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«Chi ti dice che non lo useremo?»

Yoongi abbassò lo sguardo soltanto per maneggiare il profilattico usato e toglierselo, stando attento a farci un nodo alla fine una volta estratto, alzandosi con fatica e buttandolo nella pattumiera nella stanza.

Jimin osservò Yoongi mentre questo gli dava la schiena e si avvicinava alla scrivania: il braccio magro dell'artista venne infilato nel sacchetto di carta appoggiato sopra il piano di legno, il gigolò si morse il labbro inferiore eccitato e preoccupato assieme, ma la sua paura terminò appena Yoongi appoggiò sul tavolo ciò che si era fatto portare.

«Vuoi davvero dipingermi, allora.» disse incredulo il moro, piegando la testa di lato e sorridendo dolcemente. Yoongi non si girò ma annuì con vigore, continuando ad appoggiare vari pennelli e bottiglie di quello che sembrava colore sul tavolo. Una volta estratto tutto piegò il sacchetto di carta e lo infilò nel primo cassetto.

Jimin osservò i vari oggetti ma non ne trovo uno essenziale: «E la tela?» chiese, sentendo la sua eccitazione scemare leggermente.

Yoongi si girò sorridendo, mostrò un'espressione felice, quasi estasiata a quella domanda; Jimin si stupì di quel repentino cambio di umore o, comunque, di aver appena visto sparire del tutto l'aria dominante che aveva qualche istante prima.

«Tu sarai la mia tela, mia musa ispiratrice.» le mani di Yoongi presero uno dei pennelli, uno sottile con la punta morbida, aprì una scatoletta di colore rosso e ne intinse lo strumento, girandolo nel colore per qualche secondo.

Jimin rimase a fissarlo per niente spaventato, del tutto a suo agio, così come fu a suo agio vedendolo camminare verso di lui con il pennello grondante di rosso in mano, così come si sentì a suo agio quando venne fatto sdraiare sul letto, quando venne decorato da quel colore che odorava di fragole ma che sapeva di champagne quando ne leccò via una parte dalle proprie labbra, così come richiesto. Lasciò che l'artista gli aggiungesse sul collo, sui polsi e sulle caviglie delle catene disegnate di rosso, lasciò che adornasse il suo membro con gioielli dipinti.

Yoongi si sollevò dal letto per tornare alla scrivania, Jimin non osò sollevare la schiena dal materasso ma lo seguì come poté con lo sguardo, lo osservò appoggiare il pennello, prendere il colore marrone e versarselo sulle mani, facendolo colare tra le dita, sul legno e sul pavimento; lo guardò estasiato tornare da lui, gemette quando le sue mani gli presero i fianchi con possessione, le spalle con forza premendo sulla pelle, sui suoi pettorali, sull'interno delle sue cosce.

«Mia musa, sai cosa sei stato?» chiese Yoongi, ottenendo come risposta un semplice scuotere del capo «Sei stato uno strumento, un puro oggetto che gli altri hanno sporcato per arrivare al loro banale piacere, al fine ultimo di eiaculare il loro odio verso il mondo, di sentirsi vivi in una terra di non viventi.» sorrise con audacia, con passione, con estrema serietà. Yoongi scese nuovamente dal materasso, guardando il corpo nudo e perfetto di Jimin decorato dai calchi delle sue mani marroni, simbolico richiamo ai suoi amanti precedenti e dalle catene rosse della lussuria, che ai suoi occhi imprigionavano la sua figura spirituale al più basso e fisico istinto naturale. L'artista camminò verso il bagno, Jimin poté sentire l'acqua corrente del lavandino essere aperta e chiusa dopo qualche secondo, poté vedere il suo cliente uscire con le mani nuovamente pulite.

Le lunga dita e i palmi di Yoongi rimasero intonse solo per qualche secondo perché prese il colore bianco e, di nuovo, fece colare la tempera sulle proprie mani, per poi incamminarsi verso Jimin: poggiò le ginocchia sul materasso, si mise a cavalcioni su di lui e lentamente poggiò le mani appena sotto il suo collo lasciandogli il proprio marchio, rifece la stessa cosa sul suo ventre e, solo allora, portò le mani bianche al proprio viso, dando un bacio al proprio palmo destro e dipingendosi le labbra; si abbassò con il corpo e lasciò un bacio sull'inguine del ragazzo sotto di lui, centrato al suo baricentro. Jimin strinse i denti, provò a non inarcare la schiena quando le labbra del cliente gli solleticarono le zone erogene.

