La casa su Union Street
«'Sta storia è successa quando ero ancora uno sbarbato. Avevo lasciato le suore ed ero tornato qui a fare il garzone. Dormivo in un retrobottega lercio e avevo le pezze al culo, me sempre meglio che stare con le pinguine. Al tempo Red Creek era un posto proprio gagliardo. L'autunno era la stagione più bella, anche se faceva un freddo cane che ti dovevi aggirare per strada coperto come una di quelle femmine che stanno nel deserto. Sai quali dico, quelle che si vestono con quei lenzuoli che coprono tutto tranne gli occhi.
«Eh, quelle là. In autunno e poi in inverno, qui era così. E quando cascava la neve c'era Boo Dudley che si scarrozzava per le strade con lo spazzaneve e ripuliva i vialetti e le strade. Una volta nevicava talmente che non faceva a tempo a toglierla, la neve, che subito era di nuovo tutto intasato. Quella volta c'ho avuto paura che il Padreterno ci seppelliva tutti. Dovevi vedere il cimitero com'era combinato. Le lapidi e le croci quasi non si vedevano più. Solo le punte sbucavano. Padre Walsh, che all'epoca non aveva ancora cominciato la corsa alle sottane, si era impuntato per levare tutto quello zucchero dalle tombe. Che poi era inutile sbattersi tanto. Poteva aspettare che il grosso si scioglieva, ma lui ci teneva. Se qualcuno voleva far visita a un parente, diceva, non poteva perché doveva nuotare nella neve, e non era mica giusto. Così lui e Chester ci si sono messi, e penso che Chester qualche bestemmia deve averla pure mandata lassù, perché gli è toccato un lavoraccio.
«Mi pare che questa parte qui che ti sto per raccontare è successa proprio dopo quella nevicata che per poco non seppelliva il paese. Mo' hai capito perché faccio 'sti giri lunghi? Quelle che tu chiami perdite di tempo sono tipo delle esche. La mia memoria è come un grande lago nero, che non vedi il fondo però sai che dentro ci nuotano i pesci. Ci devi solo buttare l'esca giusta e quelli abboccano.
«Mi ricordo che Boo Dudley aveva svuotato le strade. Girava per il paese con quel suo mostro che sputava fumo nero e tutti potevamo finalmente uscire di casa. Chester e padre Walsh cominciavano a lavorare al cimitero e Chester si bestemmiava tutto il calendario sottovoce, tipo vespri. Visto che le strade erano libere, la gente poteva anche entrare e uscire dal paese, e un giorno arriva un'auto bianca come un dente pulito o un tasto di pianoforte lucidato. La gente per strada si fermava per guardarla passare. E il tizio che guidava pareva che rallentava per farsi guardare meglio, come se stava facendo una sfilata.
«Ma non lo so che auto era. C'aveva una specie di uccello sulla punta del cofano.
«Eh, può essere. Un'auto da ricconi, comunque. Si scappottava pure. D'estate la vedevi passare su Union Street, che poi è la strada che quel giorno si è fatta. È andata proprio diretta lì, come se già sapeva la strada, ma io penso che non era mai venuta prima in paese, e te lo posso dire perché ai tempi Red Creek era ancora più piccola di come è mo', e se una macchina come quella passava la notavi dalla contea vicina per come scintillava. Te l'ho detto che c'aveva la griglia dorata?
«Be', c'aveva la griglia dorata. Quell'uccello sulla punta del cofano pareva il guardiano dei cancelli dell'aldilà. Io me li immagino così i cancelli dell'aldilà, dorati come la griglia di quella macchina.
«Comunque quel ben di Dio su ruote, che per pagarlo dovevi vendere tutti e due i reni, va spedita su Union Street. E visto che ai tempi Union Street non era proprio un porto di mare – manco mo', eh, però ai tempi c'era più campagna che cemento –, in paese tutti c'avevano l'idea che stava andando verso la casa dei Barker. La casa mo' non ci sta più, l'hanno buttata a terra, quindi non ti posso dire valla a vedere. Però ti posso dire com'era, poi devi usare un po' l'immaginazione da scribacchino per vederla.
«Quella casa era tutta di legno e aveva un portico bello spazioso, con il dondolo e delle sedie. C'aveva un'aria importante, forse perché era la più grande del paese e pure la più vecchia. I Barker, che ci abitavano, erano messi bene. Ho sentito che a Joe Barker i soldi gli uscivano dal buco del culo. C'aveva sempre l'angolo di un dollaro che gli spuntava dalle tasche. Così dicevano in paese. Era tipo un commerciante, ma mo' non lo so che commerciava. Ho sentito qualche voce su certe cose poco legali in mezzo ad altre legali. Contrabbando, è quello che ho sentito tra le cose poco legali. Dicevano che c'aveva in casa una vasca e ci faceva il liquore che poi vendeva a certi tizi di una contea vicina, ma non si è mai scoperto se era vero o no. Nessuno ha mai visto movimenti sospetti, e penso che per portare fuori di qui della roba di contrabbando qualcuno la deve venire a prendere o devi essere tu a muoverti per farla uscire. Ma qui in paese nessuno ha mai notato auto venire nel mezzo della notte o cose così. Forse erano solo voci messe in giro da quelli che si facevano il fegato marcio a pensare che Joe Barker c'aveva tanti soldi che poteva usare quelli che non spendeva come carta da parati o carta igienica.
«Comunque quando Joe Barker lasciò la città senza dire niente a nessuno, la casa rimase vuota. Col tempo le assi cominciarono a scolorire. Prima erano bianche, poi diventarono grigie come il pelo di un topo. Le imposte chiuse, che erano rosse come gli occhi del diavolo, diventarono arancioni.
«Sì, hai detto bene, è parecchio stramba la cosa delle imposte rosse, ma si vede che gli piacevano di quel colore. Che poi, mo' che ci penso, ho sentito una volta che il rosso è il colore degli svitati. Che se a uno gli piace il rosso è perché c'ha delle... come diavolo si chiamano... pulsioni che vuole tirare fuori, ma non lo può fare perché sono robe troppo strambe e rischia che si mette nei guai se le lascia uscire.
«Come? No, per quello che so io Joe Barker non era uno svitato. Di svitati questo paese ne ha visti a pacchi ma Joe Barker non faceva parte della comitiva. Chuck lo Svitato, lui sì che è fuori di testa.
«Già, è vero. È la seconda volta che ricompare e ancora non prendo la strada di raccontarti la sua storia. La prossima volta che ci vediamo te la racconto tutta di un fiato.
«Comunque Joe Barker lasciò la città da un giorno all'altro, ma negli ultimi giorni prima di svanire c'era qualcuno che andava a trovarlo. Uno che aveva una macchina grossa e importante. Stava da lui per un po' e poi andava via. Però te lo dico dopo chi era, sennò mi manda in vacca la storia così come la sto raccontando.
