Inserto inutile - Perché la gente scrive?


L'Italia, stando a ricerche fatte, probabilmente a caso, da qualche istituto con il nome astruso che nessuno conosce, sembra essersi rivelato un paese più di scrittori che di lettori. Non in senso numerico. Il discorso è che la produzione letteraria supera le cifre delle vendite di libri. 

E questo, lo si capisce subito, senza ragionamenti complicati, è un problema. 

Se ci sono più persone che scrivono di quelle che leggono, quelli che scrivono che scrivono a fare?

Per il piacere di sentirsi la propria voce letteraria?

Per noia?

Per l'illusione di una fama e retribuzione monetaria?

Perché hanno dentro il sacro fuoco dell'ispirazione che altrimenti non riescono a spegnere?

Non lo so.

La mia risposta politically correct è che io scrivo perché mi piacciono le storie e leggo per lo stesso motivo. Tecnicamente preferisco leggere, perché si fa meno fatica e a me pesa il culo di default; inoltre sono una scrittrice mediocre anche se spero sempre nella botta di culo astronomica che mi permetta di fare il colpaccio (50 Shades maniera, per intenderci) e di ritirami per sempre nel nulla senza più dover lavorare, realizzando il mio più grande sogno di sempre, ovvero raggiungere l'invisibilità.

Se ci penso per bene però, mi rendo conto che pur non avendo mai amato fare i temi a scuola (una volta era la discriminante per individuare un potenziale grande scrittore, sa solo la madonna come mai visto che i titoli proposti spaziavano per lo più tra il deprimente e il noioso), ho sempre scritto o scarabocchiato. Da piccola scrivevo le lettere ai Cinque Samurai dei cartoni animati per commentare le vicende delle varie puntate; ho scritto lettere che non sono mai state lette e almeno tre blog diversi che si sono arenati a diversi stadi della loro esistenza perché ho (ancora) il grande difetto di non riuscire a portare a termine nulla. Era tutta merda sia chiaro. Solo che a volte, quando mi fermo a pensarci, resto stupita da me stessa e dal fatto che anche in tempi antichi, mi trovassi a ricorrere alla scrittura (senza velleità alcuna) perché istintivamente la trovavo un modo di esprimermi più naturale. Tant'è che tutt'ora detesto le telefonate e preferisco di gran lunga i messaggi (non vi dico quanto la cosa sia ben vista al lavoro!).

Ho sempre scritto perché parlare non è che mi riesca un granché bene. Allo stesso modo in cui adoro leggere, perché vivere la mia vita, anche quello, non mi riesce granché bene. 

Scrivere è in primis una forma di comunicazione, anche solo con se stessi (saluti a tutti i terapisti all'ascolto) e scrivendo, si cerca o si dovrebbe cercare, di dare una struttura con un minimo di senso ai pensieri che si hanno in testa e che si vogliono, eventualmente, trasmettere.

Io, dall'alto di me stessa, ho sempre pensato che il mondo esterno non abbia mai capito un cazzo di quello che si agita nella mia testa e quindi mi sono messa a scrivere per spiegarglielo. Poi ho capito che al mondo di capire me non gliene fregava, giustamente, una cippa. 

Secondo qualcuno scrivere è un'arte che non si può insegnare. Io non sono una scrittrice, ma esercito comunque il mio diritto a non essere d'accordo.

Credo che tutti, volendo, possano imparare a fare tutto. 

Oltretutto la scrittura, facendo parte dell'universo artistico è un campo che, essendo fortemente legato alle emozioni e all'interpretazioni, è anche difficilmente valutabile. Certo ci sono dei requisiti tecnici minimi (ciao amica grammatica, parlo proprio di te, love you), e delle accortezze stilistiche che ci permettono di delimitare chiaramente una ciofeca a pedali da un testo leggibile. Ma una volta che abbiamo oltrepassato la soglia della decenza e il testo ha una forma curata e godibile, chi siamo noi per decidere se sia più valido o meno di un altro testo con le stesse caratteristiche?

Ci saranno sempre persone più o meno capaci nel trasmettere un pensiero e suscitare un'emozione, ma non si può negare la validità di ciò che un lettore prova di fronte a un testo che non rientra nelle nostre preferenze. Le emozioni arrivano a ciascuno in maniera unica e personalmente non credo che un prodotto che incontra il gusto di più persone sia necessariamente più valido. 

Faccio esempi eclatanti, tirandomi fuori dal ginepraio che è Wattpad, di cui al momento mi frega un gran poco. 

Anna Karenina è meglio di Orgoglio e Pregiudizio? Sì, è una domanda puramente provocatoria.

Ho giocato due carichi da undici, mica sono scema. [Sono tutti bravi a dire che Anna Karenina è meglio di 50 sfumature di grigio, ma mi permetto di osservare che, secondo me - nonostante il successo commerciale, che, detto tra noi, invidio di invidia verde - 50 sfumature non raggiunge la soglia del testo leggibile. E non lo dico con spocchia; ribadisco anzi la mia verde invidia per il successo, che ritengo però sia dovuto a fattori che vanno oltre la qualità della scrittura, su cui dovremmo aprire discussioni di natura ben diversa. Stilisticamente è pieno di ripetizioni, i personaggi sono bidimensionali e anche come trama e coinvolgimento emotivo è assai scarno. Credo che ciò si possa affermare senza essere tacciati di invidia o di finto intellettualismo. Le ripetizioni e i dialoghi presi e copia-incollati sono un dato di fatto e, quando oltrepassano la soglia di guardia (ripetere qualcosa una due volte non è un crimine, ma quando la ripetizione si reitera in maniera sistematica, come in questo caso, allora: Houston, we have a problem) sono un'indice tangibile di scarsa qualità oltre che di una fantasia limitata e di una povertà di linguaggio preoccupante.]

 Quindi: Perché la gente scrive?

Scrive per essere letta, per essere riconosciuta, per non bollire nelle proprie miserie, perché?

Qualcuno, non so chi, ha detto che lo scrittore è uno che ha qualcosa da dire.

Se così fosse, io probabilmente potrei pubblicare un opera di almeno 400 pagine con scritto solo Vaffanculo. Perché ho spesso voglia di dirlo. Più volte al giorno, tra l'altro. E a differenti decibel. Forse dovrei farlo.

Perché la gente scrive?

Se aspettate una risposta da me, smettete pure di leggere. Perché è molto probabile che qui troviate solo altre domande.  

Voi perché scrivete?

Io ogni tanto me lo chiedo, ma non è che arrivi a conclusioni cosmiche. A parte quanto detto sopra, e la sempre viva speranza della gran botta di culo (che deve calarsi dal cielo senza che io la vada a cercare, ovviamente), il più delle volte - e questa è la risposta non politically correct - scrivo per non vomitare. Non credo che questo si possa ascrivere all'avere qualcosa da dire. Perché dovendo trattenere l'istinto del vomito, lo capite anche voi, non è che il prodotto sia propriamente appetibile. C'è dell'urgenza, ma non credo sia quello che intendono gli esperti quando parlano dell'impulso a scrivere.

Ho letto in giro sul web le risposte più appropriate a questa domanda. 

Per esprimere se stessi, per terapia, per lasciare una traccia di sé, perché si ha qualcosa da dire (celo - vedi il volume di 400pgg sopracitato), per esprimersi, per evadere dalla realtà, per il successo.

Sono tutti motivi validi, ma mi sono cadute le palle, ugualmente.

E allora rigiro la domanda. Che per me ha la stessa risposta, ovvero non vomitare.

Voi perché leggete? 






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