UNFINISHED BUSINESS

🌍 Montecarlo, Principato di Monaco
📆 04/01/2019
🎧 Maybe it was me - Sody


maybe it was me who fucked it up
or maybe it was us
so helpless and young
or maybe everything was all my fault


Il mondo è diviso in tre categorie di persone: chi è nato a Monaco, chi ci abita e chi non ci vivrà mai. Non è solo una questione economica, ma è una legge non scritta che si percepisce appena superato il confine del Principato. Monaco non è per tutti. Judith non ha mai amato particolarmente Montecarlo, ma per il suo lavoro - e soprattutto per la vicinanza con Max - ha imparato a viverci e addirittura ad apprezzare le occhiatacce che i monegaschi riservano agli stranieri. 

A differenza di Judith, Lewis Hamilton sembra un perfetto cittadino monegasco fatto e finito. Il suo modo di essere, di vestire, di comportarsi, lo fanno mimetizzare del tutto con l'ambiente che lo circonda. Judith un po' invidia come Lewis si trovi sempre a suo agio in mezzo alla gente, come gli piaccia essere al centro dell'attenzione anche e soprattutto lontano dai circuiti di Formula Uno. Il sole è alto sul porto nonostante l'inverno inoltrato e i raggi del sole scaldano la pelle chiara di Judith, seduta ad un tavolino sulla veranda del La Marée con un paio di enormi occhiali da sole sul naso e una cuffia rosa a ripararla dal freddo. 

<<Judith, scusa il ritardo>> il perfetto accento britannico di Lewis Hamilton si avvicina alle spalle della bionda, che si gira d'istinto e si alza dalla sedia per baciare entrambe le guance del pilota. <<Immagino non sia una passeggiata essere campione del mondo per l'ennesima volta>> scherza Judith con un ampio sorriso rivolto a Lewis, che ricambia il gesto e si siede di fronte a lei. <<È un lavoro duro, ma qualcuno deve pur farlo>> si prende in giro Lewis curvando le spalle in avanti verso la ragazza e appoggiando i propri occhiali da sole sul tavolino. <<Sai perché siamo qui, Judith>> il tono di voce di Lewis cambia drasticamente, diventa improvvisamente più serio. Judith si toglie gli occhiali da sole a sua volta per poter guardare Lewis negli occhi, per non avere filtri tra di loro e poter scrutare tutte le sue espressioni. 

<<Lewis...>> comincia lei con un leggero sbuffo ed alzando gli occhi - quasi lucidi - al cielo, non ancora psicologicamente pronta ad affrontare questo argomento. <<Judith, prima di dire qualsiasi cosa lasciami parlare, poi potrai dirmi tutto quello che vuoi>> Lewis la interrompe, senza però essere maleducato, qualità che non passa mai inosservata. <<Sarò onesto, diretto, brutale. Non so come tu faccia ad essere così brava a gestire una testa calda come Max e non mi interessa nemmeno saperlo. Voglio solo che tu sappia che con me potresti essere ancora più brava>> inizia il campione del mondo in carica sotto gli occhi indagatori di Judith. 

<<Lewis, io ti ringrazio. Davvero, tutti questi complimenti... detti da te valgono il doppio>> Judith mette insieme due frasi di senso compiuto, sentendosi incredibilmente stupida davanti allo sguardo penetrante di Lewis. Sa di essere brava e di fare un ottimo lavoro gestendo Max, ma sentirselo dire da qualcuno con l'esperienza di Lewis Hamilton ha tutto un altro sapore. Judith prende un profondo respiro, prima di pronunciare l'ultima frase che sancirà la fine dell'incontro di lavoro tra i due. Ma non fa in tempo a pronunciare nulla perché il pilota inglese la interrompe. <<Non verrai in Mercedes, vero?>> domanda Lewis abbassando la voce, con un leggero sorriso tirato sulle labbra carnose e la testa piegata di lato. Judith scuote lentamente la testa, allunga un braccio per prendere la mano di Lewis nella sua e la stringe dolcemente.

<<No, non verrò>> dice sospirando fissando il mare oltre le spalle di Lewis <<ma questo lo sapevi già. Non abbandonerò mai Max, anche se dovessimo litigare tutti i giorni, anche se dovesse finire ad essere il secondo pilota dell'ultima scuderia in classifica>> prosegue Judith con una leggera risata ad accompagnare l'ultima frase, seguita a ruota da Lewis, il quale stringe la mano della ragazza e la guarda negli occhi. <<Ti ammiro davvero tanto, Judith. Max è fortunato ad averti>> le parole dolci di Lewis si scontrano con la risata sarcastica della ragazza. 

<<Il 90% delle volte è solo un coglione>> commenta Judith spallandosi sulla sedia di legno e fissando un punto indefinito davanti a lei. <<Da quanto tempo è che non vi parlate?>> domanda Lewis, curioso e leggermente confuso dalla strana situazione tra i due amici. <<Da quando è tornato dal Brasile, più o meno>> alza le spalle cercando di mettere in ordine le immagini di lei e Max nel suo cervello. Lewis aggrotta le sopracciglia e tira le labbra. <<Forse è il caso che vi parliate allora>> dice semplicemente, schiarendosi la voce subito dopo. 