«Ora, Joe Barker non parlava molto e non aveva amici né famiglia...
«No, te l'ho appena detto. Non c'aveva famiglia, per quello che ne se ne sapeva all'epoca. Stava da solo in quella casa grande che era due volte la pensione di Cora Faulkner. E infatti, dopo che crepò, qui in paese si parlò di trasformare quella casa in un albergo, visto che la gente veniva in autunno a vedere la caduta delle foglie e alla pensione di Cora non c'era posto per tutti.
«Comunque, con Joe Barker sparito la casa restò sfitta, ma nessuno ci fece mai niente. La lasciarono lì perché se non c'era prima un pezzo di carta che diceva che Joe Barker era morto, la città non poteva prendersi la casa. E prima di quel pezzo di carta dovevano passare degli anni. E più passava il tempo, più quella casa si faceva inquietante. Prima che Joe Barker andava al Creatore era una casa importante. Senza di lui sembrava invecchiare in fretta, come un fiore senza Sole. Alla fine successe quello che succede con le case sfitte che invecchiano: diventò stregata. I marmocchi si sfidavano a mettere piede nel giardino pieno di erbacce o a toccare le assi grigie. Se volevi dimostrare a quegli stronzetti dei tuoi amici che eri uno col fegato grosso così, dovevi andare sul portico e bussare alla porta. Se poi trovavi il modo di entrare, diventavi il re degli stronzetti di Red Creek. Un po' difficile, visto che imposte e porta erano chiuse.
«Comunque per tornare al discorso, quella casa invecchiava e nessuno ci metteva mano. Poi in città arrivò quella macchina bianca e dorata e scoprimmo che Joe Barker alla fine ce l'aveva un erede. Dal momento che faceva il commerciante era spesso fuori città per lavoro, e durante uno di quei fuori città aveva messo gli occhi su una pollastra e l'aveva farcita come un tacchino del Ringraziamento. Non so perché poi non le ha chiesto di venire con lui a Red Creek. C'avrà avuto i suoi motivi, anche se mica lo so quali possono essere. Il cuore di un uomo è uno strano gingillo. Solo Dio sa quali segreti conserva. E quando lo pesa sulla bilancia del paradiso, spesso scopre che è più pesante di come se lo immaginava. Gli uomini come Joe Barker sanno dimenticare. Spazzano sotto il tappeto tutto il sudicio e fanno finta che non è mai esistito. Sai quella cosa che si dice, che per trasformare una bugia in verità basta ripeterla tante volte? Ecco, penso che Joe si ripeteva un fracco di bugie, un fracco di volte al giorno. Era un grande uomo d'affari e suo figlio era come lui da quel punto di vista. Anzi no, era pure meglio, perché Joe Barker non ce l'aveva mica una macchina con la griglia dorata. Ma tutti e due erano dei maledetti egoisti.
«Il figlio di Joe Barker, quando arrivò in città con quell'auto tutta lucida, sapeva da tempo che il suo vecchio c'aveva una casa qui a Red Creek. E Joe Barker aveva messo nero su bianco che la casa non si doveva toccare, perché era di suo figlio. Ti ricordi che ti ho detto che c'era un tizio che andava a trovarlo prima che spariva dalla circolazione? Ecco, quel tizio era un avvocato che doveva fargli il testamento, che poi è uscito fuori quando è passato tanto tempo e la sparizione si è trasformata in morte per la Legge. Non lo so Joe dove l'aveva pescato quel tizio, perché qui in paese di avvocati non ce n'erano e non ce ne sono. Non ne abbiamo bisogno. Qui nessuno si fa la guerra. Se dobbiamo risolvere una questione ci pensiamo da noi, senza coinvolgere tizi coi colletti inamidati e la cravatta della domenica. Due chiacchiere, una stretta di mano e amici come prima. Non c'abbiamo manco il tribunale.
«Comunque all'inizio nessuno immaginava che quel riccone era il figlio di Joe Barker. Pensavamo che era qualcuno venuto a fare qualche inciarmo...
«Inciarmo. Non sai che vuol dire? Che era venuto ad architettare qualcosa, tipo trasformare la casa in un hotel. Ti ricordi che ti ho detto che al tempo ci poteva far comodo per i visitatori che venivano in autunno. Cora Faulkner già si agitava. Non lo sapeva ancora che i piani del figlio di Joe Barker, che poi si chiamava Richard, erano diversi.
«Mi passi un po' di quei salatini che stai mangiando?
«Grazie...
«Cacchio, sono salati da far schifo. Dove li hai comprati?
«Ah, ora capisco. Quello vende roba che non assaggia. Basta che la paga poco e la rivende a tanto.
«Comunque per tornare a Richard Barker, arriva in città dopo che la Legge dichiara morto il padre e tutti a guardare quel macchinone bianco e d'oro che sfila su Main Street. Io sono tra quelli che escono in strada. Esco e vedo quella macchina che va come una tartaruga per farsi guardare e allora la seguo. La vedo farsi tutta Main Street, girare su Union Street e fermarsi proprio davanti casa Barker. Vedo la porta che si apre e un tizio vestito come un pinguino che scende. C'ha la faccia come la corteccia di un vecchio albero. Lo vedo che apre la portiera di dietro e si scansa per far scendere un altro tizio, più giovane e alto di lui, che non c'ha la faccia come una corteccia. La sua è bella liscia e sotto il collo c'è un completo tutto pettinato e due scarpe che fanno a gara con la macchina per quanto sono lucide.
«Mi ricordo che mi vede, mi dà un'occhiata di quelle che si danno alle cose che ti stanno fra le scatole quando meno ne hai voglia e lì mi accorgo di una cosa: è sì giovane, ma c'ha qualcosa di vecchio nello sguardo. Non te lo so spiegare, perché non sono uno scribacchino come te, però mi è sembrato di guardare uno intrappolato in un corpo non suo.
«Richard si guarda intorno, mi vede e mi fissa addosso quegli occhi blu e io sento tutta la sua importanza che prova a schiacciarmi. E un po' ci riesce, perché a una certa mi sento come una cacca spalmata sulla strada. Poi si gira dall'altra parte con un movimento di stizza, come se gli dà fastidio per il solo fatto che sto lì a guardare. Vedo che il tizio vestito da pinguino, che poi è l'autista, non chiude la porta e mi accorgo che c'è qualcun altro in macchina. Lo vedo scendere e mi manca il fiato, perché da quella macchina esce la femmina più bella e di classe che ho mai visto da che campo. Ancora adesso non ho visto nessuna che posso dire: sai che c'è, è più bella di quella scesa dall'auto di Richard. Sembra un angelo con le gambe lunghe e belle come quelle di una statua, e il vestito chiaro ed elegante di una che va a una festa piena di ricconi e champagne e tartine al caviale... E poi la borsetta dello stesso colore del vestito e un cappello scuro, le labbra rosse come i petali di una rosa che scoppia di salute e gli occhi scuri come quelle pietre nere che madame Bertrand rifilava alle sceme di qui. Dammi retta, una femmina così tu non l'hai mai vista.
