THE DAY AFTER
🌍 Rotterdam, Olanda
📆 12 novembre 2018
🎧 Nobody's home - Avril Lavigne
that's where she lies
broken inside
with no place to go
no place to go
to dry her eyes
broken inside
È l'alba in Europa. Rotterdam è avvolta da un sottile strato di brina mentre il taxi raggiunge Weerlanerstraat ed arresta la sua corsa di fronte all'ultima casa della piccola via non molto lontano dal centro della città. Judith scende dalla macchina bianca e paga il tassista che gentilmente la aiuta a scaricare la sua unica valigia dal portabagagli. <<La ringrazio, le auguro buona giornata>> aggiunge Judith prima di voltarsi di spalle e salire i tre gradini che la separano da casa sua. <<Grazie e altrettanto a lei, signorina Verhalten>> risponde educatamente il tassista con un leggero movimento del capo.
<<Mi scusi, ci conosciamo?>> domanda Judith con le sopracciglia aggrottate e le braccia conserte per ripararsi dalla gelida aria mattutina. Il signore sulla sessantina accenna un piccolo sorriso e risponde cortesemente alla domanda. <<Certo, signorina. Tutta l'Olanda tifa Max Verstappen ad ogni Gran Premio ed in qualche modo fa il tifo anche per lei>> spiega pacatamente aprendo poi la portiera del taxi e scomparire una volta svoltato l'angolo.
<<Già, Max...>> sospira Judith prendendo la sua valigia e trascinando stancamente i suoi piedi su per i gradini che la conducono all'unico posto nel mondo che può veramente chiamare casa.
Vive a Montecarlo da ormai due anni e nonostante sia una magnifica città, tranquilla e dal clima mite, l'ha sempre vissuta molto poco. Il Principato di Monaco è come un'isola felice, lontano da tutto e tutti, ma Judith considera il suo piccolo appartamento più come una base lavorativa, un ufficio in cui riesce a tornare poche volte all'anno, piuttosto che come una vera e propria casa.
Apre la porta il più silenziosamente possibile e sistema il suo bagaglio nel piccolo ripostiglio sulla sinistra. È fisicamente distrutta: affrontare un volo intercontinentale in appena dodici ore l'ha resa stanca e fiacca soprattutto considerando che è partita dal Brasile, dove ora è piena estate, ed è atterrata in Olanda, dove invece l'inverno è già arrivato da tempo.
Toglie le scarpe da ginnastica ed infila le pattine rosa preparate da sua madre davanti alla porta di casa per non sporcare il parquet tirato a lucido. Striscia i piedi verso la cucina ed approfitta dell'orario per prepararsi un caffè bollente in modo da potersi svegliare una volta per tutte. La testa le pulsa da ormai un giorno intero e nemmeno la crostata di albicocche di sua mamma può diminuire il dolore incessante alle tempie.
Il profumo inconfondibile del caffè appena fatto riempie la cucina. Judith si siede al posto che occupa da quando era piccola attorno al tavolo e, con la tazzina fumante davanti a sé, torna con la mente al giorno prima al circuito di Interlagos.
Max esce dalla macchina con una furia ed una cattiveria mai viste, si slaccia le cinture alla velocità della luce e con un balzo salta fuori dalla sua monoposto, piuttosto malridotta dopo il contatto con Esteban Ocon. Judith si avvicina facendosi largo tra i meccanici e gli ingegneri presenti nel box Red Bull con l'unico obiettivo di fermare Max dal fare qualcosa di avventato e di cui si pentirà sicuramente.
<<Dove credi di andare?>> gli domanda appoggiando le mani sulle sue spalle, in modo da poterlo guardare negli occhi e cercare di capire le sue intenzioni. <<Lasciami andare, Jud. È un fottutissimo idiota, io gli spacco la faccia!>> urla l'olandese che vuole farsi sentire fino al box Force India <<Judith, te lo ripeto. Spostati o ti sposto io con la forza>> insiste il pilota con il fumo che esce dalle orecchie.