Judith lo guarda confusa e, data l'espressione divertita sul viso di Lewis, le sue enormi sopracciglia devono essersi piegate in quella strana forma innaturale che è da sempre il marchio di fabbrica della giovane olandese. <<Che intendi dire?>> domanda con un filo di voce, per paura della risposta. Prende un profondo respiro e si sistema sulla sedia, cercando in tutti i modi di non prendere a parole Max prima di sapere che cosa ha combinato. Perché sa già che ne ha fatta una delle sue. Lo conosce troppo bene. Meglio di quanto conosca sé stessa. 

<<Ad Abu Dhabi ci mancava poco che non mi prendesse a pugni in discoteca>> Lewis sgancia la bomba e si stringe nelle spalle, complice una folata d'aria più fredda delle precedenti. Judith sbarra gli occhi e a stento sbatte le palpebre per lo stupore. Allarga le braccia invitando silenziosamente Lewis a proseguire il suo racconto mentre prende un abbondante sorso del cappuccino che aveva ordinato prima che arrivasse il pilota inglese. <<Penso fosse ubriaco e anche un po' arrabbiato... o forse entrambe le cose insieme>> inizia Lewis <<quando è arrivato l'ho visto parlare con Leclerc, poi a un certo punto è venuto verso di me con una rabbia che non gli avevo mai visto e ha iniziato a urlare che non posso prendere tutto quello che voglio, soprattutto quello che è suo...>> 

Nel sentire l'ultima parola, Judith si strozza con la sua stessa saliva e inizia a tossire mentre un rossore si fa largo tra le sue pallide guance. Lewis, da gentiluomo, le posa le mani sulle spalle e le batte sulla schiena con delicatezza per aiutarla a non soffocare davanti ai suoi occhi. Nel giro di una manciata di secondi Judith recupera le funzioni motorie ed è nuovamente in grado di parlare. <<Perché mai avrebbe dovuto picchiarti?>> domanda incredula la ragazza mentre cerca di ricordare qualcosa dell'ultimo Gran Premio della stagione 2018. Per quanto si sforzi non riesce a farsi venire in mente nemmeno due parole delle interviste post gara di Max. <<Era distrutto ad Abu Dhabi, Judith. Ti ha aspettata tutto il weekend, continuava a fissare il telefono ogni secondo. Non ha fatto battutine e non reagiva nemmeno a Daniel che lo sfotteva, non era neanche più divertente dopo un po'>>.

Judith ascolta le parole di Lewis e, mano a mano che l'inglese spiega l'ultima gara della stagione appena conclusa, si palesano nella sua testa delle istantanee di un Max Verstappen depresso, arrabbiato, quasi introverso e con il muso lungo. Perché mai Max avrebbe dovuto picchiare Lewis in mezzo ad una discoteca? Come mai ce l'aveva con lui? Poi all'improvviso è tutto più chiaro. <<Penso di aver capito>> mormora Judith dal nulla fissandosi le dita intrecciate le une alle altre sul tavolino di legno. In quel momento si maledice internamente per aver raccontato a Sonja della proposta di lavorare in Mercedes. Sicuramente lei ha fatto la soffiata a Charles, ed ecco che la notizia è arrivata fino a Max. Lewis la guarda sempre più confuso, rendendosi conto della grande verità che circola nel paddock da un paio d'anni: Max e Judith sono la stessa persona e se uno dei due sta male, si può star certi che anche l'altro non se la passa tanto bene. Ed è proprio così. La incita a continuare con un lieve movimento delle mani, Judith prende un sorso del suo cappuccino e prende un respiro profondo, scegliendo con cura le parole da usare con Lewis. <<Mi dispiace che tu ci sia finito di mezzo, è una cosa tra me e Max che devo risolvere il prima possibile>> commenta girandosi quel poco che basta per guardare Lewis negli occhi. 

Lui la guarda con un lieve sorriso sulle labbra, facendole intendere che capisce la situazione delicata in cui i due si trovano e che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. <<Ma sul serio ti ha picchiato? Non ci posso credere>> aggiunge la ragazza subito dopo, sistemandosi meglio sulla sedia. Lewis accenna una risata e si massaggia la mascella, facendo rimanere Judith sulle spine. <<No, alla fine è arrivato Daniel e l'ha portato via>> la informa. Judith, nel sentire quelle parole, tira un sospiro di sollievo e chiude gli occhi, contenta di non dover sistemare anche l'ultima verstappenata di Max. <<È stato abbastanza esilarante vedere Ricciardo talmente ubriaco che a stento riusciva a tenersi in piedi venire a prendere di peso Verstappen>> Lewis ride e, immaginandosi la scena davanti a lei, la risata si impossessa anche di Judith. 

