100 days ✎

Ciao Stranier*,
rieccomi qui. Non so se sono pronta ad affrontare questa nuovissima recensione, ma mi butto come un paracadutista che non appena inizia la discesa si lascia sfuggire la cordicella da tirare per aprire quell'irrilevante lenzuolino che gli eviterà di spiaccicarsi al suolo come un moscerino sul parabrezza di un'auto. Oggi mi tocca mettere le mani avanti: so che ci sono persone con gli occhietti sensibili a certe tematiche, dunque essendo la storia che andrò a recensire di genere prevalentemente erotico ci tengo ad avvisarti che potrebbero scapparmi frasi VM18. Stranier* avvisato, mezzo salvato. L'autrice di oggi è Yukikuran27 e a presentazioni fatte...

Iniziamo!

✎Copertina (3/5 punti)

Autrice, Stranier*, sappiate che mi sento un po' in colpa per quello che sto per dire, ma [indovina, indovinello] lo dirò lo stesso.
L'immagine di copertina – complice anche il titolo – mi sembra la foto celebrativa del centesimo giorno della morte di questa povera ragazza. I fiori, l'atmosfera cupa dell'immagine, la posa della ragazza a tutto mi fanno pensare, tranne che a un romanzo rosa\erotico. Dopo aver letto il prologo, però, credo di non aver avuto una reazione così sbagliata. O sì? Correggimi, Autrice. In ogni caso [lo specifico perché non credo si sia capito] non la trovo brutta, penso solo che non rispecchi il contenuto del racconto. Io me la sarei immaginata perfetta su un racconto horror o paranormale, ma non su questo.

✎Titolo e descrizione (6/10 punti)

Questione titolo: inglese più numero.
Sull'inglese chiudo un occhio perché visto il contesto e l'ambientazione della storia, ci sta tutto. Detto ciò, ho voglia di fare un gioco [no, Stranier*, niente frusta, manette e altri aggeggi, tranquill*]: nominerò dei titoli di libri con i numeri al loro interno e voglio vedere cosa ne viene fuori.

Cent'anni di solitudine [cuoricino e lacrimuccia]
Uno, nessuno e centomila
Fahrenheit 451
Mille splendidi soli [lacrimuccia]
Novecento
1984
Il giro del mondo in ottanta giorni
Zero Zero Zero
Le otto montagne [cuoricino]

Ora. Io che per formazione sono abituata all'osservazione deduttiva, da questa lista posso concludere che sia preferibile – ove possibile – scrivere per esteso i numeri. Certo è che quattrocentocinquantuno è un po' complesso da leggere in lettere, così come millenovecentottantaquattro. Però leggere cento (o hundred, nel tuo caso) è uno sforzo veramente minimo per il lettore, per cui, secondo il mio trascurabile, modesto, umile e irrilevante parere, per me va scritto in lettere e non in numeri.
Il significato del titolo, invece, si intuisce dal prologo e lo ritengo calzante.

Descrizione:

La prima cosa che mi viene da pensare è: scarna. Ok, hai contestualizzato bene l'ambientazione e hai introdotto brevemente i protagonisti, ma il fatto che loro abbiano un passato sofferto buttato lì in descrizione sa proprio di spoiler non richiesto. L'ultima frase, poi, andrebbe un minimo argomentata, perché così sembra fuori contesto rispetto al discorso.
Insomma, da migliorare, direi.

✎Grammatica (7/10 punti)

A livello grammaticale questo racconto è su un buon livello. Non ci sono refusi, l'ortografia va bene, la sintassi è semplice, ma – a parte rare perplessità che esprimerò in seguito – funziona.

Il lessico è molto semplice e in questo particolare caso risulta un tantino ripetitivo. Niente di trascendentale, ma trovo che avresti potuto giocare di più con i sinonimi, Autrice, e ti motivo subito la mia osservazione. La narrazione è in prima persona e mi è parso di capire che la protagonista, Emily, abbia studiato all'università qualche materia umanistica, oltre a lavorare come bibliotecaria; con questo tipo di background mi sarei aspettata un lessico più variegato, ecco tutto. Mi rendo conto, però, di essere sul confine del gusto personale e considera questa solo come un'osservazione.