<<Calmati! Non puoi andare là e picchiarlo! La stampa ti salterà addosso e poi dovrò sistemare tutto io come al solito>> Judith prova a far ragionare Max, ma quando si mette in testa una cosa è difficile dissuaderlo. <<Tanto parlano di me qualsiasi cosa io faccia e tu puoi solo che guadagnarci a stare due minuti in più in televisione>> l'olandese sputa quelle parole come se fossero veleno, accompagnate da un tono tagliente ed uno sguardo fulminante.
Judith non lascia nemmeno il tempo a Max di accorgersi dello schiaffo che lo colpisce in pieno viso, sulla guancia sinistra. <<Vaffanculo, Emilian>> aggiunge nella loro lingua madre per non farsi capire dal resto del team Red Bull - anche se schiaffi ed urla sono inequivocabili in tutte le lingue del mondo. Per di più lo ha chiamato con il suo secondo nome - odiato da entrambi - segno che la situazione è davvero grave. Judith lancia il pass che ha allacciato attorno al collo per terra, non volendo stare nella stessa stanza con Max un secondo di più. <<Fai quello che vuoi, io ho chiuso>> conclude la bionda prima di andarsene a passo svelto verso l'uscita secondaria sul retro del box numero trentatré.
Mantiene la falcata regolare fino al motorhome, lontana da occhi indiscreti e telecamere che potrebbero trasmettere la sua fuga in tutto il mondo. Una volta arrivata a destinazione, prende il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e prenota il primo volo per tornare a casa. <<L'hai voluto tu>> mormora dopo aver riempito tutti i campi obbligatori utili per la prenotazione del biglietto. Sente gli occhi pizzicare a causa delle lacrime che sa per certo di non poter trattenere ancora a lungo, ma decide di cacciarle indietro e preparare la valigia con tutte le sue cose per andarsene dal Brasile il prima possibile.
<<Bambina mia>> una voce familiare riempie all'improvviso la cucina e scuote Judith dai suoi pensieri. <<Mamma! Mi hai fatto prendere un colpo>> sospira la ragazza con una mano sul petto, sentendo il cuore battere più velocemente a causa dello spavento. <<Che ci fai qui? Avevi detto che tornavi tra due settimane, non prima>> la donna si stringe nello scialle per provare a scaldarsi in quella fredda mattina di inizio novembre.
Patricia si avvicina alla figlia e le lascia un dolce bacio tra i capelli, si ferma dietro di lei ed abbozza un abbraccio stringendole le spalle. <<Cambio di programma>> risponde a bassa voce Judith finendo l'ultimo sorso di caffè dalla sua tazzina di ceramica ed appoggiando la testa all'indietro contro il corpo della madre. <<Max immagino>> ipotizza Patricia mentre cambia di posizione e si siede su una sedia in fianco a Judith, con le mani sul tavolo a trovare un contatto con quelle della figlia <<dimmi che è successo>> la incoraggia a parlare, sfoggiando uno dei migliori sorrisi presenti nel suo vastissimo repertorio. <<Abbiamo litigato>> minimizza Judith con una scrollata di spalle.
È ancora presto per parlare dell'argomento "Max Verstappen" a meno di ventiquattro ore dall'accaduto; per di più suo padre potrebbe svegliarsi da un momento all'altro e Judith non è psicologicamente pronta ad affrontare un altro maschio alpha nella stessa giornata.
Richard Verhalten non ha mai incoraggiato il lavoro di sua figlia: non avrebbe mai voluto che la sua bambina seguisse un pilota "scellerato e sciupafemmine" - parole sue - in giro per il mondo "a fargli da babysitter".
Il papà di Judith non poteva capire l'amore che lei provava quando vedeva una macchina sfrecciare a trecento chilometri orari. Non sapeva che il suo profumo preferito era quello della benzina sul circuito. Non comprendeva che il suo lavoro non era soltanto "fare da balia a Verstappen", ma era molto di più. Lavorare la metteva di buon umore, anche se la maggior parte delle volte Max le rendeva la vita impossibile a causa dei disastri che combinava in pista, ai quali lei doveva inevitabilmente porre rimedio davanti alla stampa mondiale. Ma alla fine della giornata lui era sempre il suo migliore amico e lo avrebbe difeso contro tutto e tutti.
