Recensioni Tremende - Nell'abbraccio del nemico - Lista 2.1
Questa è la recensione dell'opera Nell'abbraccio del nemico di NadineRose1990
La recensione qui presente non intende essere offensiva, è un mio parere personale. Sono caustica, lo so. Ma lo sono sull'opera, non su di voi. Non sono attacchi personali, lo devo specificare perché qualcuno purtroppo fraintende. Potete prendervela, e anche tenervela. Sorry, not sorry.
Let's go!
Non sono un'esperta di narrativa storica e nemmeno una fervida ammiratrice del genere - e tra tutti, devo confessare che la fetta di storia che racchiude la Seconda guerra mondiale, fa parte dei miei periodi spreferiti in assoluto. Lo metto in chiaro subito, a mia discolpa. Però, per controbilanciare, mi spertico subito in complimenti per l'accuratezza con cui sono esposti i dettagli storici. Le note a piè di pagina non sono molto agevoli per la lettura, ma questo è un problema dei layout offerti da Wattpad, più che un limite tuo e so già che su una pagina stampata sarebbero molto più fruibili. La cura per la contestualizzazione è sicuramente un plus e te ne rendo merito.
Grammatica/Ortografia/Sintassi.
La lettura generale ha un ritmo un po' sincopato a mio parere. I periodi sono spesso troppo lunghi, e troppo farciti di aggettivi. Hai uno stile abbastanza ricco, e apprezzo le descrizioni e i dettagli, tuttavia l'incauto lettore s'incespica spesso in un trittico di bemolli nel mezzo della melodia, sottoforma di aggettivi plurimi, che gli si incastrano nella gola. Vista la generale fluidità del testo, questa sovrabbondanza di aggettivi stufa e appesantisce inutilmente la lettura, rallentando il ritmo e creando una sorta di cacofonia.
Esempio
Capitolo 1. "...fosse sbagliato e irrazionale, folle e immorale, non corrisposto e senza futuro e a confermarglierlo..." Ecco, se iniziamo così, già sono stesa per terra a invocare pietà. Aiuto! Non paga del trittico me lo hai anche reso gemellare! Troppo. E non ancora contenta, mi aggiungi pure una coordinata. Allora vuoi la mia morte. Dillo.
Ho notato che hai una tendenza a far andare gli aggettivi in coppia (!) nelle descrizioni, tranne quando vuoi veicolare un'emozione, allora vai di triplete. La mia domanda, fatta con il cuore, è perchè? Taglia il più possibile, te ne prego. Piuttosto scegli un solo aggettivo dal mazzo, che sia il più incisivo, quello che spicca, e depenna tutti gli altri senza guardarti indietro. Mai come in questo caso, two is not meglio che one. A volte anche nessuno is meglio che one.
Per quanto riguarda gli aggettivi gemellari, eccone una piccola carrellata.
fiero e sprezzante
Fulminea e tormentata
furenti e armati
spazientito e arrabbiato
seria e rotta
attutiti e ovattati (che tra l'altro è una ripetizione – sbaglio?)
E questi vengono solo dal primo capitolo. Perché dal capitolo dopo si riprende, con il vento in poppa.
Capitolo2
misteriosa e intrigante
carina e sorridente
educata e precisa
provata ma ridente (non è una contraddizione?)
semplici e cordiali
dolce e malinconico
decisa e suadente
persistente e inevitabile
scuri e ricci, scarmigliati gli coprivano gli occhi (colpo di scena! abbiamo il terzo incomodo, messo lì a tradimento e, secondo me, non troppo a fagiolo, perché spezza il ritmo della lettura con una costruzione non proprio liscia che si posa su un aggettivo che vuol fare il participio passato – del verbo scarmigliare? Va beh! E insomma, risulta una costruzione che, come Tiziano insegna, io non mi so spiegare.)
confusa e impaurita
belli e feroci
Aggettivi trigemellari
Cap. 4 accartocciato, indurito spaventato, incapace di... (quarto aggettivo special guest)
Cap 7 profondo e determinato, passionale e travolgente...
E niente, non sono trigemellari, ma quadrigemellari. No, non ce la posso fare. Mi sento sommersa dagli aggettivi. Faccio come Dante e cado come corpo morto cade. Amen.
Mi fermo qui, ma direi che il concetto si capisce (e sappi che potrei continuare, ma lascio a te la caccia al tesoro). Raddoppiare l'aggettivo non è sempre un male. Ma nel dubbio è meglio metterne uno in meno che uno in più. Anzi, a volte non metterne proprio, perché l'aggettivo (soprattutto il maledetto qualificativo) sta lì a gigioneggiare e ruba il tempo all'azione. Dosali questi benedetti aggettivi che sono come i vecchietti con il cappello in macchina e rallentano la circolazione.
