Captivated - Il sangue e la spada di harue8
Ripeto quello che dico sempre e ovunque: recensisco l'opera, non voi. Rileggete la frase dopo i due punti almeno dieci volte. Voi, casomai, entrate in discussione solo per il vostro legame con l'opera. Ho detto casomai con accento sul mai.
Iniziamo, orsù dunque, avvocata nostra, etc etc.
Premetto che io apprezzo i fantasy. Non tutti, sia ben chiaro, ma posso affermare senza pentirmene che in linea di massima li apprezzo.
Diciamo però che esiste, all'interno della categoria fantasy, una soglia di complicazione oltre la quale, col piffero che mi ci avventuro. Se proprio sento la voglia intrinseca di complicarmi la vita, mi basta leggere un qualsiasi romanzo russo dal novecento in giù. Capiamoci: è una semplice questione di priorità, scevra da qualsiasi giudizio di valore. Nulla di trascendentale.
Quindi, premesso che a me i fantasy in generale mi garbano, devo confessare che prima di riuscire ad avventurarmi nella lettura della tua storia (i dieci capitoli che mi competono quantomeno), ho tentato di leggere il prologo almeno sei volte prima di riuscire ad attraversarlo. Sono stata a un nanosecondo dal desistere, ma avendo promesso una recensione non mi sono potuta esimere. E per fortuna, ho detto dopo.
Ma andiamo con ordine.
E partiamo dalle cose che mi hanno fatto storcere il naso.
La prima domanda che mi pongo è: perché quel prologo è un prologo? Cosa mi pro prima del logos, giacché l'azione di fine prologo si scioglie come un'aspirina C nell'acqua del capitolo uno e quindi il pro mi viene appunto meno prima ancora di giungere al termine?
Di solito il prologo: "Il prologo, dal πρόλογος (prologos; da pro, prima, e , discorso) è una scena introduttiva, un monologo che precede un'opera teatrale, oppure un'introduzione a un'opera (o racconto) in genere. cit. Wikipedia"
Che cosa mi si introduce qui?
La prima risposta, a caldo che mi è salita alle labbra è stata: una beata minchia. Sallo.
A parte il pippone del menestrello (quello in corsivo per capirci), ciò che viene poi non è più un pro nel senso di pre, ma un logos, ovvero un'azione in tutto e per tutto. E se il prologo non mi preambola una fava, perché ce lo metto? Anzi, perché lo chiamo con un nome che non gli compete e non metto semplicemente Capitolo 1? Non lo so.
Consiglio non richiesto. Se vuoi mantenere un prologo, [perché nei fantasy fa figo mettere quello che è successo prima, visto che il 101 % delle volte spiega come mai succede quello che succede dopo, che se Isildur sbatteva l'anello nel fuoco del monte Fato invece di metterselo in gaglioffa, mica stavamo qui a seguire un tizio che diceva "Tessssooooorrrooo". Ma è stato comunque bello.], dicevo, se davvero davvero vuoi mettere il prologo nel senso di pre-logos, io, per mio puro gusto personale, gli darei corpo traslandovici tutta la parte narrata in corsivo dal menestrello di cui sopra (e inciccendola un pochetto, sia chiaro, visto che venti righe e il contenuto delle stesse potrebbero apparire a prima vista un po' scarne, ma questo sta poi a te deciderlo), e poi farei iniziare il primo capitolo dai tizi che stanno in piazza ad ascoltare il menestrello (di cui sopra), che mi riprende le ultime frasi in corsivo del prologo (di cui sopra) e poi via che parte tutta la faccenda (di cui sotto). Essendo un consiglio non richiesto, fai un po' come ti pare.
Troppi aggettivi. La forma, parlando in generale, è buona; tuttavia ho notato una certa pesantezza occasionale nel piazzamento di aggettivi non sempre necessari. Non è nulla di platealmente sgradevole, ma lascia quella sensazione di appesantimento, di cui un lettore a caso (io) potrebbe anche fare a meno.
Prologo: "non che il povero scalcagnato artista..." Diciamo che una persona scalcagnata, soprattutto un menestrello, difficilmente sarà benestante quindi io accetterei (nel senso: taglierei con l'accetta), l'aggettivo povero che qui ha un significato ridondante. E anche qualora mi volessi intendere povero, non come "manchevole di mezzi" quanto piuttosto "che suscita pietà," l'accostamento con un altro aggettivo che ne condivide in parte il significato rende la costruzione lievemente stucchevole.
Capitolo 1 "La prima cosa che udì non appena riprese conoscenza fu il suono molesto dell'acqua che gocciolava dal soffitto... [..] Socchiuse gli occhi ma l'oscurità densa e vischiosa non le permise di...."
Ho messo entrambe le frasi per due ragioni diverse.