<<Tesoro, a me puoi dirlo lo sai>> insiste Patricia con un sorriso incoraggiante mostrando orgogliosamente la sua dentatura perfetta e fin troppo bianca. <<Un pilota ha ostacolato Max in pista ieri, era uno dei doppiati quindi doveva lasciarlo passare. Max era in testa, poteva vincere il Gran Premio invece è finito fuori pista, ha perso e si è arrabbiato>> dice Judith tutto d'un fiato fissando un punto indefinito davanti a sé mentre nella sua mente si fanno largo i ricordi del quarantaduesimo giro <<e hai una vaga idea di come diventa Max quando si arrabbia?>> domanda retorica girando il viso verso la madre, che continua ad accarezzarle le mani senza sapere veramente che cosa dire. <<Abbiamo discusso e mi ha detto che lavoro con lui solo per la visibilità>> conclude tirando leggermente su con il naso. Le lacrime minacciano di scenderle copiose sulle guance dal giorno prima ma non vuole mostrarsi debole nemmeno davanti a sua madre.
<<Vedrai che andrà tutto bene, tesoro>> è l'unico commento di mamma Patricia prima di lasciare un bacio sui capelli alla figlia e sparire in salone. Judith scuote la testa e si taglia un'altra fetta di crostata di albicocche, tentando invano di farsi passare la rabbia e la delusione nei confronti del suo migliore amico.
Non si aspettava di certo parole di conforto, men che meno da sua madre. Patricia Verhalten non è una cattiva mamma ma, per lei, capire Judith è sempre stato un mistero. Non ha mai accettato il suo amore per i motori - una follia per una donna, a suo parere - e non ha nemmeno mai approvato la confidenza di sua figlia con tutta la famiglia Verstappen. Avrebbe voluto una carriera brillante e da protagonista per la sua unica figlia, la stessa carriera che Patricia non ha avuto abbastanza coraggio da intraprendere da giovane. E questo è sicuramente il suo più grande rimpianto.
Non sono neanche le otto del mattino quando Judith decide di alzarsi dalla sedia in cucina, ritorna verso la porta d'ingresso e, una volta recuperata la valigia, sale in camera sua al piano superiore. Evita qualsiasi tipo di rumore per non svegliare suo padre prima che suoni la sveglia, perfettamente conscia del terzo grado che dovrà subire in caso lo facesse. Arriva in fondo all'immenso corridoio davanti alla porta bianca della sua stanza, sopra alla quale c'è ancora la scritta 'JUDITH' fatta da lei con la vernice blu a sei anni.
Le scappa un sorriso malinconico quando apre la porta e nota che tutto è rimasto come lo aveva lasciato a febbraio, poco prima di partire insieme a Max e a tutto il team Red Bull per la pre stagione. Si chiude la porta alle spalle e si prende un attimo per analizzare ogni centimetro della sua camera con attenzione.
L'azzurro intenso delle pareti la circonda e, esattamente come quando era piccola, si sente come un piccolo pesce che nuota in mezzo al mare: libera ed indipendente. Il grosso armadio sulla sinistra è completamente tappezzato di poster di cantanti famosi e di fotografie che ritraggono lei con Max o con la sua famiglia. Sono talmente tanti pezzi di carta sovrapposti che nascondono quasi completamente le maniglie poste alla destra di ogni anta.
Alle pareti sono appese delle cornici che immortalano i momenti più importanti della vita di Judith: il suo primo compleanno, la prima volta sulla bicicletta, il primo giorno di scuola, il ballo di fine anno ed il giorno della sua laurea. In molte di quelle fotografie sono presenti anche i suoi genitori, mentre in altre ci sono Judith ed i suoi amici che sorridono alla fotocamera oppure colti di sorpresa.
Il letto da una piazza e mezza campeggia in mezzo alla camera con lenzuola e piumone dello stesso colore dei muri. Al suo fianco svetta una libreria in legno di ciliegio con cinque ripiani totalmente riempiti da libri universitari, romanzi di qualsiasi genere letterario e grandi classici immancabili nella casa di chiunque. Judith posa lo sguardo sulla sua scrivania, attaccata quasi del tutto all'imponente libreria. Scuote la testa mentre passa una mano sul tavolo e non ci trova nemmeno un acaro di polvere, segno che mamma Patricia non fa passare nemmeno un giorno senza pulire ogni superficie che incontra sul suo cammino.