«Quella femmina si stiracchia, incrocia le braccia sopra la testa e spinge in avanti i fianchi, e a me mi si smuove tutto quello che sta sotto l'ombelico. Vedo i seni spingere sotto il tessuto chiaro e sottile del vestito e lei non indossa il reggiseno, per cui intravedo la forma dei capezzoli. Lì penso che quel bastardo di Richard è un maschio fin troppo fortunato. C'ha uno che lo scarrozza in giro su una macchina che costa quando una casa mentre lui se ne sta sul sedile di dietro, con una mano tra le gambe di una sventola dai capezzoli duri e l'angolo verde di un centone che gli spunta dalla tasca, come al suo vecchio. Una sventola, tra l'altro, che lui manco guarda. Sai che fa mentre la sua femmina col naso alla francese e le labbra rosse si sgranchisce? Sta lì a contemplare la casa. Se c'avevo io una femmina così, non la perdevo d'occhio manco quando andava al cesso. Entravo con lei e ci restavo finché non tirava lo sciacquone.
«Comunque mentre Richard guarda la casa, lei si guarda in giro e a una certa mi vede. Mi punta addosso quegli occhi scuri e con un'occhiata mi fa uomo, perché da lì in poi non ho più guardato le femmine come prima. Mi sorride e mi fa: 'Salve!' con l'allegria di un usignolo che vede arrivare la primavera. 'Sei il comitato di benvenuto?'
«Io non capisco che sta scherzando e sono pure un po' scioccato che una femmina così bella mi dà a parlare. Tutto quello che riesco a fare è guardarla come un idiota. Al che ci pensa lei a togliermi dall'impiccio e si presenta. 'Io sono Edwige e quel belloccio un po' musone è Richard', dice e indica Richard Barker. 'Siamo i nuovi proprietari di quella bella casa lì. Ci trasferiremo a breve.'
«Al che Richard la chiama senza girarsi. 'Edwige', dice un po' contrariato mentre continua a fissare la casa.
«'Non gli piace quando chiacchiero troppo', mi sussurra lei. 'Te l'ho detto che è un po' musone. Tu come ti chiami?' mi chiede poi e io credo che ho mormorato come un mezzo scemo che sta imparando a parlare. Lei mi fa: 'Spero che andremo d'accordo, dal momento che diventeremo vicini di casa.'
«In realtà non eravamo vicini, io stavo su London Street – lavoravo e dormivo lì –, però non me la sono sentita di dirglielo e farle fare la figura della scema. A una donna così bella non si fanno certi sgambetti. A una donna così si mettono petali di rosa sulla metà del letto dove dorme, sulla tavoletta dove si siede per fare i bisogni e sulla terra dove cammina.
«Dopo che mi dice quella cosa dei vicini di casa raggiunge Richard, che ancora guarda la casa, gli infila una mano sotto il braccio e resta lì a guardarla con lui. Si vede che non è presa, me ne accorgo persino io che sono mezzo rintronato e co' gli ormoni a razzo, però resta lì accanto a lui, finché Richard non si decide a muoversi, lascia la strada e mette piede sulle erbacce con Edwige sottobraccio, che sembra non gradire molto la passeggiata e forse si preoccupa pure che c'è qualche cacca di animale o qualche topo lì in mezzo, perché cammina come se sta su un terreno con le bombe sotterrate, quelle che se le pesti poi esplodi.
«Eh, bravo, quelle là.
«Richard invece non si fa quel problema. Lui cammina guardando la casa con le imposte tutte scolorite e le assi grigie che i ragazzini toccano per vincere le sfide che i compagni più codardi gli lanciano. Si fanno strada tra le erbacce alte, arrivano al portico e lì Richard si ferma un po' e alza la testa. Io ci sono stato tanto vicino da toccarla quella casa e ho alzato il naso come ha fatto lui quella volta, e ti posso dire che quella vecchia bicocca faceva paura. Sembrava un animale mezzo addormentato che aspettava che ti avvicinavi abbastanza per saltarti addosso. Lui non so che impressione c'ha avuto quella volta, ma mi ricordo che la sua femmina alza il naso alla francese e poi gli sussurra qualcosa. Lui la guarda e scuote la testa, poi la molla lì, ai piedi del portico e sale i gradini. Caccia di tasca qualcosa e si ferma davanti alla porta. Capisco che c'ha la chiave quando apre quella porta vecchia ma dall'aria solida. E quando la porta si apre mi pare come di vederla sbagliare, quella casa.
«Vedo da come mi guardi che stai pensando che sono un po' scemo a parlare di una casa come se sto parlando di un cristiano, ma tu non c'eri e non l'hai vista. Quella casa faceva paura pure ai cristiani fatti e finiti come siamo io e te. Quando Richard ha aperto quella porta, io c'ho avuto la sensazione come se stava svegliando un animale che dormiva.
«Comunque Richard entra ed Edwige resta lì, a guardare la casa come una marmocchia spaventata. C'ha la borsetta stretta alla pancia, tipo scudo, e i gomiti stretti, come se vuole proteggersi i fianchi. Alla fine sento Richard che la chiama e lei, pure se controvoglia, mette piede sul portico ed entra. Io sono lì con dentro una curiosità pazza che mi mangia lo stomaco, perché quella casa l'ho sempre vista solo da fuori e mo' c'ho l'occasione di sbirciare dentro. Non so quanto resto lì a pensare: mo' mi avvicino e ci butto un occhio, solo un'occhiatina veloce, ma quando mi decido a fare un passo verso le erbacce, Edwige esce e io mi perdo di coraggio. Lei se ne rimane lì a osservare la porta aperta, sempre con la borsetta come uno scudo sullo stomaco. Richard ci mette un po' ma alla fine esce. Si vede che se la voleva esplorare bene, la casa, tutti e due i piani con scrupolo. Chiude la porta e con la sua sventola se ne torna alla macchina. Il pinguino fa entrare prima lui e poi Edwige. Io sono ancora lì, imbambolato, e quando quell'angelo di femmina fa per entrare si gira, mi lancia un sorriso, alza una mano per salutare e muove le dita così, come una farfalla sbatte le ali, poi entra.
«E quindi quei due vanno via su quel macchinone e per un po' non si vedono più. I ragazzini prendono a bazzicare dalle parti di Union Street dopo che si sparge la voce che un tizio è entrato e uscito dalla casa stregata. Veniamo a sapere poi che, prima di trasferirsi, Richard vuole rimettere a nuovo la casa. Tutti pensano subito che è un'impresa impossibile e che quel Richard è pazzo, perché la casa è uno schifo totale che ci vuole la mano del Padreterno per rimetterla in sesto. Eppure, dopo due settimane le erbacce che soffocano quella bicocca si riempiono di cristiani e impalcature, e tutti lavorano sodo come tappezzieri con una mano sola. Richard chiama un esercito di imbianchini e giardinieri e altri cristiani che lavorano per rimettere in sesto il dentro della casa, ed è un po' come vedere tanti gnomi che si aggirano intorno a un gigante e si divertono a disturbarlo mentre quello ronfa.