Postilla: [Capitolo 1 . "Lo amava pur sapendo che tutto ciò fosse..." parere mio, invece del che metterei quanto (pur sapendo quanto...) – questo esula dall'argomento "sovrabbondanza di aggettivi", ma visto che è nella stessa frase, lo inserisco a traino.]
Ogni tanto mi proponi delle costruzioni che non mi so spiegare come.
Esempio:
Cap. 2. "avrebbe voluto dirle altro, chiedere il suo nome, conoscerla di più, e lo fece." Ma che diavolo vuol dire, e lo fece? Ma c'è bisogno di dirlo? Questo, è un anticlimax assurdo e soprattutto sembra che venga telefonata l'azione che poi seguirà. Da leggere è abbastanza tremendo. E non è l'unica volta che succede.
Cap. 3 "Il signor Gennaro dice che puoi tornare a casa
"Si, credo che tornerò a casa.... " (grazie per la ripetizione di un concetto astruso come il tornare a casa!)
Cap. 4. "Sarah corse.... con la speranza che .. la inseguisse e così fu." Rileggi quanto scritto per e lo fece, qui sopra. Come ammazzare la sorpresa a martellate.
Ho scoperto che sei un'accanita sostenitrice della coordinazione. Anche qui come per gli aggettivi, less is more. Soprattutto evita la doppia coordinazione in un periodo. Metti un punto, piuttosto. Fai respirare i tuoi lettori. Le frasi lunghe in generale sono pesanti. Le frasi brevi invece aumentano il ritmo e servono a rendere l'idea di tensione e di velocità. Dosa le due cose, dai il giusto equilibrio alle azioni, bilancia l'armonia delle tue frasi. Anche le parole hanno bisogno del giusto ritmo. Se i periodi sono troppo lunghi, hanno troppe coordinate o subordinate, il lettore rischia di perdere il filo, di confondersi, di dover tornare indietro a capire chi sta facendo cosa e perché.
Un periodo articolato va bene, purché non venga tirato troppo per le lunghe. Come si fa a sapere quando si va per le lunghe? Si guarda lo spazio (se vai oltre le tre righe, considera l'inserimento di un punto o di un punto e virgola), e si considera anche il numero di subordinate/coordinate. Se la frase principale ha più di altre tre frasi annesse, allora valuta lo spezzettamento. Questo è un suggerimento indicativo. Esistono un sacco di eccezioni che potrebbero smentirmi, ne sono certa. Ma mantenendo le cose sul semplice, si va sul sicuro.
Esempio. Cap. 6. "La voce spaventata di sua madre gli arrivò come un suono ovattato e, come un filmato a rallentatore, vide i suoi genitori chinarsi su di lui, muovendo le labbra in parole di concitata apprensione che però Hermann non riusciva più a sentire, e spostarlo su un lato." Ora, conta un po' tu, quante coordinate/subordinate ci sono in questa frase. Io avrei contato due coordinate, una relativa e una subordinata implicita (ad una coordinata, tra l'altro, quindi nemmeno alla principiale). Ich bin kaputt!
Altra cosa: occhio alle ripetizioni!
Ripetizione di ostentazione nel 4 capitolo, ostentato, ostentando, che poi si ripete anche in altri capitoli successivi. Non so, io ho questa cosa che quando trovo troppe volte una parola un po' particolare, poi mi vengono le bolle. Giuro. Deduco tu abbia un debole per la parola ostentare e tutti i suoi derivati e affini. E noto anche una certa ricorrenza del marrone chiaro. Forse però sono io che ho le fisime.
Presentazione e sviluppo dei personaggi. Ho trovato i personaggi ben descritti. Forse il più completo è il deputato cattivo Hermann, la cui presenza sulla scena, seppur un filo stereotipata, prima nella convinzione nazista e poi nella redenzione post prigionia, rappresenta un esempio di evoluzione plausibile e crea, nonostante tutto empatia. E devo dire, questo malgrado me stessa. Perché nella sua posizione rivista, rimane comunque uno stupratore e un aguzzino che cerca di rileggere i suoi gesti autonconvincendosi di essere redento dall'amore, quando invece è schiavo dell'ossessione. Mi disturbano nel profondo questo tipo di personaggi. Si muovono in una zona grigia, parlando alla parte romantica di noi donne che vorrebbe redimerli, complice il nostro istinto da crocerossine, senza fermarsi a riflettere se sia davvero saggio soprassedere alle azioni che hanno compiuto. E se ci si ferma a pensare invece, si focalizza il marcio che sta sotto. Questo tipo di conflitti nasconde l'opportunità di una grande riflessione e fa da propulsione alla storia, che è la cosa migliore che possa capitare. Il tuo Hermann non è piatto. Per nulla. Suscita delle reazioni. In me personalmente di disgusto totale e di orrore al pensiero di quanto si senta nel giusto, nonostante quello che ha fatto. Questa reazione denota la tua grande capacità di rendere le emozioni palpabili sulla carta ed è sicuramente meritevole.
