L'intruso
«Questa non è una storia che è successa qui, ma in una contea vicina. 'Sta tizia, che poi è venuta a Red Creek, c'aveva un problema in casa che mo' ti dico e alla fine non ce l'ha fatta a risolverselo, e ha trasferito baracca e burattini. Una volta ho sentito uno che diceva che non puoi scappare dai problemi, gli puoi solo andare incontro, ma 'sta tizia non ci poteva andare incontro a quel suo problema perché non era un problema normale, tipo un inquilino che non ti paga l'affitto o la macchina che ti lascia a piedi. Quello di 'sta signora era un problema un po' diverso da quelli che io o tu dobbiamo risolvere ogni giorno.
«In pratica 'sta tizia viveva in una casa vecchia, ma vecchia decrepita. Non nel senso che cadeva a pezzi, eh, ma che stava in piedi da un fracco di anni. Un po' come la casa di Union Street. Ti ricordi la storia, no?
«Ecco, la casa dove abitava 'sta tizia era anche più vecchia. C'aveva un portico stretto, con due colonne e una lampadina dentro una lanterna appesa sopra l'ingresso a due battenti. I vetri della lanterna erano così sporchi che se accendevi la lampadina ti faceva una luce tutta opaca che era più inquietante del buio. C'aveva pure delle terrazze, 'sta casa: tre o quattro, mi pare. Due sui lati, una davanti e poi non mi ricordo se ce ne aveva pure una dietro. E un lucernario, bello grande, con tutte le cacche dei piccioni spiaccicate sopra.
«La tizia che ci viveva era vedova e c'aveva un figlio che ogni tanto la andava a trovare. Lui voleva metterla in una casa di riposo, ma lei col cavolo che ci voleva andare. Diceva che preferiva che le dava una botta in testa, la faceva a pezzettini come un sushi e poi la sotterrava nella serra. Ah, già, c'aveva pure una serra. Ed è proprio dalla serra che comincia 'sta storia. La tizia, che si chiamava Mildred Potter, era una di quelle col pollice verde. Le piacevano un fracco le piante, ci parlava proprio. Parlava quasi più coi fiori che coi cristiani. Diceva che i fiori sono meglio dei cristiani, perché non provano a chiuderti in una casa di riposo né a spillarti soldi. E poi, se ci parli in un certo modo li fai stare bene. I fiori crescono meglio se ci parli in modo gentile e per ricompensa ti fanno vedere tutta la loro bellezza. Coi cristiani non funziona mica così. Più sei gentile, più provano a fotterti. E allora Mildred Potter parlava coi fiori e diceva che quelli crescevano sani e dritti perché lei ci parlava oltre che innaffiarli. Io mica lo so se è vero, ma lei pareva proprio convinta.
«Che? Sul serio? E dove l'hai letto?
«Ah... quindi non è una stronzata. Comunque, partiamo col fatto che Mildred c'ha questa fissa delle piante. Compra i semi, li pianta e li annaffia. Ci parla come si parla a un marmocchio nella pancia della mamma e quando germogliano continua a parlarci. C'ha un fracco di fiori: rose, camelie, gigli... Ce ne ha tanti che può aprirci un negozio e farci bei quattrini. Solo che a lei i quattrini non servono perché ce li ha già. Il marito le ha lasciato un bel po' di moneta e Mildred passa le giornate a chiacchierare con le piante, a leggere nel grande salone pieno di robe alle pareti e a sferruzzare a maglia. Si fa portare a casa la spesa dal garzone e ogni tanto va pure in chiesa, ma giusto per fare due passi. Non è una che col Creatore c'ha un rapporto. Di amiche non ce ne ha, perché come ti ho detto non si fida molto. Pensa che sono tutti pronti a sgraffignarle i soldi dell'eredità.
«Ecco, succede che un giorno Mildred sta nella sua serra a parlare coi fiori e vede che una delle sue camelie è un po' ammosciata. Non c'ha il colore bello vivo delle altre compagne di vaso. La cosa la piglia di sorpresa, perché tutti gli altri fiori scoppiano di salute. Solo quella camelia è moscia come una tizia che cova una brutta influenza. Allora Mildred ci parla un fracco, la consola e la innaffia. Alla fine decide di metterla in un vaso tutto suo, lontana dalle altre, per paura che magari c'ha qualche malattia delle piante e la può attaccare alle compagne. La pianta e la lascia lì. Torna il giorno dopo e trova che la camelia è morta. Ha perso i petali e quei pochi rimasti sono rossi come sangue che si è asciugato. Al che Mildred ci resta di merda, le viene quasi da piangere perché quei fiori sono un po' come dei figli, visto come ci parla e li cura. Ci parla più che a suo figlio, che non si caca di striscio. Anzi, lo tratta quasi come un estraneo. Lui la chiama al telefono per sapere come sta e lei risponde fredda, come se pensa che glielo ha chiesto sperando che gli risponde: 'Mi sono rotta un'anca', così lui c'ha una scusa per metterla in una casa di riposo e pigliarsi i soldi e la vecchia villa dove vive, per venderla assieme a tutte le robe che ci stanno dentro.
«Comunque, tornando ai fiori, Mildred sta proprio col morale sotto le scarpe. Ormai la camelia è andata e non si può fare più niente. Almeno l'ha tirata via prima che attaccava la malattia alle altre. Alla fine la butta e, mentre gira per la serra, scopre una rosa ammosciata. Lì le piglia un poco la strizza e subito leva la rosa e la mette in un vaso a parte, ma non serve a niente. La volta dopo la trova più morta del mio pisello. E dopo la rosa succede lo stesso pure a un giglio e ad altri fiori. Insomma, qualcosa sta ammazzando tutti i fiori e Mildred non sa che cavolo è, ma nel giro di un paio di settimane ci sono solo fiori appassiti. Le chiacchiere, il Sole e l'acqua non servono più e la serra diventa una casa di riposo per fiori. I petali marciscono, si staccano e cadono nella terra dei vasi o piovono per terra. Mildred è distrutta. Tutto il suo giardino muore e lei pure si sente un po' morta. La sera che l'ultimo fiore muore, Mildred se ne sta seduta nel salone, davanti al camino. Fissa il fuoco che sculetta sopra i ceppi mentre nella serra l'ultimo fiore piegato come un vecchio col mal di schiena sta lasciando andare l'ultimo petalo. Le ombre del focolare ballano sulla faccia di Mildred e la testa di cervo impagliata sopra il camino guarda fisso il resto della stanza, come se non gliene fotte niente del dolore di Mildred. Nella vecchia villa c'è un silenzio che puoi sentire sospirare un fantasma. Solo il fuoco schioppetta.
