Sindrome di Lazzaro ✎

Ciao Stranier*,
l'Autrice qui presente, tylago  [grazie Wattpad per la gentile collaborazione] mi ha saputo vendere benissimo la sua storia nel modulo di iscrizione, perché non ho potuto resistere alla dicitura "sacerdoti in discoteca". Lo ammetto, mea culpa, mea culpa, mea màxima culpa. Per cui, Stranier*, munisciti di litri di caffè neanche fossi Lorelai che si prepara ad affrontare una cena a casa Gilmore il venerdì sera, e preparati a leggere questa luuuuuuuuunga recensione.

Iniziamo!

Copertina (3/5 punti)

Autrice, [nel magico mondo che si aprirebbe spaccando a metà la mia testa dura] vedendo questa copertina mi ero immaginata per la tua storia un mondo popolato da preti robotici che twercano in discoteca al ritmo di "pem, perepem, pem, pem" della Lamborghini. E tu, Stranier* all'ascolto, non negare che sarebbe una fantastica idea per un universo fantascientifico coi c̶o̶n̶t̶r̶o̶c̶a̶z̶z̶i̶  fiocchi.

Tornando a noi, ho capito che quello in copertina è S̶E̶T̶t̶e̶ un personaggio della storia, ma non essendo i robot (cyborg, IA, che dir si voglia) i protagonisti principali, trovo l'immagine un po' fuorviante. Non è del tutto fuori luogo o fuori contesto, ma guarda il cortometraggio che mi ero fatta io nella testa, è inutile negare che conduca fuori strada rispetto al contenuto del racconto.
Questione font: Autrice, sono davvero combattuta; se da una parte penso che tu abbia usato tutto il tuo estro creativo (e la maggior parte delle funzioni esistenti su Canva) per mandare in corto le sinapsi del mio piccolo e mediocre cervello, dall'altra credo che se c'è una storia che può permettersi questa combo pazza e psichedelica di stili, direzioni ed effetti del testo, è proprio una fantascientifica che si rispetti come la tua.

Livello di apprezzamento della copertina tra il "non mi fa impazzire" e il "carina, però".

Titolo e descrizione (8/10 punti)

L'ordine non è il mio forte nella vita, ma la logica sì, per cui, per dare un senso logico al discorso che vorrei fare riguardo a titolo e descrizione, partirò da quest'ultima.

La descrizione è scritta bene e riassume in pieno l'essenza della trama, anche se io seguirei la proprietà commutativa della scrittura [cambiando l'ordine delle frasi il risultato è lo stesso, ma più efficace; la conosci anche tu Stranier*, no?!], spostando un paio di frasi a rafforzare la prima, in questo modo:

"L'umanità vive in groppa a un pianeta lercio, repellente. Nel mondo [inserirei il nome del mondo], gli umani praticano esclusivamente la fecondazione in vitro e, più si è ricchi, migliore è il DNA e l'estetica del corpo. Tuttavia, dietro all'immane progresso tecnologico e all'adorazione di una divinità digitale, lo Stato nasconde segreti millenari e atroci...

Sahara è una studentessa passionale, dedita alla scienza e devota al suo professore di genetica: sarà lui a trascinarla progressivamente in un vortice di verità, fino al rischio di perdere completamente la ragione, nel migliore dei casi. [questa frase la toglierei perché non aggiunge né toglie nulla]Un genetista folle.Una ragazza terrorizzata dal sonno.Un barbone di periferia.Sarà un nuovo tipo di Messia a intrecciare i loro destini, a legarli stretti attraverso il tempo e la gravità."

Primo parere inutile: espresso! Passiamo al secondo.