Le vengono in mente quei tragici pomeriggi passati a studiare duranti gli anni dell'università e a maledire la posizione assolutamente insensata della porta-finestra situata alle spalle della scrivania, cosicché si facesse ombra da sola mentre studiava. <<Se solo questi muri potessero parlare...>> sussurra la ragazza tra sé e sé, scacciando con un movimento della mano destra i suoi pensieri riguardo alle pessime scelte prese dall'architetto che aveva disegnato la sua camera da letto.
Si avvicina alle fotografie appese in modo disordinato contro l'armadio e prova a collegare ogni scatto ad un ricordo infilato in un cassetto della sua memoria. Alcuni momenti sono facili da ricordare e si palesano immediatamente nella mente di Judith, facendola talvolta ridere talvolta rattristare.
È facile intuire quale sia la sua foto preferita. Tra tutte quelle presenti sulle quattro ante dell'armadio, quelle incorniciate ed appese al muro, ce n'è una sopra al letto che supera le altre per grandezza ed importanza. La foto risale al 6 maggio 2016: il giorno della prima vittoria di Max in Formula Uno al Gran Premio di Spagna ad appena diciotto anni. È una serie di quattro fotografie una di seguito all'altra: nella prima Judith e Max si abbracciano, nella seconda Max alza Judith da terra con le braccia attorno alla sua vita, nella terza Max solleva il trofeo del primo classificato mentre Judith gli bacia una guancia con il suo viso sorridente tra le mani e nella quarta si guardano con due sorrisi che illuminerebbero un intero circuito, gli occhi azzurri e lucidi a causa della felicità di quel momento.
Quell'immagine smuove in Judith delle emozioni contrastanti: gli anni scorsi ogni volta che tornava a casa quella foto la faceva sentire automaticamente più felice, quasi come se quattro immagini poste di seguito avessero il potere di cancellare tutte le brutte giornate; ma ora la sensazione è diversa. È arrabbiata con Max per come l'ha trattata ed il solo vedere i suoi occhi attraverso un'immagine le fanno tornare in mente le parole che ha usato contro di lei e lo sguardo infuocato che aveva poche ore prima.
Si lascia andare ad un sospiro e prova ad investire il suo tempo in qualcosa di utile piuttosto che rimanere immobile a ripassare i ricordi della sua vita. Appoggia la valigia sul letto ed inizia a disfarla, apre l'anta di destra dell'armadio e ripone con pazienza tutte le infinite magliette, felpe, giacche e cappellini della Red Bull da una parte; nel ripiano inferiore invece sistema tutti i vestiti casual che può utilizzare quando non deve sponsorizzare la scuderia per la quale lavora.
Una volta disfatta la valigia sente bussare alla porta e, a giudicare dal singolo colpo di nocche sul legno, non può che essere suo padre. Prende un profondo respiro con gli occhi chiusi, pronta ad affrontare la ramanzina di Richard Verhalten che seguirà immediatamente la spiegazione del suo ritorno anticipato in terra olandese.
<<Ciao papà>> mormora la ragazza con un sorriso una volta aperta la porta. Il padre la sovrasta con la sua imponenza - data non solo dal fisico, ma anche dall'importanza che trasuda soltanto con il potere di uno sguardo. <<Ciao, Judith>> risponde Richard con voce profonda mentre ricambia il sorriso alla figlia <<vieni qui, fatti abbracciare>> continua, lasciando per un attimo da parte l'aria da amministratore delegato ed interpretando il ruolo del padre. Stringe Judith in un abbraccio e i due stanno attaccati per una manciata di secondi.
Lo sguardo indagatore di suo papà fa intuire a Judith che ha già capito il motivo della sua presenza in casa. Richard Verhalten è un uomo intelligente e molto perspicace, perciò impiega poco più di un paio di minuti a collegare il ritorno a casa di Judith con quello che è successo il giorno prima in Brasile. Non sa quello che si sono detti sua figlia e Max, ma ha visto con i suoi occhi l'incidente che lo ha coinvolto ed immagina la reazione dell'olandese.
