Capitolo 35
Nella foto: Alexander Flinn
Chiudi gli occhi, e guarda il cielo. Se il giorno sarà splendente, lo sarà anche il tuo futuro. Ma se il giorno volgerà a tempesta, così sarà anche la tua vita.
(Cime tempestose, Emily Bronte)
Kirsten's POV
Alexander mi guarda dall'alto in basso, facendo un sorriso furbo che io non vedo. Sono troppo impegnata a guardare l'imponente monumento che ho davanti.
"Non saremo un po' troppo in alto?" chiedo, dando un morso al trancio di pizza preso ad un locale vicino alla Fontana di Trevi. Alex mi mette una mano intorno alla spalla.
"Naaah. Roma è bellissima vista da questa angolazione. Ne vale la pena."
"Una bella vista non vale sei mesi di prigione e una denuncia."
"Vuoi scommettere?" La sua resa si salda su di me e le dita mi scavano quasi nella carne. China le ginocchia e spicca un balzo verso l'alto, trascinandomi con lui. Quando il mio sedere tocca finalmente la pietra nuda, tiro uno spintone al vampiro, che cade all'indietro ridendo.
"Mi hai fatto prendere un colpo." Se non avesse già rischiato di morire oggi, lo ucciderei con le mie mani. Lo vedo rialzarsi e spolverarsi i pantaloni con una mano, continuando a ridere.
"Andiamo. Di' che ti sei divertita." Mi punzecchia, sedendosi accanto a me e facendo penzolare le gambe nel vuoto.
"Non è questo. Non dovresti fare certi sforzi." Lo sgrido, tirandolo per il giubbotto di pelle e avvicinandolo a me. Lui si scosta e alza gli occhi al cielo.
"Sto bene, Kirsten. Non fare la mamma." Mi prende in giro, scompigliandomi i capelli.
"Sì, sì. Bevi, su." Gli indico il bicchiere da frappè che tiene in mano, e lui sbuffa prima di prendere due sorsi. La cannuccia si sporca ben presto di liquido rosso, che gli finisce in bocca, facendogli fuoriuscire i canini. Non avrei mai pensato che avrei incitato un vampiro a nutrirsi di sangue umano, ma ha bisogno di riprendersi, e Guido è stato così gentile (si fa per dire) da uccidere qualche senzatetto per far mangiare questo ingrato. All'improvviso lui gira lo sguardo e mi becca a fissarlo. Sorride e mi porge il bicchiere.
"Vuoi assaggiare, per caso?" ridacchia e mi orge la cannuccia sporca, che io allontano con disgusto con tutto il bicchiere.
"No, tu vuoi della pizza?" gliela sbatto sotto al naso e lui emette un suono simile ad un ringhio, guardandola con desiderio. "E' triste. Guardi meglio questa pizza di me." Mormoro, mettendo il broncio. Lui abbassa il cibo e mi guarda, continuando a sorridere.
"Perché siete molto simili. Siete buonissime, appetitose, belle da vedere, ma posso assaggiarne solo un pezzetto." Detto questo spezza un po' della pasta con il sugo e se la ficca in bocca, ingoiando senza masticare. Si passa la lingua sulle labbra e si porta una mano allo stomaco. "Mmmh, forse non vomiterò. Si vede che con il tempo ci si abitua."
"Wow, come sei poetico. Mi hai appena paragonato ad una pizza." Dico sarcastica, poggiando il mento su una mano. Lui mette una mano sul cuore e guarda il cielo.
"Mi vengono così. Sono un genio per natura." Scoppio a ridere e gli tiro una leggera spinta, subito ricambiata. All'improvviso Alex guarda verso il basso, e il suo sorriso diventa statico, mentre continua a giocherellare con il bicchiere che porta in mano. "Il mondo ai miei piedi..."
"Cosa?" Lui rinviene al suono della mia voce, e torna a fissarmi.
"Niente. Pensavo ad una cosa che mi ha detto mio padre." mormora, desideroso di cambiare argomento. Io invece sono decisa a continuare su questo fronte.
"E cioè? Dai, Flinn. Non mi piace strapparti le parole di bocca."