Di nuovo scese dal materasso e, ancora, entrò in bagno e si pulì le mani, lasciando il gigolò perso in quel momento sul letto.

Quando Yoongi tornò, si affrettò a prendere il telefono cellulare, assicurandogli ad alta voce che non gli avrebbe fotografato il volto; salì sul letto, in piedi, sollevò bene le braccia e cominciò a scattare foto al suo corpo, piegandosi poi, mettendosi in ginocchio, sdraiandosi, per poter avere diverse inquadrature da diverse prospettive.

Dopo pochi minuti si mise seduto al bordo del letto, le riguardò velocemente e poi osservò Jimin soddisfatto: «Vuoi vederle?» chiese.

Il ragazzo annuì senza proferire parola, ancora stupito da ciò che stava accadendo, forse leggermente dispiaciuto di non aver potuto continuare quell'atto d'amore interrotto, ma Yoongi si alzò, posò il telefono sulla scrivania, in un punto pulito, e tornò da lui con lo sguardo nuovamente pieno di lussuria, senza quel sorriso mosso d'ispirazione, senza la gioia della creazione sulle labbra: «Dopo te le farò vedere.» sussurrò mordendosi il labbro, tornando sul materasso e mettendosi nuovamente a cavalcioni su di lui «Ora fammi sentire il tuo sapore».

I corpi si unirono nuovamente quella notte, il sapore della pelle della creatura angelica si legò a quello delle tempere cioccolato e fragola, addolcendo quell'atto tremendamente basso e impuro che avevano sporcato e continuavano ad abbassare l'essenza pura e inviolabile di Jimin, mettendolo al pari dell'uomo, sebbene per Yoongi non ci fosse paragone.

Le coperte candide si colorarono della loro passione, e lo fecero ancora durante il notturno passar delle ore, si sporcarono e si sgualcirono fino all'alba, mentre le loro mani ancora si accarezzavano, le loro labbra si assaggiavano e i loro aliti si fondevano, trasformandosi sempre più pesantemente nei profondi respiri soffiati nel sonno, quando entrambi chiusero gli occhi esausti e abbracciati.

Avrebbero continuato a dormire probabilmente per tutto il giorno, stringendosi sotto le coperte, se lo squillare del telefono cellulare di Yoongi non lo avesse svegliato di soprassalto, abituato a dover rispondere immediatamente quando veniva cercato; il ventottenne si sollevò sugli avambracci, si guardò intorno leggermente confuso, piegò la testa al suo fianco e rimase qualche istante a guardare il volto sereno e ancora colorato di Jimin, dormiente.

Yoongi scese dal letto provando a non muovere troppo il lenzuolo o il materasso, camminando senza far rumore fino alla scrivania e prendendo il telefono tra le mani; camminò fino al bagno e chiuse la porta dietro di sé: «Pronto?»

«Amico ma dove cazzo sei finito?» chiese con voce divertita Jungkook dall'altro capo del telefono «Sei sparito. Jin dice che ti sei trovato qualche tipa, ma sono le tre di pomeriggio cristo santo.» l'assordante risata che seguì le sue parole gli fecero allontanare di qualche centimetro il cellulare dall'orecchio.

Yoongi si guardò allo specchio: i capelli scompigliati, i segni dei morsi e succhiotti sul collo, i colori commestibili ancora su tutto il suo petto e il suo volto.

«Torno tra un paio d'ore, non ti preoccupare.» lo avvisò facendosi prima due calcoli a mente, guardandosi le mani sporche e decidendo di pulirsele, poggiando il telefono tra l'orecchio e la spalla, aprendo l'acqua e passandole sotto il getto tiepido «Stasera mangiamo in quel ristorante che mi dicevi?»