«Ovviamente i lavori alla casa diventano l'attrazione principale e in città si parla solo di quello. I ragazzini e i vecchi si radunano su Union Street a dare un'occhiata e a vedere la bicocca dei Barker che piano piano ridiventa giovane come la strega di una fiaba. Le assi grigie diventano bianche. Le imposte ridiventarono rosse. Le erbacce lunghe come i capelli di un hippie diventano rasate come i capelli di un militare. Una messa a lucido che non ci si crede. Chissà quanto spese Richard. Un botto, di sicuro. Anche se visto come andava in giro, con l'autista che gli puliva pure il culo se glielo chiedeva, non deve avergli fatto male più che tanto. Avrà firmato un assegno a quegli operai senza manco battere ciglio. Siamo nell'ordine delle decine di migliaia di dollari, che all'epoca erano una fortuna, perché quella bicocca doveva averci pure problemi di muffa e umidità, con delle pozzanghere sulle pareti e sul soffitto grosse come piscine.
«Comunque quegli operai ci mettono tutto sommato pure poco a metterla a nuovo, almeno per quanto riguarda il fuori. Il dentro ci mettono di più perché guardano tutto quello che si può, dall'impianto elettrico alle tubature che portano l'acqua. Li vedo pure strisciare sotto la casa. Richard li mette sotto di brutto e alla fine, quando la casa diventa come una pupa agghindata per una serata elegante, ci si trasferisce. La sera che arrivano si portano appresso pure alcuni amici. Union Street si riempie di auto importanti. È come un concessionario di lusso. E noialtri ci sentiamo un poco esclusi, perché quel riccone ha messo su un festino per inaugurare la casa e non ha invitato nessuno della città, manco il sindaco. Diciamo che non parti proprio col piede giusto se fai una cosa così.
«E così casa Barker apre tutte le imposte e le finestre di tutte le stanze si illuminano, pure quelle del piano di sopra. Ci sono i profili degli invitati che passano e a volte si fermano dietro i vetri. E si sente della musica e un chiacchiericcio che può pure far bene al cuore, se non è per il fatto che quei ricconi ci hanno escluso, e quindi siamo incacchiati invece che contenti. Il sindaco più di tutti, penso, l'aveva presa a male, perché lui aveva aperto le porte della città a Richard per primo. So che avevano parlato spesso al telefono prima che quel riccone si trasferiva qui e quindi si aspettava almeno un grammo di riconoscenza. E invece Richard arriva in città come se è il padre fondatore di Red Creek e ci snobba tutti.
«La festa che mette su va avanti per un bel po', fino oltre alla mezzanotte, tanto che lo sceriffo Anderson a un certo punto va a dirgli di darsi una calmata, perché i vicini lo stanno martellando di telefonate. E all'ennesima telefonata dice al suo vice: 'Meglio andare, o sennò questi sono capaci di dare fuoco alla casa.'
«Passami un altro salatino.
«Sì, lo so che ho detto che era troppo salato ma c'ho fame.
«Ohè, questo mi pare meno salato.
«Già, forse è perché ci ho fatto la bocca.
«Comunque lo sceriffo Anderson va a casa Barker, bussa e gli apre Edwige. Anderson non l'ha ancora mai vista e rimane pure lui rincoglionito da tutta quella bellezza che riempie la soglia. Dietro Edwige ci stanno ricconi in piedi che si gingillano con bicchieri di vino o di liquore. La musica è un jazz o qualcosa di simile. Edwige fa un sorriso ad Anderson, che è più un sorriso brillo che di cortesia, e dice tutta allegra: 'Salve!'
«Lo sceriffo si riprende, si scappella e le fa: 'Buonasera, signora Barker, sono...'
«'Non sono la signora Barker', lo interrompe lei. 'Io e Richard non siamo sposati. Ma prego, vuole entrare a bere qualcosa?'
«'No, signora, sono in servizio. Anzi, giusto a proposito, sono venuto per dire a lei e al signor Barker che alcuni vicini si sono lamentati della musica. È mezzanotte passata.'
«'Oh, cielo, mi dispiace tanto', fa lei e pare davvero dispiaciuta. Poi compare alle sue spalle Richard, tutto dritto come uno che si è seduto su un manico di una scopa. Butta un occhio fuori, poggia una mano sulla spalla di Edwige e la sposta con garbo.
«'Che succede?' chiede.
«'È lo sceriffo', fa Edwige, 'dice che...' e Richard le dice di tornare dentro. Edwige gira i tacchi, ci ripensa un secondo, si gira per salutare lo sceriffo con aria impacciata e brilla e torna dentro.
«'Signor Barker, sono lo sceriffo Anderson...'
«'Questo lo vedo', fa Richard e se conosci bene lo sceriffo come lo conosco io, quella risposta deve avergliele fatte girare come l'elica di un aereo.
«'I vicini si lamentano della musica'. E Richard guarda le case lì attorno come se può vedere quelli che ci abitano dentro e fargli paura con quegli occhi blu da matto. 'Siamo oltre la mezzanotte. La gente di qui va a letto presto, perché la mattina si alza con le galline.'
«'Ho capito', fa Richard. E senza dire né 'ok' né 'vaffanculo', entra dentro e chiude la porta. Lo sceriffo resta lì qualche secondo e sente che la musica si interrompe e un coro di delusione degli altri ricconi. Richard dice qualcosa e molti scoppiano a ridere. Lo sceriffo si rimette il cappello e se ne va, imbufalito per come quel riccone l'ha trattato, e un po' se la lega al dito, perché lo sceriffo Anderson è così, buono e caro con tutti, pure col diavolo se lo becca a cacare carboni ardenti sopra tomba della madre, ma se fai tanto di prenderlo per il culo o lo tratti come l'ultimo dei campagnoli, poi se la lega e al secondo giro sono cazzi amari.