«Mildred sta proprio davanti al focolare e mentre pensa alle sue piante sente uno spiffero gelido dietro al collo, proprio qui, dietro la nuca. Allora si alza il colletto della vestaglia e si fa più vicina al focolare. Sta lì a scaldarsi e dopo un po' lo sente di nuovo, stavolta sulla faccia. Le tocca il viso come le dita di uno spettro curioso. Allora si gira e sbircia le grandi finestre ad arco, per vedere se per caso ce n'è una un poco aperta. Non le pare, però lei sente quello spiffero e allora si alza e va a controllare più da vicino, ma tutte le finestre sono chiuse. E allora che caspiterina è quel soffio gelido? Ci sarà mica qualche crepa in un muro o, peggio ancora, nel soffitto? Se così è, allora lo spiffero è l'ultimo dei pensieri, perché alla prima pioggia forte va a finire che si deve attrezzare con le pentole per raccogliere l'acqua. La cosa le fa dimenticare per un attimo il suo giardino di morte, che però le torna in mente veloce e alla fine si dice che non le frega un cazzo della pioggia, del tetto e di tutti gli altri cazzi e mazzi. Si rimette seduta davanti al camino e si appoggia alla poltrona. Si addormenta mentre la legna secca scoppietta e di fuori il cielo diventa blu scuro e poi nero. Si sveglia che l'unica luce è quella delle fiamme che stanno morendo. Il salone è pieno di ombre. I mobili di legno pesante e antico sembrano quasi delle presenze accucciate nel buio e pronte a saltare addosso appena la poca luce del focolare si spegne. Al che Mildred si alza per andare ad accendere la luce e sente uno schianto un po' smorzato dai muri spessi e dalla distanza. Al che va a controllare di persona. Accende le luci del salone, poi quelle del piccolo atrio. Arriva alla serra, apre la porta, accende la luce e per un secondo quasi si convince di vedere i fiori di nuovo in salute, belli dritti e colorati. Ovviamente trova il cimitero di gambi piegati e petali marci, però c'è una novità: i cocci di un vaso e un mucchio di terra sparsi sul pavimento. Mildred ci resta un po' così, perché non riesce a capire come ha fatto quel pesante vaso a cascare. All'inizio pensa a un animale. Forse è entrato un procione che è zompato sui banconi dei vasi e lo ha spinto giù. Così piglia una scopa e va a controllare in giro per la serra, ma non trova niente. A quel punto pulisce il casino, butta tutto nell'immondizia e visto che non ha cenato si prepara qualcosa. Dopo cena va a letto, si seppellisce sotto le lenzuola e chi s'è visto s'è visto.
«Si sveglia qualche ora dopo con un fastidio, quel tipo di fastidio che sai che c'è qualcosa che non va ma non sai bene cosa, perché succedeva mentre dormivi. Ecco, si sveglia e sente un freddo cane pure se sta sepolta sotto le lenzuola, di quelle pesanti e doppie che se ci metti sotto un prosciutto e lo riprendi dopo mezz'ora ti esce fuori affumicato. Fa un colpo di tosse e vede che il fiato gli esce fuori come una nuvoletta. Mo', è vero che la villa è grande e difficile da scaldare, però non è mai stata una cella frigorifera. Tieni pure in conto che non è pieno inverno, siamo più verso la primavera, perciò è ancora strano che fa un freddo che ti congela il fiato.
«Mo', la stanza da letto c'ha pure un camino e Mildred pensa di accenderlo. Deve pigliare la legna da giù e portarla di sopra, sempre che ne è rimasta. Sta cercando di farsi venire la voglia di scendere al piano di sotto e a una certa coglie qualcosa con la coda dell'occhio, come un movimento veloce. Si gira verso la porta-finestra che c'ha le tende aperte e le pare di vedere un'ombra che fugge via dalla luce pallida della Luna e si nasconde nell'angolo dove sta la sedia a dondolo. Mildred resta lì a fissare l'angolo della stanza e la sedia a dondolo fino a che gli occhi non si abituano un po' all'oscurità. La Luna fa un po' di luce, non tanta ma abbastanza da capire dove metti i piedi, e le pare di vedere una forma scura seduta sulla sedia. Una forma che pare una sagoma ritagliata da una pagina nera. Al che comincia a sentire un calore che è la paura che sale fino al cervello e te lo manda a fuoco. Capisce che quello che vede è un cristiano che le è entrato in casa, che è stato lui a sfondare il vaso nella serra e che si è nascosto mentre lei andava a controllare. E mica è una pensata scema, perché in una casa grande come quella i posti dove nascondersi non mancano e farla in barba a lei, che sta più di là che di qua, è uno scherzetto.
«Mildred continua a fissare quella sagoma e più passano i secondi, più diventa così evidente la sua presenza che non può ignorarla manco volendo. Si sblocca solo perché non sopporta più quel silenzio e gli dice: 'Piglia quello che vuoi, i gioielli sono nella cassettiera.' Ma quel tizio seduto come un re in trono non si muove né risponde. 'I contanti non ce li ho, però posso andare in banca domani. Te li lascio dentro il vaso grande all'ingresso, in una busta. Dimmi quanti ne vuoi e io te li lascio.' Nessuna risposta. 'Per favore, dimmi che vuoi', fa Mildred e la voce le trema tutta. Sta quasi per piangere. Il tizio resta fermo che pare un manichino. Non lo si sente manco respirare. Mildred fa ancora un tentativo e gli dice che giù, nel salone, c'è l'argenteria e che se la può prendere tutta. Lei aspetta in camera e non si muove finché lui non se ne va. 'Non la chiamo la polizia, giuro', dice con quella voce tutta tremolante. Ma manco stavolta quel tizio risponde e allora lei urla: 'Si può sapere che vuoi?' ma manco le urla lo smuovono. Al che la paura vince e Mildred butta di lato le lenzuola, si zompa fuori dal letto e corre via. Inciampa, cade sulla soglia e per miracolo non si spacca un femore. Si rialza e corre verso la scala. Corre giù e per poco non scivola su un gradino e fa una capriola. Ritrova l'equilibrio all'ultimo perché afferra il corrimano e arriva di sotto che c'ha il fiatone. Raggiunge il camino, che c'ha dentro ancora le ceneri rosse che si vanno spegnendo, e piglia l'attizzatoio dalla rastrelliera piccola. Poi resta lì nel grande salone, con solo la luce della Luna che entra dalle grandi finestre. Aspetta qualche rumore dal piano di sopra ma non sente niente. L'unica roba che sente è il suo cuore che batte nelle orecchie.
«Visto che non succede nulla per un pezzo, si allunga verso l'ingresso della cucina, dove sta l'interruttore della luce. Lo preme e il lampadario grande e scintillante si accende. Il salone si illumina a giorno. I colori le saltano addosso. Non c'è nessuno oltre a lei nella stanza. Allora va in cucina, piglia il ricevitore del telefono a muro e fa il numero del pronto intervento. Spiega la cosa e le dicono di barricarsi in una stanza, che mo' le mandano qualcuno. Lei riaggancia e siccome non si può barricare in cucina, perché non ci sta una porta ma solo un breve corridoio e un arco che la collega col salone, aspetta lì con l'attizzatoio stretto come una spada e le chiappe incollate al lavandino.
