore." La donna mi guarda con le lacrime agli occhi, ed io faccio la stessa cosa. L'immagine dei miei amici si fa più forte, e si aggiungono anche Tania, Liz, i Mystic e tutti gli altri, ma Kirsten non c'è. "La tua vita è ricca, adesso. Nostra figlia ti ha aiutato a renderla tale. Adesso tocca a te ricambiare il favore."

"Ma io la amo." Provo a difendermi, sentendo le guance diventare più umide. Che ne sanno loro? Hanno fatto qualcosa per impedire alla loro figlia di essere manipolata e usata dalla sua famiglia? No. Sono stato io, insieme al mio clan e ai miei amici, e adesso dovrei mollare tutto? D'istinto le tocco, e vedo che le mie lacrime sono tornate trasparenti come una volta. Sono pulito. "Madre." Guardo mia madre, cercando un po' di appoggio almeno in lei, ma tutti sembrano della mia stessa opinione. Ho capito che non mi lasceranno mai passare oltre. È la mia punizione per tutte le cazzate del passato: vivere il mio futuro senza Kirsten. Mi volto anche verso le mie sorelle, e poi di nuovo verso i Donovan. Non posso, ma non ho altra scelta a quanto pare. "Va bene. Accetto." dico, stringendo i pugni e gli occhi. Quando li riapro, stanno sorridendo tutti, e una luce abbagliante mi entra negli occhi, accecandomi. Li copro con una mano, e riesco a sentire solo le voci dei miei genitori che dicono "ti vogliamo bene", prima di essere sostituite da singhiozzi trattenuti. La bocca mi si riempie di un sapore disgustoso, ed io apro gli occhi, diradando il buio che ho nel cervello. Distinguo piano tutti i contorni e le voci.

"Si sta svegliando!" Parlano di me? Aggrotto la fronte e sbatto le palpebre un paio di volte, ritrovandomi davanti tutti i volti dei miei amici. Derek, Caleb, Josh e Richard sono in cerchio sopra di me, insieme a tutti gli altri.

"Ehi, finalmente siete arrivati." Borbotto a bassa voce, ancora incapace di parlare correttamente. Rick sbarra gli occhi, e per un istante rimangono tutti in silenzio, poi alza le braccia e urla come un pazzo. Deve essere una specie di segnale d'attacco, perché mi ritrovo circondato da un ammasso di corpi freddi che mia abbracciano. "Cos'è tutta questa confidenza?" chiedo, scoppiando a ridere.

"Vaffanculo, Flinn. Ci hai fatto prendere un infarto!" Caleb si alza dalla mischia, prendendo la porta. "Vado ad avvertire Kirsten." Guardandomi intorno, mi accorgo che lei non c'è.

"Fermo." Allungo un braccio e mi libero dalle coperte, facendo cadere a terra quattro boccette di vetro, fortunatamente vuote. Mi sento rinato. Sono di nuovo forte. Di nuovo potente. Di nuovo io. "Vado io." Dico, in tono che non ammette repliche. Gli altri non proferisco ed io corro verso la porta, corro verso la porta, lasciandola aperta e raggiungendo velocemente il giardino. Trovo Kirsten rannicchiata sul ramo di un albero, che strappa foglie in preda alla rabbia e le getta a terra.

"Tutta questa fatica per niente!" ringhia, strappando l'intero rametto dell'albero e spezzandolo tra le dita. Mi fermo sul posto, in modo che non mi possa vedere. Da quello che ho capito, crede che io sia morto, e per qualche minuto lo sono stato davvero. "Non è giusto. È sempre in ritardo, cazzo. L'unica volta che sarebbe stato scusato, ha deciso di andarsene in anticipo!" Ehi! Sono morto, in teoria. Un po' di rispetto. Sto per salire e gridarle contro, quando la vedo rannicchiarsi su se stessa e stringere le gambe al petto. "Scusami, Alex." Singhiozza piano, come se non volesse farsi scappare quei suoni dalla bocca, ma questi siano troppo potenti per essere trattenuti del tutto. "Non sono neanche riuscita a salutarti come si deve. Avrei dovuto essere più veloce." sussurra, sferrando un pugno al tronco dell'albero. Faccio un mezzo sorriso e mi avvicino piano.

"Non ti hanno mai insegnato a rispettare la natura, Donovan?" Kirsten raddrizza la schiena, e si volta lentamente verso di me. Per un attimo la mia sicurezza vacilla quando vedo il trucco colato sulle sue guance, ma non mi scompongo.

"Flinn?" chiede, pulendosi con la manica del maglione. Tolgo le mani dalle tasche e mi indico.

"L'unico e solo." La vedo scendere con un balzo dall'albero, e avvicinarsi a me con passo incerto. Allunga una mano e me la posa sul viso, mentre i suoi occhi traboccano di lacrime.

"Non è vero." dice, iniziando a tremare leggermente.

"Kirsten, sono io. Dico sul serio."

"Ma...ma tu stai bene. S-sei veramente qui." Mi tocca le guance, il petto, i capelli.

"Sì." Ridacchio, prendendole le mani e poggiandole sui suoi fianchi. Stava per prendermi un occhio. Kirsten inclina la testa da un lato, poi la sua bocca si apre in un sorriso, che cresce in una risata fragorosa. Fa la cosa giusta. No! Mi sono rotto le palle di gente che mi dice cosa fare. Puoi bere solo sangue. Puoi essere solo un assassino. Devi camminare nell'ombra. Devi guidare questi ragazzi. Devi. Devi. DEVI. Io non devo fare niente. Prendo la testa di Kirsten e la unisco alla mia, baciandola con foga. Mi dispiace, ma continuerò ad essere un egoista schifoso. Perché Kirsten è la mia vita, ed io non posso andare avanti senza. Mentre sento di nuovo il sapore della mia ragazza, solo poche parole mi ronzano in testa, urlate a ripetizione come una specie di avvertimento per chi mi sta intorno.

Alexander Flinn è di nuovo in giro. E questa volta farò di testa mia.

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