Quello tra Lewis e Judith è l'incontro di lavoro più strano che la ragazza abbia mai fatto in vita sua. Non che ne abbia fatti tanti, visto che dopo la laurea si è catapultata nel team Red Bull per intercezione di Max. Il colloquio di lavoro con Christian Horner è stato molto più formale, in un ufficio asettico a Milton Keynes invece che sulla terrazza del La Marée di Montecarlo con una vista mozzafiato sul mare. 

Se c'è una cosa che Max ha sempre amato di Montecarlo è il suo appartamento. Quando Daniel l'ha convinto a prendere casa nel suo stesso pianerottolo era convinto che l'undicesimo piano fosse un po' troppo esagerato, ma con il tempo non può che essere grato di aver dato ascolto al suo ormai ex compagno di scuderia. La vista dall'immenso balcone è mozzafiato: quando è a casa ama stare fuori a guardare le onde del mare infrangersi contro gli scogli, quel rumore l'ha sempre rilassato. Pensandoci bene, quella casa è fin troppo grande per lui, dato lo scarso utilizzo che ne fa, ma è arrivato alla conclusione che i soldi che guadagna non vuole portarseli nella tomba, perciò finché potrà permettersi una casa così grande a Monaco farà di tutto per godersela il più possibile. 

È quasi mezzogiorno quando Daniel suona il campanello di casa di Max, facendolo sobbalzare sulla sedia di vimini, con i piedi appoggiati alla ringhiera e lo sguardo perso su quella linea all'orizzonte che mescola l'azzurro del cielo con quello del mare. Si alza di scatto e a passo svelto si avvicina alla porta di casa. <<Buongiorno vicino>> lo saluta allegramente Daniel, con il suo solito sorriso smagliante stampato sul viso. Max è convinto che anche se fosse sul letto di morte Daniel sorriderebbe fino all'ultimo. Ed è anche per questo che lo ammira così tanto, nonostante i loro alti e bassi durante gli ultimi anni da compagni di scuderia. 

<<Ti serve una doccia, amico>> è la risposta di Max, con un'espressione quasi schifata in volto vedendolo tutto sudato. <<Non c'è tempo per una doccia, devo parlarti>> Daniel sposta bruscamente il braccio di Max ed entra nel suo appartamento, che conosce meglio delle sue tasche. <<Prego, eh>> Max scuote la testa sarcastico ed alza gli occhi al cielo, ormai abituato al carattere esuberante del suo ex compagno di scuderia. Chiude la porta alle sue spalle e si gira verso di lui, già accomodato su uno degli sgabelli del bancone bar. <<Indovina chi ho visto mentre tornavo a casa>> esordisce Daniel dal nulla, con i gomiti appoggiati ai braccioli dello sgabello e una gamba a penzoloni. Max scrolla le spalle e si spettina il ciuffo biondo mentre si siede di fronte a lui. <<Judith>> continua l'australiano, procedendo a tentoni come se avesse paura della reazione poco pacata di Max. 

<<Sì, è a Monaco da una settimana. L'ho intravista l'altro giorno mentre andavo ad allenarmi>> commenta atono l'olandese, con la testa bassa ed un sospiro malinconico. <<Mi stai dicendo che non vi parlate dal Brasile?>> chiede Daniel con gli occhi sbarrati, le mani sul tavolo ed il busto proteso verso il padrone di casa. Max non risponde e a Daniel questo basta e avanza come risposta. <<Siete due pazzi>> commenta il più grande scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli. Max azzarda un sorriso di circostanza, deglutendo rumorosamente. <<Quindi fammi capire, sei venuto qui di corsa senza neanche farti una doccia per dirmi che hai visto Judith a Monaco?>> domanda Max con un sopracciglio alzato ed una smorfia ad increspargli le labbra screpolate. 

<<Era con Lewis>> mormora Daniel a mezza voce, talmente piano che Max pensa di averlo sognato. Spera davvero che stia avendo un incubo, che presto la sveglia suonerà e lo riporterà alla realtà, dove lui e Judith sono amici inseparabili e non hanno mai litigato. Ma appena si rende conto che le parole di Daniel non sono un sogno, sente un tuffo al cuore, come se qualcuno gli avesse dato un pugno contro lo stomaco e lo abbia totalmente svuotato. Sapeva che Judith avrebbe accettato il contratto con la Mercedes, ma in cuor suo sperava vivamente di sbagliarsi. E invece no. Judith lo sta abbandonando per fare la manager di Lewis, pieno di soldi, di ragazze e che le renderà la vita sicuramente più facile di quanto faceva lui. Lui e il suo maledetto carattere, la sua lingua lunga, le sue occhiatacce e i suoi sorpassi impossibili. <<Non pensavo che accettasse la proposta di Lewis>> va avanti Daniel, cercando di capire cosa sta passando nella testa del suo ex compagno di scuderia.