«La festa finisce e gli invitati vanno via un po' alla volta. Gli ultimi che si fermano sulla soglia sono una coppia che lascia il portico barcollando. Margaret Atwood, che era la vicina più vicina dei Barker, ancora si ricorda la scena se le chiedi di raccontartela, perché s'era alzata per pigliarsi un po' d'acqua e la finestra della cucina affaccia proprio dove stava la casa. I due ricconi ubriachi, marito e moglie, se ne vanno sottobraccio e dondolano come una barchetta nella tempesta. Poi lui, tutto vestito come un pinguino, inciampa anche se il prato è vuoto e non c'è manco una buca dove puoi mettere male il piede. Va giù e si trascina la moglie. E restano lì, a ridere e a guardare le stelle, mentre sulla soglia di casa Barker ci stanno Richard e Edwige che li guardano. Edwige è un po' piegata sulle gambe a ridere, una mano sulla bocca e l'altra che tiene un bicchiere di vino. Richard c'ha tipo il sorrisetto di chi ha visto un migliaio di volte quella scena e non riesce a trovarla spassosa come prima ma solo a sorridere appena un poco. Né Richard né Edwige vanno ad aiutarli e quelli ci mettono un po' per alzarsi e tornare alla macchina. Margaret li vede salire in auto e fare la strada a zig zag. Dice che ha ringraziato il Signore che a quell'ora non c'era nessuno, sennò quei due 'criminali' rischiavano di ammazzare un bravo cristiano di Red Creek.
«Da lì in poi i due nuovi inquilini di casa Barker si vedono poco o niente. Richard è via molto spesso per affari, alle volte non torna a casa per giorni. Vedi la sua macchina bianca e d'oro che lascia Union Street alle prime luci dell'alba e ci torna dopo tre, quattro giorni. A volte anche di più. Edwige c'ha la compagnia di un maggiordomo, pure lui con la faccia come il tronco di una quercia secolare. Lo vedi in paese che fa la spesa o va all'ufficio postale, cose così. Una volta va al negozio di tessuti della signora Thompson per ordinare delle tende e la Thompson gli dice che deve passare a prendere le misure, perché per fare un buon lavoro non può andare a sentimento, e così il maggiordomo le dice il giorno dopo che può passare a casa Barker. La signora Thompson è tutta eccitata: è la prima a entrare in quella casa dopo che le hanno fatto il lifting ed è curiosa di vedere com'è. Ci va e racconta che la signora Barker, che poi non è la signora Barker, ma vabbè, è una donna fin troppo garbata, che le fa trovare tè e pasticcini e i pasticcini sono così buoni che alla Thompson viene quasi da piangere.
«Sì, lo so, ma la signora Thompson è una che si emoziona con poco.
«Che? La casa? Vuoi sapere com'era dentro? Mica me lo ricordo. Devi chiedere alla Thompson. Abita su Bridge Street, la casa di mattoni. Ci puoi andare appena finisco la storia, tanto manca poco.
«Allora, per fartela breve, Richard alterna giorni che sta via a giorni che sta a casa, e all'inizio tutto fila liscio. Poi, nei giorni che sta a casa, spesso si sente la sua voce che pare un tuono e rimbomba dentro le mura ed esce fuori dallo sfiato del camino. Margaret Atwood lo sente e sente pure la voce di Edwige che risponde, a volte incavolata e a volte disperata. Spesso volano piatti o bicchieri uno appresso all'altro. Margaret sente che si schiantano mentre quei due urlano. Più di una volta lo sceriffo si allunga per dare un'occhiata, ma non vede nulla di che. Nel senso che Edwige non c'ha un occhio nero o lividi sulle braccia o il labbro ammaccato. Lo sceriffo va e chiede se è tutto apposto e riceve un sì lacrimoso da Edwige e un sì più offeso da Richard, che c'ha sempre quel modo di trattarlo, come se lo sceriffo è uno stronzo fumante mentre lui è l'unico profumato in città.
«Che? Mah, secondo lo sceriffo litigavano perché Richard si era convinto che quando la lasciava sola, Edwige gli metteva le corna con qualcuno di qui. E si era fatto questa idea perché... aspè', ti devo raccontare quest'altro pezzo, sennò saltiamo troppo avanti.
«Allora, Richard va via e quando torna a casa comincia a fare il tenore. I piatti volano e lo sceriffo oramai non c'ha proprio più intenzione di fare nulla. Dice solo: 'Chiamatemi se ci scappa il morto' e intanto quei due si fanno delle sfuriate che durano come un dramma alla tv. A una certa non ci sono solo più gli schianti di bicchieri e piatti, ma pure quelli delle porte. Secondo Margaret Atwood, che quando succedevano queste litigate apriva la finestra per sentire meglio e alle volte usciva pure con la scusa di innaffiare i fiori, Edwige si chiudeva in una stanza e Richard stava lì a battere i pugni sulla porta.
«Comunque, come è o come non è, una sera Margaret li sente litigare di brutto. Fanno tanto di quel casino che la svegliano e svegliano pure suo marito John. A quel punto John si incacchia sul serio e va in cucina, piglia il ricevitore del telefono a muro e fa il numero dello sceriffo. Margaret si mette alla finestra e vede che le luci al primo piano di casa Barker sono accese e dietro i vetri passano delle ombre. Le vede schizzare una dietro l'altra come due marmocchi che giocano ad acchiapparella. Mentre John fa il numero, i rumori che vengono dalla casa si moltiplicano. Margaret apre la finestra e sente i passi di quei due che si rincorrono, poi una porta che sbatte, poi tonfi forti e delle urla. Poi un urlo più forte e poi più niente. Di colpo, dice Margaret quando poi parla con lo sceriffo, tutto pare fermo, come se Dio ha sospeso il tempo. John sta al telefono e dice: 'Pronto?', e mentre la voce assonnata dello sceriffo risponde dall'altra parte, Margaret fa: 'Hanno smesso', e John spiega allo sceriffo che quei due hanno ricominciato a fare i matti e poi gli fa: 'Lascia perdere, torna a dormire, hanno smesso giusto ora', come se sta rispondendo allo sceriffo che gli ha detto: 'Mo' mi vesto e vengo a dare un'occhiata.' Ovviamente non c'è andato e penso che 'sta cosa un po' gli è pesata dopo, perché lo sceriffo Anderson c'ha un cuore che è come un alveare, nel senso che c'ha sia le api che il miele, ma non gli piace tirare fuori le api quando non serve e invece ti dà più spesso il miele. Ecco, forse quella volta doveva andare lì a casa Barker e tirare fuori le api, ma ci era già andato tante di quelle volte che si era rotto i coglioni di farsi guardare come un cane che l'ha mollata nel giardino sbagliato.
«Dopo quell'ultima cantata dei due tenori non ci sono più litigi. Il teatro chiude il sipario e la cosa non può che fare piacere a John. Margaret invece è un po' meno felice, perché quei due sono un passatempo nelle giornate noiose dove le alternative sono o guardare la tv, o sferruzzare a maglia, o preparare da mangiare, o rassettare casa. Qualcuno comincia a dire che i due colombi hanno smesso solo perché non c'hanno più piatti e bicchieri da lanciarsi dietro. Com'è, come non è, passa un bel po' di tempo dove le cose scivolano tranquille. Poi un giorno arriva un'auto. Non è importante come quella di Richard, però si fa notare. E si fa notare ancora di più quando si ferma a casa Barker. Scendono due tizi, un uomo e una donna di una certa età, e vanno a bussare alla porta. Nessuno gli apre la porta e i due ritornano alla macchina. Margaret Atwood, che sta lì a vederli, dice poi allo sceriffo Anderson che c'avevano la faccia tirata, come se l'avevano passata dentro uno strizzatoio per i panni.