Chiacchiere che si susseguirono, frasi senza senso, almeno per Yoongi, almeno in quel momento, anche se non avevano mai avuto senso, per lui, ma quel pomeriggio erano ancor più inutili perché la sua anima era mossa da qualcosa che si era ritrovato davanti per caso e sapeva l'avrebbe cambiato per sempre o, meglio, avrebbe cambiato per sempre la sua arte.

Poco cambiava, Min Yoongi era la sua arte.

«Va bene, a dopo.» si sbrigò il biondo, asciugandosi le mani ad un asciugamano e facendo dietro front, riaprendo la porta e ritornando nella suite dell'hotel, immobilizzandosi sul posto appena vide la figura di Jimin, sveglia e seduta, a gambe incrociate sul letto.

«Ti ho svegliato, mi dispiace.» commentò il più grande avvicinandosi lentamente e ancora in tutta la sua nudità, senza indumenti così come l'altro.

Jimin scosse il capo, come a volergli dire di non preoccuparsi, prima di portarsi il pugno chiuso agli occhi, sfregandoseli e arricciando il naso. Yoongi lo raggiunse, appoggiò il telefono sul comodino e si piegò su di lui, appoggiando le mani ben aperte al materasso e aspettando che lui abbassasse le dita, ridonandogli il suo volto.

«Buongiorno.» gli sussurrò piano appena questo accadde, facendo sorridere Jimin che rispose con la stessa parola «Cosa vuoi per colazione?» piegò leggermente il viso, Yoongi, poggiando le labbra sulla sua guancia e lasciandogli un tenero bacio «Anche se sarebbe meglio chiamarla merenda, vista l'ora».

Le guance del moro arrossirono leggermente, i suoi occhi lo guardarono spaesato: «Colazione?» chiese per poi mordersi il labbro inferiore «Non importa, non mi hai pagato per questo, posso andarmene se vuoi.» ma il volto di Yoongi si rabbuiò, mostrando delusione.

Si sedette al suo fianco, gli accarezzò il volto con dolcezza: «Non ti ho fatto stare bene, per caso?» chiese quasi impaurito da poterlo aver ferito in qualche modo, non si sarebbe mai perdonato l'essere la causa di sofferenza della creatura più eterea nell'universo.

Jimin, però, scosse il capo mostrando un sorriso contento: «No, ma ho sentito che devi andare via...» si avvicinò al suo volto e appoggiò le labbra su quelle dell'altro in un debole contatto «Puoi decidere di interrompere tutto quando vuoi, non c'è un galateo da seguire, solo soldi da sborsare in più, semmai.» aggiunse alla fine ridacchiando, sebbene fosse la semplice realtà. Jimin aveva capito che i soldi non erano un problema, che avrebbe potuto chiedere anche di più, ma quella colazione l'avrebbe accettata senza fargli pagare la sua compagnia, semplicemente come regalo per la bella nottata passata assieme, per come l'aveva fatto sentire.

Yoongi ricambiò quel bacio quasi dolce e gli portò una ciocca di capelli nera dietro l'orecchio: «Ho prenotato questa stanza per le prossime due settimane, puoi stare qui, se ti va.» il sorriso del gigolò si spense immediatamente e il corpo si ritrasse. «Che c'è?» chiese incuriosito Yoongi alla sua reazione.

«I-io ho una casa, non c'è bisogno di...» crucciò la fronte «Perché dovresti regalarmi-» ma Yoongi lo interruppe poggiando l'indice sulle sue labbra, sorridente.

«Ho intenzione di pagarti per stare con me tutta la mia vacanza.» spiegò, quasi come se non volesse obiezioni «Ma tu non devi vedere nessun'altro, promesso?»

Jimin rimase in silenzio, pensò a quanto tutto ciò poteva andare contro i suoi piani, pensò anche a quanto però fosse più semplice e, alla fine, sorrise: «Pensa, già mi immaginavo di incontrarti per caso per le vie di Amsterdam.» ridacchiò allegro, poggiando il mento sulla sua spalla.

L'artista gli cinse la vita e gli carezzò la nuca: «Credo al destino, ma preferisco non rischiare.» gli lasciò un bacio sulla punta del naso «Vatti a fare una doccia e togliti le lenti, ti faranno male gli occhi, no?»

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