Non fa commenti, prende tempo a guardare gli occhi stanchi di Judith e le accarezza una guancia. Non c'è empatia né tantomeno spazio per un dialogo, ci sono soltanto delle semplici parole: <<Tutto questo non sarebbe mai successo se lavorassi nella mia azienda>>.
Judith vorrebbe urlargli contro, vorrebbe prendere a pugni qualcosa, ma sa perfettamente che non cambierebbe nulla. Suo padre ha sempre voluto il meglio per lei ed il suo più grande desiderio era vederla occupare un posto di rilievo nell'azienda di infrastrutture ecosostenibili della quale ora è il capo. <<Papà ti prego, non cominciare di nuovo>> sbuffa Judith abbassando di poco lo sguardo per non scoppiare <<io e Max abbiamo litigato e chissà quante altre volte ancora litigheremo. Ma amo il mio lavoro, non c'è niente che possa farmi cambiare idea, lo sai>> confessa al padre che, in tutta risposta, le accarezza i capelli con un sorriso amaro dipinto sul volto. <<Lo so, ma la mia bambina merita il meglio>> le prende le mani nelle sue e la guarda negli occhi addolcendo lo sguardo <<ora devo andare. Ci vediamo stasera, tesoro>> le lascia un bacio sulla guancia e sparisce dietro la porta del bagno, dal quale ne uscirà vestito di tutto punto per andare a dirigere i suoi mille e cinquecento dipendenti.
Judith rientra nella sua camera e si accascia contro la porta, con le ginocchia al petto intenta a fissare il vuoto davanti a sé. Recupera la borsa abbandonata da parecchie ore e ne estrae il suo cellulare che, come prevedeva, è bombardato da messaggi, chiamate, direct su Instagram ed email dalla scuderia. Prende un respiro profondo e decide di aprire prima la casella di posta. Il lavoro ha sempre la precedenza su tutto e potrebbero cercarla per qualcosa di importante. Infatti, il messaggio proviene dalla casella personale di Christian Horner, team principal della Red Bull.
"Judith, so che tu e Max avete litigato. Non voglio sapere i dettagli perché sono affari vostri. Conosco abbastanza bene Max e so che ha un carattere difficile, soprattutto quando si arrabbia e quando perde. Ma conosco abbastanza anche te da capire che se hai reagito in questo modo avrai sicuramente avuto le tue motivazioni. Non ti sto chiedendo di perdonarlo, ma ho assolutamente bisogno di te per l'ultimo Gran Premio, soprattutto dopo quello che è successo ieri. Devi parlare con Ziggo e sistemare la faccenda, ammesso che non sia già troppo tardi. Fammi sapere al più presto, ci vediamo ad Abu Dhabi.
Christian Horner
T.P. RED BULL"
Gli occhi di Judith si soffermano più volte sulla parola "faccenda" utilizzata da Christian. <<Max, che cosa hai combinato?>> si domanda la bionda con una mano sulla fronte, pronta al peggio. Cerca su Google le notizie legate al Gran Premio del Brasile 2018 e in pochi secondi capisce a che cosa si stava riferendo Christian nella email. Insieme all'articolo in cui viene raccontata tutta la corsa di ieri, vi è in allegato un video dove si vede chiaramente Max andare al box Force India e mettere le mani addosso ad Esteban Ocon. Le parole che usa la stampa non sono gentili e magnanime nei confronti di Max che, nonostante avesse ragione ad essere arrabbiato, è passato automaticamente dalla parte del torto una volta alzate le mani contro il pilota avversario.
Chiude bruscamente il video su Youtube ed apre Whatsapp, vedendo una lunga serie di messaggi da parte di Daniel, Victoria e uno perfino da Jos Verstappen. Tutti la stanno cercando, sembra che senza di lei Max abbia perso il controllo e sia tornato il "Mad Max" di qualche anno fa.
Victoria 👑
(8:40 PM) Mio fratello è un deficiente
(10:24 PM) Mi dispiace per quello che ha detto, lo sai che non lo pensa davvero 😢
(9:44 AM) Ma dove sei???
(11:52 AM) Mi sto preoccupando...
Judith sa benissimo cosa succede quando Max si lascia prendere dalla rabbia e sa anche che non pensava davvero quello che le ha detto ma ci è rimasta comunque molto male. Deve provare a scindere il legame personale da quello professionale, ma non è semplice.