Sulla punteggiatura, invece, ci sarebbe qualcosina da rivedere. Inizio dalle quisquilie:
- Dopo i puntini sospensivi va messo lo spazio, e se la frase successiva non è la continuazione di quella precedente va messa anche la maiuscola. Esempio da La biblioteca: "«Ah, sì...non credo che verrò.»" (Per fugare ogni dubbio, mancano spazio e maiusola.)
- I trattini [ah i trattini, che ritorno in pompa magna, Stranier*!] che hai usato per racchiudere gli incisi sono quelli sbagliati, i corti (ossia loro: - -) che si usano perlopiù per separare due parole (Milano-Roma; ex-moglie; e-mail, eccetera). I trattini corretti sono quelli medi (aka lineette, queste: – –). Esempio da Un giorno come tutti o forse no ?: "(...) le mani -accanto (...) biblioteca-." Le lineette vanno separate dalle parole a loro precedenti e antecedeti. Inoltre, la lineetta non va mai accoppiata al punto, che la assorbe e chiude la frase. Dunque la frase sopra diventa: "(...) le mani – accanto (...) biblioteca."

Punteggiatura nel discorso diretto. È vero che nei dialoghi le regole sulla corretta punteggiatura sono molto complesse e possono variare in base a norme e dettami di case editrici e bla, bla, bla, ma ci sono dei passaggi comuni che andrebbero seguiti. Riporto per amore di brevità solo alcuni esempi fondamentali.

- Da Il ballo, dove mancano i punti a chiudere gli incisi nel discorso diretto:
"«Sì»
«Bene, ora dimmi quale è il tuo nome?»
«Emil
«Emily come?»
«Emily Blac"

- In Un giorno come tutti o forse no ?, dopo l'inciso con il verbo dichiarativo (sussurrare), il dialogo continua, ma inizia una nuova frase. Dopo quel verbo dichiarativo va messo il punto:
"«No» sussurro «Come hai fatto a trovarmi?»"

- Se a chiusura del discorso diretto c'è un inciso con un verbo dichiarativo, il punto fermo alla fine del dialogo andrebbe tolto (o sostituito con la virgola) perché il dichiarativo che segue ha bisogno della lettera minuscola. Esempio da Passione :"«Ho fame.» Dico con fare innocente."
Se dopo la chiusura del discorso diretto c'è un inciso che inizia con una parola qualsiasi o (come in questo caso) con un verbo qualsiasi non dichiarativo, va usata la maiuscola. Esempio da La biblioteca: "«(...) non credo che verrò.» abbassò gli occhi e (...)"

Se ho detto qualche cavolata, Stranier*, sentiti libero di sbugiardarmi qui, non mi offendo perché so di non sapere.

Già che ho aperto il vaso di Pandora sui dialoghi, vado fuori tema e apro e chiudo parentesi per parlarne qui, anziché nella trama.
Mi è capitato spesso nei dialoghi di pensare che fossero un po' artificiosi e poco realistici. Esempio da Il ballo: "«Io non ho fatto niente perché mi tratti così?» il suo viso resta impassibile.
«Se provi a scappare, le conseguenze saranno molto gravi» dice in tono brusco."

Poi, può darsi sia solo un'impressione mia, ma riporto un esempio da Piccolo Jason e approfondisco: "«Mamma, sono io, Jason» il letto a baldacchino è vuoto e le lenzuola disfatte «Mamma dove sei?» ancora nessuna risposta «voglio darti il mio regalo di compleanno» la luce del mattino filtra (...)"
Questione maiuscole e punti che mancano alla fine degli incisi a parte, io ho trovato questo modo di formulare i dialoghi estremamente ingarbugliato. È un mix tra descrizioni e dialoghi a dir poco letale per l'attenzione del lettore (o per lo meno, per la mia), e avrebbe due soluzioni piuttosto semplici: o ampliare maggiormente le descrizioni per arricchire gli incisi tra i dialoghi, oppure descrivere l'ambiente che circonda il protagonista o prima o dopo il discorso diretto.