<<Sai cosa mi fa veramente incazzare?>> domanda retoricamente Max quando lui e Daniel sono in ascensore, pronti ad uscire per una passeggiata. O meglio, Daniel ha costretto Max ad uscire di casa per fargli prendere una boccata d'aria e vedere il mondo da una prospettiva diversa dal suo balcone. <<No, dimmi>> risponde educatamente l'australiano, sempre paziente e pronto ad aiutare il suo amico anche quando diventa insopportabile. <<Che abbia accettato di lavorare con Lewis senza dirmi un cazzo>> sbotta il biondino tirando un pugno contro la parete dell'ascensore, che traballa per un secondo. Daniel, in tutta risposta, sospira per non peggiorare la situazione già estremamente delicata e prova a far ragionare il suo amico. 

<<Max, lei sicuramente avrà sbagliato a non dirtelo ma tu hai sbagliato in Brasile. Ti rendi conto di come l'hai trattata? Hai sminuito non solo il suo lavoro ma anche il vostro rapporto>> spiega Daniel mentre entrambi escono dal palazzo e vengono investiti da una leggera brezza che li fa rabbrividire. Max non risponde, un po' per orgoglio - quel maledetto orgoglio - e un po' perché in cuor suo sa che Daniel ha ragione. <<Hai una vaga idea di cosa significa lavorare con te? Lo sai che ti voglio bene ma è un'impresa. Non si sa mai come ti sei svegliato, se combinerai qualcosa di assurdo, e indovina? Judith c'è sempre stata, non solo nei momenti migliori ma anche nei peggiori>> continua saggiamente il riccio, facendo voltare Max nella sua direzione mentre camminano lentamente verso la Place du Casino. <<Anche a Baku>> conclude Daniel con un piccolo sospiro, sapendo perfettamente di entrare in una zona più che delicata toccando l'argomento Baku 2018.

<<Non parlare di Baku>> taglia corto Max, gli occhi improvvisamente più scuri anche se coperti dalle spesse lenti degli occhiali da sole. Daniel non può vederli ma sa che per Max Baku è ancora un tasto dolente. <<Mi sembrava che ci fossimo buttati alle spalle tutto quello che è successo a Baku>> mormora Daniel attraversando la strada al fianco di Max. <<Sia in pista sia fuori>> precisa subito dopo abbassando la voce in modo che solo Max riesca a sentirlo, anche se le poche persone attorno a loro non sembrano interessate alla loro conversazione. La mascella di Max si irrigidisce di colpo non appena sente quelle parole e si trattiene dal girarsi e tornare a casa. 

Max e Daniel camminano silenziosamente uno in fianco all'altro, nessuno dei due parla ed entrambi approfittano di quel momento per pensare. I pensieri di Max tornano inevitabilmente al Gran Premio di Baku, quando per poco lui e Daniel si ammazzavano. Perché qualche pugno e spintone c'è stato. Lontano dalle telecamere e dal lusso sfrenato è successo di tutto. Baku 2018 non è stato un disastro solo in pista. Anzi, il disastro in pista si può ricondurre a quello che è successo poche ore prima. 

Il circuito di Baku è il più brutto di tutta la stagione. Lo odiano tutti perché guidare per quelle strade è un'incognita, non si può mai sapere cosa può andare sbagliato, chi farà un errore alla prossima curva o chi si schianterà contro il muretto. Perché succede sempre qualcosa a Baku. Tutti i piloti odiano questo Gran Premio e la maggior parte di loro non sopporta quelle prime sette curve a 90° . Ma Max ha una certa passione per il rischio, per il pericolo, spinto dalla sua follia e dalla voglia di far vedere al mondo che non è solo il figlio di Jos Verstappen. Lui è Max e nessuno è come lui. 

Dopo una qualifica buona per il team Red Bull - Daniel quarto e Max quinto sulla griglia di partenza - un meritato riposo pre gara è d'obbligo. <<Ci beviamo una birra stasera?>> domanda Daniel arrivando alle spalle di Max, ancora con la tuta abbassata ed allacciata in vita. <<Non possiamo, lo sai>> risponde l'olandese ravvivandosi i capelli umidi a causa del sudore e schiacciati dal casco. Judith si unisce ai due, mettendosi in mezzo con un braccio attorno a Max e l'altro attorno a Daniel. <<Non fare quello che segue le regole, non ci crede nessuno>> lo sfotte la ragazza dandogli un bacio sulla guancia che fa immediatamente sorridere Max. <<Sono stanco e domani voglio vincere, ma voi fate pure>> li incita Max con un cenno del capo una volta arrivati in fondo al paddock. I tre si separano, ognuno con idee ben diverse su come passare la serata. 

Di solito non escono prima di una gara, non sono abituati a fare festa prima di un Gran Premio, ma né Judith né Daniel hanno voglia di deprimersi in una asettica camera d'albergo da soli. Max è irremovibile: suo padre veglia su di lui anche quando è lontano migliaia di chilometri e, dati i trascorsi, Max non lo vuole deludere. Non vuole deludere sé stesso. Non vuole deludere i suoi tifosi e, più di tutto, non vuole deludere l'Olanda intera. 