Personalmente, ritengo che l'unica possibilità di redenzione di Hermann sia lontano da Sarah. Le circostanze riguardanti l'inizio della loro relazione inficiano qualsiasi prospettiva di risanamento nel loro rapporto, ma temo che questo sia il grande scoglio che dovrai affrontare, e ovviamente è la parte più interessante da scoprire.
Sarah, invece, ancora ingabbiata dal controllo psicologico a distanza, la trovo a tratti troppo effimera. È davvero la bellezza la sua unica caratteristica discriminante? Te lo chiedo per curiosità e anche perché mi aspetto qualcosa di più. E con la ferita psicologica che si porta appresso, perché da un momento all'altro si ritrova a sentire la mancanza delle attenzioni di Matteo (capitolo 4) subito dopo averle rifiutate, ma soprattutto senza che queste siano state adeguatamente sostenute nel tempo, per farle notare veramente la differenza rispetto a quanto ha subito?
È vero, lui la segue per un po', lo dici all'inizio del quarto capitolo (e ti comunico che la cosa mi inquieta parecchio, anche se capisco che un atteggiamento simile, è probabilmente inquadrato nello schema del corteggiamento del tempo). Tuttavia, mi sembra che la circostanza sia troppo blanda perché abbia su di lei l'effetto della mancanza (tanto più che la prima volta che lui le parla, lei vomita pensando all'altro), e anche il suo attaccamento a lui mi sembra molto repentino. È vero l'amore non ha tempi e regole stabiliti, ma Sarah è comunque vittima di abusi e violenza psicologica, e credo che uscire da quel tipo di lacerazione emotiva richieda ben più di un ballo. Ritengo inoltre, – ma questo è un mio parere personale – che il passaggio dall'amicizia all'innamoramento nello spazio di un capitolo e all'anello al dito nello spazio di un altro ancora, sia davvero affrettato. D'altra parte, capisco come nell'economia della storia, questi avvenimenti siano accelerati in vista del triangolo a venire, e di una situazione di conflitto più elaborata nella parte centrale, solo che i passaggi a tratti sembrano davvero fulminei.
Vedo anche, che, a ragione, hai cercato di evidenziare l'ambivalenza dei pensieri di Sarah nei confronti di Hermann, tendando di dare un certo spessore al trauma psicologico. Spero tu abbia modo di approfondire più avanti, perchè per ora sono davvero solo piccoli accenni. Mi aspetto l'apoteosi quando lui ricomparirà nel presente, perché il passato verrà a chiedere il conto a tutti e sarà interessante vedere le dinamiche tra i personaggi, alla luce del nuovo panorama storico, che nella storia rappresenta un attore a sua volta, seppur inanimato.
Matteo è un boh - con innate tendenze da stalker (cosa che trovo un po' inquietante, lo ripeto). In questi dieci capitoli, è finora il personaggio più pallido. Sto ancora aspettando risvolti che gli diano maggiore tridimensionalità, perché al momento mi sembra solo uno con la bocca aperta. E su cosa si basa la convinzione che lei sia una ragazza straordinaria? Mi sembra che non la conosca nemmeno e si sia fatto un'idea di lei tutta sua nella testa. Mi aspetto anche che dato l'inquadramento della storia, lui sia più solido di uno che perde la testa per un bel faccino. Per ora è mediocre.
Descrizioni. Le descrizioni sono molto delicate e valide, tuttavia spesso soffrono di quello di cui ho parlato al primo punto, ovvero periodi troppo lunghi e una sovrabbondanza di aggettivi che rischiano di annacquare tutto, in un mare di banalità.
Esempio. Cap. 5. "negli occhi color marrone chiaro, come guscio di castagna matura." La mia domanda è, a cosa serve che sono marrone chiaro, se dopo la similitudine mi spieghi esattamente la sfumatura? O anche sapere che la castagna è matura? Ma poi la castagna matura è marrone chiaro? Va beh, tutto questo giro per dire, difficilmente una castagna, matura o meno, è verde o azzurra. Quindi specificare il colore secondo me è un troppo.