F̶i̶n̶e̶ ̶p̶i̶p̶p̶o̶n̶e̶.̶

Randomerie:
- Da La biblioteca: "(...) alla sua destra c'è la Rosemary primary and middle school (...)" A mio umilissimo e modesto parere, qui avresti potuto sostituire l'inglese all'italiano, scrivendo "le scuole elementari e medie Rosemary" & varianti varie.
- Da Il ballo: "Avvolgo le braccia intorno a me e cerco di calmare il respiro." Quell'espressione suona proprio male; io avrei detto "avvolgo le braccia attorno al corpo" o simili.
- Da Un giorno come tutti o forse no ?: "La sua lingua penetra più a fondo [ndr. nella bocca, Stranier*, non pensare male!] fin quasi a soffocarmi." Ora, Autrice, di lingue ne ho intrecciate io [come un po' tutti nella vita,̶ ̶c̶r̶e̶d̶o̶, spero, dunque non fare il\la puritan*, Stranier*] ma non mi è mai capitato di essere quasi soffocata. Per amor di realismo, io questa frase la cambierei.

✎Ambientazione (7/10 punti)

L'ambientazione di questa storia, ossia Creek Point, una cittadina non troppo grande degli USA, a me non è dispiaciuta affatto. Si discosta dalle solite metropoli statunitensi, e dà alla storia quel non so che di misterioso e affascinante.
Mi sono molto piaciute le descrizioni degli ambienti esterni, Autrice. Quest'aria da cittadina immersa nei boschi, nebbiosa, autunnale l'hai resa molto bene a livello visivo, sarebbe stata perfetta se solo avessi integrato un po' di tridimensionalità. Manca l'odore del legno, delle foglie dei sempreverdi, la ruvidezza dei tronchi. Così facendo potresti veramente dare alla tua location quel qualcosa in più.

Sugli ambienti interni sono un po' combattuta, invece. Alcuni mi hanno conquistata, altri meno. Parto con la biblioteca, il luogo dove la protagonista Emily lavora. Contestualizzo per te, Stranier*, dicendoti che siamo al capitolo due della storia e parte l̶'̶i̶n̶f̶o̶d̶u̶m̶p̶ la descrizione sugli orari di affluenza degli utenti della biblioteca. Alle undici le scuole medie al secondo piano, dalle quattro alle sette le scuole superiori al primo, gli studenti universitari a tutte le ore al settimo, ma i libri femministi sono nello scaffale apposito che si trova al terzo piano [il mio è solo esempio, non sono queste le parole esatte dell'Autrice, lo specifico ̶p̶e̶r̶ ̶i̶ ̶t̶a̶r̶d̶i̶]. Le mie reazioni da lettrice sono stata nell'ordine: noia-noia-non mi interessa di chi va in biblioteca e quando-che c'entrano le femministe nel discorso. Traduzione: quando le informazioni non sono fondamentali allo svolgimento della narrazione, sarebbe meglio non darle in blocco tutte assieme per fare sì che quelle veramente importanti (l'essere femminista di Emily [che anche qui, ci arriverò]) passino inosservate. Stesso discorso vale per quando è stata descritta la casa di Emily, definita una "casa da single" (a me è parsa una casa normalissima, pure col salotto). Un po' meglio le descrizioni della casa dei Jackson e bene, benissimo la casa nel bosco di Jason. Ho trovato che in quel caso tu abbia descritto l'ambiente magnificamente, Autrice, rendendo l'idea della sua particolarità senza eccedere o essere avara di particolari.