«Dopo un'eternità di silenzio sente le sirene dei piedipiatti e il motore dell'auto che si ferma di fuori, davanti casa. Sente le portiere che si aprono e chiudono. Poi sente il din-don! del campanello, che in quel silenzio suona nel salone come un urlo in un cimitero. Mildred sa che deve andare all'ingresso per aprire la porta, ma le viene da pensare: e se quel tizio sta appostato dietro l'arco del salone e aspetta giusto che esco per saltarmi addosso? E quindi si blocca lì in cucina, coi poliziotti di fuori che bussano al campanello e danno pugni alla porta e chiamano il suo nome, urlando che non possono sfondare la porta a due battenti perché è troppo pesante. Al che Mildred capisce che deve per forza muovere le chiappe. Si fa coraggio, si infila nel corridoio e arriva sulla soglia del salone. Si blocca lì e allunga la testa oltre l'arco per sbirciare nella stanza, un po' come una tartaruga che fa capolino dal guscio per capire se il coccodrillo sta ancora nei paraggi. Non trova nessuno nascosto dietro la parete, così esce fuori e corre verso l'ingresso. Mentre lo fa lancia un'occhiata veloce verso la balaustra del primo piano, perché si aspetta di vedere qualcosa o qualcuno, ma non vede niente e allora apre la porta.
«Si trova davanti i due agenti, che la trovano con l'attizzatoio in mano, i capelli tutti scombinati e chiedono: 'Mildred Potter?', come se pensano che anziché la proprietaria c'hanno davanti chi si è introdotto in casa. Lei spiega che c'è qualcuno al piano di sopra e i due agenti entrano. Uno le toglie l'attizzatoio da mano e lo appoggia al muro, quindi le dice di non muoversi. Mildred li vede salire le scale con la pistola in mano e il passo morbido e prudente. Arrivano alla balaustra e spariscono nel corridoio a destra che porta alla stanza da letto. Li sente camminare e si aspetta da un momento all'altro di sentire pure qualcos'altro, tipo uno sparo, i rumori di una lotta o uno sbirro che urla: 'Fermo lì!' e invece non sente nulla di tutto questo. Li vede tornare dopo un po', scendere le scale tranquilli e con le pistole nella fondina. La guardano e dicono: 'Non c'è nessuno', con una faccia di fastidio che di solito riservano ai mentecatti che si immaginano le cose.
«'Ma io l'ho visto, stava nella mia stanza, seduto sul dondolo', fa Mildred e quelli rispondono che hanno controllato la stanza da letto e tutte le altre stanze del piano di sopra, ma non hanno trovato nessuno.
«'Abbiamo controllato pure le terrazze, anche se le finestre erano chiuse dall'interno e non può essere fuggito da lì e poi aver richiuso da fuori, le pare?' dice uno dei due sbirri, sempre con quel tono di chi sta parlando con uno che s'è giocato il cervello a freccette.
«'Avete controllato sotto il letto e nell'armadio?' fa Mildred e quelli si scambiano un'occhiata e un sorrisetto.
«'Abbiamo controllato ovunque, anche nella cappa del camino. Mi creda, non c'è nessuno di sopra. Forse ha fatto un brutto sogno. Alle volte capita, quando ci sveglia di colpo, di vedere cose che non ci sono. È un fatto del cervello, che sta ancora dormendo pure se tu sei sveglio. C'ha anche un nome, 'sta cosa, solo che mo' non mi viene in mente.' Le dicono di dormire tranquilla e se ne vanno. Mildred chiude la porta e resta di nuovo sola con quel silenzio che le fischia nelle orecchie, a chiedersi se forse non c'ha ragione quello sbirro. Non l'ha capita la cosa del cervello che dorme mentre tu stai sveglio, però può spiegare perché non hanno trovato nessuno di sopra.
«Al che ripiglia l'attizzatoio e sale di sopra. Fa le scale, si ferma sull'ultimo gradino e sbircia nel corridoio, pronta a filarsela se vede qualcosa di strano. Il corridoio è buio. I due sbirri non hanno acceso le luci perché c'avevano le torce. Lei però le accende. E continua ad accendere luci in tutte le stanze che supera: il bagno, una stanza degli ospiti, lo studio di suo marito e finalmente arriva alla stanza da letto. Lì stringe l'attizzatoio e senza entrare manda le dita della mano libera a cercare l'interruttore sulla parete dietro lo stipite, con la paura che da un momento all'altro qualcuno le afferra il polso e la trascina nella stanza buia. Lo trova dopo un paio di tentativi e allora sbircia dentro la stanza illuminata. Sul dondolo non c'è nulla ed è già una buona notizia. Si abbassa per sbirciare sotto il letto, con la schiena che le chiede se non sta facendo una cazzata, e manco lì trova nulla. L'armadio è aperto, forse sono stati gli sbirri, e dentro ci sono solo i vestiti sulle grucce. Alla fine si convince che se l'è davvero sognata quella sagoma e che quello sbirro c'ha ragione.
«Non riesce però a mettersi a letto. È ancora troppo scombussolata. Allora va al piano di sotto, in cucina, e si fa una tazza di tè. Si siede al tavolo dove mangia ogni giorno e, mentre aspetta che l'acqua nel pentolino si fa calda, si accorge che non sente più quel freddo gelido di prima. E mo' che ci fa caso non l'ha sentito manco quando è tornata nella stanza da letto. Allora si fissa su quel particolare, perché può pure essere che si è sognata quel tizio, ma il freddo era vero. Te lo puoi sognare da sveglio, il freddo? Se lo sbirro era ancora lì, magari glielo chiedeva. E allora...
«Che? Non ho capito, ripeti un po'.
«Sì, può essere come dici tu. Alle volte mi capita pure a me che mi sveglio e c'ho freddo, poi mi alzo e mi riscaldo piano piano come il motore di un vecchio macinino. Solo che, per come l'ha raccontata lei, quello non era un freddo normale. Era un freddo di quelli che ti congela il fiato, come se qualcuno ha invitato nella stanza i venti del Polo Nord. Ecco, un freddo così nel mese di marzo può essere che lo fa in Norvegia, mica qui a Red Creek.
«Comunque, alla fine Mildred si calma un po' e tutta quella paura le casca addosso in forma di stanchezza. Non è che impazzisce all'idea di tornare di sopra, però lo fa e si porta appresso l'attizzatoio. Controlla di nuovo sotto il letto, nell'armadio, pure fuori la terrazza, e quando è sicura che non c'è nessuno si chiude a chiave nella stanza. Accende la lampada sul comodino e la copre con un lenzuolo che prende da dentro l'armadio, così che la luce è meno forte e può dormire. Ogni volta che sta per appisolarsi, però, le torna in mente quella sagoma sul dondolo e gli occhi le si spalancano. 'Sta cosa va avanti per un po', ma alla fine la stanchezza vince e Mildred si addormenta.