La prima. Anche se un aggettivo compare solitario accanto a un sostantivo non significa che vada proprio messo. Inteso: si può anche fare a meno. Di solito non succede nulla. Quindi a me sapere che il suono dell'acqua che cade dal soffitto è molesto mi urta. Perché quell'aggettivo, all'apparenza innocuo, mi disturba la circostanza. Questa è appena stata rapita, si risveglia da qualche parte non meglio identificata e si mette a pensare che il suono è molesto? NAHHH. Ha cose più urgenti a cui rivolgere i pensieri. O almeno secondo me. Magari lei è un Don Fastidio di prim'ordine e pur nella gravità della situazione riesce lo stesso a farsi girare i maroni per l'acqua che goccia dal soffitto. Ognuno ha le sue priorità, posso capirlo.
Capiamoci. Non è un errore madornale. E se uno ce lo vuol mettere a tutti i costi, ce lo può anche mettere. Ma - e questa è una mia opinione, come tutta questa manfrina, del resto - per me è un appesantimento stilistico inutile che rallenta il testo senza contribuire a nulla né in termini di informazioni, né in termini di emozioni.
Userò questo esempio - che non è di certo il peggiore che potesse capitarmi, siamo sinceri - per parlare della malsana tendenza a cucire aggettivi (spesso in coppia) a sostantivi che non ne hanno necessità, soprattutto in una situazione in cui (come sopra) non aggiungono nulla.
Questa oscurità densa e vischiosa (domanda: che cosa mi significa oscurità vischiosa? è composta da microparticelle, polveri sottili, escrementi di pipistrello liofilizzati, cosaaaaaa?) cosa mi sta a significare? Cosa mi aggiunge il vischiosa a tutta la baracca dell'oscurità? No idea.
L'oscurità già come concetto mi veicola l'idea che non si veda una cippa, quindi non è che sia così necessario dirmi che è densa e vischiosa per enfatizzare il concetto. Potresti - se proprio ritieni necessario mantenerli - volgere i due aggettivi da qualitativi (buuu) in causali (meh).
Mi spiego meglio. "Cercò di individuare la porta ma non ci riuscì perché l'oscurità era troppo densa e vischiosa per distinguere anche solo un'ombra." Non esaltiamoci, è comunque un meh, sono comunque due aggettivi, è comunque una struttura lievemente sovrappeso, ma ci sono sprazzi di speranza. Le caratteristiche dell'oscurità infatti non si fermano a una mera qualità descrittiva (che mi metti lì come un surgelato fritto pronto da mangiare e dio-solo-sa-cosa-c'è-dentro), ma la stessa qualità diventa causa di qualcosa e quindi mi viene proposta in maniera dinamica, non sopra un altarino da adorare e accettare così come l'autore me l'ha offerta e io muta!
Oppure. Oppure. Anzi, no. Premetto. Le prime due opzioni sono certamente fattibili (qualità vs causalità), non il massimo della forma stilistica, ma comunque corrette e accettabili.
Tuttavia esiste una terza strada. E te la suggerisco per un semplice motivo. Ho letto molto nella mia vita (almeno fino a un paio d'anni fa) e come risultato ho un bagaglio lessicale piuttosto ampio (non lo dico per tirarmela, ma un po' anche sì, che tanto la modestia fine a se stessa ha anche un po' scassato i maroni; è il semplice risultato statico di un'azione ripetuta nel tempo che tanti come me hanno compiuto raggiungendo un risultato analogo). Per la prima volta ho trovato nel tuo testo un'espressione mai incontrata prima nella mia vita e questo ovviamente mi ha fatto sciogliere in un brodo di giuggiole cotto a fuoco lento.
La terza via, pertanto, è quella di indagare le sfumature di significato e selezionare un sostantivo che incarni già una caratteristica qualitativa senza bisogno di accompagnarsi ad un (inutile) aggettivo. Purtroppo il termine oscurità usato per questo esempio perché preso dal tuo testo non è il più adatto, ma possiamo provare.
Se l'oscurità è totale nel senso che si aprono gli occhi e si vede nero può diventare tenebra; se non è totale e si riescono a distinguere le ombre può diventare semi oscurità; e via dicendo. Quando, ad esempio (cambio termine per facilitarmi la vita), si parla di buffetto sulla guancia è inutile specificare lieve buffetto sulla guancia. L'aggettivo lieve è già intrinsecamente contenuto nella parola buffetto; è quindi importante essere consapevoli del range semantico di certe parole o delle alternative alle stesse per impiegare il termine che più direttamente descrive una scena/una circostanza/un'emozione.
Non tutti i sostantivi che ricoprono la stessa area semantica hanno la stessa portata "qualitativa". Lì entra in gioco la ricerca dell'autore, lo sforzo per andare a cercare un sostantivo, per quanto inusato che incarni una particolare sfumatura del significato inteso che calza a fagiolo con il contesto/la scena descritta come pensata nella testa dell'autore.
Certamente nulla vieta di usare un sostantivo più "comune/famigliare" con un'aggettivo; questa ultima opzione è un suggerimento per rendere il testo più ricco espressivamente e considerando che usi un vocabolario piuttosto vario e con la giusta pertinenza potrebbe essere un modo per "elevare" ancora di più la qualità della scrittura. Dovrai poi trovare un equilibrio nelle scelte e nella frequenza d'uso di questo stratagemma (che comunque non proibisce l'uso degli aggettivi o di termini più "alla mano", sia chiaro) per rendere l'insieme scorrevole, ma "saporito" senza tuttavia renderlo inutilmente ampolloso.