✎Caratterizzazione dei personaggi (6/10 punti)

I personaggi sono caratterizzati abbastanza bene. Parto con quelli secondari perché l'ordine e la coerenza sono un must in questo pseudo-servizio. Il gruppo di amiche di Emily mi piace. È molto facile individuare chi sta parlando e ricordarsi di queste ragazze perché ognuna ha la propria personalità e sono tutte caratterizzate divinamente.

Dire che i protagonisti sono caratterizzati poco o male sarebbe mentire, ma allo stesso tempo mi ritrovo a pensare di non averne capito la personalità.

Emily è una venticinquenne, bibliotecaria, con un passato molto difficile alle spalle. Non faccio spoiler se dico allo Stranier* che è la classica ragazza diffidente (con cognizione di causa, direi) nei confronti degli uomini, mai stata fidanzata, pulsioni sessuali zero fino al momento in cui ha conosciuto Jason e dichiaratamente femminista.

Jason è un trentottene (mi sembra, o comunque di una decina d'anni abbondante più grande di lei) è uno psichiatra molto famoso, proveniente da una famiglia molto ricca, molto bello, molto bravo a fare [chiudete gli occhi ai bambini] sesso & varianti, con un passato molto difficile alle spalle.

Con queste premesse i due protagonisti hanno in canna una combo esplosiva. Io mi sarei immaginata di tira e molla infiniti, fugaci e velati, conditi da qualche toccata e fuga di soft-porn e flashback del passato di entrambi a contestualizzare, prima di arrivare all'exploit finale... Peccato che questi due personaggi cambino totalmente quando sono assieme. Lei da femminista si trasforma in femmina che guarda Bridgerton con la bava alla bocca e Jason, invece... Jason non ha uno sdoppiamento della personalità, ma della locazione del cervello. Quando pensa con la testa è un uomo maturo, coi suoi problemi ma con dei presupposti interessanti. Il problema arriva quando il cervello migra verso il basso e lo trasforma nel classico maschio alfa che sente la necessità di controllare la vita della sua donna per puro cruccio. No bueno, ma ne parlo tra poco.

✎Trama (4,5/10 punti)

Stranier*, nelle sezioni precedenti ti ho lasciato intuire di cosa parla la trama di questa storia, ma per fugare ogni dubbio, ti dico che 100 days racconta della storia (d'amore) tra Emily e Jason.

Partiamo con una cosa semplice: il prologo. Bello, bello, bello.
Mi è piaciuta tantissimo la frase d'inizio, che mi permetto di riportare qui: "Oggi è la fine del mio inizio."
È un gioco di parole non originalissimo, ma molto d'effetto per l'inizio di una storia. E anche l'atmosfera mistery che hai creato in quel capitolo mi aveva conquistata, con quest'alone di mistero attorno alla protagonista che porta i lettori a chiedersi: perché l'ha fatto e che fine avrà fatto? (Non sto qui a dire cosa per non fare Spoiler)

È stato con questi buoni presupposti che ho approcciato la tua storia, Autrice.

Passiamo alla voce narrante, che è Emily (che parla sempre in prima persona al presente). In alcuni capitoli – per consentire al lettore di conoscere la sofferta infanzia di Jason – il narratore cambia e passa il testimone a Jason bambino (sempre prima persona presente). Non ho niente da dire a riguardo, penso che tu l'abbia gestito bene.

La narrazione, invece, risente della stessa problematica dei personaggi protagonisti. Ma partiamo con ordine, Autrice, perché devo dire delle cose che potrebbero risultare parecchio urticanti [per citare una certa recensora di cui sento molto la mancanza] e voglio esprimere il mio inutile parere, motivando quanto più possibile le mie parole, nella speranza di non risultare u̶n̶ ̶d̶i̶t̶o̶ ̶i̶n̶f̶i̶l̶a̶t̶o̶ ̶n̶e̶l̶ ̶c̶u̶.̶.̶.̶ ̶e̶h̶m̶ un'incredibile saccente in pieno stile Hermione.
La timeline del racconto, al ventesimo capitolo è ferma al giorno cinque e i protagonisti si sono incontrati tre volte in tutto nella loro vita. Non avrei mai pensato di fare questo discorso ad alta voce, perché mi rendo conto che potrebbe essere un tantino controverso, ma tant'è...