<<Posso?>> domanda Daniel a Judith, sulla soglia della camera della ragazza. Judith si distende in un ampio sorriso, lasciando entrare il ragazzo e chiudendosi la porta alle spalle. <<Non ho molto da offrirti, solo della birra scadente>> Judith si avvicina al mini bar e si passa una mano tra i capelli crespi, prende due bottiglie di birra e ne passa una a Daniel. <<Non vedevo l'ora>> risponde l'australiano con un ampio sorriso mentre si siede sul letto matrimoniale. Passano la serata a ridere e a chiacchierare come fanno di solito. Non c'è malizia, non c'è un doppio senso. Ma qualcosa di strano aleggia nell'aria. 

<<Ci stai ancora male?>> domanda Judith a pancia in giù sul letto dopo aver preso un sorso abbondante della sua seconda birra. Daniel ha la testa sul cuscino, un braccio dietro la testa e una gamba piegata, con gli occhi fissi sul soffitto come se fosse la cosa più interessante del mondo. <<Non è che ci sto male, ma...>> inizia, ma le parole gli muoiono in gola come ogni volta che prova a parlare della sua ex ragazza, ora in procinto di sposarsi con l'uomo che ha preso il posto di Daniel. <<Ma ci stai male>> ci pensa Judith a concludere la frase al posto suo e Daniel si volta verso di lei, con uno sguardo indecifrabile. 

Si sente capito ed incredibilmente a suo agio quando parla con Judith. Non è mai stato attratto fisicamente da lei, non l'ha mai guardata in altro modo se non come "migliore amica del mio migliore amico". Spinto da una forza invisibile si avvicina a lei e senza staccare gli occhi dai suoi - così azzurri da essere quasi trasparenti sotto le luci artificiali - la bacia. Judith, complice l'alcool ed il caldo dell'Azerbaijan, chiude gli occhi ed assapora le labbra di Daniel, ruvide ma calde allo stesso tempo. <<Dan...>> prova a dire, ma non riesce a finire la frase che Daniel è sopra di lei, i suoi occhi che brillano nella penombra della stanza e le sue labbra sul suo corpo.

La mattina dopo è Max ad andare Judith, come ogni volta prima di un Gran Premio. Sa che la sua migliore amica dormirebbe in eterno se qualcuno non la svegliasse. Bussa alla porta della sua camera un paio di volte ma nessuno risponde. Abbassa la maniglia ed entra nella stanza, e quello che vede lo lascia stordito per una manciata di secondi. Non aveva mai pensato a Judith e Daniel insieme nello stesso letto ma ora che ce li ha davanti agli occhi può appurare il fatto che non è uno spettacolo che riguarderebbe volentieri. 

Esce dalla stanza di fretta sbattendo la porta dietro di sé e fregandosene se il rumore può svegliare i due piccioncini ancora a letto. È arrabbiato, vuole solo entrare nella sua monoposto e guidare il più veloce possibile. Vuole vincere, vuole sentire quell'adrenalina scorrergli nelle vene e provare a dimenticare la scena che ha appena visto. Vuole anche prendere a pugni Daniel e litigare con Judith perché si sente tradito, ferito, offeso. Nessuno dei due ha mai manifestato interesse per l'altro ed immediatamente si chiede se è diventato il terzo incomodo. 

Scaccia quel pensiero dalla testa e si presenta per primo nel paddock, già pronto per scendere in pista e con la voglia di spaccare tutto. Intravede Judith e Daniel entrare insieme nel box Red Bull e per poco non si fionda su entrambi con la furia di un leone affamato. Ma pensa che ci sono telecamere ovunque e fare una scenata melodrammatica sotto gli occhi di tutto il mondo non crede che sia la sua idea più brillante. Riserva ad entrambi uno sguardo truce, sperando che loro lo interpretino nel modo corretto. 

Max non sa esattamente cosa prova mentre guida ma non è concentrato come al solito, la rabbia si impossessa di lui non appena vede Daniel negli specchietti retrovisori e la frustrazione di quella mattina ritorna più forte di prima. Si muove velocemente sulla pista per non dargliela vinta, non vuole farlo passare davanti anche se si è accorto che è più veloce di lui. Daniel, d'altro canto, non riesce a capire come mai Max sia così strano, perché stia facendo zig zag sulla pista invece di facilitargli il sorpasso e, così facendo, aiutare il team. 

Succede tutto così in fretta. Max frena bruscamente, parecchio prima del punto di frenata, e Daniel lo tampona. Entrambi finiscono fuori pista, tra lo stridio degli pneumatici sull'asfalto e le svariate parolacce di entrambi nei rispettivi team radio. Judith assiste alla scena dai box, gli occhi incollati allo schermo sopra alla sua testa e la bocca aperta. Non riesce a muoversi, è immobile ed inerte di fronte a quello spettacolo e, se tende le orecchie, riesce a sentire le urla dei due piloti anche se sono molto distanti da lei. 