"E allora non dovresti insistere quando uno non vuole parlare." Sbotta, aggrottando le sopracciglia e sbuffando. Crede che la smetterò così facilmente? Praticamente ho inventato io questa tattica. Finisco di mangiare, in modo da far passare qualche minuto di silenzio pressante. Continuo a fissare le piccole luci che costituiscono la Città Eterna, seguendo qualche passante a caso con lo sguardo. Mi chiedo sempre dove vadano. Come sia la loro vita. Cosa stiano facendo mentre camminano. Forse ci sono altre persone come me. Quelle che all'apparenza sembrano normali, ma che in realtà nascondono un'esistenza di inferno. Guardo di sottecchi il ragazzo accanto a me, che giocherella ancora con il bicchiere. Osservo il suo profilo da diciannovenne, la pelle liscia e sbarbata, il ciuffo portato in alto per la moda di oggi, e giungo alla conclusione che ci sia gente così. Me ne sono sempre circondata, senza in realtà capirli a fondo. Bloccati per l'eternità in un corpo statico, condannati a provare tutto nella vita finché non rimarrà più niente a divertirli. E allora... niente. Continueranno a ripetere sempre le stesse cose, in un orrendo ciclo, fino a quando non ne avranno abbastanza e desidereranno la morte, senza che questa arrivi mai. "Quando ero piccolo mio padre mi portò a cavallo, in un posto in collina vicino Bradford." Sobbalzo e torno a guardare Alexander, che però sembra più interessato alle sue scarpe. "Avevo solo dieci anni. Ero stanco e volevo andare via, ma lui ha insistito per portarmi fin sulla cima della collina più alta. Insisteva sempre." Fa un mezzo sorriso, stringendo di più la presa sul contenitore di plastica. "Comunque alla fine ce l'ho fatta. Era verso il tramonto, e la vista era mozzafiato. Mio padre mi guardò e mi disse..." Si schiarisce la voce, raddrizzando le spalle e assumendo un'espressione fintamente seria. "Figliolo, è bello stare qui in cima, vero? Ricordati questa sensazione di potenza che stai provando ora, e non permettere a nessuno di metterti i piedi in testa. Ricordalo, Alexander. Il mondo è ai tuoi piedi. Aspetta solo il tuo schiocco di dita per mettersi in moto." cita a memoria, poi sospira.
"Beh, aveva ragione. Guarda dove sei. Non c'è nulla sopra di te." Indico il cielo con un dito. Neanche una stella è visibile, e questo avvalora la mia tesi. "Sembra davvero di essere sul tetto del mondo." Dico, più a me stessa che a lui. Non credevo di poter avere momenti così filosofici, o almeno di avere la forza di volontà per non rovinare tutto con una stupida battuta. Quando smetto di guardare il cielo incontro lo sguardo scuro di Alex, che si passa un dito sulle labbra, guardandomi.
"Io avevo già tutto il mondo sotto le scarpe. C'era solo una persona che non ero riuscito a calpestare, e che mi ha buttato a gambe all'aria." ridacchio e gli passo una mano tra i capelli, sentendoli appiccicosi.
"Bleah, ma quanta lacca usi!?"
"Ehi, i capelli sono importanti per un uomo."
"Ma non credevo lo fossero anche per un vampiro." Mi lamento, pulendomi sui miei pantaloni. Alexander scoppia a ridere un'altra volta, abbracciandomi e dandomi un bacio rumoroso sulla fronte.
"Quanto ti amo!" Mi ritrovo con la guancia premuta sul suo petto, a ridere come una stupida. Si alza e mi prende in braccio, mettendosi sul bordo del muro caduto del Colosseo. "EHI, ROMA! ASCOLTAMI BENE. IO AMO QUESTA RAGAZZA, MI HAI CAPITO?"
"Alex! Oddio, mettimi giù." Mi afferro al suo collo, continuando a ridere. Lui non mi ascolta e fa un giro su se stesso, rimanendo sempre su quel piccolo e sconnesso bordo. Da sotto si sentono delle urla e qualche applauso, ma io non ci faccio caso, avvertendo solo il mio respiro accelerare e i muscoli facciali farmi male per il troppo ridere.
"Perché? Non ti piace il gusto del pericolo?"
