Recensioni Tremende - Il figlio del fato - Lista 8.1

Questa è la mia recensione dell'opera Il figlio del fato scritta da Nakazaru

La recensione qui presente non intende essere offensiva, è un mio parere personale. Sono caustica, lo so. Ma lo sono sull'opera, non su di voi. Non sono attacchi personali, lo devo specificare perché qualcuno purtroppo fraintende. Potete prendervela, e anche tenervela. Sorry, not sorry.

E questa è la mia introduzione solita, che termina tutto quanto di solito c'è nelle mie recensioni.

La verità è che dopo aver letto il primo capitolo - ed essermi districata tra tre opere del tutto uguali in titolo e copertina, ma va beh - la voglia di fare la recensione se n'è andata a funghi. Credo di non aver mai letto, da quando ho aperto il servizio di recensioni e nella mia esperienza di scambi di lettura, un capitolo che trasuda così tanta ostilità e presunzione quanto questo, che tu stessa definisci Importante. E sai qual è la cosa buffa? Che non è nemmeno la cosa più grave.

La cosa più grave è il tuo palese rifiuto di fare autocritica. Cito dal capitolo introduttivo: "lo ammetto, sono un tantino irascibile quando si tratta della mia opera."

Perdonami, ma allora perché diavolo ti iscrivi agli scambi di lettura o alle recensioni che così puntigliosamente denigri, se non sei minimamente disposta ad accettare le critiche? Ti piace perdere tempo (liberissima) e farlo perdere agli altri (meno libera)? No, perchè, e ci tengo a dirlo, il mio tempo per me è prezioso, e metterlo a servizio di qualcuno che già in partenza non vuole ascoltare le critiche (dici che c'è un'unica critica che non accetti, ma leggendo bene, mi sembra che la lista di dilunghi ben oltre il numero uno) , ragazza mia, ma chi me lo fa fare?

Può un lettore farti osservazioni in base a suoi gusti, alle sue esperienze, al suo, più o meno limitato, sapere, oppure devono tutti inchinarsi ai tuoi criteri? Ed è davvero impossibile che in tutte le cose che ti vengono fatte notare non ci sia uno straccio di spunto per il miglioramento? Houston, we have a problem! And a big one, indeed!

Mi perplime in negativo poi, la fermezza con cui accantoni le critiche sullo "stile", e qui ci sarebbe da aprire parentesi a frattali - ma forse poi ci torno; critiche, che tra l'altro, ti arrivano da diversi lettori, non uno solo che magari quel giorno aveva litigato col gatto. Possibile che siamo tutti cretini che non capiscono una cippa? Vedo una rigidità di pensiero che non solo non mi piace, ma mi fa chiaramente capire che sprecherei il mio tempo analizzando la tua opera. Se più persone ti hanno detto che le tue descrizioni sono – e parafraso, sintetizzando – "pesanti", a cosa serve che te lo dica anch'io? (Perchè in effetti lo sono. Sono macchinose all'ennesima potenza). Hai già messo in chiaro che non ascolterai. Anzi, e cito nuovamente: "vi chiedo di dosare bene le vostre parole in modo da non farmi saltare i nervi..."

Ma te l'ha ordinato il medico di iscriverti a scambi o recensioni? Mi sembri uno di quei concorrenti dei talent (già citati, altrove) che insultano la giuria quando vengono criticati. Forse non è ben chiaro il funzionamento di questi servizi, perché a questo punto, se vuoi imporre i tuoi criteri, allora giudicatela tu la tua opera e buon pro ti faccia, senza rancore alcuno.

Altro punto, se le stelline e i voti e le visualizzazioni non ti interessano come sostieni, perché ti scaldi tanto se qualcuno si azzarda a nominarle? Se davvero fossi così indifferente come ti professi, non sarebbe più facile ignorarli e basta?

E poi questa impressione solida che siano i lettori a doverti rendere grazie perché ti sei degnata di offrire loro la tua opera (cito: ciò che scrivo non è mirato alle persone che sono in cerca di una lettura senza impegno, - perchè questo senso di superiorità su chi vuole una lettura senza impegno, come se fossero feccia?) Non dovrebbe invece essere il contrario, ovvero tu che sei grata a chi si appassiona a quanto hai scritto cercando di offrirti spunti per migliorare? L'impressione che traspare è nettamente la prima. Si evince dal pippone su stelline e affini e  velocità di lettura, che sarà francamente anche un po' affare di chi legge, mica tuo. Sono sempre più basita e indisposta.