<<Cosa cazzo ti è venuto in mente? Ma sei pazzo?>> urla Daniel sbattendo la porta della camera d'albergo di Max, già sul piede di guerra e pronto a scoppiare. <<Io sono il pazzo, eh? Certo, diamo sempre la colpa a Verstappen tanto chissenefrega>> sbraita a sua volta l'olandese, che si avvicina pericolosamente al suo compagno di squadra, gli occhi ridotti ad una fessura e le guance scarlatte per la rabbia mista al caldo e al sudore. A salvarli da una rissa annunciata è Judith, che prontamente si catapulta nella stanza e chiude a chiave la porta. <<Vi siete bevuti il cervello? Datevi una calmata, vi si sente dal piano di sotto!>> li riprende la ragazza mettendosi tra i due ed allontanandoli con le braccia. Passa lo sguardo tra Max e Daniel più volte ma nessuno dei due sembra aver recepito il messaggio.

<<Tu non fare l'innocente perché è anche colpa tua>> boccheggia Max togliendo la mano di Judith dal suo petto, ancora coperto dalla maglia termina bianca della Red Bull. Lei lo fulmina con lo sguardo, accigliata e perplessa. <<Cosa centro io?>> scuote la testa e sbuffa con gli occhi al cielo. <<Non mettere in mezzo Judith, sei stato un coglione e basta>> continua Daniel con il dito puntato verso Max, con un'atteggiamento mai visto prima. <<Sii uomo>> aggiunge subito dopo l'australiano. Quelle ultime parole fanno scoppiare Max in una risata isterica, mentre si passa nervosamente una mano tra i capelli sudaticci e posa le mani sui fianchi. 

<<Uomo come te, no?>> risponde tagliente il più piccolo, trafiggendo Daniel con lo sguardo. Daniel gli rivolge uno sguardo smarrito, non capendo a cosa si stia riferendo. <<Pensate che non lo venissi a sapere? Spero sia stata una bella scopata>> conclude, non dopo aver rivolto lo stesso sguardo deluso alla sua migliore amica. Judith guarda Daniel per un secondo ed entrambi rimangono immobili e senza sapere cosa dire. Max esce dalla stanza in cerca di ossigeno, di un posto dove poter urlare tutta la sua frustrazione ed anche un po' di pazienza per rispondere alla chiamata imminente di suo padre, che lo insulterà finché avrà voce in corpo e tempo a disposizione. 

È ormai sera inoltrata quando Judith va in camera di Max, il quale fa finta di non sentire il continuo ed insistente bussare alla porta. Con il tempo ha imparato che quando è arrabbiato è meglio se non vede nessuno, per non fare danni. Si copre le orecchie per non sentire quello che sta urlando Judith aldilà della porta. <<Max, apri questa cazzo di porta o giuro che la butto giù>> lo minaccia lei, continuando a colpire con maggiore forza. Max sbuffa e cammina svelto verso la porta, la apre e con la stessa espressione con cui ha lasciato Judith e Daniel poche ore fa, la accoglie all'interno della sua camera. 

<<Non riusciresti a buttarla giù>> la sfotte incrociando le braccia al petto e trattenendo un sorriso. Judith gli rivolge uno sguardo di sfida, uno di quelli che si scambiano da quando sono piccoli. A quei tempi ogni scusa era buona per fare una sfida e stabilire chi era il migliore tra i due. <<Si può sapere che cazzo ti è preso oggi?>> gli chiede lei, altrettanto sulla difensiva, con le braccia incrociate al petto e la punta del piede destro che tamburella contro la moquette beige. Max deglutisce sonoramente e sposta continuamente lo sguardo su quello che gli capita per non incrociare gli occhi inquisitori di Judith. <<Ti piace Daniel?>> controbatte subito lui, facendo calare un silenzio quasi inquietante nella stanza. 

Judith si passa una mano tra i capelli, spettinandoli - se possibile - ancora di più. Si siede ai piedi del letto e giocherella con le sue dita mentre mette in ordine le parole nel suo cervello. Conosce Max quando è arrabbiato - soprattutto dopo una gara andata male - e farlo ragionare è peggio di attraversare un campo minato. <<Non è significato niente, Max. Non so neanche come sia successo, e credimi che anche per lui non vuole dire nulla. Ci siamo fatti prendere dalla situazione e dall'alcool>> sospira Judith alzando gli occhi e trovando già quelli di Max fissi sui suoi. <<Ci sono rimasto di merda>> borbotta lui scontroso serrando la mascella e lasciandosi finalmente andare. Si siede sul letto accanto a Judith, senza però creare contatto tra i due. 