«Si sveglia che è ancora notte di fuori. Sbatte gli occhi e sente un rumore che non capisce. Si volta verso la porta e vede che la maniglia fa su e giù, su e giù... Qualcuno sta provando a entrare, ma non può perché la porta è chiusa. Mildred resta a guardare quella maniglia che cigola e fa su e giù per parecchio tempo, come se chi sta dall'altra parte non capisce che è inutile insistere. Poi l'intruso la smette e cala il silenzio. Qualche minuto e poi bum!, una botta forte contro la porta. Mildred fa un salto e si tira le lenzuola fino al mento. La botta si ripete, stavolta più forte: BUM!, come se chi sta in corridoio si è messo in testa di sfondare la porta. E pare proprio deciso, perché continua a dare botte sempre più forti. Mildred è così spaventata che l'unica cosa che riesce a fare è urlare: 'Smettila!' e incredibilmente quello la pianta. Dà solo un'altra botta, come per averci l'ultima parola, e poi si ferma.
«A quel punto Mildred non sa che pesci pigliare. Non può uscire e se quello entra è spacciata, perché non ha dove scappare. Il massimo che può fare è svignarsela sulla terrazza, ma non è che le serve a qualcosa perché non può buttarsi giù senza spaccarsi tutte le ossa. Casa sua è pure isolata, nel senso che il vicino più vicino non la sente urlare manco se usa un megafono, e l'unico telefono sta giù in cucina. In poche parole è fottuta. Può solo aspettare e capire di che morte morire. Solo che non muore di nessuna morte, perché dopo quell'ultima botta non succede più niente. Mildred sta con l'orecchio teso e non coglie un suono, manco i passi di quell'intruso che si spostano in corridoio. A una certa le viene da andare al bagno, e allora esce sulla terrazza, si abbassa i calzoni del pigiama, si accovaccia su un vaso vuoto e innaffia quel poco di terra che ci sta dentro. Poi torna dentro e aspetta che fa giorno. La luce del Sole fa sembrare le cose meno spaventose e, quando spunta il primo raggio, Mildred piglia un po' di coraggio. Si alza dal letto, s'avvicina alla porta e ci appoggia l'orecchio. Resta lì a sentire il silenzio e alla fine si fa coraggio. Piglia l'attizzatoio che sta appoggiato al muro, afferra la chiave, la gira e si allontana, nel caso che l'intruso sta lì dietro e gli viene da spalancarle in faccia la porta con un calcio. Non succede nulla e allora mette la mano sulla maniglia. Conta fino a tre, solleva l'attizzatoio come un martello, spalanca la porta ed esce. Il corridoio è vuoto. Mildred si fa un giro e controlla le altre stanze del piano di sopra. Ci mette una vita perché ha paura, ma alla fine lo fa e non trova nessuno. Stessa cosa pure al piano di sotto. Trova poi tutte le porte e finestre chiuse. A quel punto non sa più che pensare. La casa è vuota, c'è solo lei, e a meno che quell'intruso non è uscito e ha trovato il modo di chiudere porte e finestre da fuori...
«E così Mildred passa tutta la giornata sul chi vive. Ogni tanto va a farsi un giro con l'attizzatoio per assicurarsi che non c'è nessuno in casa e ogni volta che non trova niente si chiede se non sta uscendo di testa. Arriva la notte e col buio arriva la paura. Mildred si fa sempre più tesa. Il ricordo della notte passata risorge come un morto dalla bara e comincia a intrufolarsi nel suo cervello. Lei accende le luci di ogni stanza e prima di andare a dormire controlla sotto il letto, nell'armadio e sulla terrazza. Alla fine decide di andare a letto con la casa illuminata a giorno. Si chiude nella stanza da letto, accende la lampada, ci mette sopra il lenzuolo e prova a farsi una dormita. Si appisola e si sveglia perché ha freddo e perché la maniglia c'ha le convulsioni. Fa su e giù con un cigolio infernale e la porta trema tutta. Poi iniziano i colpi sul legno. Mildred comincia a urlare. I colpi si fanno più forti e veloci. Mildred si tappa le orecchie e comincia a piangere e pregare. Arriva una botta fortissima, che fa tremare la porta e i vetri della porta-finestra, e poi il silenzio. La maniglia smette di muoversi. Resta solo un suono: quello di passi. Mildred li sente allontanarsi in corridoio, quasi sparire e poi tornare indietro di corsa facendo tremare il pavimento. La maniglia ricomincia ad avere le convulsioni e la porta a tremare per le botte che sembrano spari di fucile. Mildred si nasconde sotto le coperte e piange con le mani premute sulle orecchie. Urla a quel tizio di lasciarla in pace e alla fine i rumori si spengono come la volta prima. Mildred tira fuori la testa, ascolta e stavolta non sente i passi allontanarsi. Le viene in mente che le luci nel corridoio sono accese e allora spegne la lampada sul comodino. La stanza piomba nel buio e lei guarda lo spazio sotto la porta. Vede la striscia di luce che filtra dal corridoio e si accorge che c'è un'ombra nel mezzo che la spezza in due. L'intruso è ancora lì, fermo dietro la porta, che aspetta lo sa solo lui che cosa.
«Mildred non si muove dal letto e continua a fissare l'ombra. La fissa per tutto il tempo, finché il sonno non la coglie di sorpresa. Quando si risveglia di colpo, spaventata e al buio, la prima cosa che fa è guardare lo spazio sotto la porta. L'ombra è sparita. C'è solo la striscia di luce. Lei non si fida comunque. Resta in camera, con la luce della lampada accesa, e ogni tanto butta anche un occhio alla porta-finestra, hai visto mai che quel tizio ha trovato il modo di scalare la parete. Solo che poi le viene da pisciare ed è costretta a farsi coraggio e andare di fuori per farla nel vaso. Aspetta la luce del mattino e di nuovo fa come il giorno prima, che gira per casa a controllare con l'attizzatoio. Trova tutto a posto, nessuna serratura scassinata, e a parte lei non c'è anima viva in casa. Non sa che pensare, ma è sicura che quello che le succede non si può spiegare con la teoria del sogno a occhi aperti che diceva lo sbirro. Però le piacerebbe credere a quella stronzata, perché è sempre meglio che pensare che è pazza come un cavallo.
«Il giorno dopo va avanti con Mildred che riesce pure a schiacciare un paio di pisolini sulla poltrona in salone, ma ogni volta che si risveglia trema tutta e si guarda intorno con la sensazione che c'è qualcuno che la spia. E si sente così anche mentre si sposta per casa. È una sensazione nuova, che le manda il cervello in vacca. A quel punto non ce la fa proprio più a sostenere tutto quel terrore e richiama gli sbirri. Gli racconta la cosa della maniglia e dei colpi alla porta e quelli si mettono a ficcare il naso per casa come la volta prima. Non trovano traccia di scassinature e si convincono che Mildred o c'ha il cervello un po' spostato a sinistra o usa quella storia come scusa per avere gente intorno, visto che sta sempre sola come un cane in quella grande villa. Prima di andarsene le consigliano di mettere un sistema d'allarme o sostituire le serrature, che sono vecchie come il cucco. Chiedono pure: 'Ma non è che qualcuno, oltre a lei, c'ha le chiavi di 'sto castello?' e lì a Mildred le si accendono le lampadine in testa, perché ci sta davvero qualcuno che c'ha una chiave, ed è suo figlio Henry. E alla fine, a forza di pensarci, Mildred si convince che dietro quel casino c'è proprio Henry che vuol farla sembrare pazza, così che poi la rinchiude in una casa di riposo e si frega la casa e i soldi. E allora sai che fa? Invece che dire agli sbirri i suoi sospetti, decide di sgamarlo sul fatto.
