Recensioni Tremende - Lista 10.3 - L'ancora


Questa è la mia recensione dell'opera L'ancora scritta da __Trix__

La recensione qui presente non intende essere offensiva, è un mio parere personale. Sono caustica, lo so. Ma lo sono sull'opera, non su di voi. Non sono attacchi personali, lo devo specificare perché qualcuno purtroppo fraintende. Potete prendervela, e anche tenervela. Sorry, not sorry.

Autora, ti devo avvertire. Eventi traumatici causati consapevolmente da me stessa a me stessa medesima hanno portato a una drastica riduzione del mio livello di tolleranza a qualsiasi cosa. Mi scuso in anticipo per il mio tono che prevedo già sarà parecchio scartavetrante. Puoi sempre mandarmi a cagare, è un augurio che prendo sempre a cuore. Posso anche unirmi con giubilo al coro di invio. Just sayin'.

Let's go!

Oramai lo sapete, quando la sottoscritta toglie le categorie i casi sono due. O la storia è scritta molto bene, o la storia è scritta molto male.

Indovinate qual è questa volta?

Avete ragione.

La storia è scritta molto bene.

Fine della recensione.

Ciao.

Sì, chupa.

No, dai, lo sai che sto scherzando. Secondo te posso perdermi l'opportunità di avere qualcosa da dire? Ma ovviamente no!

Essendo io una scartavetramaroni di gran classe (leggere gran classe con la voce di Amanda Lear, prego) ti segno le cose che non mi sono tornate, nonostante io le abbia aspettate fedelmente al cancello della ragione. Scrivo quello che ho notato en passant leggendo, che sono veramente bazzecole. Le elenco qui, così ce le leviamo dai maroni e siamo a posto.

Cap 1 "Louis è un pescatore ... sa che per eguagliare il lavoro degli altri devono..." Devono chi, di grazia? Il soggetto è singular, ohibò.

Cap 3. "ma no, a lui tutto ciò non era ancora bastato..." un filino ridondante tra il complemento di termine, il tutto ciò e l'ancora (con l'accento sulla o). Dopo un paragrafo intero che descrive con un distacco quasi sarcastico le azioni del padre flippato, la frase finale, a me, è sembrata andare oltre. Anche meno, ecco.

Cap. 3. Prendo spunto da due frasi che ho letto in questo capitolo per fare un discorso generale. A volte la forma della frase non è al meglio delle sue possibilità. Mi spiego. Pur essendo la qualità del testo molto buona, ci sono (come sempre, come per tutti, blablabla) spazi di miglioramento. Questo è ovviamente un mio parere personale, lo dico sempre, non sono la Madonna della Crusca scesa in terra, ma voi mi chiedete i pareri e io ve li omaggio dall'alto della mia immensa sapienza e bontà [inserisci pernacchia qui].

Dicevo: prendo due esempi da questo capitolo.

Esempio uno:

"Mi volto, e la poliziotta arcigna è appoggiata allo stipite della porta." La frase non è sbagliata, lo dico subito. Io però, avrei messo un punto dopo volto e avrei separato la frase successiva per avere un ritmo e scorrevolezza migliore nella lettura.

"La poliziotta, penna alla mano, apre il taccuino e mi guarda, in attesa."

"Circa non esiste..."

Io quell'in attesa lo leverei. È inutile. Anzi, è fasullo. Perché la poliziotta non è che è in attesa, infatti la frase successiva è sua. E una che è in attesa non parla, non con quel tono, non con quelle parole. Uno in attesa... attende, appunto.

Ci sono diverse coselle, scritto cosälle, del genere sparse qua e là nel testo. Che non sono propriamente errori, sono, appunto, cosälle, che, se sistemate, secondo me, renderebbero il testo più fluido. Orpelli abbandonati, due parole di troppo, cose del genere. 

Anche sugli aggettivi devo fare un appunto. Sono usati bene, non c'è un eccesso urticante nel loro utilizzo, tuttavia a volte, io, alcuni li avrei tolti lo stesso. I nomi stanno in piedi da soli, non hanno necessariamente bisogno di stampelle. Just sayin'

Esempio scemo: cap 4 "nel mezzo dello stretto vicolo." Ora un vicolo, per definizione mi significa "vie urbane di dimensioni modeste, soprattutto in larghezza." Cit. Treccani. Trai le tue conclusioni. (Ti segnalo che lo stretto vicolo si è ripresentato più volte...)