<<Sei stato comunque un coglione a frenare così>> lo riprende lei, una volta capito che Max non è così arrabbiato come vuol far sembrare. <<Anche Daniel è stato un coglione a volermi superare lì>> risponde prontamente Max, sentendosi improvvisamente più leggero per aver chiarito con Judith. Lei è l'unica persona al mondo che riesce a leggerlo dentro, anche quando gli altri non riescono a leggere nient'altro che distruzione nei suoi occhi. Lei gli dà una gomitata su un fianco, entrambi con lo sguardo fisso davanti a loro, a fissare un punto indefinito della stanza d'albergo. Max non risponde alla provocazione, si limita a farsi sfuggire uno sbuffo divertito. Con la coda dell'occhio intravede le labbra di Judith piegarsi finalmente all'insù e per il momento quella è la priorità principale per andare a dormire con un peso in meno sullo stomaco.

Il sole sta tramontando sul Principato di Monaco quando Judith scende di corsa le scale, stando attenta a non inciampare nei suoi stessi passi. Non è abituata ad indossare i tacchi, ma stasera non può evitare di vestirsi elegante per andare a cena. Thomas è sotto casa, perfetto nella sua camicia bianca, giacca blu notte - che si abbina al colore dei sui occhi - e jeans scuri che gli calzano così bene che sembrano essere stati cuciti addosso a lui. <<Ciao, baby>> la saluta una volta che entra in macchina - una vistosissima Lamborghini Aventador verde scuro - e prende posto sul sedile del passeggero. Judith gli rivolge un ampio sorriso, perdendosi come sempre nei suoi occhi azzurri di cui è innamorata fin dai tempi del liceo. 

Non sa esattamente cosa sono loro due; non sono fidanzati, ma escono insieme da un po' di tempo. Niente di serio ma neanche qualcosa di passaggio. Per lo meno, a Judith stavolta Thomas sembra seriamente interessato, perciò si gode l'unica cosa che riesce a renderla felice in questo periodo nero. <<Dove andiamo?>> gli domanda, mentre Thomas ha gli occhi fissi sulla strada, una mano sul volante ed un gomito appoggiato al finestrino, con una mano sulle labbra. Judith si prende qualche secondo in più per guardarlo, non potendo fare a meno di pensare a quanto sia sexy in quella particolare posizione. <<Ceniamo al Le Grill>> dice ermetico lui, senza voltarsi verso di lei. 

Il Le Grill è uno dei ristoranti più lussuosi di Montecarlo, all'interno dell'Hotel de Paris. Dire che è un ristorante da ricchi non gli rende per niente giustizia. Considerando che a Monaco non esiste una sola persona povera, quel posto possono permetterselo soltanto i piloti e le persone davvero famose. Gli interni sono moderni ma estremamente eleganti, l'immensa parete vetrata offre una vista mozzafiato sulla baia di Monaco, con qualche decina di yacht ormeggiati che oscillano al ritmo delle onde del mare. Ma la cosa più suggestiva è sicuramente la vista di tutte le luci della città, che fanno da sfondo romantico durante la cena. 

<<Ti piace, baby?>> domanda Thomas all'orecchio di Judith non appena sono seduti al loro tavolo. Judith ha gli occhi leggermente lucidi davanti a quello spettacolo al quale non aveva mai assistito prima. Gli annuisce in risposta e non la smette di sorridere, estremamente felice e spensierata per la prima volta dopo molto tempo. <<Sei davvero sexy quando sorridi, baby>> continua Thomas prendendo un flûte di champagne, precedentemente preparato dal maître in concomitanza con il loro arrivo al tavolo. Judith prende a sua volta il calice e lo fa tintinnare con quello del ragazzo seduto di fronte a lei, imbarazzata dal complimento appena ricevuto ed improvvisamente pervasa dalla voglia di finire tutto quel flûte, non tanto per la sete ma per sciogliere la tensione. 

<<Anche tu non sei niente male stasera>> è l'unica cosa che riesce a dire, mentre Thomas le rivolge uno dei suoi sorrisi magnetici, da cui è impossibile distogliere lo sguardo tanta è la bellezza che emanano. Questo è sempre stato il problema più grosso di Thomas: lui sa di essere bello, di piacere alle donne e di avere schiere infinite di ragazze che gli corrono dietro ovunque vada. Erano tutte innamorate di lui al liceo - Judith compresa - e lui non faceva niente per mascherare il suo essere compiaciuto di fronte a tutte quelle attenzioni. Ha sempre adorato essere al centro dell'attenzione e sulla bocca di tutti, e anche ora ha lo stesso atteggiamento di tanti anni fa, quando camminava nei corridoi di scuola come se fosse su una passerella di Dolce & Gabbana. Non ha mai perso quel fascino da ragazzo misterioso, da bello e impossibile, e Judith ne è terribilmente attratta, proprio come una falena è attratta da una fiamma.