Daniel 🐨
(1:47 AM) Dove sei?
(2:13 AM) Sai com'è fatto Max quando si arrabbia
(2:14 AM) Ti ricordi cos'ha fatto a Baku? Un tragedia greca...
(5:52 AM) Se hai bisogno di sfogarti sai che io ci sono Juju 💛
Judith si siede alla scrivania e, dopo un profondo sospiro, comincia a digitare velocemente sulla tastiera del telefono dei messaggi di risposta per non far preoccupare i suoi amici. Un brivido le percorre la schiena e la pelle d'oca sulle sue braccia le fa realizzare di essere vestita troppo leggera per le temperature olandesi di novembre. Si alza svogliatamente ed apre l'imponente armadio davanti a sé, cercando qualcosa di caldo da indossare per farle passare il freddo. Si allunga come meglio riesce per afferrare il suo maglione preferito - un vecchio dolcevita di un rosa sbiadito così tanto dai lavaggi da sembrare quasi bianco e talmente grosso che potrebbe starci comodamente due volte. <<Perché sono così bassa?>> domanda retoricamente a sé stessa mentre, in punta di piedi, si sbraccia per prendere il maglione. Una volta afferrato, un tonfo sordo sul pavimento la fa spaventare.
Una scatola, probabilmente nascosta sotto all'indumento che stringe tra le mani, cade per terra. Un'infinità di fogli ricoprono ora il marmo ai suoi piedi, fogli che a prima vista non le sembrano così diversi dal normale ma che, una volta abbassatasi a raccoglierli, le ricordano perfettamente cosa sono. <<Non ci posso credere...>> sibila con gli occhi sgranati quando riconosce la sua calligrafia su ognuno dei pezzi di carta che si trova davanti.
Non è mai stata una di quelle ragazze che scriveva un vero e proprio diario, ma si appuntava le cose che le succedevano su fogli strappati, post-it, vecchi scontrini e biglietti del cinema. Erano pensieri disordinati, a volte non riportavano neppure una data e non si è mai preoccupata di sistemarli in ordine come un vero diario segreto. Le è sempre piaciuto così e, presa da un'ondata di nostalgia dei vecchi tempi, prende i fogli alla rinfusa e li appoggia sul letto. Si sistema a gambe incrociate con il maglione ad avvolgerla completamente e ne sceglie uno a caso.
13 gennaio 2009: Oggi a scuola è arrivata una nuova ragazza... Sonja... Si è seduta davanti a me e Max... e OVVIAMENTE tutti le sbavano dietro. A me sembra solo una gatta morta!!! Ma chi si crede di essere?!? Assolutamente BOCCIATAAA 👎🏼👎🏼👎🏼
Judith scoppia a ridere nel rileggere quel piccolo frammento di quello che le sembra essere il suo vecchio diario di scuola. Non è stato tutto rose e fiori all'inizio con Sonja De Loon. Si presentava come la classica ragazzina ricca e viziata che veniva dalla capitale, con i vestiti di marca e l'ombretto sugli occhi a tredici anni. Era già bella allora, con uno sguardo riusciva ad avere schiere di ragazzi che cadevano ai suoi piedi, ed il fascino di essere più grande di un anno rispetto ai compagni di classe la rendeva una conquista quasi impossibile per tutti. Con gli anni Judith e Sonja avevano imparato a conoscersi meglio e andare oltre la barriera della prima impressione, instaurando una profonda amicizia che ancora oggi, dopo molti anni, le lega. Oggi Judith considera Sonja l'unica amica del mondo reale, lontana anni luce dal suo stile di vita e, nonostante Sonja sia diventata una modella di fama mondiale che girovaga per il mondo tra riviste patinate e passerelle di alta moda, non lascia mai passare troppo tempo per chiamare Judith e sentire semplicemente come sta.
Fotografa il pezzo di carta con il cellulare ed invia la foto alla sua amica, anche se non ricorda con precisione in che città del mondo si trovi al momento. Con un sorriso ripone i fogli all'interno della scatola, con la promessa di leggere gli altri in un momento più tranquillo. Ora deve concentrarsi sul suo lavoro e, purtroppo, rimediare al momento di rabbia di Max. È ancora delusa per quello che le ha detto in Brasile, ma il suo lavoro è occuparsi di lui quindi mette da parte il loro rapporto personale per concentrarsi totalmente su quello professionale.