"Diciamo che in questi giorni ne ho avuto anche troppo."
"Okay. Come vuole lei, mademoiselle." Fa un salto all'indietro e, con mio grande sollievo, torna all'interno del monumento, oltre le gradinate. Mi ritrovo di nuovo in piedi, a fissare questo strano e pazzo essere davanti a me.
"Sei fuori." Dico, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
"No. Sono eterno, e felice." Mi avvicino a lui e lo abbraccio forte, lasciandogli un bacio veloce e poi facendo toccare i nostri nasi.
"Ti mostro una cosa." Dico, e prima che possa fermarmi gli afferro il polso e lo porto dall'altra parte della strada circolare. Alexander si lascia trasportare, ridendo e chiedendomi continuamente cosa debba fargli vedere. Mi fermo davanti ad una croce gigante, illuminata agli angoli da due faretti blu incassati nel pavimento. Alex la guarda ed istintivamente caccia i canini e arretra, guardandomi confuso. Gli prendo la mano per calmarlo, sorridendo. "Ho sentito dire che chiunque esprimesse un desiderio davanti a questa croce, poi lo abbia visto realizzarsi davanti ai suoi occhi. Ovviamente sono solo leggende, come la storia dei lucchetti, ma ho pensato che potesse essere divertente." Alex fa una smorfia, guardando l'enorme effige in metallo davanti a lui.
"Kirsten, sai che io non..."
"Aspetta." Faccio sovrapporre il palmo della sua mano con il dorso della mia, scoprendola un po' più grande. Intreccio le nostre dita, girandomi e facendogli l'occhiolino prima di poggiare la mia mano sull'acciaio freddo. Anche i suoi polpastrelli toccano la croce, e Alexander chiude gli occhi, preparandosi ad una fitta di dolore.
"Ma cosa...? Come mai non brucia?" chiede, evidentemente sorpreso. Faccio l'occhiolino e mantengo la presa, avvicinando si più il mio corpo al suo.
"E' un trucco che mi ha insegnato mio zio. Un'anima pura annulla un'anima eterna, creando una sola anima mortale. Filosofico, eh?"
"Già." mormora, sovrappensiero. Sento la sa mano che mi stringe la vita.
"Contento? Così adesso anche tu puoi esprimere un desiderio." Io so già cosa voglio. Chiudo gli occhi, facendo un debole sorrido. Sento Alexander fare altrettanto, poggiando il mento sulla mia spalla. Vorrei che la mia vita fosse normale. Vorrei rimediare agli errori del passato. So che non si possono esprimere due desideri, ma lascio a Dio il duro lavoro di decidere quale esaudire. Sposto lo sguardo su Alex, che ha ancora gli occhi chiusi. Gli accarezzo la testa e lui apre gli occhi, togliendo la mano dalla mia. "Cosa hai desiderato?" Lui si porta un dito davanti alla bocca.
"Non si dice." Sussurra.
"Non riguardava mica qualcun'altra, vero?" Aggrotto le sopracciglia, sentendo improvvisamente qualcosa di bollente punzecchiarmi lo stomaco.
"Donovan, sei gelosa?" chiede, sorridendo malizioso e mettendomi le mani sui fianchi. Io porto le mie intorno al suo collo e mi alzo sulle punte.
"No, Flinn. Non sono mai gelosa."
"Certo, come no. Ed io ho veramente diciannove anni."
"Fottiti, Alex." Lo guardo accigliata, fingendomi arrabbiata. Mi stacco da lui, voltandomi e incrociando le braccia con fare offeso. Alexander fa il broncio e infila la testa nell'incavo del mio collo, strofinandomi la pelle con la punta del naso.
"No, dai. Non ti arrabbiare." mormora, come se fosse una cantilena. Alzo gli occhi al cielo, e dopo qualche secondo lo allontano, prendendogli il viso e baciandolo. Lui rabbrividisce, come ogni volta prima di toccarmi. È come se avesse paura di farmi del male. dovrebbe sapere che non sono una creatura fragile. Andiamo, l'ho quasi ucciso per una dozzina di volte!
"Alex." Lo allontano con le mani, e lui fa uno sbuffo lamentoso. "Cosa c'è che non va?"