«I due forestieri salgono in auto ma, anziché andarsene, chiedono una stanza alla pensione di Cora Faulkner. Si piazzano lì e aspettano che Richard torna, perché è fuori per i suoi affari. Quando la macchina bianca e d'oro si fa Main Street e svolta su Union Street, i due sono già fuori che vanno verso casa Barker. Richard li vede mentre esce dall'auto e quelli gli vanno incontro. Margaret è fuori a innaffiare i fiori e sente che quei due chiedono a Richard: 'Dov'è nostra figlia?' Sul momento Margaret non capisce a chi si riferiscono, poi le viene il sospetto che forse stanno parlando di Edwige.
«Richard li fa calmare e li invita a entrare. Vanno in casa e i due stranieri ci restano un bel po' i prima di levare le tende e tornare alla pensione di Cora. Non vanno via da Red Creek e anzi decidono di parlare con lo sceriffo Anderson. Gli spiegano che sono i genitori di Edwige e che non sentono la figlia da un po'. Di solito lei li telefona con una certa regolarità per fargli sapere come se la passa. Ultimamente chiama più spesso e racconta loro delle litigate con Richard. Dice che è stufa marcia di stare in quel buco di paese, che per carità è pure carino, ma rispetto alla grande città è palloso come un camposanto. E che glielo ha detto a Richard che s'è stufata di starsene murata viva in quella casa, aspettando che lui torna per poi vederlo ripartire. E che una sera, stufa marcia più del solito e pure ubriaca, gli dice che se va avanti così lei si trova qualcuno che le tiene compagnia mentre lui è via. Racconta poi di una litigata pesante e dopo quella chiacchierata non si fa più viva. E hai voglia a chiamare, a casa non risponde nessuno. Così i due si decidono a venire di persona e Richard li fa entrare e ci parla, gli dice Edwige lo ha mollato. Dopo una delle ultime litigate, dove lei gli dice che è stufa di stare da sola a casa, lui si convince a portarla con sé in un viaggio di lavoro. Ma dopo un paio di giorni in cui Richard passa più tempo fuori con i suoi clienti che con la sua donna, Edwige dà fuori di matto, gli mena una scenata, dice che è stufa marcia di quella vita e se ne va. Richard pensa che è tornata a Red Creek, magari per fare le valigie e andare dai suoi genitori. Solo che poi arriva a casa e, vedendo lì i genitori di Edwige, capisce che lei non è mai tornata.
«'Edwige non è una che ha questi colpi di testa', dice la mamma di lei allo sceriffo Anderson. 'Non prende e sparisce senza dirci niente.' Lo sceriffo ascolta tutta la storia che ti ho detto e si convince che i due sono veramente preoccupati per la loro figlia. Poi pensa che è bizzarro che con loro non è venuto pure Richard. Forse non gli frega niente se quella sua sventola se n'è andata. Forse è stufo di fare il tenore tutto il giorno e lanciare piatti e bicchieri. Così lo sceriffo dice ai genitori di Edwige che lui può fare qualche domanda, li saluta e va a parlare con Richard. E Richard sembra quasi che lo sta aspettando, perché lo sceriffo lo trova sulla soglia. Richard lo fa accomodare e lo sceriffo gli spiega che i genitori di Edwige si sono rivolti a lui perché sono molto preoccupati.
«'Lo sono anch'io', fa Richard.
«'Ultimamente litigavate parecchio', fa lo sceriffo.
«'Edwige è una che non te le manda a dire.'
«'Perché litigavate?' chiede Anderson e Richard gli racconta quello che ha raccontato ai genitori di Edwige, parola per parola, come un libro stampato. Lo sceriffo gli fa qualche altra domanda, tipo come si chiama l'hotel dove hanno alloggiato e i posti dove lui ha cenato, cose così. Poi gli fa: 'Non ha idea di dove può essere andata?' chiede alla fine del racconto di Richard.
«E Richard risponde: 'Pensavo fosse tornata qui a fare i bagagli per tornare dai suoi genitori. I bagagli li ha fatti, di sopra mancano vestiti e cosmetici'. A quel punto lo sceriffo chiede di parlare anche col maggiordomo, che gli dice delle litigate e che lui non ha visto Edwige tornare a fare le valigie. Forse era in paese a sbrigare delle commissioni e non si sono incrociati. A quel punto Anderson chiede a Richard se può fare un giro in casa. E lì Richard cambia temperatura, nel senso che si fa freddo come un cubetto di ghiaccio, e risponde che senza mandato non c'è trippa per sceriffi. A quel punto ad Anderson non resta niente altro che prendersela in quel posto e andar via, perché non può chiedere un mandato sulla base di quelle quattro cose che sa. Però può fare quella telefonata. E allora chiama le autorità di Bowie, il posto dove Richard è andato con Edwige. Lo sceriffo di lì dice che controllerà l'hotel e i posti dove Richard ha detto che è stato e che se salta fuori qualcosa glielo farà sapere. Così Anderson avvisa i genitori di Edwige e dice loro di tornare a casa, metti che Edwige torna da un momento all'altro e che, appena lo sceriffo di Bowie lo aggiorna, lui li chiama subito. Ma quelli dicono di no, che voglio stare lì un altro po' e aspettar che l'altro sceriffo chiama.
«Passa qualche giorno e alla fine quell'altro sceriffo chiama, e sai che dice? Che per davvero Richard stava in hotel con Edwige, che l'hotel si chiama Marriott e che i due parevano pure innamorati. La tizia che li registra ricorda che si stringevano come due colombi e non ricorda nessuna sfuriata, né Edwige che lascia l'hotel tutta incazzata. Stessa cosa pure di un ristorante dove Richard ha prenotato. Li hanno visti arrivare stretti stretti, con la mano di lui quasi sul culo di lei. Anderson resta un po' stordito, perché gli pare una faccenda strana. Edwige fa la matta, poi fa la colomba e poi di nuovo la matta. O non ci sta con la testa, oppure... Gli viene chissà come l'idea di chiedere a quell'altro sceriffo se si può far dire com'è 'sta tizia che stava con Richard al Marriott. Lo sceriffo di Bowie se la fa descrivere e poi racconta ad Anderson che la femmina vista con Richard è alta quasi quanto lui, magra, coi capelli chiari e gli occhi verdi... E lì Anderson lo blocca, perché lui se la ricorda Edwige e mica c'ha gli occhi verdi, ce li ha scuri. E lì cominciano a venirgli i sospetti. Si fa un giro da Margaret Atwood, che in pratica conosce tutta la telenovela di casa Barker, perché s'è impicciata da quando quei due hanno cominciato a lanciarsi i piatti. Le chiede se per caso ha visto Edwige lasciare la casa per andare con Richard a Bowie e lei gli dice che non ha visto quando Richard si è messo in macchina per andarsene. Doveva essere partito che lei ancora dormiva. E manco John ha visto niente. Quando è uscito per andare a lavoro, la macchina di Richard stava ancora lì. Quindi Richard ha lasciato la casa tra le sette del mattino, che è l'ora in cui John esce di casa, e le otto, che è l'ora in cui Margaret si sveglia. Non è molto ma è già qualcosa, un punto di partenza.