Si arma di coraggio e tanta pazienza ed estrae il computer dalla tasca esterna della valigia ancora sul letto. Una volta posizionatasi a gambe incrociate, accende il computer e si prepara ad interagire con il direttore sportivo di Ziggo - la più importante e principale emittente televisiva olandese - con il quale è impossibile trattare. Non è la prima volta che Judith si trova a dover salvare l'immagine di Max, ma questa volta sembra più difficile del previsto. Con non poche difficoltà, riesce ad ottenere un'intervista tra due giorni alla sede principale, a Utrecht.
Senza indugiare, Judith prende il cellulare e digita 3, il numero di chiamata rapida associato a Max. Con il telefono incastrato tra l'orecchio ed il collo, scrive una email a Christian Horner, per informarlo che la "faccenda" di Max sarà ben presto archiviata una volta per tutte. Tuttavia, se organizzare un'intervista aiuta a risollevare l'immagine di Max Verstappen con la stampa, riconquistare la fiducia ed il sostegno delle persone, dei tifosi, è un percorso ben più lungo e delicato da affrontare. E questo Judith lo sa, lo sa bene. Ma sa anche che al momento la cosa di vitale importanza è fare in modo che Max non debba arrivare ad Abu Dhabi con un giubbotto anti proiettile per attraversare il paddock.
Al quinto squillo, la voce di Max arriva all'orecchio di Judith che mentalmente urla <<Era ora!>> ma si rende immediatamente conto che quella non è altro che la sua voce metallica proveniente dalla sua segreteria telefonica. Sbuffa sonoramente nel sentire quel messaggio irritante registrato qualche anno fa in sua presenza: "Hai chiamato il numero privato di Max Verstappen, non ti rispondo perché sono impegnato a diventare un campione. Se sarai fortunato qualcuno ti richiamerà al posto mio" seguito da una risata fastidiosa che conclude il messaggio prima del beep.
"Non mi interessa cosa tu stia facendo. Molla tutto e torna in Olanda perché abbiamo un'intervista tra due giorni per rimediare alla tua genialata di ieri. Non fare cazzate mentre torni qui. Soprattutto non picchiare nessuno, razza di idiota."
Conclude la chiamata e lancia il cellulare sul letto, che rimbalza talmente tanto da farlo quasi cadere. Judith si stiracchia e sbadiglia sonoramente, complice la stanchezza dovuta alla totale mancanza di sonno. Sta quasi per addormentarsi quando il suono del campanello di casa la riporta alla realtà. Controlla il telefono per vedere se Max l'ha chiamata o le abbia mandato anche solo un messaggio, ma niente. Se c'è una cosa che odia è quando Max non risponde al telefono senza motivo, per di più mandandola direttamente alla segreteria telefonica.
Sente dei passi salire le scale e si immobilizza quando realizza che quei passi non sono di sua madre. Patricia non ha il passo così pesante e Judith conosce soltanto una persona che riesce a fare così tanto rumore con le pattine. Un attimo dopo la porta di camera sua si apre con un leggero cigolio, rivelando la sagoma dell'unica persona autorizzata ad entrare senza bussare: Max Emilian Verstappen.
<<Jud, mi dispiace...>>
✨✨✨
FINALMENTE CE L'HO FATTA!!!
Sono passati 10 mesi da quando ho creato il progetto RECKLESS qui su Wattpad.
Dopo 10 mesi ho avuto finalmente il coraggio di pubblicare questa storia, per la quale ho buttato - e sto buttando tuttora - lacrime e sangue. Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo perché senza di voi tutto questo non esisterebbe, lo sapete.
Approfitto di questo primo angolo autrice per dirvi che RECKLESS avrà una pubblicazione settimanale e che i capitoli usciranno di mercoledì.
Per non perdervi nulla vi lascio il mio profilo Instagram (nowhereissafe_) dove pubblico un po' di tutto e amo chiacchierare con voi!
Vi aspetto ✨
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top