Non faccio altri esempi su questo punto perché mi sembra di aver snocciolato la melagrana fino all'ultimo chicco.
Passiamo oltre.
Ho riscontrato un problema con la transizione dei punti di vista - soprattutto nel prologo. Poi la cosa rientra un po', forse perché nella maggior parte delle scene successive gli attori in scena sono solo due (e se ce ne sono altri sono troppo irrilevanti per disturbare la dinamica o se ne iscono prima di diventarlo).
Nella scena della piazza, quando mi devi presentare tutti gli attori sulla scena (e questo sforzo si percepisce tutto, sappilo) sembra quasi che ci sia una persona all'occhio di bue che si è bevuta un po' di camparini con il bianco belli carichi prima di mettersi all'opera. L'effetto quindi risulta un po' rimbalzato e si palpa proprio la fatica dell'appicciare ogni volta l'etichetta con il nome/caratteristica al personaggio inquadrato per far capire chi è al lettore.
Come si potrebbe risolvere? Un paio d'idee da tagliacucire sulla scena:
1. Usa i personaggi stessi, fa in modo che si facciano uscire a vicenda dall'anonimato. Fa in modo che si chiamino per nome. (che sembra un consiglio del piffero, ma fidati che le cose semplici sono quasi sempre le più efficaci)
2. Usa le loro caratteristiche per farli uscire dal niente - e agganciandosi al consiglio numero uno - fa che i personaggi oltre che al nome dei compagni accoppino anche una peculiarità nel vestiario, nell'aspetto che poi successivamente potrai sfruttare per riferirti a quel determinato personaggio.
Esempio: c'è una tizia con i capelli bianchi. Tizio dice a Caio " guarda che Albina è dall'altra parte delle piazza. Caio guarda nella direzione indicata da Tizio e individua subito i capelli bianchi nel magna di chiome scure. In tre righe hai tre personaggi, una caratteristica e una dinamica. E soprattutto nessun ubriaco che cerca di inquadrare tre personaggi uno dopo l'altro con rimbalzi e scentrature. I personaggi hanno fatto tutto da soli e la cosa risulta molto più scorrevole.
Attenzione però, a non esagerare con le referenze, altrimenti rischia di sembrare la telefonata a casa del concorrente del quiz.
Altro appunto che faccio e che si aggancia come tema al "molesto" di cui sopra. Se la situazione è scottante, c'è dell'urgenza o un senso di pericolo, fallo passare anche attraverso il ritmo della narrazione. Sti quattro gatti in piazza dicono di non sentirsi a loro agio in mezzo alla folla e poi la narrazione mi si perde con il tizio che è bravo con la spada e quell'altra con la tunica etcetcetc. Chop Chop. Capisco l'importanza di presentare i personaggi ma va calibrato il feeling della scena con lo stile della narrazione. Uno non grida "Al fuoco, Al fuoco" sulle note di Twinkle Twinkle little star! Oh si?
Devo dire che la tua storia è avvincente. E il merito è in primis dei due personaggi principali. Sei riuscita a creare dei protagonisti interessanterrimi, soprattutto lui per cui io faccio il tifo, anche se lei fa l'integerrima di sta cippa e dovrebbe essere la protagonista delle protagoniste, lui con quel carattere così ben delineato e piacevolmente bizzarro è molto più intrigante. Spero in un lieto fine alla fine delle fini con loro che sconfiggono i cattivi veri, perché sappiamo che i cattivi veri sono altrove, oder? Però anche qui vedi un po' tu, che la storia mica è la mia.
Lui, che ti devo dire, mi è piaciuto. L'ho trovato credibile. Mi è uscito sulla scrivania e si è messo a vagare con la sua gestualità e le sue espressioni bambinesche cucite su quello che all'apparenza è un tiranno. Ha vinto. Gli altri possono morire (anche male) ma lui deve restare.
Gli altri personaggi nei primi dieci capitoli mi rimangono un po' sullo sfondo e quindi sono usciti meno rispetto ai protagonisti, anche se le caratteristiche che vengono mostrate ne definiscono già le peculiarità e quindi mi fanno ben sperare per gli svolgimenti futuri. Avendo letto solo i primi dieci capitoli ho approfondito poco, ma da quel poco che traspare si vedono comunque personalità chiare, non cartonati che si muovono quando per caso l'occhio di bue si ferma due nanosecondi su di loro, che non si può sempre far fare tutto solo ai protagonisti. Bene, brava, bis.
Bene, direi che posso concludere.
La storia mi avvince e come puoi notare anche dalla percentuale delle osservazioni, il prologo mi stona proprio rispetto al resto. Credo tuttavia che certe riflessioni ancorate a quello possano venirti utili su determinate strutture che si trovano in tutti i capitoli anche se non ne ho fatto riferimento specifico. Torno a ripetere che, scollinato il prologo, il resto è stato un percorso tutto in discesa.
Cheers.
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