«Passami un po' di quell'acqua, c'ho la gola secca.
«E non fare tutte 'ste mosse, non c'ho mica la lebbra. Se proprio ti fa schifo metterci bocca te ne vai a comprare un'altra. Costano un dollaro 'ste cazzo di bottigliette. Ce l'avrai un dollaro.
«Ecco, mo' va meglio. Allora, lo sceriffo c'ha un orario che non gli serve a niente finché non va a fare altre domande in giro e alla fine becca Clyde e Bill Hogan, due fratelli che al tempo giravano col camion della nettezza urbana e stavano in strada all'ora che Richard lascia la città. Viene fuori che i due hanno visto il macchinone di Richard.
«'Ed era solo?' chiede Anderson.
«'Stava col tizio vestito da pinguino', fa Bill.
«'E basta? Non c'era nessun altro? Tipo una donna?'
«'Non mi pare.' Chiede la stessa cosa anche a Clyde e pure lui gli dice che Richard era solo, e che è convinto di quella cosa perché il macchinone ha rallentato per sorpassare il camion che stava accostando dai Cohen, e loro hanno buttato un occhio, anzi tutti e due, e dietro hanno visto solo Richard.
«A quel punto lo sceriffo c'ha più di un dubbio. Si mette allora in testa che deve indagare, perché quel Richard non gliela conta giusta. Pure il fatto che quando ha chiesto di fare un giro in casa Richard gli ha detto del mandato... Insomma, ci sono troppe cose che non quadrano. Si decide a fare una cosa che non è proprio da lui, nel senso che questa cosa va contro le regole, ma se ne sbatte per una volta e pure volentieri, dal momento che Richard gli sta sulle palle perché tratta lui e tutti quelli di Red Creek come campagnoli scemi come la merda. Piglia il suo vice, Roy Hodgson, e vanno a casa Barker un giorno che Richard è fuori città per i suoi traffici. Dice a Roy che deve tirare fuori di casa quel vecchio maggiordomo o almeno tenerlo impegnato mentre lui entra in casa e si fa un giro veloce. Roy allora va e bussa. Quel vecchio pinguino apre e Roy subito tira in fuori il petto, allarga le gambe e gli dice che deve seguirlo per una deposizione. Ci sono cose che lo sceriffo deve chiedergli. Il pinguino gli dice che è impegnato con la casa, le pulizie e tanti cazzi e mazzi che gli arrivano fino alle orecchie, ma Roy insiste.
«'Ci vogliono solo pochi minuti. Così ci leviamo tutti il pensiero, lei può tornare al suo lavoro e noi continuiamo col nostro.' Ma il pinguino non è ancora convinto, e allora Roy gli dice che non si deve preoccupare, che nessuno è nei guai e che a rispondere alle domande dello sceriffo non finisce nei pasticci né mette nei pasticci il signor Barker. Anzi, è capace che così lo aiuta. Se invece non lo fa, è capace che lo sceriffo pensa che lui e Richard c'hanno qualcosa da nascondere. Quella cosa lì pare che lo convince e così il pinguino si decide ad andare con Roy, che lo carica in auto sul sedile davanti e poi lo lascia nell'ufficio ad attendere lo sceriffo che, dice Roy, sta sbrigando un servizio veloce. A quel punto Anderson non solo può entrare, ma può restare tutto il tempo che vuole.
«Per fartela breve lo sceriffo forza la serratura, entra e si fa un giro. Al piano di sotto sembra tutto in ordine. In cucina mancano piatti e bicchieri, ma questo se lo aspettava. Va a farsi un giro in salotto e si accorge che accanto al camino c'è unab gruccia per gli attrezzi del focolare e che dei quattro spazi dove ci stanno appesi gli attrezzi, uno è vuoto. Se lo appunta e continua a cercare. Va al piano di sopra e vede che l'armadio è bello pieno. Ci sono vestiti da donna, scarpe a volontà, cappelli e borsette. C'è giusto una gruccia vuota. Lo sceriffo si appunta pure questo e continua il suo giro. Va con calma, perché Richard è fuori e rientrerà a giorni e Roy sta tenendo a bada il pinguino con la scusa che devono aspettare lo sceriffo, per cui può scendere anche in cantina. Torna al piano di sotto, apre la porta della cantina che sta dietro le scale, tira la cordicella che accende la lampadina e scende. Lì manco trova nulla di che, a parte l'umidità e la polvere.
«Al che avrà imprecato, perché pensava proprio di trovare qualche indizio, ma invece niente. La cantina è vuota come la tomba di Gesù Cristo a Pasqua. Sta per tornare su e l'occhio gli cade su una parte del muro di mattoni che sembra più nuova. È una parte piccola, alta e larga più o meno come lui, ma diversa dal resto perché gli spazi intorno ai mattoni c'hanno la calce di un grigio più fresco, come se l'hanno lavorato di recente. Al che lo sceriffo ci butta un occhio più da vicino e vede che c'è un mattone infilato nel mezzo che non c'ha calce intorno, come se il muratore che c'ha messo mano s'è scordato perché andava di fretta. Ci posa sopra la mano, lo spinge e vede che si muove. Allora lo spinge più forte, fino in fondo, fino a che quello non cade dentro il muro con un tonfo. Poi mette gli occhi ad altezza del buco che ha aperto e lì gli piomba nel naso un fetore di carne marcia. Basta quello per fargli capire tutto. Dopo che è riuscito a tenere dentro lo stomaco la colazione, chiama Roy e gli dice di raggiungerlo di corsa senza dire niente al pinguino e portare con sé pure degli attrezzi, picconi e cose così, più un paio di braccia forti. Roy lascia lì il pinguino con una scusa, passa a prendere Gus Torton, Lew Gronkowski e i picconi e lo raggiunge.
«Insomma, per fartela breve buttano giù il muro e trovano Edwige lì, dentro la parete, come la tizia di quel racconto. Sai quale, tu sei uno scribacchino, lo conosci di sicuro.