Poco dopo, l'"anonimo edificio" mi ha fatto alzare un sopracciglio. A parte che io avrei messo l'aggettivo dopo il nome (in barba al complemento che segue), riconosco che qui sto entrando nel merito di preferenze stilistiche che sono chiaramente opinabili. Liberissima di ignorarle, as usual, ma il discorso che intavolo è più vasto. Partendo dal presupposto di cui sopra, per cui non c'è abuso di aggettivi, io farei un lavoro di fino anche sui pochi che ci sono, che non è detto siano da togliere per partito preso, ma vale la pena ragionare sulla loro effettiva necessità (ti do un indizio: spesso non servono). Faccio questo appunto perché ho notato una cosa nel tuo stile di scrittura: la tendenza a fare dei giri di parole o perifrasi in luogo di espressioni alternative più dirette. Le descrizioni sono fatte bene, le azioni ci sono, c'è del buon ritmo, e ogni tanto ci sono sacche di parole da far invidia a Babbo Natale. Solo che ora siamo in Quaresima, porco becco.

Esempio scemo sempre dal capitolo 4: "l'odore di cibo che arriva alle mie narici..." che l'odore arrivi alle narici è pressoché sottointeso. Anche perché se perviene a qualsiasi altro orifizio, l'effetto è pressoché nullo. Per dire.

Ribadisco. Non è sbagliato, ci tengo a ripeterlo. È che l'insieme di tanti giri di parole dopo un po', a mio parere, annacqua la forza dell'impatto generale di quanto si sta dicendo. C'è una certa ridondanza che non aggiunge nulla al concetto di base, se non il numero di caratteri. Il mio amore per la sintesi e per la pragmaticità un po' ci soffre. Perché è vero, a volte certi barbatrucchi stilistici, come le ripetizioni, o appunto le infiorettature, ci strappano le budella e ci stanno tutti (io stessa sono un'adoratrice dell'anafora sempre e comunque), ma sono da gestire con precisione certosina, che l'indigestione è sempre dietro l'angolo. Questo tipo di laboriosa costruzione è più presente nella narrazione in prima persona, ma non manca anche nelle parti in terza persona. Credo che vada un po' cesellata perché diventi un punto di forza, invece che una specie di zavorra linguistica. Spero di essermi spiegata in maniera chiara, che mi vengono sempre i dubbi. Riassunto: less is more. Always.

Comunque, se vorrai farlo, sarà un lavoraccio, sallo.

Cap 6 "prima volta che prendo il tram.", le dico..." credo che qui ci sia della punteggiatura di troppo, nella fattispecie quel punto dentro le caporali che, restando, esigerebbe una lettera maiuscola dalla parola successiva. Preciso che non sono ferrata in materia di punteggiatura/criteri delle case editrici, ma essendo il punto un segno di interpunzione forte, credo di non sbagliare. 

Cosa altro devo dire di questa storia, oltre al fatto che è scritta bene? Se devo essere sincera, passate le facili emozioni dovute e allo sdegno delle azioni del padre di lei, devo confessarti che il mio coinvolgimento è solo parziale, e cerco di andare a spiegare il perché.

Mi parti con il botto, un tentativo di suicidio sventato in extremis da due "loschi figuri" (Louis è già il mio personaggio preferito perché io ho un'affinità naturale con gli scorbutici essendo una esimia rappresentante della categoria) e qui c'è un intreccio di destini che dà il via alle danze.

Però ho trovato disequilibrato il focus. La ragazza, che io chiamerò Ambra (T'appartengo e io ci tengo) [perché, come tu ben sai, sono incapace di produrre caratteri strani come le vocali con quei cacchio di accenti circonflessi] è chiaramente l'ago della bilancia di tutta la faccenda, ma, da quanto ci fai intendere, anche Felipe e Louis hanno il loro bel bagaglio a mano. Ora, lo so che il cambio di persona dalla prima alla terza dovrebbe far mangiare la radicchia e confermarmi che in effetti la protagonista è lei e il resto della ciurma si deve accontentare degli altri gradini del podio, ma c'è un MA grosso come un caseggiato in stile fascista (che si sa avevano certi problemi con le dimensioni che te li raccomando). 

