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I sentimenti, le parole, le azioni: ogni cosa al mondo ha un perché, ha uno scopo, ha delle caratteristiche, ma, il più delle volte, tutto parte dalla stessa fiamma, tutto parte dalla minuscola scheggia di un'idea; a volte rimane sopita nel cuore – o nella mente – per tanto tempo da affievolirsi o nascondersi del tutto, altre invece si sparge come un incendio indomabile e, dentro Yoongi, due piccole schegge sembravano essersi create: una da poco, ma indomabile, l'altra da più tempo, più cauta.

Due idee, due destini, due biglietti verso la sua assoluta devastazione, due schegge opposte e legate tra loro continuavano a penetrate nella sua carne.

Quando aprì la porta della sua suite, non dovette inserire la scheda elettronica nell'apposito lettore per accendere le luci perché un'altra, identica alla sua, era già al suo posto, e i lumi del corridoio erano accesi: «Ciao.» salutò a voce alta, per farsi sentire.

La voce di Jungkook risuonò subito dalla sua stanza: «Ciao». Yoongi rimase sulla porta, aspettando, ma quando capì che la porta dell'amico non si sarebbe aperta sospirò e si avviò alla propria stanza; aprì la porta, appoggiò le buste a terra, ritornò nel corridoio, e terminò il movimento dei suoi piedi davanti al solido legno che separava lui da Jungkook. Fece un profondo respiro, si morse il labbro inferiore per un paio di secondi, pensieroso, poi alzò il pugno e bussò.

«Avanti».

La mano pallida dell'artista si appoggiò delicata sulla maniglia, la porta di aprì, la figura dell'amico sdraiato sul letto matrimoniale, con la schiena rialzata sui tanti grossi cuscini bianchi e un libro tra le mani, si palesò ai suoi occhi: «Ehi, come va?»

«Bene.» rispose l'altro osservandolo, rimanendo in silenzio con il libro aperto più o meno a metà, appoggiato ora sulle proprie gambe «Hai bisogno?»

Yoongi poggiò la spalla allo stipite, incrociò le braccia al petto, abbassò lo sguardo e si sentì in colpa: «Veramente...» sentì il volto farsi più caldo, sperò di non arrossire «Volevo sapere se andava tutto bene?»

Non erano scuse, e gliele doveva, ma provò ad alzare lo stesso lo sguardo, sperando di trovarci i soliti occhi dolci del più piccolo che, però, non trovò; trovò, invece, due fredde iridi nocciola osservarlo dietro a palpebre assottigliate, il naso di Jungkook leggermente arricciato.

Il minore fece una piega all'angolo del suo libro, lo chiuse e lo poggiò sul comodino, incrociando le braccia al petto, imitando la chiusura dell'amico ancora in piedi: «Mi chiedi se dopo aver rovinato con le tue parole la vacanza a me e Jin tra noi sia tutto okay?» sollevò il sopracciglio sinistro, nervoso.

Yoongi sospirò: «Lo so, potevo evitare ma-» avrebbe voluto trovare giustificazioni, avrebbe voluto parlare e spiegare che non aveva fatto nulla di male. Con Jungkook lo poteva fare, lui era l'unico con il quale non dovesse abbassare la testa, non dovesse fingere di essere gentile e alla mano.

«Già beh, potevi davvero evitare di tirar fuori quella storia.» scosse il capo, interrompendolo mentre parlava, cosa che mai aveva fatto «Perché sappiamo benissimo tutti e tre cos'è successo, non c'è bisogno che ce lo ricordi, facciamo di tutto per far andare queste vacanze d'amore e d'accordo, no?»

Yoongi boccheggiò alle sue parole decise, si sentì – come d'altronde si sentiva ogni istante della sua vita – completamente nullo: «N-non volevo, ero solo di cattivo umore e...»

Erano bugie, questo era ovvio a Yoongi e probabilmente pure a gli altri due, ma non poteva certo raccontare di aver passato – e di continuare a passare – una notte insieme ad un uomo.

Jungkook non lasciò perdere e disse, nervosamente: «Sai che ho perso i miei migliori amici quando sono venuto a lavorare per te, vero?» si alzò all'improvviso, scendendo dal letto e facendo qualche passo verso Yoongi, senza però raggiungerlo «Sai vero che la mia vita era perfetta prima che tu mi scegliessi, lo sai no?»

Yoongi boccheggiò, si staccò dallo stipite e scosse il capo: «N-non me l'hai mai de-»

«C'era bisogno? Davvero? Non hai gli occhi per capire cosa fossimo noi tre prima che arrivassi a rovinare tutto?» Jungkook raggiunse la porta con un paio di falcate, ma Yoongi indietreggiò alzando le mani, quasi spaventato da quell'aggressività, sebbene il suo amico – o quello che reputava l'unico suo amico – non stesse né gridando né mostrando un volto iracondo.

«I-io non lo avrei mai f-fatto se-» non riuscì a dire altro perché la porta della stanza di Jungkook si chiuse con lo sbattere di quest'ultima; Yoongi saltò sul posto dallo spavento, strinse i pugni e strabuzzò gli occhi verso il legno che li separava nuovamente. Si chiese, per un istante, se non fossero stati sempre divisi da qualcos'altro, qualcosa di invisibile come il risentimento.

Lo sapeva? Sapeva di aver rovinato qualcosa di importante per lui? Forse, ma forse non gli era mai importato. Forse non gli importava nemmeno in quel momento, non quando l'unica cosa alla quale pensava era che si sentisse umiliato da essere stato trattato in quel modo persino da lui, il suo assistente, l'unico sul quale aveva mai avuto il comando.

La realtà era che Yoongi non aveva spessore, era un foglio sottile in un mondo tra cielo e mare, costantemente in lotta per rimanere poco sopra il pelo dell'acqua, così da non dover volare via dal riflesso del sole brillante sulle increspature, così da non dover immergersi per poi sciogliersi.

Quell'uomo sottile, ormai pronto a distruggersi, entrò nella sua stanza e si sedette sul bordo del letto, pensò alla sua vita, alle persone che aveva incontrato dalla sua nascita e al rapporto avuto con ognuna di esse, poi abbassò il volto e si passò la mano tra i capelli. Le idee che aveva nel corpo, quelle due idee che provavano a prendere il sopravvento, crebbero a dismisura.

Si alzò all'improvviso, agitato, si leccò le labbra e, senza salutare, uscì dalla suite sbattendo la porta.

Jungkook, che si lasciò sfuggire il proprio libro dalle mani per il rumore improvviso, sbruffò un rancoroso: «Che cazzo di casino.» esattamente come qualcun'altro.

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