Wattpad non pullula certo di capolavori della letteratura moderna, ma include un pubblico eterogeneo che va, sì, dalle superiori (e quindi con una competenza e un senso critico ancora in formazione - ma non per questo da denigrare), e via via fino a comprendere anche gente che è abituata a leggere e a pensare (e credimi, l'età in questo caso, non è sempre un fattore discriminante), che ha vari titoli di studio, che usa la scrittura magari per lavoro o ne ha una padronanza notevole a prescindere, e da cui si può solo imparare. Molti scrivono davvero bene e non si pongono nel modo in cui ti poni tu, che io trovo urticante. Non riesco a capire cosa speri di ottenere con questo atteggiamento. Da me hai ottenuto sicuramente la ferma intenzione di starti lontana il più possibile. Se questo è il tuo intento, allora ottimo lavoro. Per quel che conta il mio parere, non farà certo una grande differenza. In fondo non sono un editore, nè una scrittrice nè una personalità rilevante in alcun modo. Sono una Pinca Palla qualunque con opinioni personali, la cui validità può essere discutibile.

Poniamo però che in un mondo ideale, io non abbia letto quell'infelice capitolo importante con i tuoi diktat su quanto ti deve essere fatto (o non fatto) notare.

Questo mi sento di dirti:

- I periodi sono troppo lunghi. Perdi tu stessa il collegamento logico sintattico tra le frasi, annegando in una marea di subordinate che finiscono per non stare in piedi. E per dire cosa? Niente. La tua non è una narrazione. La tua è l'esibizione di uno a cui piace sentire la propria voce. Vai di tautologia in tautologia e sembri quasi percuotere ogni singola parola per spremerle tutti i sinonimi possibili. Poi li metti in fila cercando un effetto, che sfortunatamente non arriva.

- L'esposizione è fumosa; è null'altro che fumo negli occhi. Stai facendo sfoggio del tuo vocabolario e di una costruzione astrusa che, se la riduciamo ai minimi termini, non va da nessuna parte. Narrare una storia è un viaggio,  ma qui restiamo fermi alla stazione di partenza a guardare il baldacchino delle patatine che diventa sempre più triste. E no, sbrodolare di aggettivi un testo, non è stile. Forse, è un esercizio di stile, e anche su questo ho i miei dubbi. Perchè per me personalmente, questo modo di esporre sembra un esercizio alla ricerca di uno stile che ancora non c'è. Domanda spassionata: dove sono i fatti? Li ho cercati con la lente di ingrandimento e non li ho trovati.

E mi domando: qual'è l'utilità di un esercizio del genere? Non c'è bisogno di accompagnare a ogni sostantivo un aggettivo o più (ho guardato il primo capitolo, poi ho salellato qua e la, non c'è un solo sostantivo che sia rimasto impunito, tutti quanti hanno un aggettivo "badante, alcuni più di uno), magari con significati simili, quasi intercambiabili, spesso creando accostamenti di significato che non stanno in piedi. Che cosa stai dicendo? Ma soprattutto che cosa vuoi dire? Qual è lo scopo del tuo mettere le parole come le metti e dove le metti? Vuoi stupire, evocare, descrivere? Cosa vuoi ottenere? Io da quello che vedo, sinceramente non lo capisco. E secondo me non lo hai capito nemmeno tu. Per me questo testo manca completamente di direzione (o di un tema, per fare i tecnici).

Un frase va costruita secondo un senso logico. Non me lo sono inventato io, giurin giurella. Se manca il senso logico che stabilisce le relazioni tra le diverse parti del discorso narrativo, non si capisce niente. Le subordinate implicite devono legarsi, puntellarsi a una principale, non possono susseguirsi a domino come dei cerchi concentrici nell'acqua. Ci vuole una gerarchia, che qui manca, e se c'è, è troppo sommersa dalla sfilza di gerundi per essere facilmente riconoscibile. Riassumo: oltre il presunto esercizio di stile, non si capisce assolutamente cosa tu stia dicendo. Anzi, l'abuso di aggettivi e l'eccesso delle subordinate, spesso slegate da una principale, compromettono gravemente la comprensione del testo.