La serata scorre tra champagne, sorrisi imbarazzati di Judith e battutine maliziose di Thomas finché il telefono del ragazzo squilla poco prima del dessert. Si toglie il tovagliolo dalle gambe, lo posa sul tavolo e si alza, scusandosi con Judith e lasciandole un leggero bacio tra i capelli prima di uscire sulla terrazza. <<Scusami baby, devo rispondere per forza>> le sussurra mentre preme il tasto verde sullo schermo e sparisce sull'immenso balcone del ristorante, approfittando dell'aria aperta per accendersi una sigaretta. Judith si incanta a guardarlo per più tempo di quanto voglia ammettere. 

Il corpo di Thomas è perfetto: i jeans gli fasciano le gambe ed il fondoschiena, dando l'idea di essere incredibilmente sodi e muscolosi. Le spalle sono più larghe rispetto a quando andava al liceo, così come l'altezza è cambiata notevolmente in questi ultimi anni. E nessuna di queste cose è sfuggita all'occhio attento e sempre vigile di Judith. Gli ci vuole tutta la forza di volontà alla quale può fare appello per distogliere lo sguardo dalla sua figura di spalle, prima che qualche cliente raffinato del Le Grill la denunci per stalking. 

Approfitta di quei minuti di solitudine per prendere il suo cellulare dal fondo della borsa e controllare se ci sono messaggi o notifiche ai quali vale la pena di rispondere. Ci sono alcuni messaggi di Sonja, che la informa della meravigliosa serata che Charles le ha organizzato a Saint Moritz e un paio di Daniel di cui, anche senza controllare, immagina già il contenuto. Saranno i soliti meme stupidissimi alla Ricciardo che non la fanno ridere neanche un po', almeno finché non si immagina la faccia di Daniel e la sua risata unica nel suo genere. Solo allora la faranno ridere, non prima. 

Apre Instagram - più per abitudine che per effettiva voglia di aprire l'applicazione - e la prima foto nella home la fa sbiancare totalmente. Ritrae Max per le strade di Montecarlo - riesce a riconoscere la Place du Casino alle sue spalle - in dolce compagnia. respira irregolarmente, allargando la foto con le dita per captare qualsiasi dettaglio su dove si possa trovare, dato che non ha la minima voglia di affrontarlo in questo momento. Non mentre è a cena tranquilla e si sta godendo una meravigliosa serata con Thomas. Soprattutto, deve evitare che Thomas e Max si incontrino, l'ultima volta non è finita in amicizia tra loro due quindi forse è meglio aguzzare la vista e cercare di evitare Max Verstappen a qualunque costo. 

<<Judith Verhalten! Anche tu qui, ma che coincidenza!>> Judith rimane paralizzata sulla sedia, incapace di muovere anche un solo muscolo, raccoglie tutta la forza di cui dispone e si gira lentamente nella direzione da cui proviene la voce. Addison Miller è al fianco di Max, lo stesso Max che si divertiva come un pazzo a parlare male di lei insieme a Judith fino a poco tempo fa. Judith è troppo stordita dall'immagine raccapricciante che le si palesa davanti e tutto il cibo squisito che ha mangiato ritorna a pesarle sullo stomaco come un macigno. <<Io ci abito a Montecarlo, tu invece? Cosa ci fai qui?>> indaga la ragazza bionda scegliendo il miglior sorriso finto dal suo repertorio. 

<<Ma come, Maxie non te l'ha detto?>> domanda retorica Addison stringendosi forte contro il braccio di Max. Judith nota tre cose: la prima è che Max ha l'aria stanca, come se non dormisse da tempo o ci fosse qualcosa che gli impedisce di riposare bene; la seconda è che è stranamente silenzioso, ha gli occhi fissi su Judith e sembra quasi dispiaciuto per la situazione appena creatasi; la terza - e più importante - è che non ha reagito minimamente ad Addison che lo ha chiamato Maxie. Ci sono tre cose che Max non tollera: perdere a qualsiasi cosa, mangiare gli asparagi ed essere chiamato Maxie. L'ultima volta che Judith ci ha provato erano ragazzini e per poco Max l'ha lasciata a piedi in mezzo alla statale mentre lui tornava a casa con il suo motorino. 

<<Cosa avrebbe dovuto dirmi Maxie?>> Judith calca il nomignolo per provocare il suo amico, alla ricerca di una reazione di qualsiasi tipo. Max non fa in tempo a fare nulla, perché un braccio circonda le spalle di Judith, la quale per poco non sobbalza dallo spavento. Appena si rende conto che Thomas è tornato dalla sua telefonata giusto in tempo per salvarla da quella situazione, realizza immediatamente cosa significa ritrovarsi in mezzo a Max Verstappen e Thomas Van De Beek. 

<<E tu cosa cazzo ci fai qui?>> domanda gelido Max con un filo di voce e con uno sguardo talmente cattivo che se Judith non lo conoscesse così bene si spaventerebbe sicuramente. <<Non cambierai mai, Verstappen>> risponde Thomas nello stesso modo antipatico, segno che nessuno dei due ha dimenticato cosa è successo la notte del ballo di fine anno del liceo. 


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