«Quella notte stessa, anziché andare a letto si mette nel salone. Spegne tutte le luci e si siede sulla poltrona, al buio. Da un finestrone che dà sul davanti della casa, dove c'è la strada sterrata e più in là un piccolo boschetto, entra la luce della Luna che si stiracchia sul tappeto. Mildred sta lì a fissare verso la porta d'ingresso mangiata dal buio e anche verso il finestrone che dà sulla strada, perché c'ha l'idea che suo figlio parcheggia l'auto lontano da lì e poi arriva a piedi per non farsi sgamare. È uno stronzetto furbo e Mildred quasi non ci crede che ha architettato una roba come quella. La cosa la manda in bestia. Quel piccolo schizzo di sperma l'ha terrorizzata che quasi ci rimette le coronarie, ma mo' gli restituisce pan per focaccia.
«Se ne sta seduta al buio con l'attizzatoio in mano, in attesa che quel battilocchio apre la porta. Mentre aspetta, decide che gli vuole far pigliare un bello spavento. Magari lo colpisce pure con l'attizzatoio, tanto per gradire, e nel caso usa la scusa che ha sentito uno entrare di straforo e pensava che era un mariuolo. L'idea comincia a divertirla, perché mo' è lei che c'ha il controllo della situazione. La paura non c'è più, è sparita come un brutto sogno quando ti svegli e vedi il Sole entrare dalla finestra. Al suo posto ci sta la rabbia e lei la vuole tirare tutta addosso a Henry.
«Quindi sta là e attende. Passa il tempo e quello stronzetto non si vede. Mildred comincia a chiedersi se non ci ha ripensato. Magari vuol far passare un giorno, di modo che la paura la cuoce un po', così che la volta dopo lo spavento è più sentito. Sta quasi per addormentarsi sulla poltrona quando sente uno scricchiolio. Spalanca gli occhi e sente subito un altro rumore: lo 'gneeee' dei cardini di una porta che qualcuno sta aprendo o chiudendo. Tutti rumori che vengono dal piano di sopra. Al che Mildred si chiede come ha fatto quello stronzetto a entrare senza che lei se ne accorgeva. O forse è entrato da sopra? Si è portato una scala appresso ed è salito da una delle terrazze. Ma come ha aperto una porta-finestra? Non è possibile senza rompere il vetro e comunque se ne sarebbe accorta. Avrebbe fatto un gran casino. Forse la notte prima, quando è andata a pisciare nel vaso di fuori, s'è scordata di chiudere la finestra della sua stanza? Era talmente spaventata che può pure essere. Comunque non cambia niente: quello stronzetto non la può cogliere di nuovo di sorpresa.
«Sente i passi che si muovono di sopra. S'immagina Henry che cammina nel buio, con la mano che scivola lungo la parete per orientarsi. Lo sente che si ferma in cima alle scale e scende. I passi sono lenti e risuonano nel buio del salone. L'unica luce è quel velo trasparente della Luna che entra dal finestrone con le tende spalancate e si ferma sul tappeto, un poco prima della poltrona dove sta rannicchiata Mildred. Lei non si muove e aspetta. Vuol capire cosa fa quello stronzetto. Se le passa accanto per andare tipo in cucina, cosa che spera, salta fuori e gli molla una botta con l'attizzatoio sulle gambe, e al diavolo se gli rompe un ginocchio. Se lo merita, dopo quanto l'ha terrorizzata.
«I passi arrivano nel salone e nel silenzio della notte sembrano la cosa più rumorosa del mondo. Mildred li sente che si muovono verso di lei e si rannicchia dietro lo schienale alto. La poltrona sta girata verso il camino e nel buio è impossibile che Henry si accorge di lei, a meno che non fa rumore, ma Mildred non ne fa: resta ferma immobile e quasi sorride mo' che sente quello stronzetto che le passa accanto. Aspetta giusto un paio di secondi, poi si alza veloce dalla poltrona e tira un colpo con l'attizzatoio là dove pensa che sta quel coglioncello. È così sicura che lo becca che ci mette tutta la forza che c'ha e quando il colpo va a vuoto perde l'equilibrio e cade. L'attizzatoio le vola di mano, cade con una botta metallica e scivola via con uno swissssh. Mildred si rialza, cerca nel buio la soglia che separa salone da cucina e poi preme l'interruttore vicino allo stipite. La luce esplode nella stanza, Mildred si volta e vede che il salone è vuoto. Non c'è nessuno a parte lei.
«È così sorpresa che il cervello le va in coma per qualche attimo. Quando si riprende va a controllare in cucina, anche se sa che non è possibile che è andato lì: i passi stavano vicino alla poltrona quando ha menato quella mazzata a vuoto e non li ha sentiti allontanarsi. E infatti in cucina non c'è nessuno. A quel punto è sicura che è uscita di testa. La vecchiaia le ha fuso qualcosa ai piani alti e ora sente e vede cose che non esistono. Forse deve andare alla casa dei matti, più che alla casa di riposo. Quel pensiero la spaventa anche più dell'intruso. Guarda il telefono a muro e pensa che è il caso di chiamare la casa dei matti e farsi mandare un'ambulanza. Piglia il ricevitore e sente dei passi nel salone. Sente uno swissssh di qualcosa trascinato sul pavimento lentamente e poi un cinguettio metallico. Decide di andare a vedere anche se è stordita forte. Mette il naso nel salone e all'inizio non vede nulla di strano. Guarda meglio e si accorge che l'attizzatoio è di nuovo al suo posto, accanto agli altri attrezzi per il focolare. Al che capisce cos'era quel rumore, ma il punto è un altro: chi diavolo l'ha rimesso a posto? Le viene da pensare che forse non l'ho manco mai preso quel cavolo di attizzatoio. Forse se l'è immaginato come s'è sognata l'intruso, i passi, la maniglia della porta che si abbassa e magari pure i poliziotti. Insomma, il cervello sta per prendersi una vacanza permanente. Poi si accorge che c'è qualcuno dietro la tenda del finestrone panoramico, che sta raccolta da un lato per lasciar entrare la luce. Si vede proprio la sagoma che preme sotto il tessuto pesante e lo gonfia. Si vedono le forme di testa, spalle, torace e il resto. Mancano solo i piedi, ma Mildred non li vede. Non ci sono. Lo spazio tra il pavimento e il bordo della tenda è vuoto. A quel punto comincia a sentire freddo. La temperatura nel salone sta scendendo di colpo e senza motivo. Mildred si allunga e piglia l'attizzatoio.