"Niente."
"Smettila, pipistrello. So riconoscere quando cambi umore. Ti ho studiato per anni, ricordi?"
"Oh certo. Come dimenticare gli anni di stalker a mia insaputa?" sibila sarcastico. Lo ignoro e continuo a guardarlo, premendogli le guance contro le mie mani.
"Cos'hai?" chiedo di nuovo, aggrottando le sopracciglia. Lui apre la bocca per rispondere, poi però alza la testa di scatto, guardandosi intorno come un cane.
"Non è possibile." Il suo sguardo diventa agitato, e torna a guardare me. "Nasconditi dietro quella colonna, e non uscire per nessuna ragione."
"Non se ne parla. Che succede?"
"Non c'è tempo. Promettimi che non uscirai."
"Io non..."
"Kirsten, ti prego." Mi guarda disperato, continuando a tendere le orecchie. "Va via." Annuisco e mi metto a correre, andando a ripararmi dietro la colonna che mi è stata indicata. Provo a cercarlo con lo sguardo, ma la croce mi copre la visuale. Mi siedo a terra e porto le gambe al petto, chiedendomi cosa stia succedendo. A quanto pare Dio ha deciso di non esaudire il mio primo desiderio.
Alexander's POV
Non appena la chioma di Kirsten scompare dietro al muro antico, mi volto, trovandomi davanti quello che avevo avvertito poco tempo prima. Due piccoli occhi gialli mi fissano diabolici, sovrastando un'enorme bocca zannuta.
"Sei un ibrido?" chiedo, mantenendomi calmo.
"Sì, e voglio farti sapere che non ho niente contro di te, o contro la Cacciatrice."
"E allora perché sei qui?"
"Perché questi sono gli ordini, ed io non posso disubbidire. È più forte di me." Annuisco, portando un piede indietro.
"Va bene, allora scusami se ti ucciderò." Il lupo ringhia contro di me ed io caccio i canini, soffiandogli contro. Non riesco a concentrarmi. Penso solo a Kirsten, sperando che non abbia deciso di fare di testa sua. Se rimane lì dietro sarà al sicuro. Sì. Devo pensarla così. Concentrati, Alexander! Scuoto la testa e avverto uno spostamento d'aria alla mia destra. Scarto dall'altra parte e vedo di sfuggita il pelo irto del lupo sfiorarmi il braccio e la sua figura finire sulle inferriate rosse messe ai lati della strada. Ho sempre voluto fare il gladiatore quando ero piccolo, e adesso sono nel Colosseo a lottare contro la belva feroce. Se la situazione non fosse critica, sarei super eccitato. "Toglimi una curiosità. L'altro Portatore come ha preso la dipartita di sua sorella?" lo sfotto, afferrandolo per il collo e lanciandolo contro la parete. Il lupo torna nella sua forma umana, restringendosi e raddrizzando la spina dorsale. Mi guarda con la coda dell'occhio, poi sorride.
"Perché non glielo chiedi?" Sbarro gli occhi, sentendo il fiato caldo di qualcuno sul collo. Giro solo la testa, sussultando quando trovo il viso di Cory a pochi centimetri dal mio. Non ho il tempo di aprire bocca, e neanche di accorgermi di quello che sta succedendo. Vengo afferrato per il braccio e scaraventato al centro dell'anfiteatro, cadendo per alcune decine di metri prima di raggiungere la sabbia. La mia schiena protesta e si spezza, lasciandomi immobilizzato per qualche minuto. Dannazione! Sono ancora troppo debole. Invio un breve segnale di soccorso ai vampiri più vicini, ma vengo interrotto da un'altra figura, che cade in piedi davanti a me, sollevando un po' di polvere. Cory mi prende per il collo, alzandomi e guardandomi con odio.
"L'hai uccisa?" urla, rosso per la rabbia. Faccio un sorrisetto e scuoto la testa.
"E' tornata a casa." La presa intorno alla carotide si stringe, e io sussulto appena, senza volergli dare soddisfazione.
"Bastardo. Lei doveva rimanere con me."