Stranier*, uomo o donna che tu sia, voglio chiederti una cosa: se incontri qualcun* in un locale e il\la tizi* in questione ti fa sangue, non penso ci sia niente di strano se decidi in modo consapevole di passare insieme a l*i la notte a fare le peggio cose possibili e immaginabili. Se però, dopo tre volte contate sulle dita che vi siete incontrati in vita vostra, tizi* inizia a fare il\la possessiv* con annessi scleri su turbe del passato della sua vita, io mi metterei a correre come Beep Beep nella Monument Valley.

Detto ciò, Autrice, a me è sembrato di leggere due storie distinte e separate: quella della coppia che impara a conoscersi scambiandosi i più dolorosi ricordi del proprio passato, e due ragazzi che si sono conosciuti per caso e che provano attrazione fisica l'uno per l'altra. Le due cose, però, non trovano un vero e proprio punto d'incontro. E così la narrazione sembra slegata.

Ma eccoci arrivati al cuore della questione. Non metto le mani sull'aspetto riguardante il passato dei protagonisti perché sento di aver letto ancora troppo poco per farmi un'idea precisa, ma in questi capitoli che ho letto (sono arrivata al ventesimo più o meno, alla terza parte di Women Power Club) lo sviluppo della trama coincide con lo sviluppo della relazione dei protagonisti. Ed è di questa che io parlerò, della loro relazione. **Spoiler** Emily è stata testimone delle violenze a opera del padre sulla madre, ed è stata anche vittima di quelle violenze in prima persona. Ora metterò qui sotto uno screen prima di continuare.

Questo è solo un esempio che ho preso per contestualizzare, ma ogni volta che i due si incontrano Jason afferra Emily – neanche fosse una bambola di pezza – e la trascina da qualche parte o la costringe a seguirlo. E, Autrice, so che mi dirai che la ritrosia di Emily è una farsa, perché in realtà lei ha sempre voluto seguire Jason, ma io non ci sto. Non ci sto perché lui decide in piena autonomia – senza chiedere alla diretta interessata una beneamata fava – che il giorno successivo Emily non andrà a lavorare; non ci sto perché la rabbia di Jason a un rifiuto di Emily, provoca a quest'ultima un incidente che passa quasi in sordina. E ci sono tanti altri particolari che seguono la stessa scia che non riporterò. **Fine Spoiler**
Mi dispiace molto, Autrice, ma io su queste cose mi infervoro perché da persona che nella vita reale si batte per la parità e il rispetto del prossimo, credo che le persone debbano essere educate a capire che se una donna (o un uomo) dice: "No", "Non voglio", "Lasciami", "Basta" chi c'è dall'altra parte debba fermarsi. E all'istante. A maggior ragione se si tratta di uno sconosciuto. Quindi no, non mi è piaciuto affatto questo modo di sviluppare il rapporto tra Jason ed Emily.
Mi spiace se suonerò brutale, ma questo non è amore, questo non è rispetto e questo per me non è un messaggio che va veicolato.

✎Parere personale e coinvolgimento (2,5/5 punti)

Specifico che il mio non vuole essere in nessun modo un attacco personale, Autrice: non ce l'ho con te o con la tua storia (nella quale ho trovato anche cose che mi sono piaciute).
Spero che potrai apprezzare comunque le mie parole e pensare alla chiave di lettura che ho percepito io (una lettrice qualunque) alla quale – ne sono certa – tu non hai fatto caso.
Io credo che la tua storia abbia del potenziale, penso, però, che il messaggio che viene fuori dalle azioni dei personaggi vada sempre soppesato, perché quello che conta è il contenuto, non la forma – almeno nei libri.

✎PUNTEGGIO TOTALE: 36/60 punti

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