«'Henry', dice con la voce come gelatina. 'Smettila subito di farmi paura. Ti ho sgamato e mo' chiamo la polizia. Ma Henry non si muove. 'Hai capito che ho detto? Guarda che ti faccio arrestare, non sto scherzando.' E visto che Henry non dà segno di capire, Mildred dice: 'Va bene, come ti pare' e va in cucina muovendosi a culindietro, visto che ha paura a dare le spalle alla tenda e alla forma che la gonfia. Per pigliare il ricevitore deve perdere di vista la tenda e quindi fa più veloce che può. Chiama gli sbirri e spiega la situazione in poche parole. Non una roba facile, visto che c'ha la voce che è una gelatina tremolante, ma alla fine ci riesce. Riaggancia, torna a sbirciare la tenda e vede che s'è ammosciata. Non c'è più nessuna sagoma che la gonfia.
«Insomma, per fartela breve, Mildred resta lì ad aspettare gli sbirri che se la prendono comoda e quando arrivano c'hanno l'aria scocciata. Lei gli dice che suo figlio Henry la sta tormentando perché vuole farla sembrare matta, rinchiuderla e pigliarsi la casa e i soldi. Quelli l'ascoltano con una faccia di pazienza che non ti dico e alla fine uno dei due, quello più vecchio e panzone, dice: 'Signora, in tutta onestà penso che non c'è nessuno in casa sua, così come non c'era le volte prima. Se vuole un consiglio, chiami suo figlio e gli dica di metterla in qualche posto dove la possono aiutare, perché lei è un po' tocca' e se ne vanno. La piantano sulla soglia come una busta piena di cacca. Mildred rientra, tutta sbattuta, e fa l'unica cosa possibile: se ne va a letto. Si chiude dentro la sua stanza e quella notte l'intruso torna a farle visita. Batte sulla porta, prova la maniglia e va avanti per un pezzo, tanto che quasi la fa impazzire.
«La mattina dopo Mildred è distrutta. C'ha il cervello in apnea ed è talmente tesa che se prova a dormire si risveglia dopo due secondi col cuore che batte come un tamburo africano. Visto che è il giorno del Signore, che c'è il Sole e che lei non ce la fa più a stare in quella prigione grigia, decide di uscire. Fa la sua solita passeggiata e arriva sino in chiesa. Si siede in fondo e mentre ascolta la messa sente la tensione scivolare via. Si addormenta e si sveglia che la gente si sta alzando e sta uscendo. Al che va via pure lei, solo che non se la sente di tornare a casa. Il Sole c'ha un effetto su di lei che più la riscalda e più la rimette in sesto e se lo vuole un po' godere, perché sembra che le brucia via tutti i brutti pensieri. Si fa un giro e finisce in un parco. Si accomoda su una panchina, chiude gli occhi e lascia che il Sole la riscalda e le brucia i cattivi ricordi. A una certa sente: 'Le spiace se mi siedo?' Apre gli occhi e vede sta sagoma scura davanti a lei, che le copre il Sole. Per un momento pensa che l'intruso l'ha seguita fino a lì. Poi si accorge che chi le sta davanti è una negra dai fianchi larghi e la negra vede una qualche espressione sulla faccia di Mildred che le fa dire. 'Mi scusi, mi sa che l'ho spaventata.'
«Mildred dice che no, non l'ha spaventata, anche se c'ha il cuore che pare un motore coi giri al massimo. La negra chiede se si può sedere e di solito Mildred non dà confidenza agli sconosciuti – non la dà manco a chi conosce –, ma gli ultimi giorni sono stati parecchio pesanti e mo' sente il bisogno di un po' di calore umano oltre a quello del Sole. La negra si siede e assieme prendono un po' di Sole. 'Ti rimette al mondo', dice la negra e c'ha ragione. A Mildred dà proprio quella sensazione, come se sta tornando al mondo dopo che è stata via per un po', a fare una brutta vacanza su un altro pianeta. La negra le dà a parlare e Mildred si scopre felice di chiacchierare con qualcuno che non la tratta come una pazza. La negra le dice di chiamarsi madame Bertrand e...
«Che?
«Sì, la stessa madame Bertrand della storia che ti ho raccontato qualche giorno fa. Quella truffatrice che vendeva pietre magiche. Prima di arrivare a Red Creek s'è girata tanti posti. Insomma, le due parlano e siccome madame Bertrand è una gran figlia di puttana, Mildred è già fottuta e non lo sa. Quella negra dai fianchi larghi annusa che c'ha davanti una preda, la fa parlare e la porta sugli argomenti che le interessano. Sente che abita nella grande villa sulla strada sterrata, che tra l'altro ha visto perché ci è passata mentre arrivava in città.
«'Una bella casa', dice.
«'Bella, sì, ma vuota da quando il mio povero marito è passato a miglior vita', risponde Mildred.
«Al che madame Bertrand drizza le orecchie. Una donna sola e vedova, che vista la casa deve avere soldi a pacchi... Ci scommetto che si è impegnata per non sbavare. Al che chiede a Mildred: 'Che fa tutto il giorno in quella grande casa?' e Mildred le dice che, prima che morivano, curava le piante. E quando il discorso va sui figli, là madame Bertrand subito capisce dalle risposte e dalla faccia di Mildred che non c'è proprio feeling tra lei e il suo Henry. Allora la stuzzica sull'argomento, ma senza sembrare invadente. Si mette a dire che certi figlioli sono proprio ingrati e insomma, a quel punto stanno sulla stessa lunghezza d'onda, se capisci che intendo. Quella negra era brava a capire gli stati d'animo e a usarli per i suoi scopi, come mi pare che ti ho già detto.
«Alla fine Mildred non ce la fa più a tenersi tutto dentro e le dice i suoi sospetti sul figlio. Le racconta quello che è successo: dalla prima volta che ha visto l'intruso fino alla sera che il piedipiatti le ha detto che è tocca come un topo in tutù. L'unica cosa che non dice è il dettaglio dei piedi mancanti. Di dire quella cosa non c'ha il coraggio. Quando finisce di raccontare, madame Bertrand la guarda tutta seria e le fa: 'Sa una cosa, forse suo figlio non c'entra.'
«E Mildred risponde: 'Certo che c'entra, è l'unico ad avere una copia delle chiavi.'
«'Però non l'ha mai sentito entrare o uscire. E poi c'è la storia dei fiori che marciscono...' e fa una faccia pensierosa, ma non aggiunge altro.
«Mildred abbocca subito e chiede: 'Che c'entrano i fiori?'
«'Ha detto che i fiori sono marciti e poi ha visto quella sagoma nera, giusto? Be', io opero nel campo dello spiritismo e ho già visto fenomeni simili.'
«'Spiritismo?' fa Mildred e poi capisce. Sbarra gli occhi e chiede: 'Mi sta dicendo che casa mia è...' Non riesce a finire e allora madame Bertrand la finisce per lei, perché una cosa diventa reale solo quando la dici e madame Bertrand sa quanto male e quanto bene possono fare le parole. Sono armi, e l'arma che madame Bertrand usa per colpire Mildred è la parola 'fantasma'.