"Se vuoi puoi raggiungerla." Dico, continuando a sorridere malamente. Cory non la prende molto bene e apre la bocca, mostrandomi le zanne.
"Ho un idea migliore, vampiro. Che ne dici se mi prendessi la mia vendetta su di te?" Strabuzzo gli occhi, mettendo entrambe le mie mani sulla sua e cercando di staccarla. "Vediamo un po'. Potrei iniziare con l'uccidere i tuoi amichetti, poi passerei alla rossa. Magari la terrò con me. Mi piacerebbe una schiavetta personale."
"Toccala con un dito e ti ammazzo." Sibilo, anche se non sono in condizione di minacciare.
"Allora dovrò prima farti fuori, ma così sarebbe troppo semplice. Vediamo un po'..." fa due calcoli a mente, facendomi infuriare ancora di più. "Diciamo che ci vorranno... sì... quattro o cinque giorni per fare tutto. Credo che sia perfetto." Spalanca la bocca e mi affonda le zanne nel braccio, muovendo la testa per lacerarmi meglio il muscolo. Grido per il dolore, sentendo il morso pulsare e bruciare sulla mia pelle. Un altro grido si unisce al mio, e vedo Cory cadere a terra, svenuto. Cado a terra e mi corpo la ferita con una mano. Kirsten è dietro al corpo, con il fiatone e una pietra in mano, sporca di sangue. Mi guarda con soddisfazione, allungandomi una mano.
"Allora? Chi è che doveva andare via?" dice, sorridendo. Accetto il suo aiuto, affrettandomi a coprire il morso con la manica del giubbotto.
"Touché." Guardo il corpo a terra, vedendo arrivare Guido e altri cinque vampiri.
"Perché devi fare sempre casino, Flinn?" Lo fulmino con lo sguardo, dicendo agli altri di prendere il corpo e portarlo a Victor. In questo modo anche l'altro Portatore scomparirà. Non posso credere che questo incubo stia per finire. Alcuni hanno fiutato il lupo mannaro, e adesso sono saliti per finirlo. Kirsten si copre le orecchie per non sentire le grida di dolore, lamentando un forte mal di testa. Decidiamo di tornare all'hotel, per poi partire domani mattina. Non vedo l'ora di essere a casa e dare agli altri la notizia. I vampiri di prima scompaiono, potandosi dietro il corpo del Portatore e canticchiando una canzone di vittoria. Vedo Guido squadrarmi un attimo, alzando un sopracciglio.
"Stai bene? Sembri sudato." Alzo gli occhi al cielo e annuisco.
"Ho appena fatto fuori un ibrido e un Portatore. È logico che io sia sudato." Guardo Kirsten, affiancata al moretto, che mi fissa con le braccia conserte. Dopo un silenzio quasi eterno, Guido alza le spalle.
"Sarà. Dai, andiamo."
Kirsten's POV
Alexander mi sembra strano. Forse è affaticato e ha bisogno di mangiare. Lo vedo in piedi, davanti all'armadio, mentre decide cosa mettersi domani per partire. È peggio di me, quando si tratta di vestiti. Non si è ancora tolto il giubbotto, e glielo faccio notare.
"Mh? Oh, non me ne sono accorto." Dice, sbuffando. Mi siedo sul letto, continuando a fissargli la schiena.
"Hai fame?" chiedo improvvisamente, vedendo leggermente spossato.
"Solo un po'. Ti dispiace prendermi qualcosa dal frigo, al piano di sotto?" Scuoto la testa ed esco dalla stanza, sovrappensiero. Non credo di essermelo immaginato. La sua voce era più rauca di qualche ora fa, come se faticasse a parlare. Deve essere per lo scompenso di energie. Non c'è altra soluzione. Un vampiro non può avere l'influenza. Scendo le scale ed entro nelle cucine, trovandole deserte. Devono aver eliminato tutto lo staff per questa riunione. Apro l'enorme frigo e trovo una montagna indicibile di sacche di sangue, suddivise in vari scaffali con l'etichetta che indica il gruppo sanguigno. Controllo fino a trovare il mio, e ne estraggo una, rigirandomela tra le mani. E' molle, e il liquido si muove al suo interno. Alzo le spalle. I gusti son gusti. Ne prendo un'altra per sicurezza e torno in camera, passando prima da Guido per lasciargli uno spuntino.