Ho letto, (oltre il capitolo 10 non approfonditamente, lo ammetto, ho saltato qua e là come un cane che non riesce a trovare la forma giusta di ciambella per fermarsi) tutta la storia e verso la fine il focus si sposta pesantemente sulla vicenda di Louis (mi sono persa il dramma di Felipe perché evidentemente in quel frangente mi è arrivato un whats'up), e questo mi viene un po' a scardinare la radicchia di cui sopra, non trovi? E io, che ho amore alla simmetria, questo sbilanciamento non me lo so spiegare, e siccome non me lo so spiegare, vado a finire di mettere in discussione tutto quanto, tipo il punto di vista e la scelta di utilizzare la prima persona per lei e la terza per tutti gli altri. E siccome oramai c'ho una certa età mi ritrovo un pochello (scritto pochällo) in confusione. A chi devo dare retta?

- Il cambio di persona mi implica una gerarchia (sacrosanta);

- I capitoli finali, mi cacciano in disparte la presunta protagonista, per accendere le luci sulla vicenda di Louis (che, lo ripeto, per me è il personaggio meglio riuscito – anche a livello di tragedia personale).

- se l'intenzione invece, era di dare a tutti e tre la stessa rilevanza, allora perché il cambio di punto di vista?

Me lo sto chiedendo ancora, ma non me lo so spiegate. Per favore, fammi uno schemino gerarchico-concettuale.

I personaggi in generale sono resi davvero bene. Louis in primis – credo di averlo già detto, Ambra in secundis, e Ileana in terzis. Che poi a me, a pelle, Ileana mi sta sui maroni, ma ti rendo merito, perché non risulta scontata nemmeno per un secondo. Il personaggio più pallido, invece, è Felipe. Rispetto agli altri arranca. Sarà brasiliano, ballerà la samba come un serpente, ma a me non ha detto molto, lo confesso. È un po' carta da parati, pur con tutte le sue buone intenzioni (che non bastano, come cantava la mia amica Francesca). Anche la poliziotta, che quantitativamente compare molto meno di lui, ha una personalità molto meglio definita e riconoscibile. 

Una domanda a metà: Ambra ha paura di essere scoperta dal padre, comprensibilmente. Perché accetta così facilmente il primo invito a uscire di Felipe? Perché non si rintana come una lumaca nel primo guscio disponibile? Questo è un quesito provocatorio, ovviamente. Mi spiego a metà la cosa con il fatto che è seguita dalla psicologa e questo sicuramente la aiuta, ma la cosa non mi finisce di convincere, soprattutto per la facilità con cui avviene questa scelta. Sono io che mi faccio le seghe mentali? Non lo so. Ti passo la patata bollente.

Altro punto che secondo me dovrebbe essere sistemato, e lo so che esulo dai dieci capitoli, ma io faccio un po' quel chip che mi pare e voi ve lo pigliate: la fine è davvero brusca.

Cioè ci lasci con il figliastro in cerchissima di vendetta, Louis che si immola per la causa e poi nel giro di un capitolo e mezzo (di altro) mi tiri giù la saracinesca del negozio mentre ancora ho il portafoglio in mano? Ohi, ma che comportazione è mai questa? (cit.)

Ma io voglio vederlo affettato come una coscia di San Daniele quel losco individuo che rinfaccia il mondo al patrigno, ma non gli frega una cippa di riconsegnare una figlia malmenata al padre psicopatico pur di vendicarsi.

E invece no. Titoli di coda e lieto fine con lacrime.

Uffi!

Concludo.

La storia mi è piaciuta, la forma è buona e i personaggi credibili.

Io ti consiglierei di rivedere alcune ampollosità nella forma che, secondo me, non sono assolutamente necessarie per veicolare le emozioni e in certi casi anzi, impediscono a quello che c'è sulla pagina di arrivare con il giusto impatto al lettore. Occhio quindi agli aggettivi, alle perifrasi inutili, alle parti del discorso che disperdono l'essenza del significato in fiumi di parole (che prima o poi ci portano via, cit.).

Come ti ho già vaticinato sarà un lavoraccio. Questo perché la qualità di partenza è già alta, quindi per migliorare bisogna sfacchinare di più.

Sì, è un complimento.

Fine.

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