«'In casa sua c'è un fantasma', dice. Al che Mildred ripensa alla sagoma senza piedi dietro la tenda e a tutte le altre robe e nel suo cervello comincia a formarsi quella convinzione lì, grazie pure a quella negra che gliela spinge dentro senza sforzo. A una certa si convince che c'è davvero uno spettro e si sente mancare. Madame Bertrand se ne accorge e subito le piglia le mani rugose nelle sue, lisce come seta e nere come il carbone, e le dice che non si deve preoccupare, che lei sa come cacciare lo spirito.
«'Davvero?' chiede Mildred e quella negra imbrogliona capisce dalla voce sciolta e dagli occhi pieni di speranza che ha abboccato. S'è mangiata esca, amo, lenza e canna da pesca. Finisce che Mildred chiede a madame Bertrand quando può andare a casa sua a scacciare lo spirito. 'La pagherò cento dollari', aggiunge. All'epoca un centone era una bella somma e se c'avevi la possibilità di mettertelo in saccoccia non te la facevi scappare di certo. Madame Bertrand sente l'offerta e dice a Mildred che la aiuta. Inutile che ti sto a dire che Mildred è contenta come un cieco che inciampa in un diamante. Prima di quella negra non vedeva via d'uscita e mo' pare che tutto si può risolvere. Si danno appuntamento a più tardi, perché quella negra truffaldina si inventa che deve pigliare delle erbe per purificare l'ambiente e altri cazzi e mazzi, e si salutano. Mildred aspetta a casa e dopo un po' madame Bertrand bussa alla porta. Mildred la fa entrare e mi immagino che sforzo ha fatto quella negra per restare calma quando ha visto quel salone con la testa di cervo sul grande camino, i mobili con l'argenteria e tutti gli altri cazzi e mazzi.
«Mildred si accorge che madame Bertrand porta un borsone e chiede che contiene. Madame Bertrand lo apre e le mostra la salvia, due candele rosse e una tavoletta con sopra tutto l'alfabeto, un 'Sì' e un 'No' scritti grande in alto, a destra e a sinistra, un Sole e una Luna con le facce di cristiani e in basso, sotto l'alfabeto, la scritta 'Arrivederci'.
«Che?
«Allora sai di che sto parlando. Meglio, così mi risparmio un po' di fiato. E come hai detto che si chiama?
«Vabbè, io continuo a chiamarla tavola, è più semplice. L'importante è che sai che roba è.
«Quindi, Mildred chiede a che serve la tavola e madame Bertrand spiega che serve per parlare coi morti e che fra un po' le fa vedere come si usa. Intanto perché non le fa fare un giretto per casa? Così si fa un'idea dell'energia che circola fra quelle mura. Gli spiriti lasciano una traccia e gli spiritisti dotati come lei riescono a percepirla. E chissà, con un po' di fortuna e l'aiuto di Dio, magari riesce a scoprire qualcosa di più su quello spettro.
«Capito che figlia di puttana? Certo, devi essere pure scemo tu a crederci a 'ste stronzate, ma quella negra te le sapeva infiocchettare. Mettici poi quello che Mildred stava passando e capisci quanto può diventare facile imboccare un mucchio di stronzate a un cristiano solo e terrorizzato.
«Così Mildred le fa fare il tour completo. Comincia dalla serra e madame Bertrand cammina tra le piante morte, fa una faccia seria mentre si guarda intorno e in su come se ci sta qualcosa di interessante sul soffitto da vedere. Poi dice che lì ci è passato di sicuro uno spettro. L'energia è quasi sparita, ma lei può sentirne ancora una traccia, anche se debole. È facile che è stato lui a far ammalare le piante, perché sapeva che Mildred ci teneva un fracco.
«'Gli spettri ci osservano, ci spiano', dice a Mildred. 'Sanno cose, di noi, che neanche noi sappiamo. Hanno il potere di guardare nel nostro animo e tirare fuori i nostri fantasmi interiori. Allontanano da noi la felicità, ci lasciano senza difese e poi ci colpiscono. Il suo spettro ha capito che le piante le davano tanta felicità e come prima cosa gliele ha portate via.' Poi chiede di vedere la camera dove è apparso la prima volta lo spettro. Mildred la porta di sopra e le mostra la camera da letto. Le fa vedere il dondolo dove si è seduta quella figura nera e lì madame Bertrand alza il livello di presa per il culo. Va dove sta il dondolo, lo tocca, si siede sopra e chiude gli occhi per un po', si rialza e muove le mani sopra e intorno come uno che sta sentendo la temperatura dell'aria. Alla fine fa: 'Qui è freddo' e si gira verso Mildred. 'In questo punto qui l'aria è più fredda.' Mildred prova a sentire ma madame Bertrand dice che è una capacità solo degli spiritisti e le spiega che quel punto freddo è la traccia lasciata dagli spettri. I fantasmi, se Mildred non lo sa, vivono in un posto freddo e oscuro e quando escono da quel posto il freddo li segue e alle volte sopravvive per un po' nel mondo dei vivi, perché non è un freddo normale. Mildred si beve tutto fino all'ultima goccia e anzi, finalmente trova una spiegazione per quello che le sta succedendo. In pratica Madame Bertrand le dà i pezzi, fa segno dove metterli e Mildred fa il puzzle. Facile facile.
«Poi madame Bertrand si fa accompagnare anche nelle altre stanze, hai visto mai che sente qualcosa pure lì, e così si fa un'idea di quello che di valore ci sta in casa. Alla fine del tour il Sole sta andando via e il cielo comincia a farsi blu come il mare di sera. Madame Bertrand decide quindi di mettersi all'opera per il gran finale. Tira fuori la salvia, le candele e quella tavola con l'alfabeto e si piazza al tavolo della cucina. Piglia un vecchio accendino e comincia a bruciare la salvia. Poi accende le due candele e le mette sul tavolo, ai lati della tavola. Quindi tira fuori un affare di legno, grande come il tuo pugno, che c'ha la forma dell'asso di picche.
«Come?
«Si chiama così? Io lo chiamo asso di picche. È più facile da ricordare.
«A 'sto punto, visto che già sai come funziona la tavola, vado diretto alla parte dove madame Bertrand aspetta che si fa più scuro, perché gli spettri amano il buio ed è più facile contattarli. Spiega a Mildred che vuole chiedere al suo spettro perché la mette in croce, cosa va trovando da lei e se non può cercarsi qualcun altro da tormentare. Mette l'asso di picche sulla tavola, ci piazza su un dito, dice a Mildred che deve fare la stessa cosa e comincia lo spettacolo. Alla luce di quelle due candele, con la cucina che piano piano sprofonda nel buio, la situazione si fa interessante per madame Bertrand. Comincia a muovere l'asso di picche e a fare domande. La prima è: 'Spirito, sei qui con noi?' L'asso gira e rigira e alla fine va in alto e si ferma sul 'Sì'. Mildred si guarda intorno come se si aspetta di vedere il fantasma in un angolo della cucina o magari in piedi dietro di lei, ma non c'è nessun intruso. La seconda domanda è: 'Chi sei?' e lì puoi immaginare cosa esce come risposta.