Se un lettore fatica a comprendere il senso di quello che scrivi, come pensi che possa procedere? Io, che sono pigra come la cacca, leggo per piacere, non per far fatica. E non credo di essere la sola.

Lo ribadisco ancora, questo non è stile. Questa è la mancanza di uno stile personale. È nascondersi dietro le parole perchè c'è vuoto di significato profondo, giocare su una sorta di metalinguaggio fine a se stesso; in pratica usi le parole per descrivere se stesse, dimenticandoti che lo scopo principale è raccontare una storia. Il tuo stile (e uso questo termine per mancanza di uno più calzante), non è lento. Il tuo stile è fermo. Il lettore non riesce a procedere approcciando le tue frasi. Il lettore resta impantanato nelle sabbie mobili degli aggettivi qualificativi e dei gerundi senza possibilità alcuna di progredire.

E questa affermazione non è solo frutto di un mia preferenza. L'ho messo in chiaro più volte e lo ripeto, io non amo gli stili particolarmente ricchi. È un gusto personale di cui non devo chiedere scusa a nessuno. Ma se un autore ha uno stile forbito, va bene; sono, ripeto per la n volta, scelte che io rispetto, e che ho sempre rispettato. Ma credimi, uno stile forbito scritto bene, esalta la narrazione, perchè lo stile è un mezzo per raccontare, non il fine. Altrimenti non stiamo scrivendo una storia, stiamo scrivendo altro. Un saggio, un trattato, uno sfoggio delle nostre capacità, le filastrocche delle osterie, non certo una storia.

Lo ripeto, lo stile esalta la narrazione, non la soffoca come un sacchetto di plastica in testa al lettore, come succede qui. E che non mi si venga a nominare Tolkien invano, perché vuol dire allora, ancora più chiaramente, che non si è davvero capito cosa significa stile forbito (o anche il signor Dumas che nel Conte di Montecristo non lesina certo sulle descrizioni - e sono, in entrambi i casi, diverse centinaia di pagine da bere, tanto sono scritte con i crismi del caso). Il benedettissimo prologo sugli hobbit del Signore degli Anelli non strozza il lettore di aggettivi, ma descrive gli hobbit attraverso tre parole, mangiare, bere, cantare (o simili). Tutte azioni. Sarà un caso? Non lo so, facciamocela una domanda.

Ora mi prendo la libertà di analizzare la prima parte del primo paragrafo del primo capitolo della storia - perchè, te lo dico con semplicità, non sono riuscita a procedere oltre:

"Crudele era la densa oscurità che, inaccessibile, si estendeva in un silente manto nella tesa, desolata atmosfera; dominando con un freddo silenzio l'ambiente interno del vasto edificio, una cupa coltre a colmare il gelido vuoto tra le distanti mura, un vile incanto a celare l'unica forma di vita tenuta prigioniera tra le inclementi e opprimenti tenebre." Questa è la prima frase. Quattro righe di A4 per dire che c'è un tizio al buio. La mia domanda, la prima che mi viene è: PERCHE'?

Qual è l'intento di questo rimpiattino di aggettivi? L'aggettivo va dosato, altrimenti rallenti il ritmo della narrazione e crei solo noia, non so più come dirlo. Ora prova a prendere il tuo testo e ogni volta che c'è un aggettivo fai una pausa di due secondi. Prova, per vedere l'effetto che fa. Una mole di aggettivi del genere è controproducente al massimo. Fa scappare il lettore invece di incuriosirlo. Lo asfissia di nulla.

E facciamo anche un passo indietro: Dov'è il soggetto? Dove è il verbo? Dove sono, porco becco? Perchè devo fare la caccia al tesoro per trovarli? Tutto è fosco in questo rondò di subordinate che si affogano l'una nell'altra. L'oscurità è crudele e l'atmosfera è densa, benissimo, ma dove [parolaccia] siamo? Stiamo parlando per metafore o abbiamo la descrizione di un luogo fisico? Siamo nell'iperuranio, sul monte Fato o nel nulla cosmico? Cosa vuol dire questa frase? Perché così tante parole inutili per non dire niente? Il nocciolo è questo. Uno stile può essere prolisso all'infinito se sostiene una narrazione; se porta avanti un'immagine che ha una sua ragione d'essere; se cattura l'attenzione del lettore e lo spinge a continuare. Io dopo questa frase sento solo noia e fastidio. Dirai che sono io che non capisco, e forse hai ragione, non sto nemmeno a discutere. Ma ti ribadisco la provocazione: te la vuoi fare una domanda?