Trama. Che dire, un incrocio tra la sindrome di Stoccolma e il triangolo che non avevo considerato. Merito l'argomento forte che fa da sfondo alle vicende, il conflitto emerge quasi di default. Da quello che ho letto, capisco l'inevitabile direzione della storia, e i vari scenari possibili che si prospettano. La prevedibilità della trama, almeno fino a un certo punto (ovvero l'inevitabile incontro dei tre), non è un problema, dato il livello alto di coinvolgimento emotivo. Non c'è nulla di particolarmente originale, e tuttavia niente è scontato. La storia e le parti in causa (sociali, nazionali) sono i grandi attori che danno al solito triangolo, quel piglio drammatico e innovativo. Apprezzabile.
Apprezzo anche che il finale potrebbe essere tragico o lieto e nulla per ora è definito. Sappi che io mi aspetto almeno un morto. Così per dire.
Varie ed eventuali.
Attenzione ai punti di vista. Nel capitolo 3, nella descrizione della scena tra Hermann e Sarah in cui lui le da uno schiaffo, c'è un po' di confusione tra il punto di vista che sembra rimpallarsi - non solo tra i due sulla scena (!).
".. esordì impaurita... mentre l'espressione del tenente divenne ancora .... . Di certo non si aspettava una reazione del genere e, con uno schiaffo fortissimo la scaraventò a terra." La domanda è chi fa che cosa? Capisco secondo la logica (e la mia intelligenza sopraffina, ovviamente), che stai parlando di Hermann, tuttavia me lo lasci sottointeso dopo due frasi i cui soggetti erano rispettivamente Sarah (esordì) e l'espressione del tenente (non il tenente!!!).
Stessa cosa nel capitolo 5, alla fine. Il terzultimo paragrafo inizia dal punto di vista di Hermann e termina con quello del padre, per poi cambiare di nuovo nell'ultimo paragrafo.
Queste girovagate creano un po' di confusione nel lettore che si trova a fare degli sforzi per risalire a chi fa cosa, e invece dovrebbe solo godersi la lettura, mannaggia.
Cap. 3. alcun scampo – alcuno scampo;
Cap. 4. Si sorprese, ma non ebbe paura, non spense il suo sorriso, non rattristì il suo sguardo e continuò..." Quattro coordinate, in una sola frase. Mi è venuto il mal di mare.
Cap. 6. "abbozzando un sorriso, ma non ne era pienamente sicuro." Costruzione un po' ostica. Nonostante non fosse pienamente sicuro, credo suoni meglio.
Cap. 8. "che avrebbe potuto travolgere anche lui, intraprendendo una relazione..." Mi sono impantanata nel gerundio. Un, se avesse intrapreso una relazione, no?
Cap. 6. "Ne riuscì a scorgere un'espressione di sgomento." Ne di cosa? Superfluo.
Cap. 8 "gli occhi si avvamparono" Voce del verbo avvampare forma riflessiva? I don't think so.
Sono perplessa dal capitolo 9 e dalla posizione di Sarah, che fa la ritrosa con Matteo, quasi per rispetto alla memoria del suo aguzzino Hermann, quando invece dovrebbe stare sulle sue e avercela con Matteo perché l'ha piantata come una pera cotta senza spiegazioni nell'edificio dei tedeschi e non s'è fatto vivo per una settimana, e boh. Non capisco il collegamento a Hermann, proprio lì, proprio in quel momento. Sembra un po' campato per aria.
L'incipit è fantastico. Con poche pennellate si inquadra tutto il problema. Frasi ben dosate, atmosfera subito inquadrata, conflitto incipiente. Tutto perfettamente calibrato. Non so che altro dire, brava.
Il tuo testo secondo me è l'esempio classico del testo non stilisticamente perfetto, in cui magari ci sono dettagli linguistici da sistemare (pochi o tanti che siano), ma che convince. Convince perché i personaggi si aggrappano come delle cozze al lettore con le loro vicende, le loro emozioni e non lo mollano. Entrano sottopelle e ci restano. Questo è il quid che fa la differenza tra una storia carina e una di cui ci si può innamorare (oppure detestare), ma a cui non si può restare indifferenti. La grammatica, la sintassi, la tecnica si possono migliorare con la pratica. Riuscire a suscitare emozioni invece, è un'arte più sottile e meno definibile dalle parole, ma che lascia un segno molto più duraturo.
Fine
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