Il titolo è senza dubbio affascinante, racconta di un fenomeno medico macabro e inspiegabile come la Sindrome di Lazzaro. E nel caso, Stranier*, tu ti stia chiedendo cosa diamine sia la sindrome di Lazzaro, te lo dico subito [terra terra perché l'unico approccio che ho mai avuto con la medicina sono le diciassette stagioni di Grey's Anatomy]. [Momento Superquark, regia prego, musica! ] Se una persona ha un attacco cardiaco, il suo cuore si ferma e i soccorritori (qualora ci fossero) tenteranno in tutti i modi di farlo ripartire con massaggi, scariche di defibrillatore, e altri metodi barbari, ma necessari. A un certo punto, se il cuore non risponde a questi stimoli forzati, il paziente viene dichiarato clinicamente morto. Ma c'è un "ma": in alcuni – rari – casi il cuore ricomincia a battere in modo del tutto spontaneo, dopo diversi minuti di inattività; questo fenomeno in cui un individuo inizialmente morto "torna in vita" è chiamato "Sindrome di Lazzaro". [Terra terra, ti avevo avvisat*.]

Adesso, io ho letto tutti capitoli e tu Stranier* hai letto la descrizione dell'opera, che – ripeto – riassume alla perfezione la trama. Per quanto io trovi il titolo bello, scenografico, d'effetto, non riesco proprio a capire cosa c'entri con la storia. Una cosa l'ho capita, però: all'Autrice qui presente piace giocare con noi lettori. Nel testo, infatti, ci sono eventi inizialmente inspiegabili che poi acquistano un senso nel corso della lettura, e sono certa che anche con il titolo seguirai lo stesso schema. A primo impatto, però, devo dire che io non l'ho trovato particolarmente calzante.

Grammatica (7,5/10 punti)

Premessa: Dai costrutti grammaticali, a quelli sintattici, alla punteggiatura, tutto in questo racconto fa percepire che tu, Autrice, sappia muoverti bene nell'intricato labirinto che è la lingua italiana. Le perplessità che segnalerò nelle righe successive rappresentano – com'è ovvio che sia – il pelo nell'uovo della totalità del testo.

A livello sintattico c'è davvero pochissimo che ti si potrebbe rimproverare, più che altro qualche svista, ma niente di particolarmente rilevante. Riporto l'unica incertezza a livello di cosecutio temporum:
I. Preludio: "(...)quindi vediamo di non combinare bordelli, o all'esame non ci arrivate." Partiamo dalla consecutio. L'esame è un evento che in linea temporale dovrà ancora accadere, per cui io avrei usato il futuro "arriverete". Ho segnalato anche "bordelli" perché a naso non lo trovo un termine particolarmente calzante al contesto – che è quello di un professore universitario che sta tenendo una lezione di fronte ai suoi alunni, in una situazione un minimo [passami il termine, Stranier*] istituzionale.

Non ho trovato nessun errore ortografico rilevante, a parte giusto un paio di "d" eufoniche, un "hackerare" scritto "ackerare" (VI. Supremazia) e qualche mancata maiuscola dopo i puntini di sospensione. Questi ultimi il più delle volte li padroneggi bene, perché spesso li usi per dare una pausa al discorso, e lì la maiuscola non va messa. Va messa, invece quando essi dividono due frasi distinte, come in questo caso: "Ti sento... credevo che (...)" (III. Apocalisse per favore)

Se per grammatica e sintassi c'è ben poco da dire, lo stesso non vale per la punteggiatura. Sempre rispetto alle mie amate virgole, inizio col dire che [come mi ha insegnato la cara @FloxPollimon98 nel suo servizio di recensioni "Flox recensisce solo in autunno", facci un salto, Stranier*, è molto più brava di me] dopo le congiunzioni che separano le frasi tra loro come "ma", "però", ecc, va messa la virgola e qui ne mancano diverse. Invece, in alcuni punti ce ne sono anche troppe, che potrebbero essere sostituite con altri segni di interpunzione, rendendo il testo più scorrevole. Di seguito riporto un esempio:

II. Città di Illusione: "Eva fu scossa da violenti spasmi, le sue pupille chiare e logore di pianto sparirono velocemente all'indietro, l'uomo le afferrò il collo da dietro e le aprì la mascella per tenere ferma la lingua, mentre la madre urlava Arlo l'ammonì: (...)" Spero di non d̶i̶r̶e̶ ̶c̶a̶v̶o̶l̶a̶t̶e̶ scivolare come quella volta che ho guidato la bibicletta sulla sabbia [che coincide con l'ultima volta che ho guidato una bicicletta], ma io avrei messo i seguenti segni di interpunzione per spezzare questa grande frase, piena di subordinate e coordinate:
"(...) all'indietro; l'uomo (...)" (volendo anche il punto potrebbe starci bene)
"(...) la lingua. Mentre (...)"
"(...) la madre urlava, Arlo (...)"