«Bravo, esce proprio quello. Mildred s'era sicuro fatta sfuggire il nome del marito morto e figurati se quella negra si faceva scappare l'occasione di usare quell'informazione. Muove l'asso di picche e lo fa fermare un poco di più su certe lettere, così da far uscire il nome Peter, che era quello del morto. Al che puoi immaginare la sorpresa di Mildred, che passa dal figlio al marito morto e non sa manco perché quello la spaventa tutte le notti. E così madame Bertrand glielo chiede al morto e quando l'asso di picche finisce il suo giro sulle lettere, esce fuori che il morto è arrabbiato e madame Bertrand fa: 'Ora si spiega: è un'anima irrisolta' e dice a Mildred che le anime irrisolte sono quelle che rimangono tra i vivi perché si sono lasciate dietro qualcosa di incompiuto e che questo li fa spesso incazzare e se la prendono con i vivi.
«Al che Mildred le fa la domanda da un milione di dollari: 'Come lo faccio smettere?' E madame Bertrand risponde che l'unico modo è scoprire cosa si è lasciato di incompiuto e poi compierlo. Forse una questione d'affari. Forse qualcosa che riguarda Henry. O forse ce l'ha proprio con Mildred per qualche ragione che lei si è scordata o che nemmeno sa. Può essere qualsiasi cosa e ci può volere tempo per scoprirlo, perché gli spiriti non sono sempre disponibili a parlare e anche quando lo fanno, spesso ti parlano in modi che fatichi a capire, visto che hanno dimenticato il parlare dei vivi. Insomma, per fartela breve, mentre Mildred pensa al motivo per cui suo marito è tanto incazzato, madame Bertrand fa domande al morto, ma sembra che l'asso di picche non collabora. Al che dice a Mildred che è finita lì, almeno per quella sera, perché il morto si è scocciato di parlare con loro.
«'Alle volte lo fanno', spiega a Mildred. 'Sono capricciosi'. Così raccoglie tutta la roba e dice che è un peccato non poterci stare quando viene a trovarla il fantasma. È sicura che lei può calmarlo e parlarci se lui si fa vivo. Può essere una bella occasione per mettere fine a quella brutta storia. Al che Mildred le dice che può stare lì nella villa e dormire nella stanza degli ospiti al piano di sopra, e madame Bertrand non se lo fa ripetere.
«Viene l'ora di andare a letto e quella negra truffaldina dice a Mildred di fare come fa sempre, e cioè chiudersi dentro, perché se Peter è arrabbiato con lei, vederla gli può far saltare i nervi come a un toro se gli sventoli un lenzuolo rosso davanti e parlare con un morto incazzato è più difficile che parlare con un vivo incazzato. Quindi vanno a letto. Madame Bertrand aspetta qualche ora e poi si mette in azione. Piglia il borsone ed esce dalla stanza in punta di piedi, con una delle sue candele accesa per vedere dove mette i piedi. Si muove alla luce di quella fiamma piccola che avvicina ai mobili, finché non riconosce quello con l'argenteria e lì si ferma. Mette in terra il borsone e comincia a riempirlo di forchette, coltelli, cucchiai e cucchiaini. Mentre sta lì a riempire il borsone e cerca di non far tintinnare le posate, sente i passi di sopra che si muovono per il corridoio. Merda, si dice, la vecchia si è svegliata. E mo' chi glielo spiega perché c'ho il borsone pieno di posate? Che mi invento? Non può manco rimettere tutto a posto velocemente perché farebbe troppo casino e comunque i passi stanno già scendendo le scale, prima lenti come quelli di una tartaruga su due zampe e poi più svelti, come se si sono accorti che qualcosa non va. Quando mettono piede nel salone stanno correndo verso madame Bertrand, e i tonfi rimbombano tutto intorno come se a correre è Dio. Madame Bertrand urla. Un vento gelido la colpisce, spegne la fiamma sulla candela, le passa attraverso ed è così forte che la manda col culo per terra. Poi una voce grossa e arrabbiata le urla di andarsene e parla così forte che la sente pure Mildred, che sta sveglia in camera sua perché i passi l'hanno svegliata. La voce risuona in tutto il salone e poi cala il silenzio.
«Questa parte qua me la sono un po' inventata, lo ammetto, perché chi me l'ha raccontata ha detto che Mildred ha sentito la voce che urlava e poi la porta dell'ingresso che si apriva e chiudeva. È uscita dalla camera da letto anche se madame Bertrand le aveva detto di non farlo, ha visto che la stanza degli ospiti era vuota ed è scesa al piano di sotto. Lì ha trovato il borsone con l'argenteria e ha capito che quella negra truffaldina stava provando a rubare l'argenteria e che il fantasma l'aveva fatta fuggire. Ed è qui che sta il bello della storia, perché madame Bertrand pensava che Mildred era un po' tocca e invece ha scoperto a sue spese che gli spettri esistono e sono gelosi dei posti che infestano.
«Dopo il fatto con madame Bertrand, Mildred ha continuato a ricevere le visite del fantasma, che magari era proprio quello del suo marito defunto, chi lo sa. Ha continuato a chiudersi in camera e a sentirlo che pigliava a spallate la porta per entrare. Alla fine non ce l'ha fatta più a vivere in quel modo e ha chiamato suo figlio Henry, anche se era l'ultima cosa che voleva fare. Non gli ha raccontato del fantasma. Gli ha solo detto che se voleva si poteva prendere la casa, venderla o darle fuoco, perché lei si trasferiva. È andata in banca a prendere i risparmi e ha detto a Henry di venirla a prendere e accompagnarla nel posto più a portata di mano. Sono venuti a Red Creek e Mildred si è ficcata nella pensione della Faulkner. Dopo un po' ha scoperto che ci stava una casa vuota, che poi era la casa di quel nazista che ti ho detto, se ti ricordi. Mildred l'ha comprata senza spendere manco tanto, così che le so' rimasti a disposizione parecchi soldi per vivere tranquilla fino a che il Signore non se l'è chiamata.
«Che?
«Eh, questa è una bella domanda. Mi piacerebbe pure a me sapere che è successo alla casa, se Henry ci è andato a stare, ha visto ombre e sentito voci. Magari l'ha venduta e chi l'ha comprata ha passato le stesse cose di Mildred. Chi lo sa. Se ci tieni devi andare a Little Wood, il posto dove abitava Mildred. Magari provi a entrare in quella vecchia villa e ci rimani fino a dopo il tramonto. Se lo fai, poi mi devi raccontare se hai visto o sentito le stesse cose di Mildred.
«Okay, io ho fatto il mio. Se mi dai i soldi me ne torno a casa. Non lo so se ci vediamo più dopo oggi, perché ti ho racconto tutte le storie più gagliarde che c'avevo. Magari ci becchiamo in giro per il paese. E non ti scordare che mi devi far leggere quelle robe che poi scrivi, mo' che le metti nero su bianco. Sono curioso di vedere che ti inventi.»
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