«Esatto, quello lì. Chissà che Richard non ha preso spunto. Insomma, ritrovano il corpo e scoppia un casino. Trattengono il pinguino, aspettano che Richard torna e lo arrestano. Lui alla fine confessa che quella sera dell'ultima litigata, quando hanno svegliato Margaret e John, se ti ricordi, l'ha ammazzata con l'attizzatoio, che poi era l'unico attrezzo che mancava da quella specie di gruccia accanto al camino. Poi l'ha messa nel muro della cantina con indosso l'unico vestito che mancava dall'armadio e ci ha buttato dentro pure l'attizzatoio per sicurezza. Alla fine ha rifatto il muro, ma nella fretta si deve essere scordato quell'unico mattone.
«Che? Vuoi sapere perché l'ha uccisa? Perché Edwige gli ha detto quella cosa che se lui continuava a lasciarla a casa per tanti giorni di fila si trovava un altro. Gli ha messo la pulce nell'orecchio e Richard ha cominciato a crederci sul serio che quella lo tradiva mentre era via. E pure se il maggiordomo gli ripeteva che in casa non entrava mai nessuno e che Edwige non usciva mai, lui non ci credeva. Pensava che Edwige lo pagava in natura per mentire. Aveva proprio perso la testa, tanto che quella sera gli è scoppiato l'ultimo fusibile e ha fatto una cosa che una volta fatta non la puoi disfare.
«Chi? Il pinguino? Mo' non mi ricordo, ma penso che non se l'è vista bene manco lui. Penso che lo sapeva. No, aspetta, sicuro lo sapeva, perché poi è venuto fuori che Richard gli ha detto di andare in paese a comperare della malta e una cazzuola. Lo sceriffo non l'ha saputo prima solo perché al negozio quel giorno non c'era Neal Parker ma suo figlio, e il ragazzo non ha detto nulla al vecchio, e quindi Neal non sapeva di quell'acquisto, altrimenti l'avrebbe detto allo sceriffo e gli avrebbe messo un'altra pulce nell'orecchio. Quindi il pinguino sapeva. Non dico che ha aiutato Richard a mettere Edwige nel muro, però sapeva o almeno se lo immaginava che era successo qualcosa quando di colpo non l'ha più vista in giro per casa. Forse Richard gli ha detto che se n'era andata, chi lo sa. Questa cosa non te la so dire.
«Ah, e vuoi sapere la parte migliore? Dietro il muro, assieme a Edwige, lo sceriffo ha trovato pure un altro corpo. Veramente era più uno scheletro, però c'aveva accanto una lettera che era firmata Joe Barker. Non era sparito, si era murato lì dentro o si era fatto murare, la lettera non lo diceva. Visto quanto era vecchio all'epoca, probabile che s'è fatto aiutare da qualcuno, forse il suo maggiordomo. La lettera diceva che quella casa era la cosa più importante della sua vita, che l'aveva costruita col sudore della fronte e che non sopportava di lasciarla. Voleva rimanere lì fino a che la casa non diventava polvere con lui dentro. Una roba da mettersi a urlare, se ci pensi. Nessuna meraviglia che poi quella casa è diventata stregata. I ragazzini dicevano che se ti avvicinavi troppo, lo spettro di Joe Barker usciva dal comignolo, strisciava sulle pareti, veniva giù e ti faceva crepare di paura. Ti veniva alle spalle, ti faceva girare e quando ti voltavi ti faceva venire tutti i capelli bianchi e la mandibola storta dallo spavento.
«E dicevano che c'era pure il fantasma di Edwige che ogni notte correva su per la scala, si infilava nella stanza dove Richard l'aveva ammazzata e sbatteva la porta per chiudersi dentro. Lo so che pensi che è una stronzata, ma ti posso dire che alcune volte io e altri ragazzi abbiamo sentito sul serio una porta che sbatteva dentro casa Barker, e succedeva sempre di notte.
«Che? Sì, all'inizio lo pensavo pure io che era colpa di un animale randagio o qualche senzatetto. Ma poi ho leetto sul giornale di una contea vicina, che arrivava anche qua perché noi un giornale non ce l'avevamo al tempo, che Richard aveva confessato di avere ammazzato Edwige tra mezzanotte e l'una, e quella porta sbatteva sempre in quell'ora là, mai prima o dopo.
«Sì, te lo giuro sul Padreterno. Puoi andare a chiedere a Jim Bauman e Russell James. Andavamo spesso insieme a sfruguliare quella casa e...
«Sfruguliare. Significa che le rompevano le palle anche se sapevamo che non era una buona idea. Ci portavamo dietro un orologio da taschino, che era del padre di Jim, e ogni volta che la porta sbatteva buttavamo un occhio alle lancette. Penso che Russell l'ha pure raccontato una volta al suo vecchio 'sta cosa dell'orario e della porta, ma quello l'ha mandato a cagare e gli ha detto di cercarsi passatempi migliori e amici che non gli mettevano in testa certe idee sceme.
«Comunque, questo è più o meno tutto. Red Creek diventò per un po' una specie di ritrovo per tv e giornali. In città erano tutti sconvolti e volevano solo dimenticare, ma quei cavolo di imbrattacarte andavano in giro a bussare e a fare domande a tutti. Insomma, ci rendevano la vita impossibile. Quando finalmente se ne andarono in cerca di altri scandali, intorno alla casa si formò tipo un lenzuolo invisibile, una specie di... Merda, non so trovare le parole. Non sono uno scribacchino come te.
«Che? Okay, ci provo. Era un po' come quando qualcuno ti passa un dito freddo e bagnato sulla schiena. Ecco, tipo quello. Se stavi troppo vicino a quella casa ti venivano i brividi. Almeno era l'effetto che faceva a me e ai miei amici. Ecco, dopo l'uscita di scena dei giornalisti quella casa è diventata stregata, anche se per me era un po' stregata anche prima, come ti ho detto, forse perché dentro c'era già lo spirito di Joe Barker all'opera. Il paese è andato avanti e il tempo ha fatto quello che fa sempre, e cioè ha spazzato sotto il tappeto il ricordo. Solo che non bastava, perché ogni volta che svoltavi su Union Street e vedevi la casa, ecco che ti ritornava tutto in mente. E allora si è deciso che quella casa si doveva buttare giù. Doveva diventare un mucchio di legni, i legni dovevano diventare cenere e sulla cenere si doveva spargere il sale. Così, visto che non c'era nessuno che poteva rivendicare la proprietà della casa, l'abbiamo distrutta, padre Cunningham ha innaffiato la terra con un po' di acqua santa e qualche benedizione e amen.
«E questo è tutto quello che avevo da dire sulla faccenda. È una bella storia e secondo me ho un po' sbagliato a chiederti la solita tariffa. Facciamo che se mi dai un altro di quei salatini siamo pari.
«Li hai finiti? E che cacchio, andiamoli a comperare.
«Col cavolo che pago io, paghi tu. 'Sta storia è oro e lo sai. Te la puoi rimaneggiare come ti pare. E non fare il taccagno. Lo vedo da qui che c'hai il portafoglio gonfio. Ti fa il bozzo sotto la giacca.»
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