Veniamo al lessico e prima di buttarmi sulle mie perplessità come Ronald Waesley sul Platano Picchiatore, vorrei anche segnalare che ho incontrato alcuni termini (soprattutto aggettivi) che vengono usati in maniera non propriamente calzante. Seguono esempi:
I. Preludio: "(...) i suoi risvegli inquieti e corrotti." L'aggettivo "corrotto" non lo trovo particolarmente calzante riferito ai risvegli, sicuramente un sogno corrotto (inteso come depravato) – figurativamente parlando – ha senso, ma risveglio? [sbaglio? Sono in errore? Spiegami perché, Stranier*, io so di non sapere].
II. Città d'illusione: "(...) siringa tremante tra le mani." Credo di poter affermare che una siringa non possa essere in grado di tremare. Tuttavia siamo in un fantascientifico, potrebbe anche essere possibile!
IV. Odialo e ti amerò: "(...) riuscì a guadagnarsi una nuova sbattuta di capo contro la superficie più vicina (...)" non so perché, magari è d'uso comune e io non lo so, ma questa "sbattuta di capo" non mi convince molto.

Fase finale [sempre una sudata la sezione "grammatica"]. Ti dico senza giri di parole che il lessico non mi ha convinta affatto. La prima cosa che mi ha fatto storcere il naso è il netto cambiamento di registro lessicale tra prologo e narrazione. Ho letto il prologo convinta di dovermi adattare a uno stile lessicale arzigogolato e ricercato, ma ecco che con il primo capitolo il lessico cambia. Da lì in poi non sono riuscita a comprendere la linea stilistica che hai dato al lessico di questo racconto.
Mi spiego. Il racconto ha una vena di sessualità sempre presente che è una prerogativa che tu come autrice hai scelto di dare alla storia e io non mi sento di contestare quella [anche perché a me non dispiace affatto]. Non contesto nemmeno il lessico usato dai personaggi nei dialoghi, perché – opinabile o meno – l'unica linea che deve seguire è la personalità dei personaggi stessi. Ciò che io non riesco a capire è la coerenza del lessico nell'insieme, soprattutto nelle parti gestite dal narratore, dove lessico mediamente ricercato, termini aulici, modi di dire più colloquiali, registro specialistico nelle parti descrittive più fantascientifiche, si rincorrono e si mescolano con una logica che non riesco a seguire. La tua può anche essere una scelta stilistica, ma personalmente ne sono rimasta un po' confusa.

Ambientazione (7,5/10 punti)

Io sguazzo come una balenottera nell'oceano Atlantico nei racconti in cui l'universo mondo è creato da zero dall'autore e qui, Autrice, hai fatto un buon lavoro. Non ti nego che all'inizio si fa fatica a inquadrare l'universo che hai creato, ma solo perché ti sei concentrata di più sullo spiegare certe dinamiche che ci sono nel tuo mondo, piuttosto che il mondo stesso. Hai creato un universo che urla fantascienza da ogni orifizio (umano o ogm) e a me non è dispiaciuto affatto. Riporto di seguito uno dei passaggi in cui descrivi la città di Exo che è tra le descrizioni che ho apprezzato di più:

Come ti ho detto anche prima, nel corso della lettura ho capito che è una prerogativa della tua scrittura quella di svelare i dettagli un pezzettino alla volta, e questa regola viene applicata un po' a tutti gli aspetti, anche all'ambientazione.
Ti dico, però, che se le descrizioni mi hanno convinta, la struttura gerarchica del tuo mondo non mi è propriamente chiara. (Inserisco questa osservazione qui e non nella sezione dedicata alla trama perché credo abbia più senso parlarne in relazione all'ambientazione.)
Certa di aver afferrato il tuo stile di scrittura e forte del fatto che la storia è solo al settimo capitolo, devo dirti che a essere catapultata nel pieno dell'azione mi sono sentita come Dori in "Alla ricerca di Nemo": sembra sempre che mi sia persa qualche pezzo per strada. La mia strana testolina, arrovellandosi e macchinando, è giunta alla conclusione che questo accade perché ogni singola azione compiuta dai tuoi personaggi non è la norma, è l'eccezione. *SPOILERS* La gravidanza della madre di Sahara, illegale. Sahara e Idra che compiono ricerche per l'università, illegali anche quelle. Arlo che cura i pazienti tra gli spettri e si guadagna da vivere grazie ai suoi contatti con la Chiesa, in modo illegale. SETte che indaga sugli strani sogni di Sahara... [completa tu, Stranier*, sono certa che sai quello che volevo dire.]*FINE SPOILERS* Per cui non avendo parametri con cui confrontare il normale scorrere della vita nel tuo universo, risulta un po' estraniante riuscire a individuare il funzionamento di questo mondo con la giusta ottica.

Caratterizzazione dei personaggi (7,5/10 punti)

Arlo mi ha rubato il cuore. [È la prima cosa che volevo dire a riguardo e l'ho detta, sono in pace con me stessa.] Il lavoro di fino che hai fatto per scolpire il suo personaggio e tutte le sfaccettature del suo carattere l'ha reso senza ombra di dubbio il personaggio più affascinante di tutta la storia. E sai perché? Per i̶l̶ ̶t̶e̶t̶r̶a̶i̶d̶r̶o̶c̶a̶n̶n̶a̶b̶i̶n̶o̶l̶o̶ la sua tridimensionalità. Il suo soffrire per la perdita di Eva, le emozioni che prova quando medita di uccidere Ivon, il suo essere continuamente in conflitto con la vita, le sue emozioni mettono in risalto la personalità di questo personaggio. Sahara si è salvata in calcio d'angolo solo perché ne hai approfondito un minimo di più la sfera emotiva nel settimo capitolo (che ho letto a recensione già iniziata), ma lei e soprattutto Ivon sono personaggi con un ottimo potenziale che risultano un tantino piatti. Di Sahara conosciamo bene la sua intelligenza e la sua spiccata lascività, di Ivon sappiamo che vive per la scienza e che ha un lato perverso fortemente sviluppato, ma cosa c'è d'altro? Credo che i personaggi si costruiscano in toto anche assecondando la loro emotività, i loro intenti, la loro morale. E basta guardare il lavoro che hai svolto con Arlo (che compare molto meno di loro due) per capire che sei assolutamente capace di alzare l'asticella anche con loro, Autrice.
Indi per cui c'è una buona, un'ottima base, ma ci si può ancora lavorare.
Commento breve alle descrizioni fisiche dei personaggi: tzzzop!

Trama (8,5/10 punti)

Finalmente e dico finalmente un'Autrice capace di gestire il dannatissimo narratore in terza persona con focalizzazione variabile senza fare casini coi punti di vista dei vari personaggi. Bel lavoro, ragazza, chapeau, well done [e te lo scriverei pure in cinese, ma probabilmente col traduttore di google verrebbe fuori qualcosa del tipo "zuppa di mais"]. Il racconto ha una trama ben costruita, tante sottotrame che intrecciano tra loro le vicende dei vari protagonisti, una buona coerenza logica e delle tematiche assolutamente non scontate.
Il tuo racconto è l'emblema di come si possa sviluppare un pensiero sul tema dell'idealizzazione della razza in qualsiasi genere letterario, non soltanto nel contesto storico del periodo nazista. Siamo in un mondo di pura fantascienza, a rivoluzione tecnologica avvenuta, eppure l'uomo non è ancora riuscito a debellare il concetto di "razza", anzi lo ha elevato, enfatizzandolo in modo ancora più estremo. Dell'unico "buco" di questa trama ne ho già parlato nella sezione "ambientazione" e non mi ripeterò.