E poi, continuo nell'analisi della frase, ecco: uno splendido punto e virgola, e coordinate implicite come se piovesse. Chi è il soggetto di quest'altra frase - quella che inizia dopo il punto e virgola? Quale il verbo? La frase è monca. Chi è il soggetto (di un verbo finito), che sostiene anche il gerundio dominando? La densa oscurità del pezzo precedente? O forse la cupa coltre che segue? Ma, in questo caso, ripeto, manca il verbo finito. E poi coltre di cosa? Di fumo? Di polvere? Di vattelapesca? Che senso ha costruire dei paragrafi chilometrici di sostantivi e aggettivi se poi manchi la costruzione base della frase, verbo+soggetto+complemento? Come pretendi che il lettore capisca? E se non capisce, come pretendi che possa seguire? E te lo assicuro, non penso di essere Einstein, ma so di avere una capacità di comprensione del testo quantomento discreta.

Non ce la faccio. Mi spiace. Vedo solo un susseguirsi di parole per lo più inutili, e poi, quando ci sarebbe da curare il layout del testo, ci sono i dialoghi accatastati gli uni sugli altri, messi nel  mezzo del paragrafo, invece che a capo, dove dovrebbero stare, che finiscono per rimanere fagocitati nel mezzo di una produzione, sommariamente divisa in paragrafi e calpestata da parole rigurgitate a fiume contro il lettore.

E le ripetizioni? Le ripetizioni sono usate sì, per dare coesione al testo, ma se esageri sembra solo che tu non sappia come gestire la costruzione di una frase e ripieghi sempre sullo stesso termine per mancanza di creatività. Le ripetizioni abusate, stufano. Le ripetizioni non pensate, stufano. Per questo, nel dubbio, se non le puoi posizionare in maniera che accrescano l'enfasi della narrazione, allora evitale come la peste.

Parti dal semplice, che c'è un sacco di tempo per complicarsi la vita. Impara prima a gestire un periodo che abbia un senso logico e una sua scorrevolezza, poi, con il tempo e la pratica, allora potrai arricchirlo. Poi. Perchè per ora, secondo me, niente scorre. Panta non rhei, direi.

L'impressione forte è che il lettore debba fare una costante caccia al tesoro per capire di cosa si sta parlando. Per me è uno sforzo assolutamente non giustificato. Te lo ripeto, è già difficile vivere, figuariamoci se ho voglia di fare fatica per leggere una cosa che dovrebbe svagarmi.

Ti lascio con un'ultima provocazione. Prendi tutte le tue frasi e individua verbo, soggetto e subordinate/coordinate. Prova. Giusto per. Vedi se in ogni frase l'appello è completo.

E infine, chiediti: Qual è il senso del tuo testo? Che cosa vuoi dire? Io non lo so e non lo capisco. Se tu sei già convinta che vada bene, e dici chiaramente che non sei disposta a cambiare, (che per me rimane la cosa peggiore di tutto, perchè solo un folle può credere di non avere nulla da migliorare, ma è un'opinione mia e quindi fallibile), allora qui cosa ci sei venuta a fare? Non riesco davvero a capirlo.

Solitamente dopo il mio sproloquio, tiro in remi in barca con le conclusioni e i suggerimenti. Qui non so che dire. Mi dispiace, davvero, ma non credo di poterti essere di aiuto con la mia recensione perché ti direi cose che non vuoi ascoltare (già l'ho fatto probabilmente) e tu hai già messo in chiaro di non essere disposta a metterti in discussione, quindi credo che tra di noi, non ci siano validi argomenti di conversazione e possibilità di confronto. Forse il tuo intento con quel primo capitolo era un altro e io ho frainteso completamente. Mi scuso. Ma non riesco proprio a mandarlo giù. E francamente credo che la mia responsabilità in questo, sia solo parziale.

Buon lavoro.

Fine.

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