"Senti, Kirsten."
"Eh?"
"Non è sembrato anche a te che Alex sia un po' fuori forma?" Annuisco, rimanendo sulla porta e guardandolo finire il suo pasto. Con un gesto preciso fa cadere la sacca vuota nel cestino e si asciuga le labbra. "Non voglio trattenerti. Vai pure, ma cercate di non fare troppo rumore." Mi fa l'occhiolino ed io avvampo fino alla punta delle orecchie, uscendo e sbattendomi la porta alle spalle.
"Alex, credo che Guido stia peggiorando..." La sacca di sangue mi scivola dalle mani, cadendo a terra con un rumore sordo. C'è qualcosa che non va. Lo sento. Vedo la luce del bagno accesa, e mi avvicino lentamente, pronta ad attaccare qualsiasi pericolo. Da dentro provengono grida strozzate, come se qualcuno stesse annegando. Socchiudo piano la porta e vedo Alex riverso sul water, che vomita l'anima. Un liquido nero gli esce dalla bocca e finisce nel gabinetto, e lui tossisce e vomita ancora, senza accorgersi della mia presenza. Rimango per un attimo sulla soglia, indecisa su cosa fare. Entrare o fare finta di niente? È evidente che mi ha mandato via per non essere visto, ma nello stesso tempo non posso lasciarlo da solo in queste condizioni. Alla fine decido. Entro nel bagno e gli metto una mano sulla fronte, aiutandolo a tenere la testa dritta. Lui rabbrividisce al contatto, ma non ha il tempo di dire niente. Alza una mano e da lo scarico, sedendosi a terra e poggiando la schiena al muro.
"Vattene." Dice, senza guardarmi. Ha il fiato corto e sembra che senta dolore ad ogni mossa. Gli guardo il giubbotto e, in un impeto di rabbia glielo tolgo di dosso, rivelando una profonda ferita sul braccio. Lui mi guarda, con gli occhi lucidi per la febbre, ma la sua espressione non rivela nulla. Passo una mano sulla carne lacerata.
"Questo è un..." non riesco a terminare la frase, e gli occhi mi si riempiono di lacrime.
"Non è niente di grave." Mi rassicura, ma io scuoto la testa e lo allontano, andando a prendere un pezzo di garza per coprirla. Mentre lo medico sento le lacrime che mi bagnano le guance, andando a finire sul suo braccio.
"Dimmi che non è vero." sussurro, tirando su con il naso. La sua mano mi accarezza i capelli, scostandomeli dal viso.
"Mi dispiace." Mi da un bacio sulla fronte, ed io mollo la garze e lo abbraccio stretto, scoppiando a piangere sul suo collo.
"Giuro che non morirai. Noi dobbiamo rimanere insieme. Era il mio desiderio. Una vita normale." mormoro parole sconnesse, continuando a singhiozzare.
"Andrà tutto bene."
"Smettila di ripeterlo! Sei stato morso. Hai solo una settimana e poi... dannazione! Devi smetterla di sacrificarti per me. Non sono abituata a certe cose."
"Beh, ti conviene iniziare a farlo. Mi metterò sempre davanti a te, anche dall'aldilà. Sia chiaro." Alzo lo sguardo, incrociando quello sicuro di lui. Sta sorridendo. Sa di essere spacciato, eppure sorride. Perché?
"Ti aiuterò, Alexander. Okay? Domani torneremo a casa e finirà tutto. Starai bene." Lo vedo avvicinarsi a me e baciarmi, mettendomi una mano tra i capelli e l'altra sulla schiena. Mi beo in questa sensazione, cercando di assaporare ogni istante. Di imprimermi nella mente ogni sensazione, fino ad impararle a memoria.
"Non ne dubito. C'è la Cacciatrice con me." Lo aiuto ad alzarsi e lo spoglio, mettendolo a letto e sedendomi accanto a lui, accarezzandogli i capelli sudati finché non si addormenta. Continuo a piangere in silenzio, lasciando che le lacrime segnino anche le coperte, e riempiano il buio che sembra essere calato su Roma.
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