Questione prologo:  In genere mi faccio tre domande fondamentali rispetto ai prologhi:
- Dà un'idea generale della storia che si andrà ad affrontare? Sì.
- Ha suscitato il mio interesse (da leggere come: avrei proseguito la lettura se non fosse stato per la recensione)? Nì.
- È in linea con la narrazione della storia? Non proprio, ma è un episodio a sé stante, quindi ci sta tutto.
In definitiva, ho apprezzato questo prologo? Non esattamente, ma questo è dovuto a una mera questione di preferenza personale. Non amo i prologhi troppo distanti dalla narrazione della storia per stile di scrittura e lessico, ma questo, lo ripeto, è una mia personalissima opinione.

L'ultimissima cosa di cui vorrei parlare, invece, riguarda un aspetto della narrazione che mi ha lasciata un po' interdetta durante la lettura. All'inizio pensavo fosse una questione di lessico troppo specifico, poi ho capito che si tratta più di una questione di narrazione, del modo che hai, Autrice, di esporre certi passaggi ai tuoi lettori. Riporto un estratto che ritengo emblematico:

Ora, io ho una formazione scientifico-ingegneristica [lo so, Stranier*, che non frega u̶n̶a̶ ̶s̶e̶g̶a̶ a nessuno, lo dico solo per contestualizzare la c̶a̶g̶a̶t̶a̶ stupidaggine che sto per dire] e se scrivessi che ho disegnato un diagramma di Eulero Venn in cui sono contenuti i numeri razionali positivi da uno a dieci, le probabilità che lo Stranier* che mi legge, sappia di cosa sto parlando nello specifico non sarebbero così basse, ma neanche così alte. Se, invece, io scrivessi che ho disegnato un cerchietto e ci ho scritto dentro i numeri che vanno dall'uno al dieci tutti riuscirebbero a capire di cosa sto parlando. E il campo si restringe sempre di più entrando nel tecnico: più si descrivono azioni tecniche e specifiche, più è difficile che ci sia un pubblico di lettori in grado di capirle.
Tutto ciò per dirti, Autrice, che, per quanto io sia certa che tu sappia di cosa stai parlando, a volte alcuni passaggi della narrazione sono inutilmente troppo tecnici. Sono certa che tu l'abbia fatto per rendere più verosimile il racconto rispetto al genere fantascientifico, ma la maestria di un autore sta anche nel saper spiegare cose difficili in modo tale che tutti quelli che si approcciano al suo testo riescano a capirlo. Devo sottolineare che questo non succede sempre e non a caso ho scelto proprio questo specifico estratto per mostrare la differenza. 
- Narrazione troppo tecnica in cui la maggior parte delle persone che leggerà questa frase, sentirà il canto dei grilli nella testa: "«Questa sequenza paraloga non me la conta giusta. C'è un microsatellite, più in là, che sembra essere interrotto alla terza base dopo Adenina, Guanina, un'altra Guanina(...)»"
- Narrazione molto tecnica gestita magnificamente: "(...) quel gene in particolare determinava un'elasticità polmonare elevatissima, il che conferiva all'ittioide una possibilità di apnea lunga mezz'ora."

[Beatevi Stranieri perché ho finalmente finito.]

Parere personale e coinvolgimento (3,5/5 punti)

[Sarò breve, almeno qui.] Mi è piaciuta questa storia? Sì, mi è piaciuta. Non mentirò, non è una di quelle storie che ti ruba l'anima alla prima riga, Stranier*, ma è una storia che merita di essere letta per l'accuratezza con cui è costruita, per l'intreccio della trama che riesce a tenere noi lettori incollati a̶l̶l̶e̶ ̶p̶a̶g̶i̶n̶e̶ allo schermo e, soprattutto, per le interessanti riflessioni che l'Autrice qui presente è in grado di condividere con il lettore rispetto ai temi della sua opera.
Ottimo lavoro!

PUNTEGGIO TOTALE: 45,5/60 punti (+ 0 punti bonus)

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